Piccoli Talenti Crescono! Basia Bulat – Heart Of My Own

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A differenza del post su Findlay Brown, questa volta il titolo non contiene punti interrogativi. I talenti crescono e si vede: questo Heart Of My Own è il secondo album di Basia Bulat dopo l’ottimo Oh, My darling del 2007 e conferma tutto quello di buono che si era detto su di lei.

Prima di tutto, due anzi tre brevi premesse: ma che ci sia un ritorno dell’ukulele? Questo è il secondo album, in un breve arco di tempo, dove mi capita di ascoltare lo strumento preferito di Peter Sellers in evidenza, prima il disco di Freedy Johnston e ora questo della Bulat. Seconda premessa: o i viaggi di Carmen Consoli in Nord-America cominciano a sortire i loro effetti oppure la Carmencita nazionale e Basia Bulat sono due gemelle separate alla nascita, anzi frutto di un parto tri-gemellare con l’irlandese Dolores O’Riordan; sono stato l’unico a notare queste similutidini nel modo di cantare? In Gold Rush (Bellissimo titolo e bellissimo brano) e in I’m Forgetting Everyone Basia Bulat sfoggia questo leggero vibrato, piccole pause, modo di respirare tra una parola e l’altra che ricorda la Consoli ma anche la O’Riordan, piccole piacevoli impressioni. Terza premessa: una ragazza, canadese, di Toronto ma residente a London, Ontario che suona dulcimer, autoharp, ukulele, chitarra acustica e piano non si deve meravigliare se viene accostata a Joni Mitchell. Non sarà vero ma è suggestivo. E poi guardate la foto!

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Veniamo a questo Heart of My Own, sono i brani più complessi dagli arrangiamenti quasi barocchi quelli che colpiscono di più: dal valzerone trascinante e in crescendo di The Shore, dove la chitarra acustica (o è l’autoharp citato) iniziale viene implementata, man mano, da una seconda voce femminile, una batteria, una sezione di archi con il ritmo di valzer che si fa più serrato e ricorda, per certi versi, la musica del Sufjan Stevens più pop. Molto bella anche la malinconica If only You che ricorda le conterranee Natalie Merchant e Sarah McLachlan, soprattutto la prima, per le avvolgenti melodie e il cantato molto partecipato. I bonghetti che introducono la deliziosa e delicata I’m Forgetting Everyone, e poi costituiscono la base ritmica del brano, sono genialmente minimali e sostengono la voce, occasionalmente raddoppiata della Bulat. Gold Rush (un omaggio al loner canadese?), oltre alle vicinanze consoliane, ripropone i bonghi du cui sopra ma rinforzati da una sezione di archi evocativa e avvolgente.


Basia Bulat – Go On (Live)
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L’iniziale Go On è un’irresistibile intramuscolare con uso di ukulele, mentre Run negli accordi iniziali mi ha ricordato moltissimo il Bowie di Space oddity, poi entrano battiti di mani, percussioni, archi e le atmosfere tornano tipicamente canadesi, fughe orchestrali alla Arcade Fire e cantato alla Merchant.

La musica non perde mai una patina di colori pop che la rende appetibile e perfino, orrore, orecchiabile (infatti alcuni suoi brani, come inevitabile nei tempi che viviamo, sono stati utilizzati per delle pubblicità di automobili, non cito le marche) ma sa essere anche minimale come in Sugar and Spice dove il leggero vibrato della sua voce si libra su una base di archi pizzicati. Non male anche l’altro breve intramuscolo folk di Sparrow dove compare anche una evocativa armonica a bocca.

La title-track, mossa e vivace, ha una introduzione che ricorda molto l’inizio di The Days of pearly Spencer (Il Volto della vita), ma è un attimo poi si apre ad atmosfere ariose ed avvolgenti che ricordano i brani più belli della Merchant, peccato che la voce della Bulat, bella ed espressiva, in questo brano, in fase di missaggio, scompaia nel gorgo degli strumenti, il brano è comunque molto bello.

Il disco dura solo trentacinque minuti, ma non un minuto va sprecato, ve lo consiglio vivamente, oltre a tutto è distribuito regolarmente anche nelle nostre lande a cura della Rough Trade/Self.

Bruno Conti

Piccoli Talenti Crescono! Basia Bulat – Heart Of My Ownultima modifica: 2010-02-24T18:41:00+01:00da bruno_conti
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