Ma Esistono Ancora Take V – Carly Simon – Never Been Gone

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In effetti questa volta il titolo risulta un po’ crudele, rivolto ad una signora poi (e non ho di intenzione di peggiorare la situazione rivelando l’età!), ma è lei stessa a dirci che non se ne era mai andata. A ben guardare Carly Simon ha continuato a pubblicare regolarmente nuovi dischi in questi anni, l’ultimo This Kind Of Love nel 2008 per la Hear Music: proprio questo album pubblicato per l’etichetta creata dalla Starbucks, la famosa catena americana ha scatenato l’ira funesta della nostra amica Carly che ha intentato una causa di risarcimento da 5/10 milioni di dollari per mancato rispetto delle clausole contrattuali – in pratica la Hear non ha fatto una promozione adeguata per il Cd che commercialmente ha fatto una fine ingloriosa – anche se, tutte le sfighe del mondo, poco tempo dopo l’uscita la Starbucks ha effettivamente diminuito il suo coinvolgimento finanziario nella gestione dell’etichetta lasciando in braghe di tela un po’ tutti gli artisti dell’etichetta.

Si dice che l’effetto sulla Simon sia stato più dirompente (gli altri, tipo Paul McCartney, Sting o Simon & Garfunkel non credo abbiano problemi economici!), ma si dice solo, non so se sia vero, sta di fatto che sotto l’impulso del figlio Benjamin Taylor e con la collaborazione dell’altra figlia Sally Taylor (che si vede nella parte acustica del concerto registrato sul transatlantico Queen Mary 2, bella topolona come la mamma, questo detto da un ammiratore, scusate).

La sto tirando un po’ per le lunghe perché effettivamente vi dovrei parlare di questo Never Been Gone, che vede la luce sulle nostre lande europee in questo periodo tramite la distribuzione Warner, mentre negli States era già uscito a ottobre 2009, quindi spiegate le due copertine che vedete ad inizio post.

Si tratta di un album principalmente acustico (anche se gli arrangiamenti si inseriscono spesso nel filone unplugged, strumenti acustici a manetta con arrangiamenti molto curati con voci, chitarre acustiche, archi e percussioni usate senza parsimonia, il motto è “meglio esagerare”), registrato a casa negli studi privati di Martha’s Vineyard: dopo la svolta brasileggiante del precedente disco Carly Simon ritorna ai suoi classici e li rivede in nuove versioni. Valeva la pena? Me la cavo alla francese: mah, boh, beh!? La voce non è più quella di una volta anche se rimane uno strumento rispettabile e il fascino e la sensualità non mancano; Songbird, uno dei due brani inediti parte da un frammento registrato su un walkman agli inizi degli anni’ 70 e si sviluppa in un brano pianistico con una sezione archi tipico della Simon più “adulta”, questa è la fine. Tornando a ritroso nell’album come non citare l’iniziale The Right Thing To Do che nell’arrangiamento del figlio Ben, tanto ricorda lo “stile” di famiglia del babbo James, voce matura e arrangiamenti seventies con cori e percussioni ad impreziosire la struttura del brano. It Happens Every Day ha una simpatica falsa partenza lasciata nell’album ma un finale “faticoso”. Let The River Run con cui ha vinto l’Oscar nel 1989 rimane uno dei suoi brani più belli anche in questa nuova versione, così come piace molto Never Been Gone, molto corale. You’re So vain c’è ma non è che la nuova versione acustica regali particolari brividi, chitarra acustica in evidenza, giudicate voi watch?v=ZTzv8Nkcgks ; l’uomo “misterioso” e vanitoso del brano svelato dopo tanti anni alla rivista Uncut sarebbe David Geffen, noto omosessuale, ma parrebbe un caso di gelosia professionale verso Joni Mitchell. Coming Around Again, Anticipation e anche You Belong To Me non sono male, il resto senza infamia e senza gloria, anche se, ripeto, la voce non ha perso il suo fascino.

Bruno Conti

Si E’ Spenta Una “Grande Stella” – R.I.P. Alex Chilton 28-12-1950/17-03-2010

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Non volevo neanche parlarne, ma poi nella calma di questa domenica di marzo mi sono detto, perché no? Forse perché non volevo ancora una volta sentire il classico “Alex Chi?” quando mi capitava di parlare e magnificare l’opera di questo geniale musicista di Memphis? Quando citavo i suoi trascorsi nei Big Star un gruppo che merita un posto nel pantheon delle grandi bands lì vicino ai Beatles e agli Stones, appena più in basso, oppure quelli nei Box Tops appena prima, illuminato dal folgorante successo di The Letter x1dqma_the-box-tops-the-letter_music (aveva 17 anni, altro che X-Factor e bimbi prodigio in TV), un’altra classica risposta era: “ah sì il pezzo di Joe Cocker!”.

Ma questo signore ha attraversato tutta la storia della musica rock, se leggete alla voce Alex Chilton di Wikipedia sotto generi musicali trovate: Rock’n’Roll, Power Pop, Proto-Punk, Hard Rock, Blue-Eyed-Soul, Indie Rock. A parte Hard Rock (?!?) non posso che sottoscrivere tutto.

Proprio recentemente la Rhino aveva dedicato ai Big Star un meraviglioso box in 4 CD con 98 brani, Keep An Eye On The Sky che conteneva tutto quello che avreste dovuto sapere ed ascoltare su questo gruppo, che sapeva fondere in modo geniale la melodia inventiva dei Beatles con le chitarre degli Who e le armonie vocali dei Byrds con uno spruzzo consistente del “soul” di Memphis. Questo avrebbe dovuto fare di #1 Record un disco in grado di stare nel Valhalla della musica rock a fianco di Revolver o Beggars Banquet o Pet Sounds.

Ah già, quella di Jeff Buckley watch?v=T-7YvAC3j9g. Bellissima anche questa, solo per dare a Cesare quel che è di Cesare!

Il partner in crime di Chilton in quel disco era Chris Bell, altro musicista di culto scomparso un trentennio orsono e al quale sempre la benemerita Rhino ha dedicato una versione Deluxe del suo unico album I Am The Cosmos (purtroppo nella serie Handmade, quindi difficile reperibiltà e prezzi proibitivi, ma se vi capita ne vale la pena, se no dovrebbe essere ancora in giro la versione singola della Rykodisc). Mi sembrava giusto parlare anche di lui.

Ma torniamo a Chilton che ha avuto una storia musicale ed una vita assai tormentate: per usare un eufemismo la fortuna non è stata al suo fianco! Un disco come il primo dei Big Star ha avuto un effetto dirompente su quello che poi sarebbe diventato il cosiddetto indie-rock americano: poche copie vendute, ma che, come nel caso del primo album dei Velvet Underground sono state comprate da una miriade di futuri musicisti. Gruppi come i R.E.M., i Replacements (che gli hanno dedicato un brano Alex Chilton), i DB’s, i Television, indirettamente i Cramps di cui ha prodotto i primi dischi, solo per citarne alcuni, hanno subito la sua influenza. Non ultimi i Posies, i cui due leader Jon Auer e Ken Stringfellow sono diventati compagni d’avventura di Chilton nei riformati Big Star.

Proprio sabato 20 marzo avrebbe dovuto esibirsi coi Big Star al South By Southwest di Austin. Pare che il concerto si sia tenuto ugualmente come sorta di tributo alla memoria di Chilton, con vari ospiti che si sono avvicendati per sostituirlo: come si usa dire The Show Must Go On.

Adesso Lo Sapete Parte VII

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Partiamo subito con le curiosità senza preamboli.

Lo sapevate che un famoso musicista, oltre alle sue miriadi di produzioni e collaborazioni, ha realizzato anche la colonna sonora per Sebastiane di Derek Jarman? Chi è?

Brian Peter George St. John Le Baptiste De La Salle (mi sembra sempre di citare Chico da Zagor), meglio noto come Brian Eno, tra l’altro questa colonna sonora è del 1976 prima dei suoi famosi Music For Films. Sebastiane, oltre che per altre cose che qui non citiamo, è famoso per essere interamente recitato in latino watch?v=7DPKg6hzl3g

Sempre in tema di capolavori della filmografia mondiali (si fa per dire), chi interpreta il personaggio di Billy Parker in Hearts Of Fire? Ebbene sì, è il nostro amico Robert Zimmerman in una della sue più riuscite interpretazioni! Va che roba e senti che musica x328w1_bob-dylan-hearts-of-fire-trailer. Con Fiona!?! e Rupert Everett. Wow!

Per finire questa trilogia cinematografica lo sapevate che Todd Haynes, il regista di Velvet Goldmine e Io Non Sono Qui (i’m Not There) quel meraviglioso e surreale film su Bob Dylan, tra gli altri, ha più o meno iniziato la sua carriera con Superstar: The Karen Carpenter Story che aveva una strana particolarità, quale?

Praticamente in quasi tutto il fim al posto degli attori ci sono delle bambole Barbie x51lzg_superstar-the-karen-carpenter-story_webcam

Lo sapevate che ad aprire il Live Aid e poi pure il Live 8 venti anni dopo è stato un gruppo in attività da più di trecentocinquanta anni? Certo, The Band Of The Coldstream Guards (vedi sopra) col noto medley di successi Royal Salute/God Save The Queen. Chissà perché non mi sembra di ricordare fosse quella dei Sex Pistols. Io, però sulla televisione italiana ricordo gli Status Quo, italiani collegati in ritardo come al solito.


Status Quo – Rock’n Roll Over The World
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Lui al Live Aid non c’era ma ha partecipato a un altro grande concerto benefico ( in effetti ne ha fatti una valanga, ma questo molto famoso) e anche a un tour?

No Nukes nel 1979 e Human Rights Now per Amnesty International nel 1988. Naturalmete stiamo parlando di Bruce Springsteen! x2epfk_bruce-springsteen-no-nukes_music e x2k35v_bruce-springsteen-twist-and-shout_music.

Alla prossima.

Bruno Conti

Ma Da Dove Escono? Jesca Hoop – Hunting My Dreams

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Per cominciare, complimenti al parrucchiere! Per rispondere alla mia domanda retorica, Jesca Hoop è uscita alcuni anni dalla casa di Tom Waits e Kathleen Brennan dove è stata per per un periodo la babysitter dei tre bambini della coppia; a livello musicale esce da uno strano mondo parallelo di folk sperimentale, “nero”, torbido, qualcuno ha detto sensuale, dove Kate Bush e Bjork convivono in uno strano ibrido polimorfo che ha frequentato anche qualcosa di Joni Mitchell, le “strane atmosfere” del suo ex datore di lavoro qualcosa devono avere lasciato magari a livello subconscio.

Il disco Hunting My Dreams (che è il quarto, dopo Silverscreen Demos del 2004, Kismet del 2007 e l’Ep Kismet Acoustic del 2008) per il sottoscritto frequenta anche territori vicini a quelli che frequentava la geniale canadese Jane Siberry (che fine ha fatto? Questo lo so, purtroppo per noi e, forse, per fortuna per lei, si è data alle religioni orientali), genio e sregolatezza senza essere in possesso della straordinaria voce della suddetta, anche la se la voce di Jesca (ma che razza di nome è?) è assolutamente affascinante.

Scoperta dal DJ americano Nic Harcourt, quello della trasmissione Morning Becomes Eclectic sulla radio californiana KCRW, in base ad un demo che conteneva il brano Seed of Wonder, che in una forma o nell’altra appare nei primi tre album, è stata più di una volta segnalata dalla stampa americana come una delle “next big thing” senza che nulla accadesse, per cui nella primavera del 2009 ha deciso di trasferirsi a Manchester dalla natia California, forse sperava che lo smog inglese contenesse “sostanze” ispiratrici più forti di quello americano.

E pare abbia avuto ragione: il disco contiene molti brani “geniali”, dall’iniziale corale Whispering Light, con le voci delle varie Hoop (sempre lei) che si rincorrono in un affascinante collage sonoro frammentato e lineare al tempo stesso (cosa ho detto non so, ma questo è l’effetto della musica), gli uccellini e la statica di vinile che introducono The Kingdom ricordano una Suzanne Vega molto più muscolare e inventiva a livello strumentale, folk spaziale può andare? Four Dreams è un esercizio musicale di sonorità “contemporanee” gettate a casaccio su un canovaccio folk e una moltitudine di voci. Angel of Mom è un brano che non sfigurebbe in nessuna opera di Kate Bush, pianissimi e fortissimi vocali che si contrappongono con grande forza in un brano che è quanto di più vicino la Hoop riesca ad avvicinarsi ad un rock convenzionale, si fa per dire. Feast of Heart rimane in ambiti Bushiani (Kate), con un basso molto new wave/Cure/Joy Division che scandisce i tempi di un brano molto complesso e con le voci camaleontiche della Hoop che subiscono vari “trattamenti”. Murder of Birds è uno straordinario duetto con Gus Harvey degli Elbow che già appariva nel precedente EP anche se Harvey “colora” solo minimamente la voce sfarfallante della Hoop, che vola di nota in nota con grande leggiadria, una piccola meraviglia, controllare please.

Bed Across The Sea un brano di raffronti fra Manchester e LA è forse l’unico brano minore del disco. Ancora una affascinante Tulip vi avvolge nelle sue spire e conclude la versione ufficiale del disco. xchmyz_jesca-hoop-tulip-live-hotel-cafe-lo_music Hunting My Dress è stata aggiunta alla riedizione del CD ed è puro folk dalla terra d’Albione proiettato verso le generazioni future, bellissimo! Le versioni per il download hanno delle bonus. Che dire, acquistare, se si trova!

Bruno Conti

Torna Il Mito Rivisitato Di Orfeo ed Euridice. Anais Mitchell – Hadestown

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Anais Mitchell – Hadestown – Righteous Babe Records

Sembra che in questa era di crollo delle vendite del mercato discografico ci sia uno “strano” ritorno alla creatività, soprattutto nelle cantautrici: forse, visto che l’industria discografica non ha più nulla da perdere oltre a quello che ha già perso, c’è una sorta di neo-minirinascimento (tutto minuscolo) delle idee, si rischia di nuovo, ed allora ecco questo disco ma anche il triplo di Joanna Newsom, il nuovo Natalie Merchant che sta per uscire, questo florilegio di dischi che ripropongono la voglia di ricerca di Joni Mitchell, Kate Bush, Sandy Denny, cito a caso (ma non troppo), anche se ora non ci sono più delle innovatrici o innovatori.

Comunque, andando con ordine, questo Hadestown è proprio bello, affascinante direi, una Opera Folk (per la prevalenza di una strumentazione acustica, ma il suono è pieno e corposo con mille rivoli jazz e pop) che ricrea il mito di Orfeo e Euridice ai giorni nostri, o meglio in una sorta di futuro parallelo che potrebbe essere il presente. La Ninfa Euridice non muore più per il morso di un serpente ma decide consciamente di abbandonare il mondo esterno, assalito da povertà e malattie, per rifugiarsi nella cittadella di Ade, guidata con pugno di ferro dall’omonimo Dio-Signore. Orfeo, è sempre un musicista sfigato che decide di seguirla per riportarla indietro contro tutto e tutti, solo con l’aiuto benevolo di Persefone. Il finale è quello classico, chi si gira è perduto o meglio perde!

L’esecuzione è perfetta: dalla scelta dei “caratteri”, Anais Mitchell è la dolce e svampita, ma anche un po’ furba, Euridice, Justin Vernon , in arte Bon Iver, dal mellifluo falsetto, è l’innamorato Orfeo, il grande cantautore Greg Brown (uno dei migliori attualmente in circolazione, assolutamente da investigare, nonché marito di Iris Dement) è il baritonale e mefistofelico Ade, Ben Knox Miller dei Low Anthem, in una breve Tom Waitsiana prestazione nella bellissima Way Down Hadestown, è il beffardo Ermes; le tre sorelle Haden Haden Triplets sono il Fato e last but not least la padrona di casa (nel senso dell’etichetta discografica) è Ani DiFranco nei panni della dolce, comprensiva e matronale Persefone, moglie del padrone delle ferriere.

Perfetta è anche la definizione musicale di questa “Opera Folk” (per l’impostazione acustica ma il suono è pieno e denso di particolari) che spazia dal folk al jazz alla canzone d’autore nello spazio di un brano o di un disco. Il maestro di cerimonie è il bassista della DiFranco Todd Sickafoose che si destreggia tra chitarre, pianoforti, vibrafoni, violini, fisarmoniche, pedal steel, clarinetti, trombe, contrabbassi (ovviamente) e batterie spazzolate e non, con tanta voglia di sperimentare nella semplicità.

I brani si possono ascoltare anche come singole canzoni al di fuori dal corpo dell’opera e questo è un pregio che non riscontra spesso: si va da brani corali come Why We Build The Wall e Epic, a duetti stuzzicanti come l’iniziale Wedding Song tra la Mitchell e Vernon o il valzerone intrigante tra Greg Brown e la stessa Mitchell in Hey, Little Songbird ma anche la commovente How Long tra una strepitosa DiFranco e un asciutto Brown. Molto belli anche alcuni momenti “singoli” come la struggente Wait For Me di Orfeo/Bon Iver che sovrappone la voce in più strati in quel suo stile anticonformista e particolare o la jazzata Our Lady Of The Underground che introduce il personaggio di Ani Di Franco; deliziose anche le Haden Triplets (sono le figlie del grande Charlie Haden) nella trascinante When The Chips Are Down. Quando sono belli anche i brani strumentali come Papers e il tradizionale afgano Lover’s Desire, bisogna arrendersi all’evidenza, è proprio un gran bel disco!

Bruno Conti


Il Gioco Delle Tre Carte – The Who Greatest Hits

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La rubrica sarebbe un disco in 10 parole ma visto che i dischi sono tre…

Scherzi a parte (ma non troppo), qual’è la differenza tra i tre CD che vedete qui sopra? Il primo e il secondo sembrano uguali, ma il primo si chiama The Who Greatest Hits and More è doppio contiene 35 pezzi (19 in studio, i grandi successi + 16 pezzi, inediti, dal vivo) ed è quello che trovate nei negozi italiani. Il secondo The Who Greatest Hits è la semplice raccolta di successi uscita in Inghilterra e America. Il terzo, sempre doppio era disponibile solo su iTunes, contiene 22 pezzi dal vivo, sempre inediti, di cui 16 sono gli stessi del secondo CD del primo album di cui abbiamo parlato, ma sarà disponibile (solo per il mercato americano) dal 23 marzo anche in dischetto digitale. Tutti sono su etichetta Geffen distribuzione Universal. Complimenti!

Come premio per il mal di testa,  gli Who al Super Bowl di Miami di quest’anno. Chissà che disco stavano promuovendo? Si chiama marketing, ragazzi!

Bruno Conti

Uno Ne Pensa E Cento Ne Fa – Joe Bonamassa Black Rock

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Joe Bonamassa – Black Rock – Mascot/Provogue

Perché il titolo? Facciamo quattro conti: marzo 2009 esce The Ballad Of John Henry, maggio 2009 concerto alla Royal Albert Hall come parte del tour europeo che poi a novembre lo porterà anche in Italia, ottobre 2009 esce il doppio DVD del concerto di Londra, marzo 2010 esce il nuovo album Black Rock, ma viene annunciata anche la nascita di un nuovo supergruppo Black Country con Glenn Hughes e Jason Bonham che sta già registrando nuovi brani per un album probabilmente in uscita a settembre 2010 (nel frattempo il gruppo dovrà cambiare nome perché pare ne esista già uno con lo stesso nome). Il tutto senza dimenticare che questo è il decimo album di Joe Bonamassa che deve ancora compiere 33 anni, l’energia certo non gli manca.

Come non manca a questo nuovo album di cui parlo oggi nel blog ma che ho recensito ieri per il Buscadero ma lo leggerete solo ad aprile per cui, nel frattempo, vogliate gradire quanto segue.

In una intervista che ho letto in rete in questi giorni in cui parla del nuovo album Bonamassa dice che il primo brano Steal Your Heart Away gli era stata consigliato da Robert Plant, in quanto si trattava di un brano che i Led Zeppelin avevano considerato per il loro repertorio e ascoltandolo non è difficile capire perché: l’incipit è fantastico, un riff chitarristico alla Jimmy Page, una esplosione della batteria e via si parte verso quello che avrebbe potuto essere l’inizio di un ipotetico Led Zeppelin X (se contiamo sia Coda che il Live, Led Zeppelin XI).

Ma è la scelta di tutte le cover presenti in questo Black Rock che è azzeccatissima: prendete il secondo brano, I Know A Place un torrido bluesaccio tratto da The Tiki Bar Is Open di John Hiatt, chi se la ricordava, eppure il brano è strepitoso e il buon Joe comincia a far viaggiare la chitarra alla grande.

Anche i brani firmati da Bonamassa non sono male, When The Fire Hits The Sea è un altro brano “pericoloso” per le coronarie con la slide che viaggia a mille. Non mi convincono (come nel precedente Ballad of John Henry, che non avevo amato particolarmente) i suoi esperimenti sospesi tra musica classica e atmosfere orientaleggianti come Quarryman’s Lament che spezza i ritmi rock così abilmente creati finora, ma è un attimo. Già con la successiva Spanish Boots, un’altra cover di qualità dal repertorio del primo Jeff Beck Group (quello con Rod Stewart e Ron Wood), i ritmi tornano cotti a puntino.

Una scelta inconsueta è quella di Bird On A Wire di Leonard Cohen, ma saranno forse le vibrazioni provenienti dagli studi di Santorini in Grecia, terra tanto amata dal cantautore canadese? Non saprei, comunque il risultato, tra clarinetti, bouzouki, mandolini e acustiche arpeggiate è affascinante, quando fa il suo ingresso la sezione ritmica e poi la solista di Bonamassa che esplode in un assolo lirico e partecipato si può solo approvare e godere come ricci.

La parte centrale del disco è quella riservata al blues, amore mai tradito nei dischi del chitarrista e che riserva sempre le migliori soddisfazioni: si va dalla cover di un classico di Otis Rush Three Times a Fool, tirato e grintoso al duetto Doc con B.B. King nella fiatistica Night Life di Willie Nelson, dove il “vecchio Re” ci sorprende ancora una volta, sempre in gran forma sia a livello di voce che di chitarra a dispetto delle oltre ottanta primavere (84 per la precisione). Wandering Earth e Blue Evil (quest’ultima molto deve al riff di Kashmir) sono zeppeliniane fino all’osso e toste come poche, gran musica. Ci sono un paio di intermezzi acustici e voilà i giochi sono fatti. Bella Musica.

Una curiosità, 1994, questi erano i Bloodline il primo gruppo di Joe Bonamassa (aveva 16 anni, è quello paciarotto con il cappellino): gli altri erano i figli di Robbie Krieger (Doors), Miles Davis e Berry Oakley (il bassista degli Allman Brothers), vedere please.


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Bruno Conti

Novità Marzo-Aprile 2010 Alcune Precisazioni e Aggiunte

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Alcune precisazioni e qualche aggiunta. La telenovela Natalie Merchant prosegue: intanto la copertina è quella che vedete, ma la nuova data di uscita è slittata al 13 aprile. Altro slittamento per il box dei Caravan The World is yours che uscirà il 26 marzo.

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Il nuovo album dei Luf Flel, già annunciato (non da me) il mese scorso è imminente, l’uscita dovrebbe avvenire a giorni, nel mese di marzo comunque. Problemi di mixaggio.

I Drive-by Truckers The Big to-do è uscito oggi, che altro?

Ah, già Diane Birch Bible Belt di cui vi avevo parlato entusiasticamente tempo fa, vedrà la luce anche nelle nostre lande il 30 marzo. Non lasciatevelo sfuggire perché la ragazza ha talento. Il post è del 30 gennaio, comunque potete usare la funzione cerca e lo trovate nel blog.

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Per gli irriducibili dei Deep Purple esce una ennesima antologia doppia, Singles & EP Anthology 68-80, da non confondere con Singles A’s and B’s. Prima decade di aprile.

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Sempre il 2 aprile esce il primo album da solista di Jonsi, il leader dei Sigur Ros, si chiama Go e, per la prima volta, è tutto cantato in inglese. Ma attenzione un paio di settimane dopo uscirà una deluxe edition con DVD allegato, con quattro tracce eseguite con Nico Muhly di cui una inedita e il video del singolo Go Do watch?v=T6HjT4SQKJ

Bruno Conti

Una Pigra Giornata Di Marzo – E’ Quello di Joanna Newsom Il Disco Più Bello Del Mondo?

In una oziosa domenica di marzo mi sono sfogliato alcune riviste specializzate di musica, italiane ed estere e i risultati sono stati sorprendenti.

5 stellette dovrebbero essere riservate ai capolavori assoluti della storia della musica rock, ma assoluti che più assoluti non si può!

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Il nuovo disco di Joanna Newsom Have One On Me nientepopodimenoche un disco triplo ha conseguito 5 stellette su Mojo, 5 su Uncut, 4 su Jam e 3 e mezzo sul Buscadero, praticamente un plebiscito, recensione in un prossimo blog e tutti a comprarlo.

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Uncut regala 5 stellette anche al nuovo dei Drive-by Truckers The Big To-Do ma anche alla ristampa Jerry Lee Lewis Live At The Star Club Hamburg della Bear Family (un album del 1964), come pure a Listen To The Voices: Sly Stone In The Studio 1965-1970 della inglese Ace.

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Mojo oltre alla citata Newsom si sbilancia per la ristampa di Bullitt di Lalo Schifrin (proprio la colonna sonora del film con Steve McQueen) ma anche per The Best Of The Black President di Fela Kuti e non una ma due ristampe dei Galaxie 500 !!! – On Fire e This Is Our Music.

 

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Il Buscadero, più modestamente, attribuisce le fatidiche 5 stellette (ma in due recensioni diverse, quindi vale il doppio?) al disco di Ry Cooder con i Chieftains San Patricio.

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Jam non le assegna a nessuno, ma il disco migliore con 4 stellette e mezzo risulterebbe Comfort in The Static di Kenny White !?!? Senza voler fare polemiche un annetto fa il disco di Carla Bruni con 4 stellette era risultato il disco migliore del mese (sia pure a pari merito!).

Per chi non lo conosce (come me, confesso).

Bruno Conti