Fedele Nei Secoli. Sarah McLachlan – Laws Of Illusion

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Sarah McLachlan – Laws Of Illusion – Arista

Ovviamente il titolo non prelude ad un bel post sulla Beneamata, L’ Arma dei Carabinieri, ma si parla del settimo (escluso un profluvio di raccolte, live, compilation di remix, dischi natalizi, no quello conta nella discografia!), ebbene sì, è solo il settimo album di studio di Sarah McLachlan.

Premessa: a me la nostra amica canadese piace e parecchio, al suo apparire nel 1988 con l’album Touch crede di essere stato uno dei primi ad acquistare ed apprezzare quella che sembrava (ed era) una delle voci nuove più interessanti in quegli anni di orribile musica sintetica. Poi si era confermata con gli ottimi Solace e Fumbling Towards Ecstasy fino ad arrivare al mega successo di Surfacing che nel 1997 ha venduto più di 8 milioni di copie nei soli Stati Uniti e la musica, vi assicuro, era sempre ottima. Lo stesso anno ha visto la nascita anche del Lilith Fair il primo Festival itinerante con un cast tutto al femminile ripetuto anche nel 1998 e 1999 sempre con grande successo. Quest’anno, pochi giorni fa, il 26 giugno è partita la nuova edizione del Festival che ritorna dopo dieci anni di pausa e in concomitanza con il nuovo album.

Già il nuovo album, avrete notato che sto ciurlando nel manico per rinviare il commento: la prima volta l’ho sentito con gli auricolari (il tempo per ascoltare i dischi è quello che è, quindi approfitto per ascoltare anche quando sono in giro) e non mi è piaciuto molto, sarà che l’equalizzazione che viene utilizzata per i dischi moderni li rende un po’ tutti uguali, sarà l’ascolto distratto ma avevo trovato l’utilizzo delle moderne tecnologie alquanto “fastidioso”. Ad un secondo ascolto sull’impianto di casa devo dire che l’impatto con la musica del disco mi è parso decisamente migliore anche se non entusiasmante: il titolo relativo alla fedeltà nei secoli (a cavallo dei quali sono usciti i suoi dischi) si riferisce a una certa omogeneità nei suoni e nei contenuti, per dirla “papale papale” mi sembra uguale a quelli precedenti.

Non si può dire che sia brutto, tutt’altro, ma anche dopo una ulteriore serie di ascolti non mi convince a fondo. Oltre a tutto le premesse per un disco più sofferto c’erano tutte: i critici musicali, che sono delle carogne, dicono che gli album che fanno seguito ad una separazione, di solito, sono più interessanti perché mettono a nudo situazioni e sentimenti che sembrano in grado di creare una musica “migliore”. Questo è il disco del post separazione di Sarah McLachlan che dopo aver messo al mondo nel 2007 una seconda figlia avuta dal marito, il batterista Ashwin Sood , l’anno successivo si è separata dallo stesso (creando anche un vuoto nella band, recensore carogna!).

La voce è il solito piacevole mezzo-contralto, lo stile è sempre quella fusione di new-age e cantautrice classica discepola delle grandi degli anni ’70 e anticipatrice delle varie Tori Amos, Fiona Apple, Regina Spektor, anche l’Alanis Morissette meno rockeggiante e una pletora di altre che sarebbero venute dopo di lei: ripeto il disco non è brutto (e poi magari lo rivaluterò e i fans e le fans sicuramente apprezzeranno) ma le tecnologie e la produzione di Pierre Marchand amplificano quel sound molto “carico” che sembra essere molto di moda ai tempi d’oggi.

Rolling Stone l’ha massacrata (ma vista la non massima autorevolezza della rivista ultimamente, non farebbe testo), dandole due stellette e dichiarando che è un disco di “gemiti e sospiri” e il singolo Loving You Is Easy non c’entra molto con il resto dell’album, ma secondo me non è malaccio, una piacevole pop song quasi Beatlesiana, uno dei momenti più piacevoli di un disco per il resto troppo “serioso”.

Da Letterman fa un figurone.

Anche il Los Angeles Times non la tratta troppo meglio, due stellette e mezzo, dicendo che l’album sarebbe potuto uscire in qualsiasi momento degli anni ’90 e che le tonalità di chitarre e tastiere troppo spesso sono fastidiose e omologate al suono attualmente vigente, e qui glielo appoggio, e aggiunge che il brano migliore è la versione solo voce e piano, con una spruzzata di archi,  di Bring On The Wonder, che conclude il disco e approvo di nuovo.

Viceversa Jon Pareles del New York Times (che è un ottimo critico) lo recensisce molto positivamente, 4 stellette, citando questa “compassione e consolazione” che sono sempre state caratteristiche delle musica della McLachlan e che questa volta si applicano alla sua situazione e devo dire che visto sotto questo punto di vista il disco ha i suoi meriti (ascoltandolo ricomincia a piacermi). In effetti gli attacchi e i finali dei brani, con brano e voce in evidenza piacciono sempre, non sempre la parte centrale, quella più arrangiata è all’altezza del resto, sarà anche l’assenza del “vecchio”  batterista sostituito dal più “sintetico” Matt Chamberlain e, spesso, da una batteria elettronica? Mah!

In conclusione? Non so, credo che Ponzio Pilato sarebbe stato fiero di me per questo utilizzo di altre “fonti” per non schierarmi troppo, in definitiva lascio sospeso il giudizio, più buono che no, interlocutorio, fate vobis, comunque meglio del 90% della spazzatura che impazza nelle classifiche.

Come detto in altro post, N.3 nelle classifiche Usa, ma anche 2° posto in Canada, 9° in Nuova Zelanda, 12° in Australia, solo in Gran Bretagna non bene, esordio al 76° posto.

P.S. Esiste anche una Deluxe Version con DVD con 6 pezzi dal vivo in studio, il tutto rigorosamente non distribuito in Italia.

Bruno Conti

E’ Arrivato! Bruce Springsteen & The E Street Band – London Calling Live in Hyde Park

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Bruce Springsteen & The E Street Band – London Calling Live In Hyde Park 2dvd/Blu-ray Columbia Records

E’ uscito! Formato Bruce Springsteen.

172 minuti di pura magia! Vale ogni singolo centesimo ci vorrete investire e anche qualcosa di più!!

Era giusto un anno fa! xa7911_born-to-run-hyde-park-bruce-springs_music

Bruno Conti

Questo Le Mancava! Cyndi Lauper – Memphis Blues

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Cyndi Lauper – Memphis Blues – Downtown Records

Nel 2003 con At Last aveva rivisitato il repertorio “classico” (dalla Vie En Rose a Walk On By, da My Baby Just Cares For Me a Unchained Melody e via dicendo). Nel 2005 con Body Acoustic ha rivisitato il “suo repertorio classico” con risultati altalenanti, ottima Time After Time con Sarah McLachlan, ma un brano suonato da un arco di musicisti che va da Miles Davis a Tuck & Patty è diificile farlo male, da dimenticare la versione di Girls Just Want To Have Fun con Puffy AmiYuni (ma chi cacchio è?), molto bella Sisters of Avalon con Ani DiFranco e Vivian Green. Nel 2008 ha visitato anche la disco-dance con Bring Ya To The Brink, non commento. Ma il salto ad un disco di blues non se lo sarebbe aspettato nessuno!

E invece nel mese di marzo di quest’anno è entrata agli studi Electraphonic di Memphis, Tennessee con un manipolo di valorosi tra cui il produttore Scott Bornar, il suo ingegnere preferito William Wittman (di cui vi parlavo giusto ieri in relazione al disco di Ruth Gerson, ma è tutto collegato, una cosa tira l’altra) e alcuni musicisti che hanno fatto la storia del Blues e del soul, non saranno famosi ma vengono dalla Stax e dalla Hi Records (la sezione ritmica), sinonimo di garanzia e qualità, quattro fiati, chitarra, basso, batteria e tastiere, formazione classica.

Naturalmente non manca una sfilata di ospiti che aggiunge spessore ai contenuti dell’album: non sarà il suo genere, avrà l’accento del quartiere Queens di New York (io non ho la capacità di capirlo ma mi dicono che il paragone potrebbe essere come se un bergamasco cantasse dei classici della canzone napoletana), ma a me il disco non dispiace, si vede che c’è impegno e passione, l’esperienza acquisita in quasi trenta anni di carriera e un sincero amore per questo repertorio tra blues e soul.

Il disco è stato pubblicato il 22 giugno, giorno del suo compleanno (non si dovrebbe dire ma è del 1953) da una nuova etichetta la Downtown e consta di 11 brani: si va da I’m Just Your Fool, una energica blues ballad trascinata dall’armonica di Charlie Musselwhite, dove la voce della Lauper è un po’ sopra le righe (ma è una sua caratteristica) per passare a un’ottima Shattered Dreams dal repertorio di Lowell Fulsom, qui l’arrangiamento con fiati e tastiere e l’ottimo Allen Toussaint al piano meglio si adattano alla nostra amica Cyndi che se la cava egregiamente. Early In The Mornin’ era di Louis Jordan, ma l’hanno fatta tutti i grandi, qui a spronare una disinvolta Cyndi Lauper ci sono la chitarra e la voce di mastro B.B. King e di nuovo il piano di Toussaint, bella versione, leggera e appassionata allo stesso tempo e tutti si divertono.

Romance In The Dark è una bellissima ballata R&B con fiati di repertorio, cantata con la giusta misura anche se la voce non è quella dei grandissimi. In How Blue Can You Get Johnny Lang fa il BB King della situazione e con la sua chitarra e un breve intervento vocale sostiene ottimamente la Lauper. Torna Musselwhite per una nuova energica cavalcata blues in Down Don’t Bother Me e qui mi sembra che la “ragazza” cominci a calarsi con gusto nella parte, niente male.

Don’t Cry No More era un vecchio successo di Bobby Blue Bland ma la faceva anche Wilson Pickett e mi sembra che lo spirito soul del brano sia stato centrato in pieno in questa esuberante versione. In Rollin’ & Tumblin’ si recupera addirittura il feeling dei vecchi blues anni ’50, il duetto con la diva del soul di Memphis Ann Peebles è da manuale, la slide di Kenny Brown graffia alla grande, obiettivo centrato in pieno.

Down So Low l’hanno cantata in tanti, io ne ricordo una grande versione di Etta James, ebbene devo dire che la brava Cyndi, in questo brano cava dal cilindro una sentita interpretazione quasi gospel, sofferta e vicina ai suoi limiti vocali ma molto bella. Mother Earth è il terzo brano che si avvale del piano di Allen Toussaint e in questo classico di Memphis Slim il grande musicista di New Orleans dà il meglio di sé e supporta da par suo una Lauper leggermente sottotono.

Crossroads non mi sembra adatta alle sue corde, anche vocali e Johnny Lang prende decisamente il sopravvento sia a livello vocale che chitarristico risultando il vero protagonista di questo brano che non entrerà negli annali delle migliori versioni di questo standard del blues pur essendo una versione più che onesta.

Surprise, surprise Cyndi Lauper sings the Blues, Memphis Blues e noi apprezziamo, vedere per credere.

Bruno Conti

Ruth Gerson 2 – Un Piccolo Capolavoro – Deceived

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Ruth Gerson – Deceived

Se This Can’t Be My Life è un buon album questo Deceived è un piccolo capolavoro: secondo il grande critico americano Greil Marcus è addirittura un “Trionfo”! E tutto questo per un album che, in teoria, non esiste! Perché, per la precisione, questo disco dovrebbe uscire nel 2011: ma non essendo un mago come faccio io ad averlo? Semplice, quando qualche giorno fa Ruth Gerson è venuta in Italia in tournéé me lo sono fatto comprare, inseime al precedente, dal mio amico Tino. Furbo!

In ogni caso, sul suo sito, in attesa dell’uscita ufficiale o di un suo ritorno nelle lande italiane, i due CD si possono comprare: l’inidirizzo è questo welcome.htm.

Ma veniamo a questo disco assolutamente meritevole dal lato musicale ma anche da quello sociale, perchè in effetti si tratta di quello che si è soliti definire un “progetto”: Deceived sta per deluso, illuso, imbrogliato, ingannato in questo caso virato al femminile. Si tratta di un disco di murder ballads o comunque di storie di donne alle quali viene usata violenza fino alle estreme conseguenze. La stessa Gerson dice “Le cattive cose che succedono alle cattive ragazze”. Questo disco è destinato a raccogliere fondi e sviluppare conoscenza sulle violenze domestiche, quindi un’opera meritoria, ma soprattutto è un gran bel disco, sulla falsariga di The List di Rosanne Cash, quindi tutte cover, ma anche su quei livelli qualitativi.

Il produttore è Rick Chertoff, con l’aiuto di William Wittman, sono la coppia che ha prodotto i primi dischi, i migliori, di Cyndy Lauper, ma anche Joan Osborne e, soprattutto, gli Hooters (non mancano le pecche perché ha prodotto anche Kris Kross, anche i migliori sbagliano ma bisogna pur mangiare); non solo, è stato anche uno degli ideatori del progetto musicale Largo (con Chieftains, Taj Mahal, Garth Hudson e Levon Helm della Band, Cyndi Lauper, Joan Osborne, Carole King, gli stessi Hooters), basato sulla Sinfonia del Nuovo Mondo di Dvorak che sta cercando di portare sui palcoscenici americani.

Ma torniamo a questo Deceived: il suono del disco è molto roots-oriented ma anche rock e la bellissima voce di Ruth Gerson risulta in grande evidenza.

Si parte con Butcher Boy in brano della tradizione folk britannica ma reso celebre dai Clancy Brothers uno dei gruppi che gravitava intorno al Greenwhich Village agli albori degli anni ’60, la versione della Gerson, caratterizzata da un organo ( o è una ondioline?) è maestosa e drammatica, molto raccolta ma assolutamente coinvolgente. A seguire una versione magistrale del grandissimo brano di Bobbie Gentry Ode To Billie Joe, un’altra storia di un presunto omicidio che è stata una dei più grandi esempi di quello che siamo soliti definire Country Got Soul, questa versione con percussioni, chitarra acustica, un’elettrica col riverbero, una armonica minacciosa che sembra una slide, rende assoluta giustizia alla bellezza del brano.

Sorprendente e riuscitissima la versione di Delilah (sì proprio quella di Tom Jones che in italiano era di Jimmy Fontana), rallentata e con un banjo in evidenza, ma anche uno strano wah-wah molto discreto, nasconde nel suo innocuo tempo di valzer la storia di un altro omicidio efferato.

Omie Wise con la chitarra acustica maneggiata dal grande Jack Rose (in una delle ultime apparizioni prima della prematura morte) ma mi sembra di captare anche un dulcimer, è un altro grande brano della tradizione della murder ballads, faceva parte del primo repertorio di Dylan nel 1961, ma l’hanno fatta in epoche diverse anche Shirley Collins, i Pentangle, le sorelle McGarrigle con Costello e gli Okkervil River, una piccola meraviglia.

Una grande meraviglia è la versione di Knoxville Girl, si può definire solo meravigliosa, con un refrain ricorrente di chitarra elettrica, la voce dolente e partecipe di Ruth Gerson che aggiunge un pathos incredibile all’atmosfera della canzone, era nel repertorio dei Louvin Brothers ma questa versione mi sembra la più bella di sempre. Altro brano fantastico è Down In The Willow Garden, quello che più evidenzia le similarità vocali e di tonalità con Rosanne Cash, che rimane una delle più belle voci in circolazione: non meraviglia che faccia parte anche del repertorio di Nick Cave che dell’argomento se ne intende!

Banks of The Ohio è un’altra canzone di notevole qualità, sotto forma di country ballad, cantata con la seconda bellissima voce di Suzzy Roche, era anche nel repertorio di Olivia Newton-John e babbo Johnny Cash, questa è una delle versioni migliori, campagnola e ruspante cerca di far dimenticare l’argomento cruento del brano. Little Sadie è un antico brano che ha fatto parte anche del repertorio di Dylan, era uno dei pochi brani belli presenti nel suo album del 1970 Selfportrait, qui appare in una versione rigorosamente acustica, folk tradizionale all’ennesima potenza. Un altro brano che ha fatto parte, brevemente, del repertorio di Dylan è la deliziosa Mary From The Wild Moor, il buon Bob l’ha eseguita dal vivo in alcune occasioni nel suo periodo gospel. Questo brano, come la successiva Down From Dover (scritta da Dolly Parton) vengono eseguite divinamente in uno stile reminiscente dei Fairport Convention di Sandy Denny, periodo Liege and Lief, quindi una perfetta fusione di rock e folk, bellissimi entrambi.

Conclude degnamente un album di grandissimo spessore una versione levissima dell’altro grande classico del repertorio di Johnny Cash, Delia’s Gone.

Che dire, cercare, cercare, cercare e comprare, comprare, comprare: sono prosaico ma assolutamente sincero.

Bentornata Ruth Gerson, quella vera!

Bruno Conti

Sempre Un Piacere Ascoltarlo! Mark Olson – Many Coloredf Kite

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Mark Olson – Many Colored Kite – Rykodisc – 26-07-2010

Questo è il secondo album da solista di Mark Olson dopo l’ottimo Salvation Blues del 2007, il disco in collaborazione con il vecchio pard dei Jayhawks, Gary Louris Ready For The Flood e la ripubblicazione del primo omonimo disco dei Jawhawks (aka The Bunkouse Album – per i due o tre che  ancora non lo sanno e si chiedono cosa diavolo voglia dire a.k.a., è l’acronimo di “also known as”, anche conosciuto come).

Per coronare questo periodo di frenetica attività il 26 luglio (sono in anticipo? Chissenefrega, fra pochi giorni escono i numeri doppi estivi dei mensili musicali e mi fregano l’anticipo, quindi…) esce il nuovo album solista di Olson che è orientato verso il suo mai sopito amore per un folk cantautorale anche di matrice britannica sixties senza dimenticare il sempre amato country-rock del filone “desertico”: il nostro amico abita a Joshua Tree, California con la sua nuova fidanzata e collaboratrice musicale, la norvegese Ingunn Ringvold in arte Sailorine, molto carina e che vedete nella foto accanto alla copertina del CD.

La ragazza è anche molto brava da quello che si può giudicare ascoltando i brani del suo album di debutto (ce n’è un secondo in arrivo) Girl In Sailor Suit, quello che si può sentire sul suo MySpace, il disco è uscito in Norvegia e non capisco “perfettamente” la lingua, per le note, ovviamente il disco è in inglese. In ogni caso lei fa parte della band di Mark Olson, suona piano, percusioni, chitarra acustica e si occupa delle armonie vocali, deliziosamente eteree.

Il disco è prodotto da Beau Raymond, lo stesso che si era occupato del disco in coppia con Louris e di Devendra Banhart, alla batteria c’è l’ottimo Danny Frankel, quando serve un’altra chitarra se ne occupa Neal Casal.

Altri ospiti? Yes! Per esempio nell’iniziale Little Bird Of Freedom che tanto ricorda il suono dei Jayhawks delle origini, la seconda voce che armonizza meravigliosamente con Olson è quella di Jolie Holland, il brano è molto bello, cresce ascolto dopo ascolto e l’intreccio tra le due voci è perfetto. Morning Dove è un brano folk come usavano fare i vecchi cantautori degli anni ’60, solo voce e chitarra acustica, mentre la successiva Many Colored Kite si avvicina alle sonorità del British Folk di quegli anni, una sezione ritmica aumentata dalle percussioni di Sailorine che si occupa anche delle armonie vocali, chitarre acustiche ed elettriche con un piccolo break di wah-wah che evoca anche un vago sentore psichedelico.

Blue Bell Song con le voci di Olson e della Ringvold che si amalgano molto bene è una bella canzone d’amore che ricorda quelle dell’epoca d’oro Jayhawks con meno elettricità (ma era Louris il rocker) ma sempre tanta passione. Beehive, con una discreta sezione d’archi emana quell’aria di serenità che ha sempre caratterizzato la musica di Olson. No Time To Live Without Her vede la partecipazione di Vashti Bunyan che armonizza bucolicamente in sottofondo con la sua voce sussurrante, piacevole ma non memorabile. Your Life Beside Us, ancora con archi e armonie vocali, di nuovo piacevole ma in parte scontata. Scholastica sarà anche già sentita (il titolo non aiuta) in quel suono country-rock tipicamente Jayhawks ma al sottoscritto piace, ricorda anche qualche cosa dei suoi dischi con i Creekdrippers e la prima moglie Victoria Williams (che fine ha fatto? Era malata di sclerosi multipla!), non ho riconosciuto la voce femminile, comunque le armonie vocali sono molto belle.

King Snake, ancora con gli archi, ha qualche sussulto della vecchia epicità dei dischi folk della Incredible String Band, mentre Wind And Rain, sempre con delle ottime armonie vocali è un bel country-rock con continui cambi di tempo e atmosfere vocali, non male. Conclude un’altra folk song, More Hours, cantata a due voci con Sailorine/Ingunn Ringvold, anche questa su un tono minore.

In definitiva un buon disco con delle punte di eccellenza e dei brani più deboli: a quando la reunion dei Jayhawks o un nuovo disco con Gary Louris visto che loro stessi hanno detto che Ready For The Flood poteva essere migliore?

Bruno Conti

E Chi E’ Costui? Drake – Thank Me Later

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Drake – Thank Me Later

Non conosco! Comunque non sentivo la mancanza di un rapper canadese. Nella prima settimana di uscita negli States con il disco d’esordio ha venduto 447.000 copie andando direttamente al numero 1. Ma non c’era la crisi del disco!

Per consolarmi, nella stessa settimana, l’ottimo Mojo di Tom Petty è andato direttamente al secondo posto con 125.000 copie, il suo miglior risultato dal 1980 e Sarah McLachlan al terzo con Laws Of Illusion con 94.000. Mi ripeto, ma non c’era la crisi del disco?

Purtroppo sì, in ogni caso dai dati di Billboard il calo è dell’11% rispetto allo scorso anno nello stesso periodo: da 159,7 milioni a 142,4 milioni che è in ogni caso ancora un bel vendere. Considerato che non siamo ancora a metà anno vuol dire che solo negli Stati Uniti alla fine dell’anno si venderanno più di 300 milioni di dischi. Senza contare le vendite digitali che a questo punto dell’anno assommano a quasi 555 milioni (non ho capito se si calcolano brani o album completi, ma penso sia per le singole canzoni) con una proiezione per oltre un miliardo di downloads.

E questo è solo il mercato legale. Ma tutti questi soldi chi se li pappa?

Concludendo su una nota di tristezza, come sospettavo, per il momento, il “sacrificio” verso una musica più commerciale di Grace Potter and the Nocturnals non ha pagato, nella seconda settimana dall’uscita il disco è già precipitato dal 19° al 55° posto!

In Inghilterra, viceversa, Time Flies 1994-2009 degli Oasis ha esordito direttamente al 1° posto e Drake al 15°.

Ad un anno esatto dalla morte di Michael Jackson (R.I.P.) avvenuta il 25 giugno del 2009 nella sola Gran Bretagna si sono venduti più di 4 milioni di dischi del suo catalogo.

Mi ripeto, chi se li pappa? Scusate la volgarità.

Bruno Conti

40 Anni E Non Sentirli. Steeleye Span – Live At A Distance

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Steeleye Span – Live At A Distance – 2 CD + DVD – Park Records

A voler essere proprio pignoli sono 41 e sono gli anni di carriera degli Steeleye Span, festeggiati con la pubblicazione di questo mini cofanetto. Sono in ritardo, lo ammetto, ma ve ne parlo solo oggi in quanto il box è finalmente disponibile con facilità anche per il mercato italiano tramite la distribuzione Ird e comunque stiamo parlando di uno dei gruppi storici della prima onda del folk britannico che in questo periodo sembra godere di una seconda giovinezza.

Gli Steeleye Span sono stati tra i fondatori di quel movimento che fondeva il folk tradizionale dell’area britannica (quindi non solo irlandese o celtico) con un nuovo approccio e una strumentazione spesso anche elettrica: i “soci” fondatori del gruppo furono Ashley Hutchings, appena uscito dall’altro grande gruppo da lui fondato, i Fairport Convention, e due coppie Tim Hart e Maddy Prior e Gay & Terry Woods, quindi con due voci femminili, una formazione inconsueta anche per quei tempi di sperimentazioni. Questa formazione registrò un solo album Hark! The Village Wait, molto bello ma non tra i loro migliori e questa la dice lunga sulla qualità della produzione di quegli anni.

Per non farla troppo lunga (ma se volete me lo dite e ci ritorno in un prossimo Post) nel corso degli anni si sono avvincendati nella formazione, tra gli altri, anche Martin Carthy, Peter Knight, Bob Johnson, Rick Kemp, Nigel Pegrum, Liam Genockey e Ken Nicol con molti dei componenti che sono “andati e venuti” più volte nella formazione.

La formazione classica, quella che ha operato tra il 1971 e il 1975 (il periodo migliore), prima senza e poi anche con batterista in formazione, ha anche avuto un notevole successo commerciale: un singolo tratto da Below The Salt, forse il loro miglior disco, Gaudete ( o Gaudeitei come dicono loro), cantato in latino!, ha raggiunto i top 20 della classifica inglese in quel periodo natalizio. Addirittura All Around My Hat, tratta dall’album dello stesso titolo è arrivata fino al numero 5, il produttore era quel Mike Batt che oggi si occupa della carriera di Katie Melua.

Tra le curiosità, come non ricordare la partecipazione all’ukulele di Peter Sellers (peraltro un virtuoso dello strumento) nel brano New York Girls tratto da Commoners Crown uno dei loro migliori che comprende la lunga, strepitosa ballata Long Lankin.

In ogni caso il gruppo, tra alti e bassi (e lutti, Tim Hart è morto proprio la vigilia di Natale dello scorso anno), ha continuato la proprio carriera, fondando una etichetta, la Park Records, che pubblica sia il loro materiale, quello di altri artisti storici (Jacqui McShee degli amici-rivali Pentangle) e di talenti emergenti, Kirsty McGee, la figlia di Rick Rose Kemp, la grande suonatrice di cornamusa Kathryn Tickell, i Rock, Salt & Nails: l’ultima pubblicazione degli Steeleye Span (ma più o meno in contemporanea ne è uscito anche uno nuovo in studio, Cogs, Wheels And Lovers) è questo triplo dal vivo che raccoglie, nel doppio CD, materiale registrato in vari tour tra il 2002 e il 2008 e nel DVD un concerto del 2006 all’Hove Centre. Il materiale è differente tra i due formati, quindi molto interessante.

La formazione è quella con Prior, Kemp, Knight, Genockey e Ken Nicol (ex Albion Band, in questi gruppi le storie sono intricate e intrecciate tra loro), la più longeva del gruppo e il materiale non sfigura certo con quello di molti gruppi attuali. Anche se gli anni passano per tutti la voce di Maddy Prior rimane una delle più belle di questo panorama musicale e anche gli altri “vecchietti” si fanno rispettare.

Dall’iniziale accapella Who’s The Fool Now alla travolgente Two Magicians (tratta dal classico Now We Are Six), una giga elettrica con un testo che è una sorta di filastrocca ma che è assolutamente irresistibile, provate a farla sentire alla vostra fidanzata, a vostra madre, se avete bimbi piccoli in casa, animali domestici, dopo poche note vi ritroverete tutti a danzare con cani, gatti, bimbi e umani al ritmo di questa canzone che è deliziosa e senza tempo, oggi come 36 anni fa. Tra il repertorio più recente ci sono la suite Ned Ludd, Lord Elgin e Bonny Black Hare tratte dall’ottimo Bloody Men del 2006 (continuano a fare bei dischi, per chi ama il genere ma anche per chi vuole avventurarsi in territori celtici di qualità).

Non mancano classici come il tradizionale The Blacksmith che era nel primo album del 1970 o inediti come lo strumentale The Neck Belly Reel dal ritmo travolgente e con il violino di Peter Knight in evidenza.

Sia il CD che il DVD si concludono con il brano The Song Will Remain che è l’equivalente di Meet On The Ledge il brano simbolo dei Fairport Convention.

Questa è The Three Sisters che trovate sia nel Cd che nel Dvd, tra le migliori.

Bruno Conti

Ruth Gerson 1 – This Can’t Be My Life

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Ruth Gerson – This Can’t Be My Life – Wrong Records (pre-release uscita 20-7)

E’ un po’ di giorni che ci giro intorno, in ballottaggio con Mellencamp (23-8, troppo presto), il nuovo Mark Olson (27 luglio, anche questo prestino), Ronnie Earl (14 agosto, anche qui non ci siamo), pensavo anche al doppio dal vivo degli Steeleye Span (con relativo DVD), quello è uscito da tempo anche se è arrivato nelle nostre lande in questi giorni,perché non il nuovo Cyndi Lauper che fa blues? Poi alla fine ho deciso per questo, gli altri prossimamente.

Questo è uno dei classici dischi che ci sono e non ci sono, nel senso che l’uscita ufficiale è fissata per il 20 luglio, però sul suo sito e ai concerti lo vende già, anzi ce n’è pure un secondo, Deceived, di cover che è anche più bello ma andiamo per ordine cronologico.

Lei è una della cantautrici americane più brave come hanno testimoniato tra gli altri il San Francisco Chronicle e il New York Times, i giornali delle due aree geografiche dove ha vissuto, ma anche il Buscadero l’ha eletta tra le sue beniamine e in Italia ha una sorta di patria di elezione, nel 1997, nel periodo di sua massima popolarità, sempre a livello di “culto”, ha duettato anche con Massimo Bubola nel brano Mio Capitano tratto da Mon Tresor.

Come molti musicisti tra i più bravi per sopravvivere, oltre al canto, deve fare anche altri lavori, nel suo caso insegna, musica part-time nel primo periodo della sua carriera e a tempo pieno nei sei anni che sono intercorsi dall’uscita del precedente album Wake To Echo. Nel frattempo sono successe molte altre cose nella sua vita, un divorzio e il fatto di essere diventata una mamma single hanno influito sul suo stile di vita. Questo ritorno alla musica e ai concerti è coinciso con l’invenzione di tale Singinbell TM un bio-feedback device che aiuta il diaframma nella respirazione durante il canto, non chiedetemi come funziona ma pare che funzioni perchè grazie ai proventi di questo marchingegno ha potuto permettersi di tornare a fare la musicista e supportare economicamente la sua famiglia.

Questo album, This Can’t Be My Life era stato registrato, masterizzato e stampato, in una parola pronto, già nel 2007, poi il diavolo ci ha messo lo zampino ed è stato rinviato. Eccolo qua e le mie perplessità riguardano, in parte, il suono del disco: il produttore dell’album è tale Nic Hard (che ha prodotto The Bravery e Jesse Malin), ma è l’additional recording & mixing di Daniel Wise, collaboratore di Scissor Sisters e Secret Machines che non mi convince del tutto. Il tutto in quel di NYC prima del recente trasferimento nella Bay Area.

Per togliere i dubbi, trattasi comunque di musica che nel suo ambito è meglio del 90% di quello che trovate in giro. Solo che dal rock cantautorale del passato siamo passati a un pop-rock più di maniera, insomma da un incrocio tra Natalie Merchant e Patti Smith con un tocco della giovane Grace Slick come era stata definita siamo passati ad un incrocio tra Fiona Apple, Tori Amos e Sarah McLachlan con una spruzzata di Florence & The Machine. Sempre rispettabile ma non è la stessa cosa.

Comunque, come dicevo, il successivo Deceived ha già sistemato le cose, e questo album contiene in ogni caso dei brani di notevole spessore, è cantato con grande partecipazione, visti gli argomenti autobiografici trattati, e lei ha sempre una gran voce.

Diciamo che la parte iniziale e quella finale sono quelle migliori, in mezzo cala un po’ la qualità: Fresh Air è una bella ballata pianistica che ricorda le cose migliori di Fiona Apple, cantata con voce sicura e autorevole. This Can’t Be My Life, sempre pianistica, è più ritmata, un bell’arrangiamento e belle melodie che valorizzano la sua voce. Bulletproof, pop e orecchiabile non mi entusiasma. Anche Stay With Me con troppe tastiere e batteria elettronica non mi fa impazzire, ma non è dissimile nel suono a cose tipo Florence & The Machine e quindi magari mi sbaglio. Someday Soon veleggia sempre su questa sonorità pseudo-moderne senza infamia e senza lode. Don’t Go (for ‘em) è una ulteriore variazione sul tema (magari la useranno per qualche spot di automobili giapponesi, molto gettonati questo tipo di brani). Does Your Heart Weep è una ballatona con piano e organo, che ti prende al cuore, semplice ma efficace,contrariamente a quanto si possa pensare non è una canzone d’amore ma parla di guerra, in ogni caso molto bella con la voce molto compartecipe e perfetta, da una insegnante di canto, di grande talento, non potresti aspettarti di meno. Hazel non sarebbe male ma ha sempre quell’elettronica leggermente fastidiosa.

Anche You Lie avrebbe fatto ben altra figura con un arrangiamento rock tipo i vecchi album. Black Water viceversa è ancora una bella ballata pianistica in crescendo di notevole appeal mentre per la conclusiva Take It Slow hanno addirittura scomodato le Heart di Dreamboat Annie, lo spirito è quello, acustico ma con l’anima rock che c’è ma in questo album rimane un po’ nascosta. Disco di transizione ma comunque rispettabile, il sesto della sua discografia, il settimo tra poco, anche su questo Blog.

Per chi non l’avesse mai vista o sentita.

Bruno Conti

Arriva L’Estate! Mah? Novità Fine Giugno E Inizio Luglio -Box John Mayall, Jimmy Webb, Dweezil Zappa, Tributo a John Prine, Peter Case, R.e.m., John Fogerty Eccetera

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Prima di partire con le novità qualche aggiornamento e correzione.

Come vi sarete accorti, almeno in Italia, l’uscita del doppio DVD di Bruce Springsteen London Calling è slittata al 29 giugno. Non succede solo in Italia, il nuovo album di Judy Collins Paradise che vi avevo dato in uscita negli States l’8 giugno, uscirà il 29 giugno. Su una nota più lieta, ma non troppo, il nuovo CD omonimo di Grace Potter and The Nocturnals ha esordito al 19° posto delle classifiche di Billboard, quindi il fatto di avere commercializzato la propria musica ha, parzialmente, funzionato (o totalmente, a seconda dei punti di vista, visto che gli album precedenti, coccolati giustamente dalla critica, non erano mai entrati in classifica), la preferivo prima.

Le novità di questo inizio estate, per il momento non sono eccitanti con qualche notevole eccezione.

Di recente è uscito il grandioso (per chi ama la sua musica) disco dal vivo di John Prine In person & On Stage ora esce il tributo Broken Hearts & Dirty Windows: Songs Of John Prine con Justin Vernon dei Bon Iver, Conor Oberst e la sua Mystic Valley Band, My Morning Jacket, Josh Ritter, Lambchop, Deer Tick e Drive-by Truckers tra gli altri. Esce in questi giorni e, qui sta la curiosità, per l’etichetta di proprietà di Prine la Oh Boy records.

Il 29 giugno, sempre nell’ambito di tributi e dintorni, esce il nuovo album di Jimmy Webb Just Across The River, dove il grande compositore e cantante americano riprende alcuni dei suoi grandi successi con la partecipazione di alcuni amici. e quindi vai con Wichita Lineman con Billy Joel e Jerry Douglas, If You See Me Getting Smaller con Willie Nelson, Galveston con Lucinda Williams, P.F. Sloane con Jackson Browne, By The Time I Get To Phoenix con il cantante originale Glenn Campbell che l’aveva portata a vendere trilioni di copie, The Highwaymen con Mark Knopfler, All I Know con Linda Ronstadt. Ci sono anche Michael McDonald e John David Souther.

Lo stesso giorno esce il nuovo disco di Peter Case Wig! che ha avuto una gestazione travagliata visto che il nostro amico lo scorso anno stava per morire per problemi di cuore. Dopo una operazione a cuore aperto, eccolo qui più in forma che mai: purtroppo essendo privo dell’assicurazione si è ritrovato con un conto da sei cifre e senza soldi per pagarlo. Per il momento lo hanno aiutato i suoi amici T-Bone Burnett, Richard Thompson, Joe Henry e Loudon Wainwright III. Potete aiutarlo anche voi comprando questo disco, molto bello, che ritorna al vigore R&R del sound dei Plimsouls, di cui era leader.

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Se volete farvi del male e comprarlo per l’ennesima volta, sempre il 29 giugno esce l’edizione per il 25° anniversario di Centerfield di John Fogerty, con 2 misere bonus tracks che erano i retri dei 45 giri dell’epoca. Intendiamoci, il disco è molto bello quindi chi non dovesse averlo non esiti, per gli altri controlllo portafogli.

Il 7 Luglio torna Ed Kowalczyk. Vedo facce perplesse e domande tipo “E dove era andato?”. In effetti il nome non dice molto, ma era il leader e cantante dell’ottima rock band Live, che a cavallo tra gli anni ’90 e duemila ha realizzato una decina di dischi ((8 per la precisione). Il titolo del CD Alive era un indizio e un richiamo ai vecchi fans.

Il figlio del grande Frank, Dweeezil Zappa ha realizzato un doppio CD dal vivo Return Of The Son Of… dove riprende molti classici del babbo, ci sono Bamboozled by love, King Kong, Montana, The Torture Never Stops, Dirty Love e, naturalmente, Camarillo Brillo. Oltre a una versione di oltre 27 minuti di Billy The Mountain. Esce in questi giorni negli States e il 13 luglio da noi con distribuzione Edel. Sempre la Edel pubblica, finalmente, il 29 giugno anche in Italia, il nuovo bellissimo album dei Gaslight Anthem, American Slang. Import è già in circolazione.

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Per concludere questo giro, escono anche un bel box di 4 CD dedicato John Mayall So Many Roads The Anthology 1964-1974, non ci sono inediti ma esce a prezzo speciale per la Hip-o-Select, quindi garanzia di qualità, secondo la Universal Italiana il 7 Luglio, negli States dicono il 3 agosto, chi avrà ragione? Mah?

Il 13 luglio proseguendo nella serie delle ristampe per il 25° anniversario degli album originali, esce in versione doppia Deluxe che vedete effigiata il 3° album dei R.E.M. Fables Of The Reconstruction registrato a Londra con il leggendario produttore Joe Boyd. Quella versione sarà contenuta nel primo CD, il secondo conterrà l’intero album registrato in forma demo in quel di Athens, Georgia con 3 bonus tracks tra cui l’inedita in assoluto Throw Those Trolls Away.

Infine, sempre il 13 luglio, esce il nuovo album di Sting Symphonicities che come lascia intuire il titolo è un live che rivisita i vecchi successi dell’amico di Minghi, Stinghi come dissero Elio e le Storie Tese. La novità rispetto a vecchi dischi dal vivo è che è accompagnato da una orchestra sinfonica. Etichetta Deutsche Grammophon, naturalmente.

That’s all, alla prossima.

Bruno Conti

Uno Ne Pensa E Cento Ne Fa. Robert Randolph & The Family Band – We Walk This Road

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Robert Randolph & The Family Band – We walk This Road – Warner Bros Records

Nel titolo non mi riferisco ovviamente al povero Robert Randolph ma a T-Bone Burnett, che in questo periodo sta producendo zilioni di dischi (tra i prossimi, annunciati, anche il secondo capitolo Robert Plant/Alison Krauss e la strana coppia Elton John-Leon Russell), e son tutti belli.

Il disco, annunciato da un anno, è uscito oggi, l’ho sentito una volta, poi ci ritorno con calma, comunque molto bello. Una sorta di storia della musica americana dalle origini a John Lennon, Bob Dylan e Prince con la partecipazione di Ben Harper, Jim Keltner e Leon Russell, tra gli altri.

Se vi state chiedendo chi cacchiarola sia questo Robert Randolph è una sorta di Jimi Hendrix della steel guitar. Potreste averlo visto nei DVD della serie Crossroads Guitar Festival di e con Eric Clapton. In caso contrario, controllare please.

Bruno Conti