Novità Di Febbraio Parte I e 3/4 (Supplemento) – John Renbourn, Mountain, Novità Ace, Ted Russell Kamp, Paul Kantner

john renbourn palermo snow.jpgted russell kamp.jpgpaul kantner wooden ships.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Ancora un aggiornamento in extremis di novità in uscita da domani (ma anche oggi!). Per cominciare una buona notizia: il nuovo bellissimo Cowboy Junkies Demons che vi magnificavo solo ieri su questo Blog, per la serie “Strano Ma vero” della Settimana Enigmistica è già disponibile da oggi (in anticipo di 2 settimane sull’uscita internazionale) nei negozi italiani. In questo Blog le cose le sapete subito!

Sempre in anticipo sulla data ufficiale del 14 febbraio è disponibile anche il nuovo album di John Renbourn Palermo Snow influenzato da alcuni suoi viaggi siciliani ma anche dalla musica di Satie e Jerry Roll Morton è tutto materiale nuovo, con la partecipazione alla seconda chitarra acustica di Nick Kukich, interrompe un silenzio che durava dal 1998, data di uscita di Traveller’s Prayer. Etichetta Shanachie/IRD.

Ted Russell Kamp è il bassista sia dei 357’s che degli Hierophant, le due band che abitualmente accompagnano l’ottimo Shooter Jennings ma ignoravo che avesse una carriera solista così copiosa. Tra album solo e in gruppo questo dovrebbe essere il 12° o 13° album della sua discografia. Get Back To The Land esce in questi giorni per la Pomo Records (?!?) distribuzione Dualtone. Fa del sano country got soul, misto a rock e southern, un po’ come il suo datore di lavoro, da scoprire, molto bravo. Per chi vuole approfondire http://www.tedrussellkamp.com/

Quello che vedete effigiato qua sopra è un nuovo triplo CD dal vivo di Paul Kantner. In effetti in America era già uscito nel 2009 ma non è che si fosse visto molto in giro. Per essere ancora più precisi Paul Kantner’s Wooden Ships Live at Ft. Lauderdale 30th December 1992 è la registrazione completa di un concerto tenuto dalla formazione “acustica” dell’ex Jefferson che all’epoca vedeva nelle sue file anche Papa John Creach al violino, nel suo ultimo concerto, sarebbe morto da lì a poco all’inizio del 1993. Nel repertorio molti classici dal repertorio sia Airplane che Starship: Have You Seen The Stars Tonight?, Starship, The Other Side Of This Life, Fly Away, Volunteers ma anche I’m On Fire, America, Summertime e Over The Rainbow. Bear Records distr. Voiceprint/Ird.

mountain live in texas.jpgmusic city story.jpgdan penn spooner oldham.jpg

 

 

 

 

 

 

 

La Voiceprint pubblica anche questa confezione doppia (CD+DVD) al prezzo di uno dei Mountain Live In Texas 2005 che era già uscito nel 2006 in due parti separate. Ci sono molti dei classici della band di Leslie West da Theme From An Imaginary Western a Mississippi Queen e Nantucket Sleighride oltre a versioni Sunshine of Your Love, Politician, Crossroads e Blowin’ In The Wind. C’è anche Corky Laing alla batteria.

Alcune novità Ace. Già vi ho parlato del bellissimo doppio dal vivo di Rick Nelson In Concert The Troubadour 1969 (con 30 bonus rispetto al disco originale, tratte da altri concerti sempre al Troubadour), esce oggi anche lui. Sempre da oggi è disponibile anche questo bellissimo cofanetto triplo The Music City Story che per gli appassionati di Blues, R&B e Soul traccia la storia di questa “oscura” ma importante etichetta gestita completamente da “neri” che negli anni ’50, ’60 e ’70 fu una delle più importanti etichette concorrenti con i colossi Stax e Chess (che erano però gestite da bianchi) e la Motown di Berry Gordy. Ovviamente su altri livelli! Nomi perlopiù sconosciuti, se non alle loro mamme, ma musica di grande qualità che farà la gioia degli appassionati di soul, funky e black music in generale.

Dan Penn & Spooner Oldham sono quelli che hanno scritto (insieme, o nel caso di Penn con Chips Moman, Dark End Of The Street e Do Right Woman) Sweet Inspiration, che dà il titolo a questa raccolta tematica per la Ace, ma anche Cry Like a Baby, I’m Your Puppet, A Woman left lonely e tantissime altre (qui ne trovate 24) per artisti del calibro di Percy Sledge, Dionne Warwick, Sweet Inspirations, Etta james, Charlie Rich, Box Tops, Arthur Alexander, Patti Labelle, Irma Thomas, James Carr, Solomon Burke e scusate se è poco. Per chi ama la musica di qualità qui c’è da godere come ricci.

doris troy.jpgjackie de shannon vol.2.jpgswap dogg.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Gli appassionati dei Beatles la conoscono perché nel 1969 la Apple pubblicò un album omonimo, co-prodotto da George Harrison, che è una piccola gemma. Ma già prima, nel 1963, quando viveva ancora in America, Just One Look fu un successo strepitoso per Doris Troy. La chiamavano Mama Soul e ascoltando questa antologia vi renderete conto del perché. Per gli appassionati dei Pink Floyd questa signora è una delle voci femminili che si ascoltano in Dark Side of The Moon. Il disco si chiama I’ll Do Anything The Doris Troy Anthology 1960-1996 e raccoglie il meglio della sua produzione (ha lavorato anche con gli Stones, Nick Drake, George Harrison, Carly Simon e tantissimi altri).

Anche Jackie De Shannon è una che non scherza: faceva tour con i Beatles all’epoca della Beatlemania, ha scritto When You Walk in The Room (esatto C’è una strana espressione nei tuoi occhi dei Rokes!), Ry Cooder ha iniziato la sua carriera come chitarrista nella sua band, ha collaborato con Van Morrison. Di canzoni famose e bellissime ne ha scritte e cantate tantissime, in questo Come And Get Me The Complete Liberty And Imperial Singles vol.2 ne trovate una valanga: dalla già citata When You Walk in The Room a What The World Needs Now, Come and get me, Will You Love Me Tomorrow, I Can Make It With You e altre 21. Grande voce e grande interprete.

Concludiamo questo tuffo nel passato con questa antologia dedicata a Swamp Dogg It’s All Good A Singles Collection 1963-1989. Nome minore ma assolutamente godibile per gli amanti del soul e del funky. Da non perdere.

Anche per oggi è tutto!

Bruno Conti

Disco Del Mese! Cowboy Junkies – Demons

cowboy junkies demons.jpgcowboy junkies.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Cowboy Junkies – Demons – The Nomad Series Volume 2 – Latent Recordings – Proper Records & Razor & Tie 14/02/2011

Questa volta i Cowboy Junkies hanno fatto centro pieno, se il primo episodio delle Nomad Series Remnin’ Park era un buon album con delle punte di eccellenza, per esempio la canzone che dà il titolo al disco, questo nuovo Demons si avvicina molto al capolavoro, è comunque un “labour of love” come lo hanno definito loro, un omaggio alla musica e alle visioni di quel particolare e unico artista che è stato Vic Chesnutt, scomparso il giorno di Natale del 2009.

Vic Chesnutt ha lasciato un testamento discografico che comprendeva ben 17 dischi quindi il bacino dove i Cowboy Junkies hanno potuto attingere per registrare questo tributo era molto ampio ma direi che la scelta dei brani è risultata molto azzeccata come pure la loro realizzazione. Facendo un passo indietro, già nel 1996 molti artisti tra i più validi e/o conosciuti avevano partecipato alla registrazione di un album Sweet Relief II:Gravity Of The Situation che si proponeva di raccogliere fondi per pagare le cure mediche relative alla malattia di Chesnutt che era su una carrozzina a rotelle, semiparalizzato da un incidente automobistico avvenuto nel 1983 che gli aveva lasciato come conseguenza anche un limitato uso delle mani ma la cui intelligenza, arguzia, ironia, anche cruda amarezza perfino un buffo umorismo nero, non lo aveva mai abbandonato. In quel tributo c’erano, fianco a fianco i R.e.m., gli Smashing Pumpkins, le Indigo Girls, Nancy Griffith, Mary Margaret O’Hara, i Soul Asylum e i Garbage, perfino Joe Henry con sua cognata Madonna ma non i Cowboy Junkies. Probabilmente quel disco da solo ha venduto più di tutta la discografia di Chesnutt che, pensate, si stima abbia venduto 100.000 copie di tutti i suoi album.

Il gruppo canadese aveva già pensato in passato, più volte, di fare un album tutto dedicato alle canzoni del cantautore di Athens, Georgia ma avevano abbandonato il progetto non sentendosi pronti anche se la loro amicizia con Chesnutt era culminata nella sua partecipazione alla realizzazione di Trinity Sessions Revisited il disco del 2007 che riviveva i fasti del più bel disco della loro discografia. In quell’occasione si era parlato di ulteriori collaborazioni che non sono potute avvenire a causa della scomparsa di Vic.

Quando i Cowboy Junkies hanno pensato a questa tetralogia della Nomad Series un disco di cover era già previsto, si trattava di scegliere l’argomento e il primo candidato era stato Townes Van Zandt con la cui musica i Junkies avevano una profonda empatia (ricambiata dal cantautore texano che ha dedicato loro perfino una canzone Cowboy Junkies Lament):alla fine la scelta è caduta sulle canzoni di Vic Chesnutt e i frutti di questo lavoro sono straordinari.

Il disco è, probabilmente, il loro più bello in assoluto, forse anche migliore di Trinity Sessions e comunque a livello qualitativo ci si avvicina tantissimo e questo avviene nel 2011 in cui il gruppo festeggia 25 anni dalla pubblicazione del primo album, raro caso di longevità; ma tre fratelli e un amico di famiglia evidentemente non faticano a coabitare nella musica (con l’eccezione dei fratelli Davies e Gallagher).

Partiamo dal fondo. Sul loro sito, oltre al disco principale, è disponibile anche un Bonus Disc con 7 brani sempre scritti da Chesnutt che si può scaricare per 5 dollari http://latentrecordings.com/cowboyjunkies/demons-pre-order/ e non sarà disponibile nella versione ufficiale nei negozi dal 14 febbraio. Orbene questo EP da solo sarebbe un buon disco ma con i (piccoli) difetti della loro discografia recente: un paio di brani fantastici ma poi altre canzoni di buona qualità ma senza quella scintilla particolare che divide una bella canzone da una canzone. In questo caso i brani eccellenti sono l’iniziale Stay Inside una intensa ballata nel loro stile unico, con la voce sussurrata e sensuale di Margo Timmins che viene sostenuta da quella di Andy Maize (un loro amico che Mike Timmins dice veniva utilizzato quando la sorella non era disponibile per registrare una sorta di traccia del brano e il cui contributo poi è rimasto in alcuni brani come seconda voce) e dalla chitarra distorta del buon Mike. L’altro brano ottimo è Sad Peter Pan una delle canzoni più personali di Chesnutt, triste e malinconica, viene presentata in un arrangiamento magnifico caratterizzato dal clarinetto dell’ospite Henry Kucharzyk che aggiunge una nota quasi crepuscolare alla interpretazione perfetta di Margo Timmins che negli anni ha aggiunto un’aura di maturità a quella voce inconfondibile che forse non è tra le più belle in assoluto ma sicuramente tra le più inconfondibili: la sua voce, come quella di Emmylou Harris o Natalie Merchant la riconosci subito, o quella di Lucinda Williams poi magari non è brava come, che so, Patty Griffin ma sai subito chi è!

Non è che il resto del dischetto faccia schifo, anzi, la versione quasi psichedelica, notturna di Old Hotel con le linee della elettrica di Mike Timmins in grande evidenza e la voce filtrata di Margo che si appoggia su un liquido piano elettrico sono sempre interessanti ma quasi più “normali” per loro.

A proposito di chitarre, l’iniziale Wrong Piano (e qui siamo nel disco ufficiale) si avvale di una parte chitarristica di Michael Timmins a dir poco strepitosa, se proponete ad un amico il consueto Blind test, la potreste spacciare per l’incipit di un brano di Neil Young e pure di quelli belli poi la canzone si sviluppa in un crescendo inarrestabile, via via con la voce sicura di Margo, un organo circolare e ripetuto che aggiunge spessore al sound della band e di nuovo l’assolo finale di chitarra di Mike che dimostra vieppiù di essere diventato un ottimo solista. I due brani successivi sono addirittura magici. Flirted With You All MY Life (sul tema della morte, uno dei più ricorrenti nelle canzoni di Chesnutt) cantata in prima persona dalla Timmins, ma il testo cantato da una voce femminile che recita “I am a man” non risulta ambiguo o grottesco, anzi aggiunge pathos e poesia ad una versione dove la doppia tastiera piano-organo domina le sonorità del brano e ti proietta verso vette di grande intensità con il gruppo che regala una delle interpretazioni migliori della loro carriera. See You Around è una ballata perfetta propelsa da un basso rotondo e insinuante e da un organo maestoso che sostengono una interpretazione da 5 stellette di Margo Timmins che ritorna ai fasti di Cause Cheap Is How I Feel una delle loro canzoni più belle di sempre, veramente magnifica.

Con un inizio così è difficile fare meglio e infatti il gruppo si prende una pausa con l’interlocutoria Betty Lonely, una canzone jazzata, notturna ancora percorsa da quelle sonorità magiche dell’organo ma che secondo il sottoscritto è appena inferiore (pur rimanendo su livelli di eccellenza assoluta) ai tre brani che l’hanno preceduta, sempre cantata come Dio comanda ma manca qualcosa (tutto è soggettivo ovviamente). Square Room è addirittura maestosa nel suo andamento, degli archi in sottofondo, una acustica appena accarezzata e la voce che rende pienamente giustizia ad una delle più belle canzoni del canone di Chesnutt, triste e solitaria ma mai sconfitta la bravura dello sfortunato musicista viene a galla in canzoni come questa, di una bellezza quasi dolorosa. Ladle è un’altra cavalcata Younghiana con la chitarra psichedelica di Mike Timmins a disegnare percorsi quasi orientali e arabescati sul tessuto del brano con Margo che, in una delle rare occasioni, eleva la sua voce al disopra del consueto quasi sussurrar cantando. Tra l’altro la musica di Chesnutt non è estranea anche ai percorsi del rock, pensate ai due dischi pubblicati come Brute insieme ai conterranei Widespread Panic.

Per Supernatural il gruppo rispolvera un intrigante mandolino che guida le operazioni di un brano acustico e sommesso che segnala una oasi di serenità nel percorso dell’album. West of Rome era la title-track di quello che rimane, forse, il disco più bello di Chesnutt, prodotto da un grande ammiratore della sua opera, Michael Stipe che seppe ottenere in quell’occasione il meglio dal suo amico: questa versione è, ancora una volta, molto bella, leggermente narcotica com’è nelle corde dei musicisti canadesi ma molto intensa. Strange language è uno dei rari episodi minori di questo disco, bella ma sembra incompiuta rispetto al resto dell’album, improvvise esplosioni di organo e chitarra, addirittura una sezione di fiati, ma, al momento, non mi convince del tutto (poi ci ripenso, magari col tempo tutto cambia).

Ci avviamo alla conclusione con We Hovered With Short Wings un altro episodio notturno ancora caratterizzato dalla presenza di un clarinetto che aggiunge un tocco quasi cameristico alle sonorità rarefatte del brano che rimane sospeso sulla tenue vocalità della signora Timmins che nel finale si sdoppia brevemente nei due canali dello stereo. Prima dell’ultima canzone c’è un breve interludio con la voce di Vic Chesnutt registrata in qualche concerto mentre intrattiene il pubblico con il suo umorismo particolare ed autodeprecatorio: When The Bottom Fell Out è un brano breve e dolcissimo che conclude su una nota di ottimismo questo album, piano e organo e una sezione fiati quasi gioiosa in evidenza e un’altra bella prestazione di Margo Timmins, cosa volere di più per concludere in bellezza?

Scusate se mi sono un po’ dilungato, spero di non avervi annoiato, ma come ho detto in altre occasioni considerato che il Blog, ormai, lo gestisco io e posso farlo, in questo caso “Io può”!

Per concludere con tre parole. Gran Bel Disco!

Bruno Conti

Altri Nomi Da Tenere D’Occhio! Dylan LeBlanc, Hannah Peel, Yuck & Cults

hannah peel.jpgdylan leblanc paupers field.jpgyuck.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Qualche settimana fa vi ho segnalato i 15 Names To Watch che la BBC indicava come quelli più interessanti tra gli esordienti in questo 2011 appena iniziato, era il Post datato 31 dicembre 2010 se volete controllare (per un problema tecnico non riesco a inserire il link): tra i nomi indicati c’era l’album d’esordio di Anna Calvi che nel frattempo è uscito circondato da meritate, ottime recensioni, di Esben and The Witch che vi ho detto uscirà la prossima settimana, gli altri nomi più avanti.

Nel frattempo anche sul numero di Mojo di Febbraio ci sono i loro “The Ones To Watch” per il 2011, più modestamente solo quattro e da lì prendo spunto per parlarvi brevemente di un po’ di buona musica (si spera), visto che ogni occasione è buona per indagare.

Il nome principale indicato Dylan LeBlanc, se è per quello, il sottoscritto se lo è scoperto da solo da illo tempore come potete verificare e controllare, se vi era sfuggito eccolo di nuovo giovani-virgulti-crescono-1-dylan-leblanc-paupers-field.html.

Gli Yuck (nome bruttissimo e copertina del disco in uscita il 21 febbraio anche peggio) c’era anche nella lista della BBC e quindi lo trovate nello stesso articolo citato prima.

Hannah Peel il cui disco di esordio Broken Wave esce la settimana prossima era un nome che mi aveva incuriosito (avevo fatto delle ricerche in rete per vedere se era parente del mitico John Peel, ma parrebbe di no!). Nel frattempo mi sono anche ascoltato il disco e devo dire che mi sembra molto buono, concordo con quanto detto da praticamente tutta la stampa inglese all’unanimità.

“L’arrivo di una nuova genuina e creativa forza nella scena folk Britannica” Drowned in sound 8/10

“Vibrante Folk-Pop con una stupenda voce da assaporare” Uncut – 4 stellette

“Arrangiato in modo inventivo, dolce senza essere stucchevole… con la giusta dose di stranezza e mistero…in una parola, incantevole”  Q- 4 stellette.

“Folk-pop deliziosamente arrangiato, trabocca di tastiere, fiati ed archi” Mojo 4 stellette.

E infine ancora Mojo lo inserisce, come detto, nei nomi da tenere d’occhio, aggiungendo: “Da ballate tradizionali irlandesi a Steve Reich passando per Judee Sill e Ennio Morricone, è un’opera difficile da inquadrare che scivola mellifluamente tra fantasticherie folk alla Tom Waits, inni da negozio di chincaglierie e sontuosi saggi di chamber-pop”. E il bello è che è tutto vero (per quanto un po’ enfatizzato ma bisogna creare interesse!).The Almond Tree è una piccola meraviglia di strano folk arcano e moderno al tempo stesso, controllare please!

E qui è dal vivo con un altro dei miei beniamini del 2010 quel David Ford che ha pubblicato il bellissimo Let The Hard Times Roll. Hannah Peel oltre ad occuparsi delle armonie vocali suona pure il trombone, cosa volete di più! Il brano Song For The Road era la title-track del disco precedente di Ford dischi-di-fine-stagione-belli-ma-dimenticati-1-david-ford-le.html.

Le recensioni e i post in rete sono belli per questo, si può saltare di palo in frasca e parlare di cose interessanti senza nessun Caporedattore che ti rompe le balle.

Il quarto nome citato da Mojo è quello del duo newyorkese dei Cults. Devo dire che in rete non ho trovato manco una foto solo qualche video in YouTube di singoli pubblicati in vinile e su questa evidenza e in attesa dell’album che non si quando uscirà mi sembrano piacevoli ma inconsistenti, però magari mi sbaglio, vedremo. Come diciamo noi inglesi “it’s not my cup of tea!”.

E’ tutto. Domani mi sa che ce la faccio a parlare del nuovo bellissimo Cowboy Junkies Demons, in uscita il 14 febbraio. Bonus Disc compreso.

Bruno Conti

Gironzolando Per Classifiche. Clamoroso Al Cibali! I Decemberists al N°1 Delle Classifiche USA

decemberists the king is dead.jpgthe script.jpgsocial distortion hard times.jpggregg allman low country blues.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Ogni tanto mi faccio un giro per le classifiche di vendita “all over the world” alla ricerca di qualche buona notizia sulla discografia mondiale ma il più delle volte me ne torno scornato o al massimo trovo un disco interessante di cui parlare sul Blog (a proposito, l’avevo già segnalato mesi fa, ma visto che ormai il Blog consta di 465 Post e oltre 90 pagine da visitare, non tutti quelli che lo scoprono si fanno un giro a ritroso fino alle origini, per cui ve lo linko di nuovo, si chiama Charts all over the world e trovate qualsiasi tipo di classifica, di qualsiasi paese vi venga in mente e quindi per il vostro divertimento http://www.lanet.lv/misc/charts/).

Questa settimana sembrano tornati gli anni ’70 (in quanto a buona musica non per il genere musicale, ma un po’ sì!), la classifica americana recita così:

1) The Decemberists – The King Is Dead (disco bellissimo che mi riprometto di trattare approfonditamente nei prossimi giorni, quello che manca è il tempo per parlare di tutti gli argomenti e comunque su tutte le riviste musicali è stato un plebiscito, super consigliato!)

2) Kidz Bop Kids – Kidz Bop 19 per la serie nessuno è perfetto, si tratta di un album dove dei ragazzini cantano molti successi nuovi e vecchi ed è arrivato al n.19 della serie, questo non ve lo consiglio, a meno che non siate fans delle trasmissioni di Antonella Clerici e Gerry Scotti!

3) The Script – Science & Faith il secondo disco del trio irlandese dopo aver raggiunto, qualche mese fa, il primo posto delle classifiche inglesi e irlandesi esordisce al terzo posto di quelle degli States. Non sono malaccio, non mi fanno impazzire ma nel piattume generale…

4) Social Distortion – Hard Times and Nursery Rhymes anche i veterani del punk rock americano, sempre guidati dall’ottimo Mike Ness, dopo oltre 30 anni di onorata carriera e a sette anni dal precedente centrano la posizione più alta mai raggiunta nelle classifiche di vendita!

5) Gregg Allman – Low Country Blues questa poi è clamorosa! E con un disco di pezzi di Blues per niente facile, ma bellissimo. Ma allora c’è ancora speranza!

e qui con Warren Haynes

 

E in Inghilterra cosa succede? Niente di buono se non che Rumer resiste nei Top 10 dopo 12 settimane e i Mumford and Sons all’11 dopo 68 settimane di permanenza nelle classifiche di vendita, per il resto stendo un velo pietoso ( solite facce e soliti culi o viceversa, o anche insieme), almeno per me. Se volete verificate!

Nella vicina Irlanda non va molto meglio: salviamo Adele che con il nuovo 21 esordisce al n°1 (in Inghilterra stranamente non appare ancora) e gli Iron and Wine al n.14 con Kiss Each Other Clean.

Nella lontana Australia non va molto meglio, sì ci sono Angus and Julia Stone ancora al 10° posto ma il disco ormai è in classica da 45 settimane, bel disco comunque.

Nella vicina Nuova Zelanda i Mumford and Sons sono sempre al primo posto (ma quanti dischi hanno venduto in tutto il mondo?).

Non male anche in Canada con i Pearl Jam direttamente al secondo posto con Live On Ten Legs, i Decemberists al 4°, The Script al 6° e Mumford and Sons all’8°.

Qualche curiosità qua e là: in Svezia The Promise di Springsteen è 10° e i Social Distortion 11°, in Norvegia c’è una antologia dei Bellamy Brothers al n.2 (ma la settimana scorsa era 1°) mentre guida la charts Sie Gubba con Alt Du Vil Ha ( e chi cacchio è? Adesso con la fortuna che mi ritrovo tra qualche giorno arriva qualche fan che si lamenta)!

Per la serie consoliamoci perché c’è a chi va peggio, in Olanda al n°1 troviamo il mitico Marco Borsato che ha iniziato la sua carriera di successi con una cover in olandese di Storie di Tutti i Giorni di Riccardo Fogli.

Per concludere su una nota di speranza: di tutti i paesi del mondo che uno potrebbe pensare chi l’avrebbe mai detto che al n°1 in Portogallo ci sono i Pearl Jam!

Per oggi è tutto, passo e chiudo!

Bruno Conti

Pavia, Texas! Mandolin Brothers – Moon Road

Mandolin.jpg

 

 

 

 

 

 

Mandolin Brothers – Moon Road – Studiottanta – Fortuna Records CD+DVD

Ok, le radici sarebbero di Voghera, ma Pavia indica la zona geografica dove brulica tutto un mondo di musicisti innamorati della musica anglo-americana e che la suonano anche: dai Lowlands(fedeli “clienti” di questo Blog) ai Southlands passando per decine di altri gruppi e solisti di cui vi ho riferito di passaggio nel Post dedicato al tributo “Pavese” alla musica di John Lennon per-gli-amanti-dei-beatles-e-di-john-lennon-ma-anche-no-a-da.html. Ma i nostri amici sono un po’ gli originatori di tutto questo gruppo: in attività dal lontano 1979 e così battezzati, Mandolin Brothers, dal buon Fabio Treves, anche se il mandolino agli inizi non c’era (ma sarebbe arrivato) e non erano neppure fratelli con lo scorrere del tempo si sono costruiti una reputazione come uno dei migliori gruppi italiani (ma cantano in inglese) in quello stile che si trova ai confini tra country, blues, roots music e “buona musica”.

La discografia non è proprio copiosissima: tre dischi tra il 2001 e il 2009 (più questo Moon Road) e una collaborazione tra il cantante e armonicista Jimmy Ragazzon e il chitarrista (area Treves Blues Band) Maurizio “Gnola” Glielmo intitolata Blues Ballads and Songs (che quello contiene). Per il resto tanti concerti e tanta passione.

Questo album è il frutto di una fortunata coincidenza. Nel 2009 vengono scelti per rappresentare l’Italia all’International Blues Challenge che si tiene ogni anno a Memphis, Tennesse (insieme a Francesco Più) e il DVD che è allegato a questa confezione dal titolo quantomai esplicativo di “Usa 2010″ è un breve resoconto amatoriale (sono meno di 20 minuti) di quanto avvenuto a Memphis nell’occasione ma ci sono anche delle immagini (e relativa musica) che ci portano nello studio di Merel Bregante in quel di Austin, Texas dove è stato registrato il disco.

E qui arriviamo all’album, un mini-album di 6 brani per la precisione, ma che vale come fosse un disco intero e che avevo dimenticato di inserire tra le cose più interessanti di questo 2010 finito da poco. Ma poi. su stimolo di un mio amico, che mi ha detto “potresti parlarne nel tuo Blog” e perché no, eccoci qua, sia pure in leggero ritardo, ne hanno già parlato il Buscadero e altri giornali, oltre a Blog vari ma una ulteriore voce in più non fa mai male e poi nel mio Blog potrò parlare della musica che mi piace!

Se il nome Merel Bregante vi dice qualcosa è perché questo signore è stato negli anni ’70 il batterista di Loggins & Messina, poi quando ha appeso le bacchette al chiodo e si è trasferito, e accasato in quel di Austin (sua moglie è la bravissima Sarah Pierce, un’ottima cantante con un curriculum di 6 album che vi consiglio indistintamente, nel senso che quello che trovate va bene in ogni caso perchè non sono di facile reperibilità e sono belli tutti). Lì a Austin Bregante ha aperto uno studio di registrazione ed è lì dove i Mandolin Brothers e un manipolo di prodi musicisti americani hanno registrato questo album: nomi magari non altisonanti ma di sicura qualità nell’ambito della musica roots, Cindy Cashdollar, dobroista sopraffina e collaboratrice di Van Morrison (ma anche Dylan, Ryan Adams e Dave Alvin), Cody Braun dei Reckless Kelly, Lynn Daniel, Kenny Grimes, Doug Hudson e Carl Loschiavo.

Il risultato finale è eccellente: si va dal country-rock midtempo della deliziosa Hold Me con il dobro della Cashdollar in evidenza mentre la voce sorniona di Ragazzon pilota i vari interventi solisti dei musicisti e non fa rimpiangere i grandi interpreti di questo filone, dalla vecchia Nitty Gritty ai Poco, Pure Prairie League e soprattutto, almeno per le mie orecchie, i grandi Amazing Rhythm Aces di Russell Smith con cui la voce di Jimmy Ragazzon per ragioni genetiche (gemelli separati alla nascita?) ha più di un punto di contatto. La coda finale strumentale con i due chitarristi del gruppo (tra cui Marco Rovino che è il mandolin brother) a duettare con la Cashdollar e gli altri musicisti meriterebbe di non essere sfumata. 49 Years una bellissima ballata impreziosita dal violino di Cody Braun che si incastra a perfezione con la steel d’ordinanza e con la bella voce evocativa di Ragazzon, non ha da nulla da invidiare al meglio della produzione americana di genere.

E che dire dell’ottima Moon Road, un’altra slow song guidata dal suono particolare della fisarmonica di Riccardo Maccabruni mentre le chitarre, slide, lap steel e elettrica, pennellano una serie di interventi brevi ed efficaci ai limiti della poesia sonora, dei piccoli acquarelli delicati incorniciati ancora una volta dall’ottima interpretazione del buon Regazzon. Old Rock And Roll, come da titolo, è una gustosa canzone piena di energia che ricorda anche i vecchi Loggins and Messina, Maccabruni questa volta si sposta ad un pianino intrigante mentre la chitarra dell’ospite Kenny Grimes divide gli interventi solisti con l’armonica di Ragazzon. Dr.Dreams è l’altro brano che mi ha ricordato moltissimo Russell Smith e i suoi Amazing Rhythm Aces che erano un po’ i Little Feat del country-roots, belle armonie vocali (e qui ci sono), soluzioni sonore sempre brillanti (e anche qui ci siamo) e ottime canzoni (che non guasta mai), e il mandolino in questo brano si sente eccome! Conclude le operazioni Another Kind un’altra bella canzone con fisarmonica e mandolini in evidenza, più acustica delle precedenti e con un gusto decisamente più country ma sempre gustosa.

A questo punto citiamo anche la sezione ritmica composta da Daniele Negro alla batteria e Giuseppe Barreca al basso, l’altro chitarrista Paolo Canevari e il mandolinista aggiunto Bruno De Faveri.

Comunque per la serie la musica (e la critica) sono belle perché sono varie poi ognuno ci vede (e ci sente) quello che vuole, l’importante è che la musica stessa sia bella e qui ce n’è in abbondanza. Per ulteriori notizie http://www.mandolinbrothersband.com/

Mettiamo anche un video per completare l’opera e poi non dite che non vi ho avvisato! QSB (Questi Son Bravi).

Bruno Conti

Una “Vaga” Somiglianza! Beady Eye – The Roller

 

Beady Eye – The Roller

Non so perché mi ricorda “vagamente”qualcosa! Molto bello il commento sotto il video di Lennon di tale salll05, una vera perla di saggezza.

Il primo album dei Beady Eye Different Gear, Still Speeding verrà pubblicato il 28 febbraio. Non vedo l’ora, son tutto un fremito!

220px-Different_Gear,_Still_Speeding.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Per chi vive su un altro pianeta è il nuovo gruppo di Liam Gallagher degli Oasis!

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I e 1/2 – Divine Comedy, Esben And The Witch – Cowboy Junkies – Paul Thorn – Statesboro Revue Eccetera

paul thorn cd+dvd.jpgstatesboro revue.jpgcowboy junkies demons.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Seguito del Post di ieri relativo alle uscite della prima settimana di febbraio (e anche qualcosa di già uscito)!

Quello che vedete è l’ultimo disco di Paul Thorn, eccellente cantautore americano, il disco si chiama Pimp and Preachers ed è solo il suo quinto in 15 anni di carriera. In effetti il disco era già uscito lo scorso anno in America arrivando addirittura nei Top 100 delle classifiche Usa ora la Blue Rose Records/Ird lo rende disponibile anche per il mercato europeo (e italiano). Chi ha avuto la pazienza di aspettare o semplicemente non lo aveva trovato viene premiato da una edizione speciale con DVD allegato di un concerto tenuto a Birmingham, Alabama nel 2005, al prezzo di uno. Quelli che hanno tutto, attenti, perché era già uscito come disco autoprodotto come So Far So Good Live.

Sempre la Blue Rose pubblica anche il nuovo disco della Statesboro Revue (che già dal nome si intuisce facciano del sano southern-rock misto a blues), si chiama Different Kind Of Light ed era uno di quei dischi che su Amazon vi vendono “su misura” come CD-R quindi diciamo non di facile reperibilità. Ne avevano già pubblicato uno a livello indeipendente come Stewart Mann and Statesboro Revue. Mi sembrano più che buoni.

Sempre qualche giorno fa vi preannunciavo l’uscita del nuovo disco dei Cowboy Junkies Demons, il secondo capitolo delle Nomad Series dedicato a Vic Chesnutt, o meglio sono alcuni brani della sua produzione rivisitati dalla band canadese. Il disco per il momento è disponibile solo sul loro sito ma sarà nei negozi a metà febbraio per la Proper in Europa e per la Razor and Tie in America. Scusate ma non resisto, lo sto ascoltando adesso e devo dire che se Remnin’ Park era un buon album questo è stupendo probabilmente il più bello della loro carriera, una vera meraviglia. Poi ci ritorno con calma nei prossimi giorni ma per chi li acquista in rete c’è anche un EP aggiuntivo con altri 7 brani.

Non c’entrava niente ma è così bella!

divine comedy live.jpgboy george ordinary alien.jpgricky martin music+alma+sexo.jpg

 

 

 

 

 

 

 

In un ambito più profano, visto che vi segnalo anche le cose che non amo particolarmente (me la sono cavata bene?) la settimana prossima escono anche un nuovo CD dei Divine Comedy, Live At Somerset House registrato la scorsa estate in solitaria, voce, piano e chitarra per la Concert Live.

Esce anche il nuovo Boy George Ordinary Alien The Kinky Roland Files, Decode Records quindi produzione dance per gli amanti del genere, è quello con la cover di Amazing Grace.

Torna anche Ricky Martin con un nuovo album Musica+Sexo+Alma per la Sony Latin, il 1° febbraio negli States e la settimana dopo in Europa e Italia. E’ tutto in spagnolo meno un duetto con Joss Stone The Best Thing About Me Is You.

esben and the witch.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Tra i “15 Nomi da tenere d’occhio per il 2011” c’erano anche questi Esben and The Witch il cui debutto Violet Cries esce anche da noi la settimana prossima, etichetta Beggars banquet (matador)/Self. Sono quelli che ricordano molto i primi Siouxsie and The Banshees e Florence and the Machine. Se volete controllare esben+and+the+witch.

Alla prossima!

Bruno Conti

Novità Di Febbraio Parte I. North Mississippi Allstars, Bob Marley, Eva Cassidy, Todd Snider, Penguin Café Eccetera

todd snider live.jpgnorth mississippi allstars keys to kingdom.jpgdaniel martin moore.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Dopo un paio di settimane di recensioni non-stop torniamo alle Anticipazioni sulle prossime uscite, partendo da quelle del 1° febbraio, piatto ricco…di Marianne Faithfull abbiamo già detto per cui passiamo alle altre uscite.

Partiamo con il doppio CD dal vivo di Todd Snider Live The Storyteller che raccoglie molti dei suoi brani migliori inframmezzati da aneddoti, storie e quant’altro, da qui il titolo, esce import per la sua etichetta Aimless Records.

Tornano dopo una lunga pausa e avventure collaterali in altri gruppi i North Mississippi Allstars con il nuovo album Keys To The Kingdom, import, etichetta Red General Catalog, contiene una bella cover del brano di Dylan Stuck Inside Of Mobile With The Memphis Blues Again e vede la partecipazione di Ry Cooder, Mavis Staples, Spooner Oldham, Alvin Youngblood Hart e altri musicisti.

Il nuovo album di Daniel Martin Moore In The Cool Of The Day su etichetta Sub Pop in effetti è già uscito ma visto che era sfuggito rimediamo. Fa seguito all’ottima collaborazione dello scorso anno con Ben Sollee (che appare anche in questo album) Dear Companion e a Stray Age del 2008. Tutti e 3 molto belli.

bob marley live forever box set limited edition.jpgbob marley live forever.jpgrick nelson in concert tre troubadour 1969.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Quello che vedete è il doppio CD dell’ultimo concerto di Bob Marley & The Wailers Live Forever (disponibile anche in versione Box Set Super Limited e super costosa). E’ Il resoconto dell’ultimo concerto tenuto da Marley in quel di Pittsburgh allo Stanley Theatre il 23 settembre del 1980. Per i soliti strani misteri della discografia internazionale esce negli Stati Uniti il prossimo 1 febbraio mentre in Europa (e Italia) a i primi di marzo in entrambi i casi per la Tuff Gong/Universal.

Sempre per il settore Oldies But Goldies esce anche le registrazione completa in doppio CD per la Ace del concerto tenuto da Rick Nelson al Troubadour, titolo In Concert Troubadour 1969, sono 42 pezzi rispetto alla vecchia versione in vinile che ne conteneva 12. Distribuzione in Italia a cura della IRD. Una occasione per (ri)scoprire uno dei grandi del R&R (e del country-rock) ingiustamente ignorato dai più!

eva cassidy.jpgpenguin cafe a matter of life.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Per la serie dischi postumi, sempre il 1° febbraio (ma domani 25 gennaio negli States e il 7 febbraio in Italia) esce un ulteriore disco postumo di Eva Cassidy Simply Eva per la Blixstreet. Cosa si sono inventati questa volta? Semplicemente hanno ripreso i nastri originali solo voce e chitarra a cui era stata aggiunta una base e altri stumenti nella prima fase di (ri)pubblicazioni e li hanno ripristinati come erano alla origine. Questo fa temere che ci sarà un seguito. Comunque sempre un piacere riascoltare una delle più belle voci degli anni ’90 e una occasione per scoprirla per chi l’ha mancata al primo giro (e per farvi sentire una delle mie 10 canzoni preferite all-time, Who knows where the time goes di Sandy Denny)!

L’altro disco che vedete in effetti non è ripubblicazione di un vecchio disco ma di un marchio. Il gruppo si chiama solo Penguin Cafe e il figlio dello scomparso Simon Jeffes, Arthur lo riattiva a 13 anni dalla scomparsa del babbo con questo nuovo album A matter life che propone nuove versioni di alcuni dei brani del vecchio repertorio della Penguin Cafe Orchestra. Etichetta Penguin Cafe, uscita nel Regno Unito il 31 gennaio, non so se sarà distribuito anche in Italia.

E con questo chiudiamo questo giro ma mancano ancora delle uscite relative al 1° febbraio, domani o dopo provvedo.

Bruno Conti

Toh, Chi Si Rivede! Edie Brickell

edie brickell.jpgthe gaddabouts.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Edie Brickell – Edie Brickell – Racecarlotta Records

The Gaddabouts – The Gaddabouts – Racecarlotta Records

Spesso quando ascolto dei nuovi dischi sono soggetto alla frenesia della prima impressione, sindrome a cui è soggetta molta gente, che come me, ascolta tanta musica e spesso non ha il tempo per riascoltare molte volte i dischi perché nel frattempo tantissimi altri se ne sono accumulati non per smania di collezionismo (che secondo me è una malattia più grave) ma semplicemente per una specie di compulsivo desiderio di avere sempre musica nuova da sentire.

Da quando ho questo Blog (e in ogni caso in una trentina di anni accumulati come collaboratore del Buscadero) ho comunque la necessità di risentire lo stesso album più volte per ricavarne poi un giudizio ponderato, questo perché come ho detto altre volte, e ribadisco, il sottoscritto, a differenza di quanto fanno nel 90% dei Blog (e riviste) non pratica la geniale arte del copia e incolla ma i dischi li ascolta sul serio e con passione, di tanto in tanto magari sbagliando nei giudizi che sono comunque personali ma frutto di una ponderata riflessione. Il primo ascolto rimane un discrimine eccellente per accertarti sei stai ascoltando una tavanata galattica, perché quella la riconosci subito, ma i tanti dischi che galleggiano tra il discreto e i buono sono spesso soggetti all’umore del momento. Per cui se un disco all’inizio non vi piace tantissimo prendete un bel respiro (ma anche due o trecento), armatevi di pazienza e risentitelo altre due o tre volte (magari leggetevi una bella recensione su questo Blog per confrontare le opinioni), perché il vostro giudizio potrebbe cambiare, e poi, eventualmente, calatelo nella tazza del cesso o nella triste pigna del “ma perché l’ho comprato?”.

Ad un primo ascolto l’impressione ricavata da questo nuovo omonimo disco della “Signora Paul Simon”, Edie Brickell non era particolarmente brillante (e neanche ad un secondo ascolto), poi in questa piacevole mattina domenicale di gennaio mentre facevo un po’ di pulizie casalinghe l’ho inserito nuovamente nel lettore e mi è apparso in una nuova luce, quella giusta.

Il disco, prodotto da Charlie Sexton (garanzia di qualità e che già aveva realizzato con la Brickell l’album Volcano del 2003) è il suo terzo da solista, più 3 dischi con i New Bohemians di cui il primo, Shooting Rubberbands At The Stars, conteneva la famosissima What I Am, e uscito nel 1988, era stato uno dei primi dischi che aveva visto rinascere quel rock classico americano al femminile degli anni ’70 che poi avrebbe visto susseguirsi artiste come Sheryl Crow, Sarah McLachlan, Alanis Morissette, Tori Amos via via fino a Norah Jones e con mille diverse gradazioni di stili fino ai giorni nostri. Quindi, se non una innovatrice, la Brickell ha quantomeno inaugurato una (contro) tendenza dopo molte schifezze degli anni ’80 (rischiarati però dalla nascita dei 10.000 Maniacs di Natalie Merchant, che è di un’altra categoria).

Oltre ai 3+3 dischi citati (e un paio di raccolte) la nostra amica ha fatto parte anche di una sorta di supergruppo, gli Heavy Circles, con il “figliastro” Harper Simon (l’inglese stepson e stepmon per “matrigna” sono molto più fini) ed una serie di “Figli di…”:Sean Lennon, Martha Wainwright e Inara George. Il disco è uscito nel 2008 e, purtroppo, visto che non era malaccio, non se ne è accorto nessuno. Il disco precedente di Edie Brickell con la parziale reunion dei New Bohemians, Stranger Things era del 2006, quindi non è che poi fosse così assente dal mercato come il titolo di questo Post farebbe supporre. Oltretutto quell’avventura si è conclusa in modo tragico con la morte del tastierista Carter Albrecht ucciso in incidente domestico nel 2007 e di cui la Brickell ha voluto completare l’album solista incompiuto e poi pubblicarlo per la sua etichetta, la Racercarlotta. Nel frattempo, in questi anni, un pezzetto alla volta, e infatti Albrecht appare ancora in moltissimi brani, la Texana Brickell ha lavorato a questo nuovo album solista, ma anche al disco d’esordio dei Gaddabouts.

Come vi dicevo l’ascolto mattutino ha reso giustizia a questo disco: sin dal primo brano ti ritrovi calato in una atmosfera solare e divertente, molto pop anni sessanta ma anche California primi anni ’70, Give It Another Day è una vera ventata di ottimismo, con il suo groove scanzonato, un pianino insinuante e la chitarra di Sexton che azzecca un assolo nitido e ficcante, breve ma godurioso come pochi, mentre la brava Edie si diverte e ci diverte come raramente era capitato nella sua carriera. Pill è un altro ottimo esemplare di questo pop scanzonato e quasi beatlesiano (o Beach Boys) con consueta zampatina di Sexton e la sua chitarra e delle armonie vocali deliziose.

Fino a qua difficilmente, in un Blind test, l’avreste riconosciuta, anche se quel birignao (vogliamo chiamarlo “pigro accento texano”) rilassato era lì in agguato e riemerge nella bella Been So Good un brano che è quintessezzialmente suo, indolente e rock al tempo stesso, come nei brani migliori del disco d’esordio, e sono già tre belle canzoni di fila, niente di trascendentale per l’amor di dio (se no mi sparano) ma molto, molto piacevole. Ci vogliono anche dischi così per metterti di buonumore.

Always è un’altra divertente canzone basata su un piano molto presente e che quasi si infila in un barrelhouse accelerato soprattutto nell’assolo mentre 2 O’ Clock in the morning è il primo brano tranquillo di questa raccolta, sempre con la bella voce in primo piano ma un po’ irrisolta ancorché ben suonata da ottimi musicisti. On The Avenue con i suoi ritmi irresistibili ti fa muovere prima il piedino e poi il resto del corpo e ricorda sia i pezzi più ritmati dell’augusto consorte sia quella What I Am che le ha donato fama imperitura, Charlie Sexton ci regala un’altra piccola perla chitarristica e lei canta in quel suo modo inconfondibile ricco di esuberanza facendoci esclamare, “ci piaccion le tardone” (scusa Edie!), visto che la sbarbine degli Skiantos sono cosa del passato (anche lei ci ha i suoi bravi 44 anni quasi 45 a marzo, critico cinico e crudele! Ma lo trovate in tutte le biografie). Molto piacevole anche Waiting For Me guidata da una chitarra acustica molto insinuante su una ritmica sbarazzina. You Come Back ha un andamento molto soul, quasi funky, ma raffinatissimo, direi alla Steely Dan degli anni d’oro, divertimento ma con cervello. It Takes Love con le sue tastiere in evidenza e una piccola sezione archi è più romantica e meno solare ma sempre con quel tocco di classe in più. La conclusione è affidata a Bad Way un brano che mi ha ricordato una sorta di versione femminile di Randy Newman o ancora quegli Steely Dan appena citati. E fa uno!

Gaddabout era il nome di un album solista di Steve Gadd del 1984, con una “S” aggiunta alla fine è anche il nome di un nuovo (super)gruppo che vede a fianco del grande batterista, Edie Brickell al canto e una spruzzata di chitarra, Andy Fairweather-Low tutte le altre chitarre e le armonie vocali e Pino Palladino al basso. Che incidentalmente sono i musicisti che suonavano nel disco citato prima della Brickell, Volcano del 2003.

Steve Gadd, detto per inciso, è un batterista fantastico che ha suonato in zilioni di dischi (quasi tutti quelli di Paul Simon) ma per il sottoscritto si è meritato un posto nella storia della musica per quel meraviglioso assolo (che non è un assolo) all’interno del brano Aja nell’album omonimo degli Steely Dan, una meraviglia di equilibri sonori dove duetta alla pari con il sax di Wayne Shorter (e con tutti gli altri)!

Genere musicale? Pensate a Still Crazy After All These Years di Mister Paul Simon o alle cose più belle di Norah Jones. Molto raffinato e chic.

Qualche titolo? Le prelibatezze vocali di Mad Dog, veramente molto vicino stilisticamente alla Jones, ma Edie Brickell queste cose le fa da anni. La ritmata Feelin’ Better con Gadd in evidenza, ma anche l’organo dell’ospite Joey DeFrancesco e il clarinetto di Dan Block che sottolineano le linee vocali molte misurate della Brickell. Il country-jazz molto raffinato di Let it slide, le avventure in quel di New Orleans di You have an idea (Good Idea), l’old time jazz fischiettato di Remind Me, il blues-rock tirato e chitarristico di Go, ce n’è un po per tutti i gusti nelle tredici canzone che compongono questo album.

Quindi doppia uscita e risultati più che lusinghieri (e interscambiabili) anche se magari non sempre memorabili per queste nuove proposte di Edie Brickell.

Bruno Conti

P.S. Scusate il ritardo ma ieri (domenica) ci sono stati dei problemi nel circuito MyBlog.it.

Carneadi, Chi Sono Costoro? Tony Vega Band & Paul Black

tony vega band.jpgpaul black.jpg

 

 

 

 

 

 

 

Tony Vega Band – Dog Gone Shame – Red Onion Records

Paul Black – Blue Words – Self-Produced

Cosa unisce questi due dischi? Assolutamente nulla, o meglio no, li unisce una comune passione per il Blues e il fatto di essere entrambi nella categoria dei “Carneadi, chi erano costoro?” e perché proprio loro tra tutti gli “sconosciuti” che là fuori suonano il Blues? E perché no?
Scherzi a parte questi sono due tosti, chitarristi e cantanti entrambi con il loro bravo trio alle spalle e tanta gavetta, ma ragazzi se suonano, tutti e due! (E poi, come dice quello là, diciamolo, se non unifico un po’ di recensioni non riesco a tenere il ritmo delle uscite).

Partiamo da Tony Vega che non è al primo disco, ne ha già fatti un paio prima di questo, che non conosco, ma a giudicare da quello che ho sentito mi sa che investigherò ulteriormente. La sede della band è Houston, Texas ma non fanno del blues texano o comunque non solo quello. Se dovessi trovare un difetto direi che la voce di Tony Vega non è particolarmente memorabile, efficiente e precisa ma non ti emoziona, mi ricorda vagamente Robben Ford o Bonamassa (come cantante), però tutto il resto funziona alla grande. Intanto la prima cosa che colpisce è la pulizia e nitidezza del suono del disco, quasi una produzione da major, basso pulsante e batteria con un bel colpo secco e vibrante, la chitarra pulita a livello di sonorità ma molto vissuta a livello qualitativo. Il ragazzo (si fa per dire visto che la band è in attività da una dozzina di anni) è un bel manico, uno stile molto variato ed una tecnica individuale notevolissima, nitida quando suona i blues lenti, per esempio l’eccellente So Alive, sporca e cattiva come nell’iniziale Dog Gone Shame e nella virulenta Shake Them Bones, molto riffate, con la voce distorta, e che poi ti sommergono sotto una valanga di note, aiutato anche dall’armonica dell’ottimo Sonny Boy Terry (un nome un programma), ma anche molto canonica e quasi jazzata nella Fordiana (nel senso di Robben) It Ain’t Easy. C’è anche il blues con licenza di funky di Down In New Orleans e le cavalcate slide alla John Campbell di Edgar Poe Blues o il blues più tradizionale di Shake ‘em on Down senza dimenticare i due strumentali conclusivi che ci permettono di apprezzare la grande varietà stilistica di questo ottimo virtuoso dello strumento.

Se devo essere sincero ho una leggera preferenza per il canadese Paul Black, al secondo album con questo Blue Words. Il suono è meno pulito e levigato, ma la voce è potente e vissuta, molto bluesata ma anche con retrogusti sudisti e “sudati”, il suono si muove tra l’Hendrix meets Stevie Ray dell’iniziale Talk To Me e il blues con licenza di slide della grintosa Slippin’ Away. C’è anche il blues torrido, e sottolineato da un organo hammond, di Jelly Fish. Ma in questo album ci sono anche alcuni brani che esulano dal blues, per esempio la bellissima ballata in classico stile southern intitolata Breathe che fa molto Lynyrd Skynyrd e nel suo andamento mi ha ricordato molto i brani di un altro sudista doc, Ian Moore (che fine ha fatto?) e che ci permette di apprezzare la voce di Black che è veramente molto bella!  Anche Blue Words con la sua chitarra choppata ha un suono molto rootsy mentre Little Mary con quella slide insinuante e una acustica appena accennata si dipana in un bel crescendo ancora colorato da atmosfere sudiste e con la voce sempre in grande in evidenza. Questo sound si conferma nell’ottima Burn, Black sarà pure canadese ma in questo disco si respira aria del Sud degli States.

Who’s in my house ci riporta verso sonorità più vicine al classico Texas sound della famiglia Vaughan mentre It’s Alright qualche debituccio verso il buon Jimi ce l’ha. Much 2 Much è un’altra bellissima ballata, proprio una bella canzone, con piano e organo che sostengono l’eccellente interpretazione di Black che lavora di fino anche alla solista, il risultato è da incorniciare. Fly se possibile è ancora meglio, un brano mosso che ricorda quelle atmosfere di frontiera di certi brani di Tom Russell o Joe Ely, con l’elettrica di Paul Black che disegna ghirigori quasi flamenco sul tessuto della canzone. Una vera delizia! Conclusione in solitaria, solo voce e chitarra acustica con Sister Sadness e anche lì il nostro amico si conferma un talento da tenere d’occhio.

Ma direi attenti a quei due! (complimenti a chi ha fatto i video con la musica di Paul Black)

Bruno Conti