Carneadi, Chi Sono Costoro? Tony Vega Band & Paul Black

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Tony Vega Band – Dog Gone Shame – Red Onion Records

Paul Black – Blue Words – Self-Produced

Cosa unisce questi due dischi? Assolutamente nulla, o meglio no, li unisce una comune passione per il Blues e il fatto di essere entrambi nella categoria dei “Carneadi, chi erano costoro?” e perché proprio loro tra tutti gli “sconosciuti” che là fuori suonano il Blues? E perché no?
Scherzi a parte questi sono due tosti, chitarristi e cantanti entrambi con il loro bravo trio alle spalle e tanta gavetta, ma ragazzi se suonano, tutti e due! (E poi, come dice quello là, diciamolo, se non unifico un po’ di recensioni non riesco a tenere il ritmo delle uscite).

Partiamo da Tony Vega che non è al primo disco, ne ha già fatti un paio prima di questo, che non conosco, ma a giudicare da quello che ho sentito mi sa che investigherò ulteriormente. La sede della band è Houston, Texas ma non fanno del blues texano o comunque non solo quello. Se dovessi trovare un difetto direi che la voce di Tony Vega non è particolarmente memorabile, efficiente e precisa ma non ti emoziona, mi ricorda vagamente Robben Ford o Bonamassa (come cantante), però tutto il resto funziona alla grande. Intanto la prima cosa che colpisce è la pulizia e nitidezza del suono del disco, quasi una produzione da major, basso pulsante e batteria con un bel colpo secco e vibrante, la chitarra pulita a livello di sonorità ma molto vissuta a livello qualitativo. Il ragazzo (si fa per dire visto che la band è in attività da una dozzina di anni) è un bel manico, uno stile molto variato ed una tecnica individuale notevolissima, nitida quando suona i blues lenti, per esempio l’eccellente So Alive, sporca e cattiva come nell’iniziale Dog Gone Shame e nella virulenta Shake Them Bones, molto riffate, con la voce distorta, e che poi ti sommergono sotto una valanga di note, aiutato anche dall’armonica dell’ottimo Sonny Boy Terry (un nome un programma), ma anche molto canonica e quasi jazzata nella Fordiana (nel senso di Robben) It Ain’t Easy. C’è anche il blues con licenza di funky di Down In New Orleans e le cavalcate slide alla John Campbell di Edgar Poe Blues o il blues più tradizionale di Shake ‘em on Down senza dimenticare i due strumentali conclusivi che ci permettono di apprezzare la grande varietà stilistica di questo ottimo virtuoso dello strumento.

Se devo essere sincero ho una leggera preferenza per il canadese Paul Black, al secondo album con questo Blue Words. Il suono è meno pulito e levigato, ma la voce è potente e vissuta, molto bluesata ma anche con retrogusti sudisti e “sudati”, il suono si muove tra l’Hendrix meets Stevie Ray dell’iniziale Talk To Me e il blues con licenza di slide della grintosa Slippin’ Away. C’è anche il blues torrido, e sottolineato da un organo hammond, di Jelly Fish. Ma in questo album ci sono anche alcuni brani che esulano dal blues, per esempio la bellissima ballata in classico stile southern intitolata Breathe che fa molto Lynyrd Skynyrd e nel suo andamento mi ha ricordato molto i brani di un altro sudista doc, Ian Moore (che fine ha fatto?) e che ci permette di apprezzare la voce di Black che è veramente molto bella!  Anche Blue Words con la sua chitarra choppata ha un suono molto rootsy mentre Little Mary con quella slide insinuante e una acustica appena accennata si dipana in un bel crescendo ancora colorato da atmosfere sudiste e con la voce sempre in grande in evidenza. Questo sound si conferma nell’ottima Burn, Black sarà pure canadese ma in questo disco si respira aria del Sud degli States.

Who’s in my house ci riporta verso sonorità più vicine al classico Texas sound della famiglia Vaughan mentre It’s Alright qualche debituccio verso il buon Jimi ce l’ha. Much 2 Much è un’altra bellissima ballata, proprio una bella canzone, con piano e organo che sostengono l’eccellente interpretazione di Black che lavora di fino anche alla solista, il risultato è da incorniciare. Fly se possibile è ancora meglio, un brano mosso che ricorda quelle atmosfere di frontiera di certi brani di Tom Russell o Joe Ely, con l’elettrica di Paul Black che disegna ghirigori quasi flamenco sul tessuto della canzone. Una vera delizia! Conclusione in solitaria, solo voce e chitarra acustica con Sister Sadness e anche lì il nostro amico si conferma un talento da tenere d’occhio.

Ma direi attenti a quei due! (complimenti a chi ha fatto i video con la musica di Paul Black)

Bruno Conti

Carneadi, Chi Sono Costoro? Tony Vega Band & Paul Blackultima modifica: 2011-01-22T18:26:00+01:00da bruno_conti
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