Un Altro “Grande” Giovane Bluesman Da Manchester! Matt Schofield – Anything But Time

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 Matt Schofield –  Anything But Time – Nugene Records

Il disco precedente di Matt Schofield Heads Tail And Aces ha ben figurato in molte polls di fine anno, miglior disco Blues, miglior chitarrista, anche la rivista Mojo l’aveva segnalato tra i 5 migliori CD Blues dell’anno.

Questo nuovo Anything But Time mi sembra anche meglio. Prodotto dal grande John Porter (uno che di dischi blues se ne intende) in quel di New Orleans ritorna al formato trio, chitarra, organo, batteria, senza bassista ma con Johnny Henderson che provvede alla bisogna con i pedali dell’organo.

Schofield, inglese di Manchester fa parte di quella NWOBB (New Wave Of British Blues) che sta rinvigorendo un settore che aveva stagnato per un certo periodo. Ian Siegal di cui è uscito di recente l’ottimo The Skinny, di cui Schofield aveva prodotto i tre album precedenti, Aynsley Lister, di cui vi ho parlato in varie occasioni, Oli Brown, Danny Bryant, Simon McBride tanto per ricordare i primi che mi sono venuti in mente ma ce ne sono altri. Che fanno da contraltare ai vari Kenny Wayne Sheperd, Bonamassa, Derek Trucks, John Mayer, Johnny Lang, la lista è lunga, che operano in America. Insomma la scena rock-blues è fresca e pimpante e questo album non fa altro che confermarlo. Si tratta del suo quarto disco di studio, più i due live iniziali che avevano fatto seguito ad un lungo apprendistato come chitarrista nella band di Dana Gillespie.

Insomma Schofield la sua gavetta l’ha fatta e se all’inizio veniva spesso inserito tra gli artisti jazz il suo genere è decisamente Blues. Raffinato, con molti punti in comune con Robben Ford, a cui spesso viene avvicinato ma anche allo stile di chitarristi come Ronnie Earl o Duke Robillard, insomma quelli molto tecnici e raffinati. Ed è anche veramente bravo, molto vario e in possesso di una tecnica che gli consente un continuo passaggio tra ritmica e solista per ovviare alla mancanza, peraltro voluta, del bassista. Il nuovo batterista è Kevin Hayes che ha suonato per 18 anni nel gruppo di Robert Cray e l’ospite di riguardo è Jon Cleary, un residente di New Orleans.

Come Ford, Bonamassa, Lister e altri, Schofield non è un fulmine di guerra come cantante ma è più che adeguato e disco dopo disco sta migliorando aumentando sempre più il numero dei brani cantati rispetto agli strumentali, questa volta “l’en plein”.

E’ anche un buon autore come dimostrano gli otto brani originali (firmati con la partner Dorothy Whittick) a fronte di due sole cover, inconsuete: la prima è un brano di Steve Winwood At Times We Do Forget, un brano recente tratto da Nine Lives che ce l’ha proprio stampato in fronte, Winwood Winwood Winwood, inconfondibile in quel blue-eyed soul piacevole del grande musicista inglese. L’altro brano, molto più consistente, è una cover di Where Do I Have To Stand di Albert King uno slow blues che permette lo strike (brani di Freddie e BB King già fatti nei dischi precedenti), la chitarra scorre fluida, torrenziale e melliflua in uno stile molto vicino a quello del già citato Robben Ford. In questo disco, in un brano, Dreaming Of You Schofield si avvicina per la prima volta anche alle sonorità ritmiche e soliste di Jimi Hendrix, una influenza musicale mai accostata in passato e in questo caso “omaggiata” con gusto e bravura tecnica (perché bravo il “ragazzo” è bravo)!

Il New Orleans Sound trova terreno fertile nella ritmata One Look (And I’m Hooked) con il Wurlitzer e il clavinet di Jon Cleary che “fiancheggiano” la chitarrina funky insinuante di Schofield e l’organo di Henderson. Oltre che nella già citata cover di Winwood il piano di Jon Cleary è presente anche nell’ottimo slow blues See Me Through con la chitarra di Schofield che mi ha ricordato molto il miglior Ronnie Earl (e anche il Santana meno latineggiante). L’iniziale Anything But Time è un omaggio al sound Stax di Booker T and The Mg’s con organo e chitarra a fare le parti che furono di Cropper e Jones.

Anche Where Do I have to stand vira verso il blues classico o organ power trio come lui stesso lo definisce mentre Shipwrecked è più ritmato e funky con il solito interplay micidiale tra l’organo e la chitarra fiammeggiante di Schofield.

Mancano la Claptoniana Wrapped Up In Love e la conclusiva Share Our Smile Again che si spinge in territori più leggeri, quasi pop, alla Lang o John Mayer e diminuisce l’impatto complessivo dell’album che rimane comunque ottimo e abbondante. Per chi ama la chitarra e il blues solido contemporaneo di gran classe e tecnica.        

Bruno Conti

Un Altro “Grande” Giovane Bluesman Da Manchester! Matt Schofield – Anything But Timeultima modifica: 2011-06-16T16:52:00+02:00da bruno_conti
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