Non Solo “Superheavy”, SuperReggae & Bollywood Ma…

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Superheavy – Normal & Deluxe Editions – A&M/Universal 20-09-2011

Ma…Lo ammetto, dopo il primo ascolto di questo CD dei Superheavy nella versione Deluxe (16 brani), la mia prima tentazione sarebbe stata quella di prendere a calci nel culo (si può dire calci?) tutti i componenti della “Superband” e rispedirli nei rispettivi stati e continenti, India, Giamaica, Inghilterra e Stati Uniti (anche quelli di adozione)! Poi mi sono detto, prima di scrivere qualsiasi cosa proviamo un secondo ascolto, magari con le cuffiette dei Walkman, che è probabilmente il supporto con il quale questo album verrà ascoltato con maggiore frequenza e poi di nuovo con l’impianto per scorgere eventuali particolari sfuggiti nei primi giri. E la pazienza ha dato i suoi frutti, il disco, che paventavo “una cagata pazzesca” di dimensioni fantozziane, non dico che mi piaccia moltissimo, ma aldilà dei quattro o cinque brani con cui avrei potuto fare un discreto EP ed archiviarlo a futura memoria insieme a tutta la discografia solista di Mick Jagger, ha “svelato” un suo progetto unitario, democratico, commerciale ma migliore di quello semplicemente “supermodernista” di Goddess In The Doorway, che, come avrebbe detto dell’Ignazio Larussa Fiorello, era veramente brutto.

Il disco veleggia in un ambito sonoro Super reggae e Bollywood, sostenuto dalla sezione ritmica abituale di Damian Marley, i cosidetti Distant Relatives, Courtney Diedrick e Shiah Coore, che assieme alla violinista Ann Marie Calhoun e alle tastiere di A.R. Rahman (il “Morricone indiano”, ma mi faccia il piacere!), viene mitigato dal plotone occidentale capitanato da Jagger e Stewart, che sono i due produttori e dalla voce soul “della madonna” (non alla Madonna o Nicole Scherzinger come nella versione dance del soundtrack del Milionario) di Joss Stone, che come direbbe la Marchesini è anche una “bella faiga”!

Alla fine ho raggiunto un compromesso con me stesso: non sarà quel capolavoro che molti quotidiani, soprattutto italiani, vi vorranno far credere ma rimane un dignitoso lavoro, commerciale e piacevole da ascoltare, soprattutto se vi piace il reggae, nelle sue forme più moderne e contaminate con rap e hip-hop, con la presenza del “toaster” (che non è la macchinetta per fare i toast, ma tradotto all’impronta per i profani si potrebbe definire un incrocio tra un dj e un rapper, quelli che “cantano parlando”, e allora dillo!) Damien Marley, che a mio parere, ma a me il reggae non piace molto, lo riabadisco, è tra i figli di Bob uno dei meno talentuosi, e non è che gli altri abbiano incendiato il mondo della musica. Anche la Bollywood dance ha una sua forte presenza, ma rock, soul e ballate, mescolate a tutto quanto cercano di emergere dall’impasto democratico del gruppo, con le voci di Jagger e Joss Stone (con il suo cognome quasi predestinata)che spesso si incrociano efficamente in una tradizione che da Lisa Fischer, passando per Tina Turner risale fino a Merry Clayton tra quelle che hanno misurato le loro ugole frenetiche con Mick.

Si parte con una Superheavy corale caratterizzata dal toasting di Marley, dal cantato della Stone, dall’ipnotismo indiano di A.r. Rahman, ma anche dagli intermezzi rock della chitarra di Dave Stewart (che dalla sua residenza giamaicana è stato l’istigatore di questa “operazione) per uno stile dancehall rock-reggae che poi si perpetua in Unbelievable cantata da Mick Jagger che in questo disco ha abbandonato quello stile vocale “finto” giamaicano che aveva adottato per le collaborazioni anni ’70 con Peter Tosh, passi per Joss Stone ma gli intermezzi vocali falsamente etnoindiani li trovo un po’ fasulli. Miracle Worker, la conoscono un po’ tutti, è il singolo che da qualche mese si sente ovunque, un superreggaeone molto piacevole cantato a turno dai vari componenti del gruppo ma con la voce guida di Joss Stone, un esempio di pop music intesa nel senso di “popolare”, con il violino quasi country della Calhon e la chitarrina riffata di Stewart che si integrano alla perfezione con la sezione ritmica reggae e Damian che non rompe troppo le balle. Ma in Energy ci ammolla una lunga introduzione che poi, per fortuna, diventa un bel brano dal taglio rock con Jagger che si cimenta brevemente anche lui nel toasting sostenuto dalla voce a piena gola della Stone e dalla chitarra di Stewart e dall’armonica dello stesso Mick che cercano di ricreare sonorità alla Black & Blue piuttosto che alla Emotional Rescue, per fortuna!

Satyameva Jayathe è il famoso brano cantato in sanscrito con una introduzione vocale corale, poi una parte cantata (presumo da Rahman) fino all’ingresso della Stone che è la vocalist principale e l’immancabile Marley per convergere in una parte strumentale interessante dove le tastiere e il violino si mettono in evidenza prima della parte finale di nuovo corale. Questo è uno di quelli che al primo giro non mi era piaciuto per nulla e poi ho rivalutato. I due brani che seguono sono due delle migliori cose di Mick Jagger degli ultimi 30 anni, la prima One Day One Night, una ballata neo soul in crescendo ancora percorsa da un violino struggente e con delle tastiere di nuovo alla Black & Blue, che ci conferma che per quanti sforzi faccia (e noi apprezziamo) Damian Marley non è un cantante, come è confermato dallo strepitoso intervento vocale nella parte finale di Joss Stone. La seconda, una piccola perla dall’inizio acustico Never Gonna Change, che in alcune interviste Jagger ha paragonato a As Tears Go By, al sottoscritto ha ricordato molto brani come Far Away Eyes e non gli sta distante anche a livello qualitativo. Beautiful People è il secondo potenziale singolo dell’album, un bel duetto tra la Stone che la guida e Jagger che la segue con gran classe, con il terzo incomodo Marley che si intromette ogni tanto, comunque nel complesso un pezzo di pop-reggae commerciale che nella spazzatura radiofonica che si ascolta risalterà sicuramente. Rock me Gently, se si può dire, è un blue-eyed reggae-soul con Marley, Stone e Jagger che si integrano alla perfezione e piacciono pure a me che non amo il reggae, ripeto se non si era capito (ognuno ha i suoi gusti, o no, io ascolto tutti i generi come avrà capito chi legge questo Blog, ma il reggae non lo reggo). Bello l’assolo nella parte centrale della chitarra di Dave Stewart, che ove possibile si ritaglia i suoi spazi.

Introdotto da un “What The Fuck Is Goin’ On” urlato a gran voce dalla Stone, I Can’t Take It No More è il pezzo rock “politico” dell’album scritto e cantato da Jagger e ne potrebbe essere il manifesto anche a livello musicale: “Che caspita sta succedendo, cazzo!” (sempre se si può dire caspita) come definizione del genere dei Superheavy potrebbe andare! Un po’ ruffiano ma pieno di energia. Non male anche la simil-soul ballad I Don’t Mind ancora cantata in coppia con libidine dalla Stone e da Jagger che si intendono a meraviglia senza terzi incomodi se non il violino della Calhoun, o almeno si sperava perché nel finale la presenza di Marley è inesorabile con tanto di citazioni di Just my Imagination e Sweet Dreams nel classico stile toasting. World Keeps Turning è un altro ballatone cantato con gusto dalla Stone con gli altri, Jagger in testa, che la seguono coralmente, e lei ha una gran voce, magari non ancora un repertorio. E a questo punto finisce la versione normale, almeno per l’Italia, dove la versione Deluxe con 16 brani non verrà pubblicata. A proposito vorrei sapere chi è l’inventore di queste doppie versioni: a quelle con CD o DVD aggiunto ci eravamo abituati, ma questo fatto dell’album che esce in una versione, sempre singola prego notare, ma con alcuni pezzi in più, in questo caso 4, ad un prezzo maggiorato francamente non lo capisco. Se uno potesse scegliere chi direbbe “Vorrei quella con meno canzoni, grazie!”, misteri della discografia.

Di Mahiya un pezzo in puro stile Bollywood che uno si immagina con migliaia di indiani che si muovono a tempo con qualche coreografia pacchiana se ne poteva anche fare a meno. Il rock-reggae-dance-bollywood di Warring cantato da Mick Jagger col supporto della Stone è meglio ma non imprescindibile. Meglio il reggae-soul divertente di Common Ground cantato con voce potente dalla brava Joss Stone con l’immancabile Damian Marley che in questo brano mi ricorda molto (e anche in altri per la verità) l’ineffabile Shaggy, mi aspetto sempre, da un momento all’altro un “mister lovva lovva”. Buona anche la parte di Jagger e l’ottimo violino quasy country della Calhoun merito forse delle visite a Nashville del co-produttore Dave Stewart. Non mi piace la conclusione di Hey Captain, che è come come paventavo sarebbe stato l’album, una accozzaglia di dance, reggae, soul e rock con intermezzi “indiani”.

Non salverà il rock, ma forse, per il momento, con le sue vendite, la discografia sì, in definitiva un album commerciale e piacevole molto meno peggio di quello che mi aspettavo, da tre stellette, sei e mezzo, nel suo genere. Non so se lo comprerei ma ammetto che sbagliavo nel mio primo giudizio e quindi i fans degli Stones questa volta saranno forse costretti a sborsare. Comunque dal 20 sarà nei negozi e vi potrete fare la vostra idea.

I supergruppi di una volta erano un’altra cosa ma…

Bruno Conti

Non Solo “Superheavy”, SuperReggae & Bollywood Ma…ultima modifica: 2011-09-17T19:32:00+02:00da bruno_conti
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