Novità Di Ottobre Parte III (Con Recupero). Coldplay, Brian Wilson, T-Bone Burnett, Tom Waits, Cowboys Junkies, Black Country Communion, Noel Gallagher, Chris Isaak, Jane’s Addiction, Eccetera

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Trascuro un attimo la rubrica sulle uscite e se ne accumula subito un bel quantitativo. Per cui anche questa settimana razione doppia: uscite del 25 ottobre e recupero delle principali del 18 ottobre.

Partiamo con i Coldplay che con Mylo Xyloto tornano alle loro sonorità abituali dopo che con il precedente Viva La Vita Or Death prodotto da Brian Eno si erano lanciati in territori più “avventurosi”. Eno è sempre co-produttore del disco e ha partecipato alla composizione di un paio di brani ma la presenza di Rihanna in Princess Of China è abbastanza significativa. Evidentemente la Parlophone/EMI ha chiesto un incremento delle vendite, anche se le critiche preventive all’album sono state quasi tutte abbastanza positive a parte i nemici del NME che gli hanno dato 5 (ma non stellette, come a scuola). Come curiosità, l’ultimo brano Up With The Birds campiona un brano di Leonard Cohen che quindi è stato indicato come co-autore. Seconda curiosità, il disco in Giappone è già uscito il 19 ottobre e ha tre bonus-tracks registrate dal vivo a Glastobury 2011.

Dopo il progetto dedicato a Gershwin, Brian Wilson ha scelto un’altra icona della musica americana, magari meno nobile, e il nuovo album si chiama In The Key Of Disney ed esce, ovviamente, per la Disney/EMI il 25 otttobre una settimana prima delle varie edizioni (megabox incluso) che verranno dedicate a Smile dei Beach Boys di cui vi parlerò la settimana prossima. Quindi ancora pochi giorni e ve ne potrete andare per casa canticchiando Heigh Ho (Biancaneve), When You Wish Upon A Star (Pinocchio), Can You Feel The Love Tonight? (Re Leone) e tante altre classiche canzoni tratte dai cartoni animati più famosi nelle versioni “originali” di Brian Wilson. Le versioni spesso sono “geniali”!

L’uscita del nuovo Tom Waits Bas As Me ve l’avevo anticipata già da un paio di mesi ma da martedì 25 sarà una realtà, ovviamente in più versioni. C’è la versione “normale” singola con 13 brani, quella doppia con 16 brani + libretto speciale e infine la versione in vinile con 13 brani con codice accluso per il download dei brani (non so se la edizione deluxe da 16). Il tutto è scritto da Tom Waits e Kathleen Brennan come di consueto ed esce per la Anti Records. Ci sono una valanga di ospiti: da David Hidalgo dei Los Lobos a Charlie Musselwhite, da Keith Richards a Augie Meyers, Les Claypool dei Primus, oltre agli immancabili Marc Ribot e Larry Taylor.

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Questa settimana è uscito il debutto di quello che comunemente viene definito il fratello “bravo” degli Oasis, ovvero Noel Gallagher’s High Flying Birds, etichetta Sour Mash Records, c’è in CD, LP e digital download. In Irlanda è già al primo posto e in Giappone al 5°

Chris Isaak a distanza di 15 anni da Baja Sessions pubblica nuovamente un album tutto di cover, il titolo è Beyond The Sun e si dice che sia uno dei suoi migliori di sempre. L’etichetta è la Vanguard Records: versione singola con 15 brani, versione Deluxe doppia con 26 brani e, per la serie “i Misteri della Discografia”, in Australia è uscita una Collector’s Edition con ulteriori 3 brani per un totale di 28 e ci sta tutto in unico CD. Strano! Questa è lista dei brani, molto interessante:

Beyond The Sun (Standard)                       Beyond The Sun (Deluxe Edition)
1. Ring of Fire                                             1. My Baby Left Me
2. Trying To Get To You                              2. Oh, Pretty Woman
3. I Forgot To Remember To Forget            3. Doin’ The Best I Can
4. Great Balls of Fire                                   4. Your True Love
5. Can’t Help Falling In Love                       5. Crazy Arms
6. Dixie Fried                                              6. Lovely Loretta
7. How’s The World Treating You               7. Everybody’s In The Mood
8. It’s Now or Never                                         8. I’m Gonna Sit Right Down and Cry
9. Miss Pearl                                               9. Love Me
10. Live It Up                                            10. Doncha’ You Think It’s Time
11. I Walk The Line                                   11. That Lucky Old Sun
12. So Long I’m Gone
13. She’s Not You
14. My Happiness                  

Tutto materiale originariamente registrato ai famosi Sun Studios.

Anche i Jane’s Addiction hanno un nuovo disco in uscita questa settimana: si chiama The Great Escape Artist, è solo il quarto di una carriera che li ha già visti riunirsi due volte. Esce per la Capitol e naturalmente non manca la sua bella edizione doppia con undici brani extra registrati dal vivo a Vive Latino. Ci sono Farrell, Navarro, Perkins, Sitek ed è rientrato anche il bassista Chris Chaney. Strays, il disco della reunion del 2003 non era il massimo (per usare un eufemismo) di questo nuovo se ne parla decisamente in modo positivo, vedremo!

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In questi giorni è stato pubblicato il terzo capitolo delle Nomad Series dei Cowboys Junkies, si chiama Sing In My Meadows, etichetta Latent in Nord America e Proper in Europa. Doveva uscire all’inizio dell’estate ma è slittato al 18 ottobre. Si tratta del disco “psichedelico” annunciato da Michael Timmons e fa seguito al bellissimo Demons che era uscito all’inizio dell’anno (e quindi uno ottimo per il 2011 ce l’hanno già). Appena l’avrò sentito bene sarà mia premura riferirne, come dicono quelli che parlano bene. A un primo ascolto le chitarre sono molto presenti. Come pure in un altro disco che sto sentendo in questi giorni, Lulu di Lou Reed con i Metallica, dove la parola d’ordine è “viuulenza”, almeno nel primo CD. Il secondo è più composito. Recensioni nei prossimi giorni, appena trovo il tempo, insieme ad altre uscite interessanti.

Anche quello di T-Bone Burnett è un dischetto assai interessante, anche se meglio sarebbe stato se fosse uscito in DVD ma non si può avere tutto. Il titolo, The Speaking Clock Revue, spiega tutto: si tratta della registrazione di alcuni brani dello spettacolo che Burnett ha tenuto lo scorso anno in ottobre al Beacon Theatre di New York con molti degli artisti da lui prodotti negli ultimi anni. La sua Band con Ribot, Bellerose, Ciancia, Jim Keltner e molti altri più…

1. Jimmie Standing In The Rain – Elvis Costello
2. Midnight Rider – Gregg Allman
3. Hold On, Hold On – Neko Case
4. Rye Whiskey – Punch Brothers
5. Wonderful (The Way I Feel) – Jim James
6. The Truth Is In The Dirt – Karen Elson
7. The One I Love Is Gone – The Secret Sisters
8. Troubled Land – John Mellencamp
9. Lift Him Up That’s All – Ralph Stanley
10. Fallin’ & Flyin’ – Jeff Bridges
11. Monkey Suit – Elton John & Leon Russell                 

Etichetta Shout Factory negli Stati Uniti, non c’è ancora un distributore europeo.

Shelby Lynne è una delle cantautrici americane che prediligo shelby%20lynne. Ormai si distribuisce in proprio con la sua etichetta, la Everso Records e per tagliare ulteriormente i costi in questo nuovo Revelation Road suona anche tutti gli strumenti, oltre a cantare veramente bene. E’ un dono di famiglia, perchè anche la sorella, la signora Earle, Allison Moorer è una eccellente vocalist. Anche su questo CD ci torno al più presto con recensione completa. Io, prometto prometto, ma poi magari “dimentico”, al limite ricordatemelo.

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Per concludere questo giro (domani o dopo, seconda parte) una “vecchia gloria” e 2 DVD.

La vecchia gloria è Chris De Burgh (non Cyndi Lauper, non sono così irriverente), il cantante anglo/irlandese che oltre ad avere tra i suoi meriti, la figlia Rosanna, Miss Mondo nel 2003 per l’Irlanda, è anche un piacevole cantautore melodico con una lunga carriera alle spalle che ogni tanto si cimenta con dischi di cover, questo Footsteps 2 è ovviamente il secondo della serie, che passa con noncuranza tra versioni di brani dei Beatles, Lady Madonna e Let It Be, Time In A Bottle di Jim Croce, In The Ghetto di Elvis Presley, Long Time Running dei Doobie Brothers, The Living Years di Mike and The Mechanics, S.O.S. degli Abba. Un tipo eclettico come vedete, le versioni sono un po’ alla camomilla ma molto piacevoli anche se i tempi di Far Beyond These Castle Walls e Spanish Train sono passati da più di 35 anni. Etichetta DMG.

Eravate preoccupati! E invece ecco qua un bel disco nuovo di Joe Bonamassa, o meglio un DVD. Era già un bel mesetto che non usciva niente, dall’uscita in coppia con Beth Hart. Questa volta è un doppio DVD o singolo BluRay Live Over Europe con i Black Country Communion. Mascot Records/Provogue/Edel, ripreso con 14 telecamere ad alta definizione in alcune date in Germania nel recente tour estivo europeo. Esce il 25 ottobre, però la devono finire di rompere le balle con queste versioni Deluxe: per un libretto di 28 pagine e un secondo DVD con ben 20 minuti di “dietro le quinte” te lo fanno pagare come un doppio. Se mi arriva il promo lo recensisco, se no vedremo.

Altro DVD molto interessante è questo To Memphis, With Love, dove Cyndi Lauper reitera il suo rinnovato amore per il Blues dopo l’ottimo album Memphis Blues dello scorso anno, questo-le-mancava-cyndi-lauper-memphis-blues.html. Non mancano, oltre a molti classici, i suoi cavalli di battaglia, She Bop e Girls Just Wanna Have Fun. Ospiti Allen Toussaint, Tracy Nelson e Johnny Lang. Etichetta Megaforce, esce il 25 ottobre.

Una curiosità finale. In questi giorni la Meyer Records (quella del Live di Eric Andersen) pubblica un Unplugged In Berlin 2002 di Willy DeVille. Loro dicono che si tratta di nuove matrici, quelle originali, non di scarsa qualità come nel CD Acoustic Trio In Berlin o nel DVD The Berlin Concerts. I brani comunque sono gli stessi e il doppio Acoustic Trio In Berlin non mi sembra inciso così male. Comunque se volete investire i vostri denari è uscito in questi giorni e rimane uno dei migliori concerti della carriera del grande Willy DeVille.

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Alla prossima.

Bruno Conti

Virtuosi? Ain’t Nothin’ But The Blues-(Rock)! The Sean Chambers Band – Live From The Long Island Blues Warehouse

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The Sean Chambers Band – Live From The Long Island Blues Warehouse –Blue Heat

Forse per la bravura meriterebbe  anche un giudizio superiore alle tre stellette canoniche che si danno ai buoni album. Ma nello stesso tempo non si può certo definire Sean Chambers un “originale”, peraltro la sua tecnica è ragguardevole e non per nulla la rivista inglese Guitarist Magazine lo ha inserito tra i 50 migliori chitarristi rock-blues dello scorso secolo, con il risultato che per il passaparola e la legge della moltiplicazione in alcuni articoli in rete è diventato uno dei 50 più grandi chitarristi di tutti i tempi! E questo, per quanto bravo sia, mi sembra francamente eccessivo.

Nativo della Florida Chambers ha pubblicato 3 album di studio dal 1998 a oggi per tre diverse etichette indipendenti e quindi questo Live è una sorta di summa della sua carriera, con i pregi del disco dal vivo e allo stesso tempo i vantaggi del disco in studio (quindi entrambi positivi), visto che è stato registrato agli Eko Sudios di New York di fronte a un  pubblico sparuto di soli invitati. Siamo di fronte al classico power-rock-blues trio (con l’armonicista Gary Keith aggiunto sporadicamente) e il nostro amico appartiene alla schiera dei virtuosi dello strumento, quella che discende da Jimi Hendrix passando per Stevie Ray Vaughan con qualche fermata laterale per Johnny Winter ma che si è anche nutrita a pane e blues e non per nulla Chambers a cavallo della fine secolo ha passato cinque anni come musical director nella band di Hubert Sumlin. Non so se avete presente di cosa si tratta? Ovviamente non è un tipo con la bacchetta che dirige la sezione ritmica ma, soprattutto nei gruppi di blues con “vecchie glorie”, è quello che si definisce secondo chitarrista e fa il lavoro sporco, la ritmica, i fills, ogni tanto quando il leader riposa o nella parte introduttiva del concerti si concede qualche assolo e intanto assorbe e impara.

Evidentemente Sean Chambers deve avere imparato bene perché in questo concerto sciorina tutto il suo repertorio, esplorando la chitarra in ogni dove, scorrendo il manico in su e in giù, davanti, dietro, ovunque, lavorando di pedaliera con una predilezione per il wah-wah che viene utilizzato spesso e volentieri e mettendo in luce le sue virtù chitarristiche che sono notevoli.

Non sarà un grande vocalist ma si difende e comunque il lavoro alla chitarra compensa più che abbondantemente, lo si capisce fin dall’orgia di wah-wah dell’iniziale potentissimo brano strumentale Dixie 45 che la lezione di Vaughan e Hendrix è stata ben assimilata. Come gran parte del materiale del CD è segnalato trattarsi di originali di Chambers ma ricorda mille altri brani sentiti nel genere e va benissimo così. Love Can Find A Way è una variazione più funky del brano precedente con la voce roca e vissuta (ma non memorabile, come già detto), e una rara apparizione dell’armonica di Gary Keith, mentre The Moon On Main Street un brano firmato da Fred James era uno dei cavalli di battaglia dei Kinsey Report, uno slow blues di quelli torridi tra Albert King, Buddy Guy e Ronnie Earl, insomma ci dà dentro alla grande. Strong Temptation era la title-track del suo primo album, piena di grinta e ritmi funky-soul, seguita da un brano firmato da un altro James ben più famoso, ovvero Elmore di cui viene ripresa una Dust My Broom che è l’occasione per dimostrare la sua bravura anche alla slide e la lezione appresa da Winter, Gary Keith fa un’apparizione più sostanziosa all’armonica.

Crazy For Loving You è un altro intenso slow blues alla SRV con grande impegno della solista di Chambers. Danger Zone è un blues-rock alla ZZTop di quelli potenti come usava ai tempi d’oro del genere. Too Much Blues è un altro bluesaccio di quelli tosti e carichi mentre Hip Shake Boogie è nuovamente una jam strumentale di quelle adatte per mostrare ancora il suo lato più virtuosistico e presentare il resto del gruppo. Rimangono gli oltre 10 minuti della conclusiva In The Winter Time un altro slow blues turgido e intenso dove Sean Chambers esplora la sua chitarra fin nei più reconditi nascondigli per estrarne una grande performance. Non sarà nuovo, non sarà originale, ma per gli amanti della chitarra rock-blues magari anche un po’ tamarra questo signore si conferma un grande “manico”. Lo so che ce ne sono tanti in giro ma Sean Chambers è proprio bravo!  

Bruno Conti

Donald And Jen MacNeill – Due Scozzesi E Un Paio Di Lowlands (Forse Tre) A Pavia

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Ieri sera, 18 ottobre, a Spaziomusica di Pavia è partito il breve tour italiano di Donald And Jen MacNeill, una simpatica coppia di padre e figlia che hanno da poco pubblicato un CD Fathers And Sons accompagnati da alcuni componenti dei Lowlands, la band di Ed Abbiati e Roberto Diana, disco di cui vi ho parlato un paio di settimane fa, ma se volete rinfrescarvi la memoria lo trovate qui semplicemente-musica-folk-donald-and-jen-macneill-with-lowl.html. 

Prima del concerto ho fatto quattro chiacchiere con loro (non la definirei una intervista visto che abbiamo parlato nel locale con la musica in difffusione e quindi non ho potuto registrare il tutto) e si sono confermati due persone molto affabili, in possesso di quello che definirei uno “Scottish Humour” (conoscevo quello inglese ma anche gli scozzesi si difendono bene), che abitano in uno dei posti più belli e più speduti delle Isole Ebridi, Colonsay, popolazione dichiarata dalla coppia 120 abitanti anche se nella prefazione del disco fatta da Edward Abbiati, secondo i suoi ricordi, circa venti anni fa erano 80, quindi sembrerebbe esserci un incremento forse dovuto ai due nipoti che l’altra figlia di Pedie MacNeill ha nel frattempo sfornato. Ma nel corso del concerto Jen ha raccontato che ai tempi in cui suo padre andava a scuola (l’unica del paese, dove insegna la mamma, quindi tutto in famiglia) gli studenti erano circa una ventina, forse meno, in tempi più recenti quando lei l’ha frequentata gli scolari erano solo cinque e sembra che la popolazione stia decrescendo anche se “non è un cattivo posto per viverci” come recita la didascalia di questa foto tratta dal suo MySpace.

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Certo bisogna ingegnarsi per trovare dei lavori, incentivare le proprie passioni, come la musica e a questo proposito il MacNeill padre ogni anno organizza un Festival di musica Folk sull’isola al quale partecipano anche nomi importanti della musica scozzese, a partire dai Lau, Karine Polwart, Heidi Talbot e altri che non ricordo. Nello stesso tempo mi ha raccontato che si tiene al corrente anche della musica contemporanea e di avere molto apprezzato l’ultimo album di Laura Marling.

In teoria questo era il loro primo concerto al di fuori dei confini del Regno Unito ma la biondina Jen mi ha raccontato di essere venuta in tour lo scorso anno proprio in Italia con un gruppo femminile dove la cantante si è ammalata appena iniziata la serie di concerti e quindi hanno dovuto arrangiarsi ed eseguire un repertorio ridotto a causa di questo incoveniente. Proprio Jen Macneill si è rivelata la sorpresa della serata, con la sua bella voce a fare da compendio a quella del padre e con una ottima performance al fiddle dove ha sfoderato una buona tecnica e preparazione, sostituendo Chiara Giacobbe che non era disponibile per i concerti. Gli altri due Lowlands della serata erano il chitarrista Roberto Diana e il fisarmonicista (accordion, please) e tastierista Francesco Bonfiglio che hanno reso più corposo il sound folk della coppia scozzese.

Prima del concerto Ed Abbiati ha presentato un paio di nuovi brani che anticipano futuri sviluppi di cui non si può parlare e Roberto Diana ha eseguito tre brani alla chitarra acustica come presentazione di un mini CD molto ruspante intitolato Raighes Vol 1 (Rough Tapes) in tiratura limitata di ben 50 copie che dovrebbe fare da preludio ad un album completo. Lui, se conoscete, i dischi dei Lowlands è un ottimo chitarrista elettrico, tra i migliori in Italia, ma anche all’acustica se la cava alla grande con un po’ di tapping che mi ha ricordato Michael Hedges nel primo brano presentato Coffee Break dove convergono anche flatpicking, fingerpicking e altre tecniche varie per uno stile composito e completo. Gli altri due brani erano, credo, If You Are Happy e un altro di cui non ricordo il titolo, che dipingono vicende familiari e stati d’animo attraverso le 6 corde della chitarra nella migliore tradizione dei virtuosi dello strumento.

Nel concerto della famiglia MacNeill, Diana ha suonato soprattutto chitarre in stile slide con il bottleneck e ha aggiunto assoli e coloriture sonore al repertorio del due. Che hanno eseguito praticamente tutto il nuovo album, con l’eccezione dello strumentale Farewell To Govan visto che Jen non si era portata il low whistle, sostituito da un medley tra un traditional celtico e una scatenata sarabanda chiamata The Dirty Bee dove il violino eccellente e la fisarmonica si sono sfidati a velocità supersoniche. Anche The Last Trip che doveva essere l’ultimo brano del concerto secondo la scaletta è stato sostituito con un medley di gighe, reels e arie scozzesi per un finale scoppiettante dove anche il babbo Donald Mac Neill e Roberto Diana avevano eseguito una ottima Bouncing Babies l’altro strumentale tratto dall’album.

Il concerto come il disco si era aperto con Fair Tides una bella ballata evocativa che nell’incipit mi ha ricordato The Streets of London di Ralph McTell e a domanda precisa prima del concerto Donald ha risposto con un “maybe” dicendo, e questo è vero, che questi brani sono un po’ nell’aria che si respira per chi fa musica. Ottima anche la cover del brano di Allan Taylor The Morning Lies Heavy che Jen, che la canta,  si è meravigliata molto fosse conosciuta in Italia, forse più che in patria. L’altra cover, non contenuta del disco, è stata una versione di un brano Bedlam Boys cantato da Joan Baez ma scritto da Heidi Talbot. I momenti migliori della serata direi che sono stati la lunga Fathers and Sons che racconta la storia del disastro della nave Arandora Star affondata vicino alle coste scozzesi nel 1940 con più di 800 persone a bordo tra cui moltissimi italiani, la conclusiva Half Hebridean e Days of our lives entrambe malinconiche riflessioni sul tempo che passa e se ne va sulle isole Ebridi e nelle nostre vite.

Se volete godere anche voi dei piccoli piaceri della vita come ascoltare un bel concerto di musica Folk suonato come Dio comanda, stasera, 19 ottobre, se siete al centrosud potete andare a Roma al Lord Lichfield Pub oppure il 21 all’1.35 di Cantù e il 22 ottobre all’Ottagono di Bergamo.

That’s All Folks!

Bruno Conti

Giovani “Vecchi Tradizionalisti”! Rev. Peyton’s Big Damn Band – Peyton On Patton

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Rev. Peyton’s Big Damn Band – Peyton on Patton – Side One Dummy Records 

Devo dire che il primo impatto con la copertina non mi era parso auspicio di sviluppi piacevoli, il sottotitolo recita “Electro-phonically Recorded In Mono With One Microphone!” e cominciavo a paventare una palla tremenda leggendo anche sul retro del CD Rev. Peyton’s Big Damn Band Performs The Songs Of Charley Patton. Invece devo ammettere che non si tratta di quell’album in lo-fi tremendo registrato dalla stanza accanto e con il suono di un vecchio 78 giri che mi aspettavo.Viceversa si tratta, come recita il titolo, di un omaggio a Charley Patton, uno dei grandi del Blues, della generazione precedente a quella di Robert Johnson di cui quest’anno si celebra il 100° anniversario dalla nascita. Patton addirittura, quando Johnson salì al proscenio, era già morto (nel 1934) ma la sua influenza sul Blues rimane enorme, uno degli inventori del Blues del Delta dalla cui zona proveniva e si vi è capitato di leggere di un Charlie Patton è sempre lui. Il suo brano più celebre rimane Pony Blues ma anche lui come il suo discepolo Robert Johnson ha scritto un brano A Spoonful Blues che è il diretto antenato della famosa Spoonful poi ri-scritta da Willie Dixon per Howlin’ Wolf e resa immortale da quest’ultimo e poi da mille altri a partire dai Cream.

 

Ma veniamo a questi Rev. Peyton’s Big Damn Band che nonostante il nome sono solo in tre, il “Reverendo”, per la sua mamma Josh, che canta e suona vari tipi di chitarra prevalentemente acustici, la moglie Breezy che suona il washboard e canta di tanto in tanto e Aaron “Cuz” Persinger che gestisce il reparto percussioni. Se avete visto qualche foto (magari quella qui sopra), sono un terzetto di “personcine particolari” che però creano una musica profondamente immersa nella grande tradizione della musica popolare americana con amore e grande rispetto e con quella punta di follia che non guasta e hanno già sei CD alle spalle.

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 A proposito di follia questo album doveva essere formato tutto solo da diverse versioni di Some Of These Days I’ll Be Gone, invece alla fine ne hanno incise “solo” tre, la versione normale, la banjo version e quella per slide guitar (che mi sembra la migliore del trio) peraltro tutte interessanti e diverse tra loro. Il nostro amico Josh Peyton è in possesso di una bella voce, stentorea e declamatoria forse più da folk singer che da Bluesman ma se la cava egregiamente anche nel genere ed è un ottimo chitarrista, forse non all’altezza di Charlie Patton e di altri Bluesmen dell’epoca che se vi è capitato di ascoltare loro dischi. spesso hanno una tecnica mostruosa che dà l’impressione di ascoltare due chitarristi allo stesso tempo ma si tratta sempre solo del soggetto in questione. Se volete investigare potreste cercare il Box di 7 CD della Revenant Screamin and Hollerin’ The Blues che ha vinto 3 Grammy nella categoria nel 2003, ma temo che non sia più in produzione o è a prezzi tali per cui ci si può “accontentare” di quello da 5 dischi della Jsp Complete Recordings 1929-1934 che con i suoi 92 brani di Patton e soci è una eccellente guida per chi vuole esplorare le gioie del Blues delle origini.

 

Tornando ai nostri amici, questo Peyton on Patton comprende 13 brani per poco più di mezzora di musica e non è per niente palloso, il genere è quello ricordato, non manca una versione corale di A Spoonful Blues,corale per modo di dire nel senso che nel brano cantano e suonano tutti e tre i componenti del gruppo mentre nella maggior parte dei brani si ascolta solo il Rev. Peyton in solitaria, peraltro con grande piacere. Pony Blues non c’è ma l’avevano incisa nel loro primissimo album pubblicato a livello indipendente e fuori catalogo da tempo. Non vi sto a fare una lista dei brani, sono tutti molto vivaci e mossi, compatibilmente con gli argomenti non allegrissimi trattati, per fare un esempio l’iniziale Jesus Is A Dying Bed Maker. Vale sia come disco propedeutico per la (ri)scoperta degli artisti citati quanto per la sua validità intrinseca che è notevole. Da investigare!

Bruno Conti   

Bravi Ma Sconosciuti. E Questo E’ Molto Bravo! Ron Hacker And The Hacksaws – Filthy Animal

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 Ron Hacker And The Hacksaws – Filthy Animal – Self-released   

Ormai sembra acclarato che per diventare una leggenda nella storia della musica una delle strade più battute sia quella di morire giovani, meglio se a 27 anni: da Robert Johnson a Brian Jones, passando per Janis Joplin, Jimi Hendrix e James Morrison, la storia si è ripetuta. Non sempre è stato così, anche John Campbell, grande cantante e chitarrista Blues bianco, è morto, relativamente giovane, stroncato da un infarto nel 1993 quando aveva 41 anni. Perché vi parlo di lui? Perché il personaggio (e la musica) di Ron Hacker, mi sembra si possa avvicinare, per certi versi, a quella di Campbell.

Entrambi sono virtuosi della chitarra dal corpo d’acciaio suonata preferibilmente in stile slide, entrambi sono cantanti dalla vocalità torbida, quasi misteriosa che si riappropria del meglio del Blues “classico” per stravolgerlo in una sorta di ibrido che incorpora anche elementi di rock (molto) e altre musiche con un suono grintoso e poderoso che non è sicuramente originale al 100% ma ha una sua profonda efficacia. Per chi non conosce John Campbell non posso che consigliarli i suoi tre album da solista con una preferenza per One Believer e Howlin’ Mercy rispetto al più acustico e tradizionale A Man and His Music, anche perché la produzione da major dei due dischi Elektra era molto più rifinita. Secondo alcuni (anche il sottoscritto sul Buscadero in quegli anni) Campbell avrebbe potuto essere negli anni ’90 quello che Stevie Ray Vaughan era stato negli anni ‘80, entrambi stroncati troppo presto rispetto a quello che avrebbero potuto dare ancora oppure avevano già dato tutto e si sono allineati al famoso motto di Pete TownshendI Hope I Die Before I Get Old”, non lo sapremo mai.

Uno che già era in circolazione ma si muoveva ai margini, tra culto e realtà per parafrasare un’altra celebre frase, era il nostro amico Ron Hacker, nativo del 1945 è sulle scene, si può dire, dagli anni ’50 ma la sua carriera professionale inizia molti anni dopo, attraverso un incontro fruttuoso con Yank Rachell a lungo partner di Sleepy John Estes che con i suoi insegnamenti ne ha affinato le capacità tecniche come chitarrista e ne è diventato un amico. I primi dischi di Hacker con varie configurazioni degli Hackers risalgono alla fine degli anni ’70 e da allora ha pubblicato 8 album, gloriosamente (semi)sconosciuti ai più ma non agli addetti ai lavori. Il modo ideale per conoscerlo (ma mi rendo conto che non è facilmente praticabile) sarebbe quello di assistere ad uno dei concerti che tiene regolarmente al Saloon, uno dei più vecchi bar di San Francisco, dove pare sia regola di non chiedergli di suonare brani di Stevie Ray Vaughan, causa un patto reciproco scambiato tra i due “Io non faccio brani tuoi e tu non suoni i miei”, ma potrebbe essere un’altra leggenda metropolitana.

L’alternativa più praticabile è acquistare questo Filthy Animal che sarà anche un album registrato in studio ma ha quel feeling dei dischi Live, una miscela di brani classici e originali di Hacker arrangiati nel suo stile con una forte presenza della slide che spesso impazza con grande gioia di chi ascolta.

Gli ospiti che affiancano Artis Joyce al basso e Bryant Mills alla batteria sono nei due primi brani dell’album: una ripresa pigra e sensuale della celebre di You Gotta Move di Memphis Minnie (Campbell faceva When The Levee Breaks) con la voce maliziosa di Leah Tysee che affianca quella più vissuta di Hacker. Il tun-tun-tun-tun-tun inequivocabile del blues annuncia una Bad Boy che proviene dalla penna del nostro amico che fa scivolare il suo bottleneck con gusto e tecnica ben coadiuvato dalla chitarra solista pungente di Debbie Davis, gran brano. I’m Going Away Baby di Jimmie Rodgers scorre fluida e piacevole, molto classica mentre Meet Me In The Bottom viene dal repertorio di Howlin’ Wolf che suonava anche una ottima slide, Hacker ci mette del suo e nella parte strumentale pareggia ma il “vocione” del Lupo era inarrivabile. Anche nel repertorio acustico Hacker non scherza come dimostrato nell’ottima Goin’ Down The River. Ma è nei brani elettrici quando fa viaggiare la slide che il suono decolla come in una eccellente cover di Evil o nella ripresa di Death Letter House di Son House e poi ancora in Gonna Miss You un brano di Slim Harpo arrangiato da Hacker con notevoli risultati. In definitiva è tutta roba buona, sia una Shotgun minacciosa o una fantastica rivisitazione di Chameleon di Herbie Hancock che diventa una funkyssima Filthy Animal con la slide che parte per la tangente e va in overdrive. Sarà anche un artista di culto ma è grande musica. Da scoprire!

Bruno Conti

Puntuale, Ogni Anno Ritorna. The Duke Robillard Band – Low Down And Tore Up

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 The Duke Robillard Band – Low Down And Tore Up – Stony Plain/Dixiefrog

Ormai ogni anno puntuale mi presento all’appuntamento con il Duke Robillard, più o meno cosa aspettarmi lo so, per iniziare un grande chitarrista, uno dei migliori nell’ambito Blues e dintorni, un classico nel genere, le sue tre stellette se le merita sempre. Ma, come Evaristo scusate se insisto, il nostro amico ha anche sempre questa passionaccia per jazz, swing, boogie wogie ed in generale per la musica degli anni ’50. E quando questo tipo di repertorio prevale nei suoi dischi si perde un po’ di quella “cattiveria” tipica del guitar slinger a favore dello stilista. Dopo il Passport To the Blues dello scorso anno che era un disco carnale, chitarristico pur con le dovute concessioni ai suoi altri “piaceri” e che si meritava quella mezza stelletta in più, in questo Low Down And Tore Down (notare la doppia copertina) Duke Robillard si rivolge al vecchio repertorio del blues, quel lowdown style sentito quando era un giovane 17enne apprendista della musica del diavolo, brani spesso oscuri estratti dall’enorme serbatoio della memoria e della conoscenza e che però perdono un po’ dell’immediatezza e del vigore della sua musica migliore.

Niente di negativo ma ci situiamo in quella terra di mezzo tra lo stile del suo primo gruppo, i Roomful of Blues, quindi con più spazio ai fiati, in questo caso “un fiato”, il sassofono tenore e baritono di Sax Gordon, presente in tutti i brani meno tre, e spazio anche al pianino acustico di Bruce Bears (e Matt McCabe) e quello più turgido e tirato della Duke Robillard Band di altri dischi. Anche il fatto che ci sia un bassista acustico, peraltro molto bravo come Brad Hallen, fa propendere il sound del gruppo per un suono più contenuto con il giusto spazio per la chitarra che ha una sonorità più vintage del solito. Come dice lo stesso Robillard nelle note del disco in molti brani ha usato una Epiphone Broadway acustica del 1938 con un vecchio amplificatore degli anni ’50 che sicuramente preserva il “sapore antico” di molti di questi brani ma aggiunge anche una patina da Back to the future che lascia per strada quell’immediatezza tipica del miglior Duke, si perde insomma il piacere di ascoltare quegli assoli torrenziali che caratterizzano i suoi migliori momenti a favore di una maggiore “classicità”, questo a parere del sottoscritto, ovviamente.

Sicuramente contribuisce anche la scelta dei brani, Robillard che oltre ad essere un grande musicista è anche uno storico del Blues è andato a scegliere canzoni di autori famosi (e parecchio) ma tra le meno conosciute e quindi troviamo due brani a testa di Guitar Slim, Tampa Red, Pee Wee Crayton, Elmore James, Sugar Boy Crawford (famoso? Questo non so se lo conosce nemmeno Clapton che in quanto a conoscenza non è da meno) e uno di Eddie Taylor, John Lee Hooker, Jimmy McCracklin e Bobby “Blues” Merrill, Ain’t mad at you di cui francamente ignoravo l’esistenza. Tool Bag Boogie è uno strumentale di Elmore James ma avrebbe potuto essere un brano dal repertorio del primo Chuck Berry, anche se, come in molti brani del CD, Robillard lascia troppo spazio al sax a scapito della sua chitarra.

Se l’attacco di chitarra di Do Unto Others, firmata da Dave Bartholomew (il musicista di New Orleans che ha scritto o arrangiato tantissimi dei successi di Fats Domino), vi ricorda qualcosa non state sognando: evidentemente anche John Lennon che era un appassionato del genere doveva conoscerla, non è che gli somiglia vagamente è proprio identico al riff iniziale di Revolution dei Beatles.

Momenti come quello appena ricordato, “ma questa la conosco!” (magari non così evidenti), ricorrono spesso nell’ascolto di questo disco e anche se non è vero (che li conoscete) rendono l’ascolto piacevole e divertente. Preferisco “l’altro Robillard” ma anche quello dell’album in questione è sempre una garanzia.

Bruno Conti

La Musica Rende Liberi! Rita Chiarelli – Music From The Big House Soundtrack

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Rita Chiarelli – Music From The Big House Soundtrack – Mad Iris Music

Rita Chiarelli è una Blueswoman Canadese con una lunga carriera alla spalle, più volte candidata ai Juno Awards in patria, ha iniziato la sua carriera nel gruppo di Ronnie Hawkins negli anni’80, poi ha dato avvio alla sua carriera solista ad inizio anni ’90 con Colin Linden e da allora ha pubblicato una decina di album a nome suo, l’ultimo Sweet Paradise nel 2009.

Questo disco, o meglio questo progetto, è però decisamente diverso da tutta la sua produzione precedente. Nasce una decina di anni fa quando la Chiarelli, in un percorso di ricerca musicale lungo la Highway 61, approda nelle sue peregrinazioni al Louisiana State Penitentiary, conosciuto anche come “Angola”  o “The Farm”, ma anche l’Alcatraz del Sud, una prigione dove negli anni ’30 era rinchiuso per omicidio Huddie William Ledbetter conosciuto ai più come Leadbelly. E lì lo “scoprirono” il ricercatore John Lomax e il suo giovane figlio Alan Lomax. Da questo primo approccio è nata una lunga storia di incontri con i detenuti che ha portato alla registrazione di questo Music From The Big House e di un documentario che dovrebbe vedere la luce nel corso del 2012 per la regia di Bruce McDonald

Perché dischi registrati nelle prigioni nel corso degli anni ce ne sono stati molti, penso alla serie di Johnny Cash a San Quentin e alla Folsom Prison e anche in Svezia a Osteraker, ma in questo caso è diverso in quanto il disco è stato registrato con la fattiva collaborazione degli “inmates”, dei detenuti, che anzi occupano la gran parte delle registrazioni dell’album.

Ed è un signor album: Rita Chiarelli ha curato le registrazioni, ha registrato alcuni suoi brani in apertura e chiusura del disco, più un paio di strumentali, poi ha lasciato scatenare i gruppi interni alla prigione mescolandosi con loro, tre gruppi diversi, in una fantastica serie di brani che oscillano tra blues, gospel, soul e country. E, ragazzi, sono veramente bravi! La tradizione della musica americana prosegue con grande vigore tra quelle quattro mura.

These Four Walls è la traccia che apre questo CD, dopo un breve preludio strumentale, si tratta di un brano registrato in studio e permette di apprezzare la voce della Chiarelli, una sorta di Bonnie Raitt canadese dalla voce rauca e vissuta con retro toni che ricordano addirittura Annie Lennox se facesse del Blues, un brano lento e cadenzato con una bella chitarra slide acustica e il testo molto in linea con le vicissitudini dei detenuti. Il primo gruppo in pista è quello dei Jazzmen che nonostante il nome fanno del Blues arricchito da soul e gospel e Mississippi Boy è un brano trascinante e di grande impatto per aprire questo viaggio. Don’t Let Him Catch You (With Your Work Undone) è il primo brano cantato dai Pure Heart Messenger un poderoso gruppo gospel-soul con la profonda voce solista di Ray Jones e ricordano molto i migliori Temptations con i loro fantastici intrecci vocali e anche il sound è funky e complesso. Mercy Blues è un brano di Rita Chiarelli, un lentone di quelli sofferti dove la brava Rita duetta con il leader dei Jazzmen con effetti devastanti. Ma sono veramente bravi questi detenuti! Harvest è un altro gospel di quelli gioiosi e liberatori cantato con grande trasporto nuovamente dai Pure Heart Messenger.

Rest My Bones è un ulteriore brano della Chiarelli che nelle prove per il concerto lo insegna ai suoi “allievi” molto compresi nel loro ruolo, il risultato è notevole. Glory Glory è proprio il celebre Traditional cantato dalla Chiarelli con tutto il gruppo impegnato nel classico call and response. Rain On Me è un altro gospel fantastico, prima registrato come prova e poi nella versione “definitiva” in concerto con la voce di Ray Jones che compete con i grandi della soul music in questo brano fantastico. Bravi, ma bravi, forse l’ho già detto? I Love you still è una bella canzone country cantata nuovamente dalla Chiarelli con l’accompagnamento dei Little Country, il terzo gruppo impegnato in questo CD. Si conclude con una versione corale di Midnight Special con tutto il cast impegnato e che si diverte e se la gode alla grande.

Consigliato. Cercatelo perché potrebbe riservarvi delle piacevoli sorprese, come quelle che ha dato a chi vi scrive!

Bruno Conti

Un Doppio Omaggio (Sia Pure Tardivo) – Bert (Herbert) Jansch – Chitarrista – 3-11-1943/5-10-2011

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In questi giorni facendo delle ricerche per il breve spazio dedicato a John Fahey nelle anticipazioni ero capitato anche nel sito ufficiale di Bert Jansch e l’ultima notizia che riportava era che un concerto del 20 agosto che si sarebbe dovuto tenere a Edinburgo veniva cancellato perché il musicista scozzese non stava troppo bene. E’ ancora così, lo potete vedere http://www.bertjansch.com/

Purtroppo la situazione è drasticamente peggiorata e il cancro al polmone di cui Jansch soffriva da alcuni anni e per cui era stato anche operato nel 2009 alla fine ha avuto la meglio e la scorsa settimana se lo è portato via. Nel 2010 aveva anche fatto un tour degli Stati Uniti come supporto di Neil Young e la sua attività è proseguita fino all’ultimo. Il comunicato stampa con cui il musicista si rammarica di non poter fare quel concerto ad Edinburgo è addirittura commovente per la considerazione che Bert Jansch dedicava ai suoi fans.

Altri scriveranno più e meglio del sottoscritto sulla impronta importantissima che questo “chitarrista” ha lasciato sulla musica: Jimmy Page lo ha definito ” L’innovatore del tempo…tanto più avanti di quanto chiunque altro stesse facendo” e Johnny Marr “Imponente…uno dei più importanti e intriganti musicisti mai uscito dalla scena musicale inglese”.

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Il suo ultimo disco è stato “il Cigno nero”, The Black Swan, chissà se già nel 2006 sentiva il suo tempo che se ne andava (l’anno prima aveva subito anche una operazione al cuore) eppure questo disco, con la partecipazione di alcuni giovani leve, rappresentate da Devendra Banhart e Beth Orton, era ancora bellissimo e la sua partecipazione al Crossroads Guitar Festival di Clapton, nell’edizione di Chicago del 2010, ancora emozionante. Un uomo solo sul palco con la sua chitarra acustica in mezzo ai “giganti” della chitarra elettrica.

Ma prendiamo la macchina del tempo e ritorniamo al 1969. Questo è quello che scrisse Lillian Roxon nella sua Rock Encyclopedia sul musicista inglese (così faccio anche ammenda per non avere più parlato della scrittrice australiana, forse la prima grande giornalista rock donna della storia).

Bert Jansch” è apparso per la prima volta negli Stati Uniti nel 1966 con un album Lucky Thirteen costruito con il meglio dei suoi due primi album inglesi. In Inghilterra è stato a lungo considerato uno dei migliori chitarristi folk e ha suonato la chitarra solista in parecchi pezzi del primo album di Donovan. Bert’s Blues in Sunshine Superman e The House Of Jansch su Mellow Yellow fanno riferimento entrambi all’uomo che così tanto ha influenzato Donovan. Il suo stile viene dal Blues e dalla chitarra classica. I suoi assoli sono leggiadri e pieni di grazia. Hanno provato a dargli una grossa spinta promozionale per farlo diventare “il nuovo Donovan” ma lo cosa non è mai decollata. La sua fama in America è principalmente underground , anche se ha registrato parecchi album per il mercato inglese, dove è tenuto in grandissima considerazione. Nel 1968 ha messo insieme un gruppo chiamato Pentangle.” Rock Encyclopedia 1969-1971 ristampato 1976.

Era vero nel 1969 e si può sottoscrivere parola per parola ancora oggi.

Bert Jansch e John Renbourn (che è in tour in Italia in questo periodo) in una delle loro ultime apparizioni insieme al Festival di Cambridge del 2011.

Bert Jansch è morto ad Hampstead il 5 ottobre scorso all’età di 67 anni.

Riposa in Pace.

Bruno Conti

Informazioni Utili Per Il Risparmio.”Interessanti” Cofanetti Sony In Uscita A Novembre: Kansas, Sam Cooke, Byrds, Electric Light Orchestra, Eccetera

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La Sony/Bmg pubblicherà tra l’inizio e la metà di Novembre una serie di cofanetti molto interessanti con le discografie “complete” (o almeno i dischi pubblicati con loro) di molti artisti dal catalogo Columbia/Epic/RCA a prezzi decisamente budget. Per intenderci è la stessa serie dove è uscito recentemente il Box di Leonard Cohen, ma anche in tempi passati quello di Miles Davis o di Bruce Springsteencon materiale tratto dal catalogo Columbia. In America sono già usciti tramite Pop Market (che credo faccia parte del gruppo Wal-Mart ma non sono sicuro) a prezzi molto bassi ma in Europa (in Italia non so) costeranno veramente poco, credo tra i 4 e i 5 euro a CD, vediamoli in ordine:

Kansas – The Classic Album Collection 1974-1983 su etichetta Epic/Legacy contiene 11 CD, spesso le versioni rivedute ed ampliate in quelle confezioni che vedete sopra, ovvero:

  1. Kansas
  2. Song For America
  3. Masque
  4. Leftoverture
  5. Point Of Know Return
  6. Two For The Show — 2 CDs
  7. Monolith
  8. Audio Visions
  9. Vinyl Confessions
  10. Drastic Measures           

The Byrds – The Complete Columbia Albums Collection 13 CD

  • Mr. Tambourine Man
  • Turn! Turn! Turn!
  • Fifth Dimension
  • Younger Than Yesterday
  • The Notorious Byrd Brothers
  • Sweetheart of the Rodeo (2 CDs)
  • Dr. Byrds and Mr. Hyde
  • Ballad of Easy Rider
    (Untitled)/(Unissued) (2 CDs)
  • Byrdmaniax
  • Farther Along

Sam Cooke – The RCA Albums Collection 8 CD

            

  • Cooke’s Tour
  • Hits of the 50’s
  • Sam Cooke/Swing Low
  • My Kind of Blues
  • Twistin’ the Night Away
  • Mr. Soul
  • Night Beat
  • One Night Stand! Sam Cooke Live at the Harlem Square Club, 1963

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Electric Light Orchestra – The Classic Albums Collection 11 CD

  1. No Answer
  2. Electric Light Orchestra II
  3. On the Third Day
  4. Eldorado
  5. Face the Music
  6. A New World Record
  7. Out of the Blue
  8. Discovery
  9. Time
  10. Secret Messages
  11. Balance of Power                          

Earth Wind And Fire – The Complete Columbia Masters Collection 16 CD

          

  1. Last Days and Time
  2. Head to the Sky
  3. Open Our Eyes
  4. That’s the Way of the World
  5. Gratitude
  6. Spirit
  7. All ‘N All
  8. Best of Earth, Wind & Fire Vol. 1
  9. I Am
  10. Faces
  11. Raise!
  12. Powerlight
  13. Electric Universe
  14. Touch the World
  15. Heritage
  16. Bonus Disc: Constellations: The Universe of Earth, Wind & Fire        

Nina Simone – The Complete Rca Album Collections 9 CD

     

  1. Nina Simone Sings The Blues (1967)
  2. Silk & Soul (1967)
  3. ‘Nuff Said (1968)
  4. Nina Simone & Piano (1969)
  5. To Love Somebody (1969)
  6. Black Gold (1970)
  7. Here Comes The Sun (1971)
  8. Emergency Ward (1972)

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Ovviamente non sono tutti gli album della serie, alcuni sono già usciti altri come il Box di Denver in Europa sono in forse, comunque, per finire:

Grover Wahington Jr. – The Complete Columbia Albums Collections 9 CD

 

  1. House Full Of Love (Music from The Cosby Show) Featuring Grover Washington, Jr. (1986)
  2. Strawberry Moon (1987)
  3. Then And Now (1988)     
  4. Time Out of Mind (1989)
  5. Next Exit (1992)
  6. All My Tomorrows (1994)
  7. Soulful Strut (1996)
  8. Breath of Heaven: A Holiday Collection (1997)
  9. Aria (Sony Classical) (2000)

 Wynton Marsalis – Swingin’ Into The 21st – 11 CD

  1. A Fiddler’s Tale 
  2. Standard Time, Vol. 4: Marsalis Plays Monk 
  3. At The Octoroon Balls 
  4. Big Train 
  5. Sweet Release & Ghost Story 
  6. Standard Time, Vol. 6: Mr. Jelly Lord
  7. Reeltime
  8. Selections from The Village Vanguard Box
  9. The Marciac Suite
  10. All Rise  (2 CD set)


E per finire, ma di questo non v’è certezza, forse il più interessante, con molti album rimasterizzati con bonus e il doppio live An Evening with John Denver ampliato a doppio CD

John Denver – The RCA Albums Collection – 25 CD

  1. Rhymes and Reasons (1969)
  2. Take Me To Tomorrow (1970)
  3. Whose Garden Was This (1970)
  4. Poems, Prayers and Promises (1971)
  5. Aerie (1971)
  6. Rocky Mountain High (1972)
  7. Farewell Andromeda (1973)
  8. John Denver’s Greatest Hits (1973)
  9. Back Home Again (1974)
  10. An Evening with John Denver (1975) — 2 CDs
  11. Windsong (1975)
  12. Rocky Mountain Christmas (1975)
  13. Spirit (1976)
  14. John Denver’s Greatest Hits Vol. 2 (1977)
  15. I Want to Live (1977)
  16. John Denver (1979)
  17. Autograph (1980)
  18. Some Days are Diamonds (1981)
  19. Seasons of the Heart (1982)
  20. It’s About Time (1983)
  21. John Denver’s Greatest Hits Vol. 3 (1985)
  22. Dreamland Express (1985)
  23. One World (1986)
  24. John Denver Sings (Private Press Album)

Quando e se avrò ulteriori informazioni su queste uscite vi terrò informati.

Bruno Conti

Novità Di Ottobre Seconda Parte Della Parte II. Radiohead, Marketa Irglova, William Shatner, John Wesley Harding, ZZTop Tribute, Rich Robinson, John Fahey, Ozark Mountain Daredevils Eccetera

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Altri dischetti in uscita questa settimana. Partiamo con il doppio album di Remix dei Radiohead Tkol Rmx 1234567 che esce per la XL Recordings al prezzo di un singolo album. Già The King Of Limbs non mi era parso un disco fantastico adesso abbiamo un ulteriore doppio di 19 brani, tutti quelli che erano usciti come remix in 12″, de gustibus. Per chi ama il genere remix, non i Radiohead, secondo me.

Marketa Irglova (che per qualche strano motivo ero convinto si chiamasse Inglova) era la ragazzina ceca del film Once e, prima e dopo, in coppia con Glen Hansard nel gruppo degli Swell Season. Nel frattempo, in una pausa sabbatica del gruppo ognuno ha lavorato ad un progetto solista, per primo esce questo Anar per la Anti Records. Registrato negli Stati Uniti, che sono la sua nuova patria dopo il trasferimento da Dublino, nel frattempo si è pure sposata (non con Hansard) con un ingegnere del suono. Il disco unisce il suo amore per la musica classica, il piano e cantanti come Joni Mitchell e Kate Bush. Negli Swell Season era quella che cantava meno ma il disco è bello.

Un ennesimo tributo, questa volta agli ZZTop A Tribute From Friends esce per la Show Dog Nashville/Universal questa settimana e dalla ascoltata veloce che gli ho dato…Preferisco non esprimermi sembra un disco degli Aerosmith più picchiati che rifanno i pezzi del trio texano e infatti i M.O.B. del primo brano sono Steven Tyler, Johnny Lang e la sezione ritmica dei Fleetwood Mac. Ma la loro versione di Sharp Dressed Man non è neppure malaccio. Mi chiedo cosa c’entrino Filter, Nickelback, Wolfmother, Coheed & Cambria, Mastodon, Duff McKagan e altri che se allargate la copertina del disco riuscite a leggere, con la musica degli ZZTop. Salverei la versione di Tush di Grace Potter and The Nocturnals e promuoverei Jamey Johnson che ci regala una versione fantastica di oltre 8 minuti di La Grange. Un album tutto così l’avrei preso subito, mi accontenterò di un EP con i 3 brani buoni.

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Questo è un terzetto di uscite dalla non facile reperibilità, per usare un eufemismo. Uno dei migliori gruppi country-rock della storia, gli Ozark Mountain Daredevils, pubblicano un nuovo doppio album registrato in concerto. Si intitola Alive & Wild ed esce per la New Era Productions solo sul suolo americano dove è stato registrato nell’autunno del 2010. Costa un botto, un po’ per la distribuzione e un po’ anche perché è stato realizzato utilizzando solo materiale ecologico, niente plastica nella confezione. Ci sono tre dei membri originali della formazione e il sound è più country-folk che country-rock a giudicare da quello che ho sentito, con le magiche armonie vocali delle origini affaticate dal tempo che passa. Insomma piacevole ma non indispensabile, se non avete nulla di loro meglio investire su uno dei Twofer della BGO che accoppiano il primo omonimo a It’ll Shine When It Shines e The Car Over The Lake a Men From Earth, i primi due prodotti dal grande Glyn Johns e che rivaleggiano con il meglio di Eagles, Poco o Flying Burrito Brothers.

John Wesley Harding è uno dei cantautori “sconosciuti” più longevi e più bravi in circolazione, inglese ma americano d’adozione ha già pubblicato 19 album e tre romanzi e si vi capita di sentirlo per sbaglio in un blind test ha la voce quasi identica a Costello (e anche lo stile si avvicina), ironico e caustico, basta leggere i titoli delle canzoni, nel nuovo album The Sound Of His Own Voice che esce in questi giorni per la Yep Rock, ce n’è una che si chiama There’s A Starbucks (Where the Starbucks Used To Be). Il disco è co-prodotto con Scott McCaughey (quello dei R.E.M., Baseball project, The Minus Five) e l’ingegnere del suono è Tucker Martine (Decemberist, My Morning Jacket) e marito di Laura Veirs che appare nell’album con 4 dei Decemberists stessi, Peter Buck, Rosanne Cash e John Roderick dei Long Winters. Ad un primo ascolto mi sembra uno dei migliori della sua carriera, consigliato se lo conoscete già ma anche come disco in generale.

Il CD delle Pistol Annies Hell On Heels in America è già uscito da più un mese per la Sony Nashville e mi ero dimenticato di proporlo. Si tratta di un disco di ottimo country con un trio di voci femminili, in cui la più famosa è sicuramente Miranda Lambert, ma anche le altre due Ashley Monroe e Angaleena Presley sono molto brave. Country delle “radici” tipo quello che fa abitualmente la Lambert della quale ai primi di novembre uscirà anche il nuovo album da solista Four The Record sempre country ma con la giusta dose di rock.

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E’ lui o non è lui? Certo che è lui! William Shatner alias il Comandante Kirk (ma anche Tj Hooker) torna a colpire gli appassionati di Star Trek con un nuovo album, questa volta addirittura doppio, per la Cleopatra Records, Seeking Major Tom, che fra un mesetto uscirà anche in Europa. Ma quello che stupisce è la quantità di musicisti famosi che riesce a raccogliere intorno ai “suoi progetti musicali”, questa volta, guarda caso, le odissee spaziali. Leggete chi c’è e cosa suonano e cantano sotto il suo vocione declamante:

01. Major Tom (feat. The Strokes’ Nick Valensi and Zakk Wylde on guitar and and Mike Inez (Alice In Chains) on bass)
02. Space Oddity (David Bowie) [feat. Ritchie Blackmore (ex-Deep Purple) on guitar and Alan Parsons on keyboards)
03. In a Little While (U2) (feat. Manuel Göttsching from Ash Ra Tempel on guitar)
04. Space Cowboy (Steve Miller) (feat. Brad Paisley on guitar and vocals)
05. Space Truckin’ (Deep Purple) (feat. Deep Purple drummer Ian Paice and Johnny Winter on guitar)
06. Rocket Man (Elton John) (feat. Steve Hillage (ex-Gong member) on guitar)
07. She Blinded Me With Science (Thomas Dolby) (feat. Bootsy Collins on bass and Patrick Moraz (ex-Yes and Moody Blues) on keyboards/synth)
08. Walking on the Moon (The Police) (feat. Toots (Toots & the Maytals) on vocals)
09. Spirit in the Sky (Norman Greenbaum) (feat. Peter Frampton on guitar)
10. Bohemian Rhapsody (Queen) (feat. John Wetton (Asia) on bass and vocals)
11. Silver Machine (Hawkwind) (feat .Wayne Kramer (MC5) on guitar and Carmine Appice (Vanilla Fudge/Rod Stewart) on drums)
12. Mrs. Major Tom (feat. Sheryl Crow)
13. Empty Glass (The Tea Party) (feat. Michael Schenker (UFO/Scorpions) on guitar)
14. Lost in the Stars (Frank Sinatra version) (feat. Ernie Watts on saxophone)
15. Learning to Fly (Pink Floyd) (feat. Edgar Froese (Tangerine Dream) on guitar and keyboards)
16. Mr. Spaceman (The Byrds) (feat. Dave Davies (The Kinks) on guitar)
17. Twilight Zone (Golden Earring) (feat. Warren Haynes (Gov’t Mule/Allman Brothers) on guitar)
18. Struggle
19. Iron Man (Black Sabbath) (feat. Zakk Wylde on guitar and vocals)
20. Planet Earth (Duran Duran) (feat. Steve Howe (Yes) on guitar)

Non gli sfugge nessuno: alcune sono piacevoli come la versione di Rocket Man o Mrs. Major Tom l’unica cantata da Sheryl Crow. Altre sono da sentire per crederci: Bohemian Rhapsody con John Wetton alla voce ve la raccomando. Altre ancora sono credibili, Walking On The Moon con Toots Hibbert in fondo era già reggae di suo e Silver machine degli Hawkwind con Wayne Kramer degli MC5 e Carmine Appice dei Vanilla Fudge è quasi bella! Ma Dave Davies dei Kinks che fa Mr. Spaceman dei Byrds e Ritchie Blackmore e Alan Parsons che fanno Space Oddity non me le sarei mai aspettate. Anche perchè ovviamente sono gli altri che conoscono lui, dubito che Shatner avesse mai sentito nominare Manuel Gottsching degli Ash Ra Tempel prima di questo disco!

Dale Watson è uno dei re del rockabilly moderno, ma anche dell’honky tonk, e questo The Sun Sessions registrato ai famosi Sun Studios di Nashville, Tennessee (ma non li avevano chiusi)? è proprio bello. Pubblicato dalla Red House, sembra un disco di Elvis dei tempi d’oro ma più ancora sembra un album perduto della prima produzione di Johnny Cash. Boom Chicka Boom!

Martina McBride è una delle più famose cantanti country americane, negli anni ’90 rivaleggiava come popolarità (e spesso cantavano insieme) con Garth Brooks. Questo Eleven che esce per la Republic Nashville sarà mica l’undicesimo della sua carriera? Mi sa di sì! Comunque se vi piace il country e amate le belle voci c’è in giro di peggio (ma anche di meglio, tipo la Miranda Lambert citata prima)! Una canzone che tratta il tema del cancro è sempre benvenuta anche se farcita di buoni sentimenti, ma ci sta, le intenzioni sono ottime!

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Quello che vedete raffigurato qui sopra è il nuovo album di Sharon Jones and The Dap-Kings ma anche no! Mi spiego meglio. Se leggete le anticipazioni in giro per la rete (quelle poco informate) parlano del nuovo fantastico album di Sharon Jones. Sul fantastico possiamo essere d’accordo perché lei è proprio brava, sul nuovo dobbiamo intenderci. In effetti si tratta di una raccolta di materiale uscito in dischi in vinile, b-sides, compilations, colonne sonore, brani natalizi e altro materiale registrato tra il 2004 e oggi e raccolto in questo Soul Time pubblicato dalla Daptone Records/Goodfellas. E’ comunque un bel sentire visto che lei ha una gran voce (la James Brown femminile) e per quei due o tre che non lo sanno i Dap-Kings erano quelli che suonavano spesso nei dischi di Amy Winehouse. 

Il nuovo cofanetto di John Fahey Your Past Comes Back To Haunt You The Fonotone Years 1958-1965 pubblicato dalla Dust To Devil/Revenant Records ha un solo difetto, o meglio due, la reperibilità e il prezzo. Per il resto si tratta di un box di cinque CD che come dice il titolo raccoglie il materiale registrato nei primi anni della sua carriera, molti brani appaiono per la prima volta su CD ed è l’occasione per ascoltare uno dei più grandi chitarristi acustici della storia agli albori della sua carriera. Sono 115 brani rimasterizzati ed inseriti in un box che contiene anche il primo libro scritto sulla storia di John Fahey, uno dei più grandi visionari ed improvvisatori della storia dello strumento, per chi scrive alla pari con Robbie Basho. Non l’ho mai visto in concerto (Robbie Basho sì, fine anni ’70, non mi chiedete la data, di tutti i posti, all’Anteo di Milano, se non ricordo male non era manco amplificato, tanto eravamo tutti a pochi passi dal palco improvvisato, un personaggio stranissimo ma un musicista fantastico) ma ho sentito tutti i suoi dischi e vi posso assicurare che se vi piace la musica “coraggiosa” qui c’è materiale molto interessante, aldilà del prezzo, credo si andrà verso i 100 euro. Ma il materiale della Dust To Devil/Revenant è sempre interessante, sono quelli che avevano pubblicato il cofanetto di inediti di Captain Beefheart, Grow Fins.

Rich Robinson è il fratello “meno bravo”, si fa per dire, dei Black Crowes, il chitarrista e questo Through A Crooked Sun è il suo secondo album da solista dopo Paper del 2008 e il Live acustico con il fratello Chris Robinson, Brothers Of A Feather registrato prima della reunion del gruppo. Non è male, la voce non è al livello di quella del fratello (ovviamente) ma ci sono belle ballate, pezzi rock e molta chitarra come è giusto. Etichetta Spunk.

Direi che per questa settimana è tutto.

Bruno Conti