Un Gusto Acquisito. Mary Chapin Carpenter – Ashes And Roses

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Mary Chapin Carpenter – Ashes and Roses – Zoe/Rounder/Uiversal 

La cantautrice americana, Mary Chapin Carpenter, nativa di Princeton, New Jersey ma da sempre legata all’area geografica che gravita intorno a Washington, DC, non per nulla il suo concerto al Wolf Trap, una sorta di anfitetatro naturale sito nella zona, è una specie di evento annuale ricorrente. Come ricorrente, rassicurante, direi costante è la sua musica; come dicevo, parlando sul Blog del disco precedente mary-chapin-carpenter-the-age-of-miracles.html, la sua musica è una certezza, forse ultimamente ripetitiva, ma di qualità elevata; in quel caso, con espressione forse non felice l’ho paragonata a un paio di vecchie ciabatte (in riferimento alla musica, ovviamente), questa volta il titolo vuole essere una sorta di richiamo ai “gusti” che ti accompagnano nel corso della vita: vuoi mettere un bel gelato con un gusto classico, chessò la nocciola nel mio caso, alla sperimentazione di nuovi sapori? Certo la “maracuja” o la “nigritella” ti danno il brivido del diverso ma un bel genere classico (siamo tornati alla musica) come il country e il folk, o il country-folk soprattutto nella forma della ballata per la Carpenter, spesso sono più soddisfacenti anche se meno avventurosi: l’ideale sarebbe una combinazione delle due cose ma questo è riservato agli artisti “geniali” mentre Mary Chapin è forse più, una onesta, anzi spesso ottima, “artigiana”.

Quindi dopo averla paragonata a un paio di vecchie ciabatte questa volta siamo passati alla metafora del gelato, spero che non me ne vorrà. Anche se la sua musica, soprattutto per la critica, non è legata al country non si può negare che il successo di pubblico negli anni ’90 fosse dovuto proprio al country, anzi al country-rock: un disco come Come On Come On e brani come I Feel Lucky, la cover di Passionate Kisses di Lucinda Williams, He Thinks He’ll Keep Her, erano attraversati dal suono delle chitarre di John Jennings, John Jorgenson e la pedal steel di Paul Franklin, che spesso avevano il sopravvento sul suono delle tastiere di Jon Carroll e degli ospiti Benmont Tench e Matt Rollings. Negli anni successivi, nella formazione è entrato anche Duke Levine, con un suono di chitarra più “aggressivo” che ben si sposava con quello di Jennings. Quest’ultimo, oltre che co-autore e direttore musicale, è stato anche compagno nella vita per la Chapin Carpenter, generando quell’effetto, come scherzando, a storia finita, raccontavano nei concerti: alla Fleetwood Mac, fisicamente tra Fleetwood e Nicks, lui alto e allampanato, lei piccola, bionda e rotondetta, musicalmente alla Buckingham/Nicks. Dal penultimo album il sodalizio musicale tra Carpenter e Jennings, durato oltre vent’anni, è finito e sono tornati Levine e Matt Rollings, che cura insieme a lei anche la produzione del disco. La formazione è completata dai veterani Glen Worf e Russ Kunkel, per un sound molto basato proprio sul piano di Rollings e con la forma della ballata quieta che evidentemente ben si accompagna agli umori della Carpenter, che ha avuto delle recenti annate a livello personale, segnate da malattie quali depressioni varie o l’embolia polmonare che qualche anno quasi l’aveva uccisa. La vita sentimentale non va molto meglio visto che si è lasciata anche con l’ultimo compagno, per cui almeno la musica, “ispirata” dalle vicende personali, rimane una sorta di valvola di sfogo e fonte di ispirazione per le sue canzoni. Si dice sempre che le canzoni più belle si scrivono quando non si è felici, per cui quelle di Mary dovrebbero essere bellissime.

Forse la patina intimista di malinconia ed introspezione è un po’ troppo accentuata ma non si può negare che lei sia molto brava, in possesso di una voce profonda ed evocativa e quindi questo Ashes and Roses è un ennesimo bel disco, anche se non posso fare a meno di rimpiangere la produzione Columbia degli anni ’90 quando, come dicevo all’inizio, il country-rock aveva la meglio sul country-folk. Per sentire un bel assolo vibrante di chitarra elettrica di Duke Levine o una serie di rullate più energiche di Russ Kunkel bisogna arrivare al settimo brano, I Tried Going West, (caratterizzato anche dall’ottima fisarmonica di Rollings), poi gli altri brani sono comunque molto buoni, con in evidenza il piano di Matt Rollings (il tastierista di Lyle Lovett, per i due o tre che non lo sanno) ma anche le chitarre acustiche ed elettriche di Levine come nell’iniziale, delicata Transcendental Reunion. Molto bella anche What To Keep And What To Throw Away con l’arpeggio delle chitarre che sottolinea il lento crescere delle tastiere fino alla piacevole coda strumentale. Sempre il suono folk e malinconico prevale in The Swords We Carried con le belle armonie vocali di Mac McAnally e Kim Keys e un “solo” delicato di Rollings.

Another Home è una canzone che racconta le sue impressioni sul ritorno a casa alla fine di un tour in una casa che, finito un matrimonio, non è più la stessa. Per aggiungere quella tristezza che si percepisce nel brano, la Carpenter racconta che ha terminato di scriverlo proprio nei giorni in cui moriva suo padre. Nostalgia e tristezza che si reiterano anche nella successiva Chasin’ What’s Already Gone, musicalmente una delle più belle dell’album, con un arrangiamento avvolgente e i musicisti che suonano alla grande, un mandolino in sottofondo, nuovamente eccellenti armonie vocali e il piano di Rollings ancora una volta protagonista. Per essere sincero qualche rullatina di Kunkel ci scappa anche in questo brano. Learning The World è nuovamente molto folk ed intimista mentre di I Tried Going West ho già detto. Don’t Need Much To Be Happy è un brano interlocutorio mentre Soul Companion è il famoso duetto con James Taylor, un brano che gli si adatta perfettamente, oserei dire nuovamente “come un vecchio calzino”, le due voci si alternano e si amalgamano alla perfezione regalando un maggiore brio alla canzone, veramente molto bella!

Old Love è un altro momento molto quieto ed introspettivo, con gli strumenti a corda di Duke Levine in primo piano a duettare nuovamente con il piano di Rollings. New Year’s Day è una poetica e sentita trascrizione di un incontro avvenuto in sogno con un vecchio amico e contiene anche una citazione di Emily Dickinson come ricorda la stessa Carpenter nelle note dell’album e che ci dice anche che questo è l’ultimo brano scritto per il disco stesso. Visto che le abbiamo citate tutte mancano ancora Fading Away e la conclusiva, dal titolo biblico, Jericho, un duetto solo tra il piano di Matt Rollings e la voce di Mary Chapin Carpenter che porta a termine, in perfetto stile cantautorale, questo nuova tredicesima fatica della sua carriera.

Bruno Conti

Un Gusto Acquisito. Mary Chapin Carpenter – Ashes And Rosesultima modifica: 2012-06-10T13:59:00+02:00da bruno_conti
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