La Parola Ai Fans: “Ho Visto Il Rock, Si Chiama Bruce Springsteen – Trieste 11.06.2012

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Una breve premessa dal titolare del Blog.

Quest’anno, per vari motivi, non sono potuto andare a vedere il concerto di Springsteen di Milano, per cui mi dovrò “accontentare” delle cinque volte che l’ho visto dal fatidico 11 aprile del 1981 all’Hallenstadion di Zurigo. Per rimediare, su richiesta di un lettore del Blog, Graziano, (la vedete nei commenti) pubblico il suo resoconto della serata di Bruce a Trieste di lunedì 11 giugno. Altri amici mi hanno detto che a Milano ha sfiorato il record assoluto di tutti i tempi( secondo concerto di sempre come durata,  3 ore e 45 minuti). Ma bando alle ciance e buona lettura.

Bruno Conti

 

 

Trieste era piovosa sin dal mattino, e non prometteva niente di buono per quello che, a tutti gli effetti era e rimarrà un evento di portata colossale per una città’, che a livello musicale si vede da molto tempo sfilare sotto il naso molta ottima musica diretta in quel di Udine e dintorni.

Scrosci, alternati a sprazzi di sole sino verso le 20. Il “Nereo Rocco” a quell’ora è già quasi pieno, tutto fila via liscio, l’organizzazione funziona a meraviglia, per la gioia del sindaco, che da buon fan sfegatato quale è se ne sta nella zona Pit sotto il palco invece che in tribuna, insieme a circa altre ventinovemila anime palpitanti e felici, perché questo bisogna sottolinearlo forte, la gente a questo concerto è felice, ed é già una rarità di questi tempi, gente di tutte le età, a riprova che un certo tipo di musica unisce e dimostra che il tempo non esiste.

Tempo che scorre nell’attesa, come fosse Natale e per farlo passare la gente fa la ola, batte le mani, e giove pluvio deve aver pensato bene di andare a mettersi in poltrona a godersi lo spettacolo, perché contro ogni premessa non cadrà più una goccia. Sono le 21.14 quando si spengono le luci e si alza il primo di molti boati, la mitica E Street Band va ai posti di combattimento sulle note a sfumare di C’era una volta in America, poi entra il Boss ed è un onda d’urto di voci e di mani, lui saluta con un “Mandi Trieste, come va?” (sarebbe in Friuli ma…!). Ma tutto lo stadio è comunque suo, il suo ed il nostro giardino dei divertimenti.

E allora si parte, e per far capire che nessuno stasera starà fermo è Badlands ad aprire le danze della festa che va a braccetto al volo con una No surrender che scalda uno stadio già caldo di suo, non ci si ferma nemmeno per l’apripista del nuovo album We Take Care Of Our Own, e come un treno che abbia preso già una bella velocità arriva la title-track Wrecking Ball  entrata di diritto nel cuore dei fan, ed infatti tutto lo stadio la manda a memoria e il capo fa quello, che farà un sacco di volte nella serata, cioé carica ancora di più la sua gente, fa segno che non sente sul ritornello e allora ancora più forte, sempre più forte, e nel momento in cui pare di andare già parecchio forte, arriva Death To My Hometown e lo stadio diventa un enorme pub irlandese dove tutti cantano e ballano. Se qualcuno a quel punto pensava almeno ad un piccolo stacco si sbagliava perché era in arrivo una versione bellissima e lunghissima di My city of ruins, qui Springsteen fa gli onori di casa e ci presenta i suoi “fratelli e sorelle” della E Street Band, parla in italiano per dirci che la canzone narra di cose che restano e cose che vanno, simpatico mentre ci fa sapere,(sempre rigorosamente in italiano) che la moglie é rimasta a casa con i figli, ma ci saluta tutti, commovente, quando dopo aver presentato tutti, chiede se manca qualcuno, e qualcuno manca di certo a noi e a lui, il compianto Clarence, enorme sassofonista in tutti i sensi, e Danny Federici ma il capo ci rassicura, “posso sentirli nelle vostre voci”, un unico enorme boato, l’ennesimo.

Stanotte non c’e’ posto per la tristezza e allora parte subito Spirit in the night, qui il boss si concede al suo pubblico come a pochi ho visto fare, va giù fino alle prime file e ci si inginocchia in mezzo, un delirio, la sua voce roca sale e sale, prende una chitarra di cartone passata dalla gente e suona quella, ma dal pubblico arriva anche la prima richiesta Downbound Train, subito accontentati! Il primo rallentamento vero del concerto lo porta uno dei pezzi più belli del nuovo lavoro dell’artista, Jack Of All Trades, dedicata da Bruce (in italiano) a tutti coloro che combattono, quelli che hanno perso il lavoro e i terremotati italiani, lungo applauso del Rocco, bellissima e sentita, lo stadio prova ad accendersi di accendini, poi si riparte senza più prendere fiato, i ragazzi ci regalano a mio parere una delle punte di diamante di tutta la serata, quattro titoli in corsa Youngstown / Murder Incorporated / Johnny 99 / Working On The Highway, la prima ha un finale di chitarre indiavolate, la seconda, credo che non solo io ma un bel po’ di gente credeva che non l’avrebbe mai eseguita, la terza ci ha letteralmente trascinato con una versione che ha coinvolto tutta la band a giocare a rimpiattino tra quelli su e quelli giù dal palco, la quarta parte in acustico per trasformarsi in un rock torrenziale che permette al boss di giocare a mettersi in posa per le foto ad ogni stacco, a questo punto l’arrivo di Shackled And Drawn dà la sensazione di abbassare quasi un poco il livello di adrenalina in circolo, pur con il bellissimo duetto tra Bruce ed una corista dalla voce cristallina e potente, forse se ne accorge, chi lo sa, però ci tiene a non far scendere i giri del motore, lo si percepisce chiaramente, perciò subito dopo, giù di nuovo il piede, è tempo di Waiting On A Sunny Day, lo stadio si riaccende più potente di prima, lui lascia cantare il ritornello, finché pesca un ragazzino dal pubblico e lui serenamente prende il microfono e canta il ritornello una, due, tre, quattro volte poi si volta, e realizza il sogno di trentamila persone, con piglio da rocker consumato dice C’mon E Street Band!

E la band riparte, mentre viene giù lo stadio, subito dopo questo momento di divertimento purissimo, i nostri si concedono una incursione nel soul, la qual cosa, con la sezione fiati che si ritrovano, stasera era quasi doverosa, da citare il nipote di Clarence, Jake a cui lo zio ha sicuramente messo una mano sulla testa per come suona, sono due pezzi legati tra loro, la divertente 634-5789 di blues brothersiana memoria (ma era di Wilson Pickett) e The Way You Do The Things You Do dei Temptations, che fa da ponte per arrivare ad una The River intima e meravigliosa, un fiume da cui tutti ci facciamo volentieri trascinare, poi il boss si riprende la sua Because The Night e fa sfogare in coppia la chitarra di Steve, sino ad allora sinceramente un poco in ombra rispetto ai numeri fatti vedere dal collega, The Rising fa riprendere il botta e risposta tra Bruce ed il pubblico, botta e risposta che si alza a dismisura quando attacca We Are Alive (con citazione finale da Ring Of Fire), l’energia che ci si rimpalla da sotto a sopra al palco é magnifica, si salta, si balla, evidentemente la stanchezza è un punto di vista, perché i calibri da novanta arrivano solo ora.

Una canzone, che credevo proprio di non poter ascoltare, la bellissima Thunder Road arriva come una sorpresa che si sperava ma non si credeva, poi Bruce che non ha quasi mai smesso di giocare con quelli davanti decide di fare una serie di regali a richiesta a mezzo cartone da imballo, ne pesca uno da in mezzo alla ressa e se lo porta su, c’e’ scritto puoi suonare Rosalita (Come Out Tonight) per mamma e papà, certo come no, e allora per mamma e papà con affetto……….ennesimo boato, chiusa questa parentesi il padrone di casa ci chiede se siamo pronti e naturalmente lo siamo, ma per cosa?, per l’evento nell’evento, l’invitata che tutti aspettavamo Born in the u.s.a. e lei è arrivata alla festa e ci ha scaricato addosso altra energia per continuare a ballare; altra invitata attesissima Born to run (con Elliott Murphy), durante il famoso stacco Springsteen decide che quelli lì davanti gli stanno proprio simpatici e ci si ributta in mezzo, Bobby Jean ed Hungry heart (l’attacco di quest’ultima é nostro come da tradizione) ci dicono che il sessantaduenne sul palco ha incredibilmente ancora benzina, anche se le luci dello stadio sono già accese da un po’ si capisce che la pantomima del dentro e fuori per il bis stasera non ci sarà perché nessuno si muove dal palco, evidentemente tra amici non si usa.

Seven Nights To Rock e’ una cover di Moon Mullican che evidentemente al nostro piace tanto ed anche a noi, perché la fa durare un sacco di tempo e si vede proprio che si diverte a farla, Dancing in the dark riapre la rubrica “chiedilo a Bruce” perché prima fa salire una ragazzina e la fa ballare con lui sul palco, poi sempre a mezzo cartone accontenta uno che chiede di ballare con la Soozie Tyrell, la violinista ed a una seconda che scrive,” ti prego fai ballare mia madre, prego signora si accomodi come va?”, ovazioni a scena aperta. Tenth Avenue Freeze-Out chiude una serata magica, tre ore e venticinque minuti di gioia adamantina. Tempo fa un manager musicale disse di lui: ho visto in questo ragazzo il futuro del rock and roll; aveva ragione, ieri abbiamo visto il presente del rock e si chiama ancora Bruce Springsteen!

Graziano Ongetta

La Parola Ai Fans: “Ho Visto Il Rock, Si Chiama Bruce Springsteen – Trieste 11.06.2012ultima modifica: 2012-06-13T09:29:00+02:00da bruno_conti
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