Di Nuovo Insieme! Graham Parker & The Rumour – Three Chords Good

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Graham Parker & The Rumour – Three Chords Good – Primary Wave/EMI Label Service

In questo 2012 che si avvia alla conclusione, con alcuni colpi di coda interessanti a livello discografico, qualche mese fa abbiamo avuto la reunion, 27 anni dopo, dei Dexys Midnight Runners, che sono rimasti solo Dexys e in fondo erano la creatura di Kevin Rowland, ma questa di Graham Parker è proprio la reunion con il suo gruppo storico, i Rumour, con i quali aveva registrato solo una manciata do album, ma fantastici, tra il 1976 e il 1980. Quindi, se la matematica, o meglio l’aritmetica non è un’opinione, fanno 32 anni di separazione. E ci sono ancora tutti e sono gli stessi di allora, che è quasi miracoloso: Brinsley Schwarz e Martin Belmont alle chitarre, Bob Andrews alle tastiere, Andrew Bodnar al basso e Steve Goulding alla batteria. Un gruppo che in quegli anni gloriosi rivaleggiava con gli Heartbreakers di Tom Petty, la E Street Band e la Silver Bullet Band di Seger come migliore backing band dell’orbe terracqueo. E perdipiù Schwarz e Andrews provenivano dai Brinsley Schwarz (dove con Nick Lowe, Ian Gomm e Billy Rankin, evolvendosi dai Kippington Lodge, avevano “inventato” il pub rock) e anche Martin Belmont aveva suonato con i Ducks DeLuxe, altro geniale gruppo di quel genere.

Graham Parker, con la sua inossidabile funzione di trait d’union tra Stones e Van Morrison, con ampie spruzzate di Dylan, unite ad una passione gagliarda per il rock ed un sarcasmo tipicamente inglese e, soprattutto, una corposa manciata di grandi canzoni, ha realizzato in quel periodo una serie di dischi, che ancora oggi sono quanto di meglio si può ascoltare nel, chiamiamolo, “rock di sintesi”: R&R, Pub-rock, soul, reggae bianco, canzone d’autore, punk e new wave (ma solo nell’attitudine), quindi niente di nuovo, ma fatto di un gran bene. Dischi come Howlin’ Wind, Heat Treatment, Stick To Me, il doppio Parkerilla, Squeezing Out Parks, l’EP The Pink Parker e il promo Live At Marble Arch sono ancora oggi delle delizie per l’apparato uditivo di chi ama la buona musica. E il tutto, considerando che Parker, come lo Springtseen di quegli anni, non era stato proprio servito a dovere dalla sua casa discografica, alla quale dedicherà una delle canzoni più velenose mai dedicate all’industria discografica, Mercury Poisoning, uscita su Squeezing… il disco di commiato dai Rumour. All’incirca nell’ultimo anno sono usciti vari prodotti d’archivio che hanno allietato le giornate dei fans del vecchio Parker: prima i due Bootleg Box, con materiale che risaliva anche fino a quegli anni e poi il doppio CD (o DVD) dei concerti al Rockpalast nel 1978 e 1980.

Naturalmente nel frattempo Graham Parker, che si è trasferito negli Stati Uniti, ha proseguito la sua carriera solista, che nel corso di questo trentennio ha regalato ancora parecchie gemme ai suoi estimatori. Senza citarle tutte, andando a ritroso, l’ottimo ultimo Imaginary Television del 2010, Don’t Tell Columbus del 2007, Your Country del 2004 e più indietro nel tempo Struck By Lighting, The Mona Lisa’s Sister e tantissimi altri che non citiamo per non infierire sulla lista della spesa (ma un cofanetto come Passion Is No ordinary Word, che potrebbe essere il suo motto, se si trova ancora, sarebbe consigliatissimo).  

Ed ora, dopo tanto tempo, non inattesa, perchè se parlava da un po’ di tempo, avviene questa reunion, sancita da un disco come Three Chords Good, che rientra in quel rock di sintesi citato prima, niente di nuovo ma, sempre e comunque, fatto un gran bene! Spesso sono più efficaci cinque o sei oh-oh o tre o quattro la-la di intere batterie di sintetizzatori e diavolerie elettroniche, o dubstep pseudofuturibili, quando hai un gruppo di belle canzoni e una band perfetta per eseguirle. E questa è la ricetta dell’album.

Dal rock intriso di “reggae bianco” (non amo il reggae, ma qualche eccezione, per gente come la Armatrading, Garland Jeffreys, lo stesso Parker del passato e pochi altri, la faccio) di Snake Oil Capital Of The World, amaro ed acido nei testi, con le chitarre di Schwarz e Belmont subito pungenti ad intrecciarsi con l’organo insinuante di quel genietto di Andrews, uno che conosce tutti i segreti della tastiera rock (come Benmont Tench e Roy Bittan), si passa ad una ballata mid-tempo nostalgica e ricca di reminescenze e melodia come la deliziosa Long Emotional Ride. Stop Cryin’ About The Rain è uno di quei brani che probabilmente Graham Parker riesce a scrivere anche durante il sonno, ma con quegli oh-oh piazzati al posto giusto, qualche piccola percussione qui è là, arrangiamenti minimali ma perfetti, ti sembra di ritrovare un vecchio amico che in fondo non era mai andato via, eri tu che lo avevi dimenticato. I ritmi volutamente demodé di She Rocks Me, tra vecchio R&R e il Dylan di Blonde On Blonde, sono ciondolanti e incalzanti al tempo stesso, e poi se non hai i soldi per un sassofonista niente di meglio del vecchio kazoo, che non sentivo su un disco dalla seconda guerra punica.

Three Chords Good, mi vengono in mente due persone che potevano scriverla, uno è il “vecchio” Bruce, l’altro è Graham Parker. Che genere è? Boh! Però è bella e si ascolta con piacere: forse genere bella vecchia canzone, già sentita mille volte, ma una volta di più non guasta, ne sostituisce per 5:38 minuti altre 999, simili ma non uguali. Old Soul è lui, il vecchio Graham, disponibile anche in versione vagamente jazzata, molto laid-back. A Lie Gets Halfway ‘Round The World è una delle rare concessioni del disco a ritmi più serrati, quasi rock, anzi R&R alla Parker, dicansi pub-rock e qui vai di “duh-duh-duh” e “la-la-la”! That Moon Was Low è una soul ballad morbida ma succulenta, con uso di piano, degna del miglior Sam Cooke (e del miglior Graham Parker). Live In Shadows è un bel brano swing jazz vagamente vicino di cortile del Joe Jackson di Jumpin’ Jive, diciamo limitrofo. Arlington’s Busy è forse il brano più bello del disco, il Parker sociale che parla dei soldati in Iraq e Afghanistan con accenti e voce più Dylan del Dylan più dylaniano, quello migliore dei vecchi tempi andati, periodo Blonde On Blonde, musicalmente una meraviglia.

Coathangers sarebbe (è) il singolo dell’album, il brano più rock e tirato, a dimostrazione che la vecchia band è ancora in grado di far ruggire tutti i quattro clindri del motore e la voce c’è, non è invecchiata di una virgola rispetto al passato. E per finire un’altra di quelle ballatone malinconiche alla Ray Davies (o Ian Hunter, altro dylaniano Doc)) che Graham Parker dedica al Last Bookstore In Town, un mondo che va scomparendo e che va ricordato con affetto e commozione, e vai con l’ultimo assolo di kazoo. Musica senza tempo, il mondo di oggi visto da un osservatore più distaccato e meno incazzato del solito, un poco rassegnato perfino, ma sempre caustico e geniale. Potrebbe fare il paio con l’ultimo di Ian Hunter, come invecchiare con classe, di nuovo insieme ai vecchi amici!

Bruno Conti

Di Nuovo Insieme! Graham Parker & The Rumour – Three Chords Goodultima modifica: 2012-12-03T13:17:00+01:00da bruno_conti
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