Che Spettacolo! E Tanto Peggio Per Chi Non C’era! Love For Levon

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VV.AA. – Love For Levon – Time Life 2CD+2DVD/2CD+2BlueRay/2DVD/2BlueRay/2CD

Il titolo del post non si riferisce di certo alla moltitudine di persone che non ha potuto recarsi il 3 Ottobre dello scorso anno all’Izod Center di East Rutherford, New Jersey per assistere a questa magica serata in onore dello scomparso Levon Helm, ma ai musicisti che “avrebbero dovuto esserci” e per ragioni a me sconosciute non c’erano. Principalmente due: Robbie Robertson, per anni compagno di avventure con Levon all’interno di The Band, ed autore dell’80% del materiale proposto durante questo concerto (ma tra i due da anni correva sangue pessimo, peccato che neppure la morte di Helm abbia potuto medicare le ferite) e Bob Dylan, che iniziò a collaborare con la Band quando ancora si chiamavano The Hawks, e che fu sul palco con loro fino all’ultima scena di The Last Waltz (ma Bob è un maestro a “schivare” gli appuntamenti importanti, penso al concerto per George Harrison di qualche anno fa o, tornando un po’ più indietro nel tempo, a Woodstock, per la serie “Mi si nota di più se ci vado o se non ci vado?”). Ma poi penso anche ad Eric Clapton, che ha sempre sostenuto che Music From Big Pink fosse il disco che gli aveva cambiato la vita ampliando i suoi orizzonti, o a Van Morrison, che partecipò ad un album di The Band anche in qualità di autore (Cahoots l’album, 4% Pantomime la canzone), ed il cui suono nei primi anni settanta era molto simile a quello del gruppo di Robertson.

Ma parliamo di che invece in quella serata c’era…cioè tutti gli altri!!! Scherzi a parte, la lista di artisti che non ha voluto mancare l’ultimo omaggio a Levon (batterista, mandolinista, cantante di The Band, cioè uno dei gruppi più influenti della storia della musica, nonché apprezzato solista) è impressionante, si fa davvero quasi prima a nominare chi non c’era. Innanzitutto ben due house bands: la Levon Helm Band, capitanata dall’eccellente Larry Campbell, vero è proprio maestro di cerimonie della serata, con la figlia di Levon, Amy Helm (leader degli Ollabelle) e Teresa Williams (moglie di Campbell) alle voci, ed una All Stars Band comprendente gente come Don Was, Kenny Aronoff, Greg Leisz, Jim Weider e Rami Jaffee, con interventi qua e là di Steve Jordan, Jaimoe e G.E. Smith, oltre alla partecipazione in una manciata di brani sparsi di Garth Hudson, unico superstite di The Band oltre a Robertson e vero e proprio leader silenzioso del combo canadese.

Basterebbero solo i nomi citati fin qua, ma ancora più impressionante è la lista di special guests che si sono alternati brano dopo brano, tutti a tributare nel modo migliore il loro amore per Levon (il titolo del CD/DVD/BlueRay non è casuale, l’amore qui si percepisce eccome), in un concerto splendido, suonato e cantato in maniera fantastica, una serata di grazia che è anche uno dei migliori tributi di sempre. Un omaggio all’arte di Helm, certo (presenti anche alcuni brani tratti dai suoi ultimi due lavori solisti, Dirt Farmer ed Electric Dirt), ma anche all’epopea di The Band, un gruppo che ha davvero influenzato decine di musicisti (e quindi un tributo anche agli scomparsi Richard Manuel e Rick Danko, che una serata così dedicata a loro non l’hanno mai avuta).

Si parte subito forte con una versione calda e soulful di The Shape I’m In, con Warren Haynes primo ospite della serata, che suona alla grande e tira fuori il meglio dalla sua voce (si parla sempre della sua abilità chitarristica, ma è un cantante della Madonna), ottimo inizio; Warren rimane sul palco ed introduce l’amico Gregg Allman, ed i due, con il resto della band, ci regalano una versione elettroacustica da applausi di Long Black Veil, noto traditional inciso anche dalla Band: Allman sprizza carisma da tutti i pori, ed al secondo brano abbiamo già uno dei momenti magici del concerto, da pelle d’oca. Jorma Kaukonen propone una versione country-blues di Trouble In Mind di Big Bill Broonzy (e non di Dylan come indicato nel libretto…Dylan ha scritto un brano con questo titolo, relegato poi in un lato B del 1979, ma è completamente diverso), tratta da un suo album, River Of Time, inciso nella fattoria di Levon; poi è la volta di due brani per la house band, con Campbell come leader, una bella ed elettrica This Wheel’s On Fire ed una più raccolta Little Birds, con la Helm Jr. e la Williams protagoniste. Il secondo momento saliente arriva con Marc Cohn (in ottima forma fisica e vocale) , che propone la splendida Listening To Levon, da lui scritta proprio per Helm: una canzone fantastica, tra le migliori di Cohn, resa in modo impeccabile e con un filo di commozione. (E allora, tanto per parlare ancora degli assenti, perché non coinvolgere anche Elton John? Levon è senz’altro uno dei brani più belli dell’occhialuto cantante inglese).

Mavis Staples non la scopro certo io: tra le più grandi cantanti ancora in vita, ci delizia con una grintosa Move Along Train, scritta dal padre Roebuck “Pops” ed incisa da Levon su Electric Dirt: a quasi 74 anni Mavis è ancora una forza della natura. Life Is A Carnival, gioiosa e piena di suoni, è perfetta per Allen Toussaint, grandissimo arrangiatore, ottimo pianista ma non eccelso come cantante: comunque se la cava più che bene; When I Paint My Masterpiece è affidata al grande John Prine, che appare invecchiato piuttosto male (e nelle interviste presenti sul secondo DVD ha proprio l’aria del vecchio pugile suonato): io amo Prine, ma stasera, pur impegnandosi al massimo, fornisce un’interpretazione un po’ monocorde, anche se parzialmente riscattata dall’house band che lo supporta. Anna Lee avrebbe meritato di meglio che Bruce Horsby, emozionato e un po’ stonato, ma l’accompagnamento per dulcimer e violino (Campbell) è toccante; ecco Jakob Dylan (almeno un Dylan c’è), look alla Uomo Vogue e buona voce per una versione tutta ritmo e swing di Ain’t Got No Home di Clarence “Frogman” Henry (era sull’album di covers di The Band, Moondog Matinee), ottima versione, ma secondo me Jakob ha perso un’occasione: avrebbe potuto infatti interpretare un brano del padre (sarebbe stata la prima volta) e creare un momento di grande valore emotivo, vista anche la somiglianza fisica impressionante con il genitore (Forever Young, nella cui versione originale tra l’altro Levon suonava, sarebbe stata una scelta perfetta).

L’unico momento negativo, purtroppo, riguarda la splendida Whispering Pines, che è una delle più belle canzoni scritte da Robertson, ma che viene affidata a Lucinda Williams, fisico da menopausa e voce da ubriaca, che tenta di rovinare il brano appiattendolo con il suo solito stile soporifero (so di attirare su di me le ire funeste del 90% dei lettori del Blog, ma io la penso così). Per fortuna che arriva il grande John Hiatt: Rag Mama Rag sembra scritta apposta per lui, ma John avrebbe il carisma e la voce anche per rendere appetibile un brano dei Backstreet Boys (da notare la presenza di Mike Gordon dei Phish al basso). David Bromberg è un altro personaggio quasi leggendario (e mi sta simpatico perché mi ricorda tantissimo mio zio da poco scomparso, scusate la divagazione personale), e la sua Don’t Do It, in coppia con Joan Osborne, delizia sia il pubblico che il sottoscritto, mentre la bella Grace Potter ci offre un altro momento top della serata, una versione da brividi di I Shall Be Released, grande presenza scenica e grandissima voce, pubblico in sala letteralmente ammutolito, e la stessa Grace che alla fine non riesce a trattenere le lacrime per la commozione. Altro che Lucinda Williams… Un’altra grande voce, molto simile peraltro a quella di Richard Manuel, se la ritrova Ray LaMontagne, e Tears Of Rage (con John Mayer alla chitarra) è una scelta perfetta per lui, un’altra interpretazione da pelle d’oca; sia Dierks Bentley che Eric Church sono due tra i più interessanti esponenti del new breed del country americano, ma obiettivamente penso che due canzoni a testa siano troppe: bastavano Chest Fever (con immancabile assolo di organo iniziale di Hudson) per Bentley e Get Up Jake per Church.

Non sono mai impazzito per John Mayer, ma almeno stasera si ricorda che quando vuole ci sa fare, e la sua versione di Tennessee Jed (sì, è proprio il brano dei Grateful Dead, ma lo ha inciso anche Levon) è decisamente azzeccata; bravo anche Joe Walsh (con Robert Randolph), che nelle interviste (sempre secondo DVD) sembra perennemente strafatto, ma sul palco si trasforma: Up On Cripple Creek è un brano che farebbe tremare i polsi a chiunque, ma Joe è prima di tutto un professionista esperto e se la cava alla grande. Ci avviamo al gran finale: i My Morning Jacket sono una grande band, e Jim James un leader sufficientemente carismatico, e quindi le loro versioni di Ophelia, una gioiosa esplosione di suoni, e It Makes No Difference, grandiosa, sono tra i momenti migliori del concerto. Per l’ultraclassico The Night They Drove Old Dixie Down Jim James e compagni sono raggiunti sul palco nientemeno che da Roger Waters, che esibisce anche orgoglioso (ed un po’ emozionato) un baseball hat donatogli da Helm al termine del concerto The Wall Live In Berlin del 1990, al quale tra l’altro lo stesso Helm, con Danko, Hudson e Sinead O’Connor contribuirono con il momento più toccante, una superba versione di Mother. Rimasto solo con la house band, l’ex Pink Floyd intona poi con Amy una commovente versione di Wide River To Cross, splendido brano di Buddy e Julie Miller ed una delle ultime incisioni di Levon, una rilettura appassionata che toccherà il cuore anche di chi i Floyd non li può vedere neanche in fotografia. Waters poi chiama tutti sul palco per il prevedibile gran finale di The Weight: ok, stiamo parlando di uno dei più grandi brani rock della storia, ma questa sera il gruppo di artisti sul palco aggiunge forse qualcosa in più, e l’emozione si può quasi toccare con mano. Alla fine tutti sorridenti e commossi, sia tra il pubblico che on stage.

Grandissima serata per un grandissimo della “nostra” musica (anche dal punto di vista umano), un vero e proprio atto d’amore.

Imperdibile.

Marco Verdi

Che Spettacolo! E Tanto Peggio Per Chi Non C’era! Love For Levonultima modifica: 2013-03-21T10:32:30+01:00da bruno_conti
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