Piovono Chitarristi 2. The Duke Robillard Band – Independently Blue

duje robillard independently.jpg

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

The Duke Robillard Band – Independently Blue – DixieFrog/Stony Plain

Come dimostra l’articolo determinativo posto prima del nome, anche questa volta siamo di fronte ad un disco della Duke Robillard Band, come nel caso del precedente Low Down And Tore Up, la differenza per l’occasione la fa la presenza di Monster Mike Welch, aggiunto come secondo chitarrista solista (a parte un paio di branoi dove appaiono anche i fiati): quindi il suono è più grintoso del solito (almeno rispetto agli ultimi dischi, perché nel passato, e, occasionalmente anche nelle prove più recenti, il buon Duke è sempre in grado di strapazzare la sua chitarra, quando vuole). Il problema è che Michael John, da Woonsocket, Rhode Island, ultimamente non vuole troppo spesso, preferendo un suono più jazzato, swingante, persino da locali after hours, sempre con una gran classe e una tecnica raffinata, ci mancherebbe, ma con una certa ripetitività che di tanto in tanto ci stufa, per essere dialettali e chiari! E’ una critica magari un po’ forzata, perché dischi come questo si ascoltano sempre volentieri, soprattutto se si ama il Blues, ma da uno come Robillard ci aspettiamo qualcosa di più.

In effetti lo dice anche lo stesso Duke, nelle note del libretto, che ultimamente tende a privilegiare un tipo di sound e materiale più adatto ad un signore nel “settembre dei suoi anni” (è del 1948, quindi 65 quest’anno, ma non ditelo a Springsteen). Forse all’aria “old fashioned” contribuisce anche il fatto che alcuni brani sono firmati da Al Basile, cornettista e amico, che privilegia un suono abitualmente più rilassato, ma per l’occasione, nell’iniziale I Wouldn’t-a Done That, dove Robillard e l’ottimo Mike Welch si scambiano assolo di gusto su un ritmo blues “cattivo” alla giusta temperatura e nella successiva Below Zero, un bel blues roccato come ai vecchi tempi, con il basso che pompa e le due chitarre ancora infoiate come si conviene, sembra esserci una inversione di tendenza. Anche lo strumentale Stapled To the Chicken’s back portato in dote da Welch, è un bell’esempio di Texas Shuffle, con le chitarre “limpide” dei due solisti che si dividono democraticamente gli spazi anche con l’organo di Bruce Bears, mentre Brad Hallen che nel disco precedente suonava quasi sempre il contrabbasso in questo album si cimenta spesso e volentieri al basso elettrico dando una fondazione più solida alle improvvisazioni dei due, che sono dei “manici” notevoli e questo non si discute, anche Welch inquadrato in una formazione meno volatile dimostra una gran classe.

Però (o per fortuna, per chi apprezza lo stile) Robillard ha sempre questa passionaccia per il jazz, magari New Orleans, anni ’20, come nella fiatistica Patrol Wagon Blues, che nella prima parte potrebbe uscire da qualche Cotton Club o da un disco di Ellington o Al Jolson dei tempi di Minnie The Moocher e qui il pianino dell’ottimo Bears ci sta a pennello, con banjo e clarinetto a dividersi gli spazi, e poi nel finale i due solisti pennellano una performance di gran classe alle chitarre elettriche. Laurene è uno di quei R&R alla Chuck Berry che ogni tanto escono dalla penna del buon Duke e Moongate è uno dei rari slow blues d’atmosfera del CD, molto raffinato e con le due chitarre libere di improvvisare anche notevoli tessiture sonore, seguite da un altro blues classico a firma Al Basile I’m Still Laughing cantato con piglio autorevole da un Robillard in buona forma vocale, mentre il suono delle chitarre, anche slide, è molto Chicago Blues.

Un altro strumentale a firma Duke Robillard, Strollin’ With Lowell and BB è uno swingato omaggio ai due signori citati nel titolo, ma non mi entusiasma. Come You Won’t Ever che nasce con l’idea di rendere omaggio omaggio alla musica di Stevie Wonder e Four Tops, ma in pratica sembra la colonna sonora di qualche episodio di Starsky & Hutch, piacevole anche nel groove di basso e batteria e nell’intervento della tromba, ma sicuramente non memorabile. E anche l’altro brano strumentale a firma Monster Mike Welch (il soprannome gli fu dato ad inizio carriera da Dan Aykroyd),  al di là dalla classe dei due, ha un po’ l’aria di una outtake minore e sonnolenta dalla Supersession di Bloomfield, Kooper & Stills. Molto meglio Groovin’ Slow, dove un giro di basso marcatissimo “modernizza” questo omaggio allo stile preciso e da nota singola del grande Wes Montgomery, con le due soliste a scambiarsi soli di precisione chirurgica. If This Is Love è un bel pezzo che avrebbe potuto figurare in un disco di fine anni ’60 del già citato Bloomfield o in qualche disco recente del Robben Ford più bluesy, e a furia di soli pungenti finisce in gloria questo CD, che ha i suoi alti e bassi, ma è vivo e vitale, forse anche per l’apporto di Welch.

Bruno Conti

Piovono Chitarristi 2. The Duke Robillard Band – Independently Blueultima modifica: 2013-04-17T10:50:23+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo