Consigli Per Gli Acquisti…Dai Counting Crows! Field Report – Field Report

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Field Report – Field Report – Partisan Records

Questo disco è uscito lo scorso anno, e forse sarebbe rimasto a noi sconosciuto se non fosse stato per Adam Duritz (che come sapete tutti è il leader dei Counting Crows), il quale durante l’intervista concessa a Paolo Carù per il Buscadero in quel di Amsterdam, ha detto meraviglie di questo sestetto di Milwaukee (che in tempi recenti ha aperto i loro concerti), tanto da solleticare la curiosità di noi umili carbonari. I Field Report sono la creatura di Christopher Porterfield (ed il geniale monicker del gruppo altro non è che l’anagramma del suo cognome), che ha creato la sua band da una costola dei DeYarmond Edison (gruppo nel quale militavaJ ustin Vernon prima di fondare i Bon Iver), insieme a Nick Berg, Ben Lester, Jeff Mitchell, Damian Strigens e Travis Whitty, i quali suonano tutti in questo disco d’esordio, anche se nel frattempo Berg, Strigens e Mitchell non fanno più parte della band, ora ridotta a quartetto con l’aggiunta del batterista Shane Leonard.

Ebbene, l’ascolto dell’album dimostra che anche questa volta Duritz ci ha visto lungo: i Field Report (anche se dovremmo dire Porterfield, tanto è determinante l’impronta del leader) suonano una miscela molto moderna di rock e folk, prediligendo brani lunghi, lenti e d’atmosfera, con melodie suggestive forse non adatte ad un ascolto distratto. La musica di Porterfield e soci va infatti ascoltata con tranquillità, magari a luci basse, e certamente più di una volta: vedrete poi che non potrete fare a meno pure voi di apprezzare le affascinanti atmosfere di cui Field Report è ricco. Porterfield è indubbiamente un personaggio creativo, e per il suo esordio non ha scelto la via semplice di fare del rock diretto ed immediatamente fruibile, bensì ha preferito meditare le canzoni, centellinare i suoni, dilatare le melodie, dando così prova di originalità: alcune atmosfere possono rimandare ai Crows, ma la band di Duritz ha una maggiore impronta rock, pur se dal punto di vista dello script molti brani potrebbero in un futuro far parte di un altro disco di covers da parte dei Crows (soprattutto dopo il successo avuto dal bellissimo Underwater Sunshine).

Piccola curiosità: dei sei membri originali del gruppo, ben tre, tra i vari strumenti, suonano anche il sintetizzatore, ma non preoccupatevi, è usato con molta parsimonia e sempre per creare l’atmosfera di sottofondo (un po’ come faceva ogni tanto Danny Federici nella E Street Band). Fergus Falls è introdotta da un bell’arpeggio acustico, poi entra la voce del leader che inizia a sviluppare una melodia limpida, e gli strumenti arrivano di soppiatto rivestendo il brano a poco a poco: una percussione leggera, una nota di piano, un violino, fino al bel finale corale. Un avvio affascinante: c’è molto dei Counting Crows nella costruzione di questo brano, ma anche di uno come Van Morrison (che comunque è una delle principali influenze di Duritz).

The Year Of The Get You Alone è un brano soffuso, con una ritmica appena accennata ed un raffinato arrangiamento dai vaghi accenni jazzati: la canzone si dipana fluida per oltre cinque minuti, anche se forse rimane un filo poco immediata. I Am Not Waiting Anymore è uno slow, ma con una base folk ed un motivo decisamente più diretto: non è musica facile, richiede attenzione e predisposizione, ma vedrete che se riuscirete ad entrare nel disco non ve ne pentirete. La delicata Taking Alcatraz ha echi del Paul Simon più classico, quello folk-rock e non contaminato dalla musica etnica: l’uso del piano è decisivo per lo sviluppo del brano, uno dei migliori di tutto il disco. Molto buona pure Incommunicado, di buovo lenta ma con una melodia toccante ed un mood struggente (e poi la batteria la movimenta un po’); Circle Drive è semplice, due chitarre, voce e piano in sottofondo, ma con un feeling grande così.

Chico The American è notturna, quasi onirica, mentre Evergreen ripropone le radici folk del gruppo (e qui forse il synth stona un po’); chiudono l’album la pianistica Captain Video, autunnale, e la spettrale Route 18, voce e chitarra nel buio, un po’ come usava fare il grande Fred Neil (verso la fine però qualche altro strumento si palesa timidamente). Duritz aveva ragione: i Field Report hanno personalità, creatività ed originalità, per il secondo album auspico soltanto un po’ di dinamismo in più. Di certo non è un disco da ascoltare quando si è depressi.

Marco Verdi

Consigli Per Gli Acquisti…Dai Counting Crows! Field Report – Field Reportultima modifica: 2013-07-12T19:04:00+02:00da bruno_conti
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