Il “Secondo Lavoro” Di Brian Fallon, Un Live Affascinante, Da Togliere il Fiato. Horrible Crowes – Live At The Troubadour

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The Horrible Crowes – Live At The Troubadour – Side One Dummy CD + DVD 2013

Dopo aver riscosso un meritato successo con i suoi Gaslight Anthem, circa due anni fa il leader e frontman Brian Fallon con l’amico di infanzia e polistrumentista Ian Perkins, decise di dedicarsi anche a qualcosa di più personale, il progetto The Horrible Crowes con il magnifico Elsie, un lavoro dalle forti tinte rock, dall’animo “dark”, che richiamava le sue radici musicali. Per chi scrive, è stato un innamoramento musicale al primo ascolto, il confronto con la sua band di origine è stato inevitabile, in quanto la voce inconfondibile di Fallon teneva insieme tutte le canzoni, che spaziavano dal blues al rock in forma minimalista, ispirati al canto borbottato di Tom Waits. In attesa del seguito di Elsie, inaspettatamente esce questo CD + DVD, registrato il 14 Settembre 2011 al Troubadour di West Hollywood, dove sono saliti su questo leggendario palco. oltre ai due “pards” Brian e Ian, Alex Rosamilia alle tastiere, Frank Marra al basso e Steve Sidelnyx alla batteria, per 75 minuti di grande musica (che lo stesso Fallon ha certificato come uno dei migliori concerti della sua carriera).

La scaletta ripercorre quasi fedelmente la tracklist dell’album d’esordio, partendo dal gospel-rock di Last Rites, per poi passare alla dolente Sugar, mentre Behold The Hurricane (che è stato uno degli hit radiofonici), viene fatta con un ritmo più veloce. I Witnessed A Crime ha un’anima soul, seguita da Go Tell Everybody che inizia mormorata e poi esplode, con Brian che canta in maniera feroce, a cui fa seguito una cupa cantilena come Cherry Blossoms, mentre con Ladykiller e Crush si viaggia dalle parti degli U2 più ispirati. Dopo una pausa, il concerto riparte con un brano di Katy Perry Teenage Dream (una normale melodia pop), che nelle mani dei corvi orribili” si trasforma in una canzone dal ritmo martellante, per poi passare ai riff di chitarra di Mary Ann eseguita con un canto rabbioso, addolcito dalla seguente Black Betty & The Moon. Ci si avvia alla fine con l’energica ballata Blood Loss, la melodica e romantica I Believe Jesus Brought Us Together per chiudere alla grande una magnifica performance live, con una bella versione di un brano degli Inxs Never Tear Us Apart, scritta del compianto Michael Hutchence.

Questo Live At The Troubadour è il classico disco che si adatta facilmente agli stati d’animo di chi lo ascolta, capace di trasmettere del sano rock e di far riflettere quando le melodie prendono il sopravvento, con un Brian Fallon che si conferma una delle migliori voci della nuova ondata  rock, un lavoro completo insomma, da sentire durante un viaggio, di notte, con sullo sfondo la luna e le stelle, aspettando di vedere se a breve, Elsie (da recuperare) avrà un successore.

NDT:  Oltre all’intero concerto, il DVD contiene le interviste a Brian e Ian, filmati sound check e i video musicali di Behold The Hurricane e Ladykiller.

Tino Montanari

Signore E Signori: La Storia Della Musica! Bob Dylan – The Complete Album Collection Vol. One – Prima Puntata

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*NDB. Come annunciato, da oggi e per tre domeniche, come nei vecchi supplementi festivi dei quotidiani, vi propongo, scritto da Marco Verdi, il resoconto sul contenuto relativo all’opera omnia di Bob Dylan, in uscita il prossimo 5 novembre. Siamo in anticipo di parecchio, ma ci portiamo avanti con il lavoro, la prima puntata arriva fino a Before The Flood, buona lettura!

Bruno Conti (il Blogger)

Bob Dylan – The Complete Album Collection Vol. One – Sony Box Set 47 CD

Questo cofanetto, già annunciato per lo scorso anno e poi rimandato, ha creato nei forum online dedicati al grande Bob Dylan più di una lamentela, dato che paragonarlo al box di  Johnny Cash, uscito nel 2012, non è corretto, dal momento che gran parte dei dischi del Man in Black non erano mai apparsi prima su CD, mentre per quanto riguarda Dylan è tutto in catalogo (tranne un caso), e quindi spendere una bella cifra per ricomprare ancora gli stessi dischi, seppur in una confezione di lusso, solo per avere la tanto strombazzata doppia compilation di rarità non è il massimo (considerando la presenza sul mercato, ed anche nelle case di molti appassionati, del box di SACD e di quello dei primi dischi in Mono).

Io faccio poco testo in quanto dylaniano incallito, ma mi sento di non condannare questa operazione per più di un motivo, tipo appunto la confezione con tutti i CD in versione simil-LP, un libretto con foto inedite e liner notes curate dal noto biografo Clinton Heylin, i 14 CD rimasterizzati per la prima volta (o quasi), l’album Dylan del 1973 mai uscito in CD in America, oltre al già citato Sidetracks, doppio CD di rarità assortite (per la verità assai deludente, come vedremo). Per non parlare del fatto che molti dylaniani della prima ora (e pure della seconda e della terza) possiedono i dischi in vinile e solo alcuni di essi anche in CD (me compreso).

Senza contare, come ho scritto nel titolo, che qui siamo di fronte alla storia della musica contemporanea: non sto qua certo a spiegarvi l’importanza di Dylan nel panorama musicale (e non solo) del secolo scorso, ma vorrei cercare, proprio perché è lui, di riassumere in poche righe gli episodi della sua discografia contenuti in questo box, sperando di non tediarvi.

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Bob Dylan (1962): il disco con cui tutto ha inizio, un album di un artista ancora acerbo, con covers di traditionals e di brani folk e blues un po’ a sorpresa (nel senso che non facevano parte del suo abituale repertorio dal vivo nelle coffee houses di New York) e due soli pezzi autografi, Talkin’ New York e Song To Woody. La sua versione di House Of The Risin’ Sun (con l’arrangiamento rubato a Dave Van Ronk), vale comunque il prezzo.

 

The Freewheelin’ Bob Dylan (1963): qui inizia la leggenda: un album che contiene Blowin’ In The Wind, Masters Of War, A Hard Rain’s A-Gonna Fall, Don’t Think Twice e Girl From The North Country non ha bisogno di commenti. Molti artisti cinque brani così non li scrivono in una carriera intera: lui li ha messi su un disco solo.

 

The Times They Are A-Changin’ (1964): il disco più arrabbiato e più legato a brani di protesta specifiche (come la title track, Only A Pawn In Their Games , The Lonesome Death Of Hattie Carroll e la grandissima With God On Our Side) e per questo forse il più datato. Comunque avercene di canzoni così.

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Another Side Of Bob Dylan (1964): l’ultimo album completamente acustico (fino al 1992), nel quale Bob introduce elementi più personali ed autobiografici, ma anche i testi visionari per cui diventerà famoso. Un disco migliore del precedente, con capolavori come My Back Pages, Chimes Of Freedom, To Ramona e It Ain’t Me, Babe. 

 

Bringing It All Back Home (1965): Dylan attacca la spina, diventa elettrico e crea uno sconquasso. Brani come Subterrenean Homesick Blues, Maggie’s Farm o la splendida Love Minus Zero/No Limit sono dei classici ancora oggi, anche se la parte finale acustica, con in sequenza Mr. Tambourine Man, Gates Of Eden, It’s Alright Ma e It’s All Over Now, Baby Blue, è uno dei migliori lati B (parlo dei vecchi LP) di sempre. Qualcuno dice che gli anni sessanta, anche se siamo già a metà, iniziano con questo disco.

 

Highway 61 Revisited (1965): per il sottoscritto questo è il miglior disco mai inciso, non da Dylan ma in assoluto: dall’iniziale Like A Rolling Stone alla conclusiva Desolation Row, circa 50 minuti di pura poesia rock-blues, ispirata, densa, anfetaminica, coinvolgente. Chiunque si voglia avvicinare al mondo della musica che conta deve cominciare da qui.

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Blonde On Blonde (1966): inciso a Nashville, suonato e prodotto alla grande, questo è forse il doppio album più importante di sempre, per molti superiore anche al precedente. Di certo un altro capolavoro assoluto, con brani come Just Like A Woman, I Want You, Visions Of Johanna, Sad Eyed Lady Of The Lowlands, Absolutely Sweet Marie (ma potrei citarle tutte) a testimoniarlo. Dylan è al top, anche Beatles e Stones lo guardano dal basso.

 

John Wesley Harding (1967): Dylan si ritira in campagna dopo l’incidente in moto del 1966 e, nell’anno della psichedelia, incide un disco di folk rurale assieme a tre musicisti in croce e con strumenti acustici, ma i testi tra il visionario ed il biblico e la presenza di canzoni come All Along The Watchtower (rivoltata in seguito come un calzino da Jimi Hendrix), Dear Landlord e la title track ne fanno un disco da avere. Ed il finalino country di I’ll Be Your Baby Tonight lascia presagire le svolte future.

 

Nashville Skyline (1969): Bob torna a Nashville e spiazza tutti incidendo un disco di puro country, con una inedita voce baritonal/nasale: se canzoni come Lay, Lady, Lay, I Threw It All Away, Girl From The North Country in duetto con Johnny Cash e Tonight I’ll Be Standing Here With You sono molto belle, Peggy Day e Country Pie facevano già ridere nel 1969. Qualcuno comincia a chiedersi dove sia finito il vero Dylan.

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Self Portrait (1970): rivalutato di recente dall’ultimo Bootleg Series, questo è il disco più criticato di Dylan, anche se risentito oggi e con un’opportuna rimasterizzazione non è così malvagio, con dentro anche cose buone (ebbene sì, compresa anche la vituperata All The Tired Horses). Forse se anziché doppio fosse stato singolo avrebbe avuto meno stroncature. Di sicuro gli anni settanta di Bob non iniziano alla grande.

 

New Morning (1970): pubblicato solo quattro mesi dopo Self Portrait per placare gli animi, questo è un disco senza particolari guizzi (tranne forse If Not For You, ma la versione dello stesso anno ad opera di George Harrison è molto meglio), ma solido e compatto, che ci restituisce un Dylan abbastanza in forma, anche se lontano dai capolavori degli anni sessanta.

 

Pat Garrett & Billy The Kid (1973): colonna sonora dell’omonimo film di Sam Peckinpah, giunge ben tre anni dopo New Morning. Una collezione di strumentali di buon livello e sufficientemente evocativi, con quattro brani cantati: tre diverse versioni di Billy e, soprattutto, l’immortale Knockin’ On Heaven’s Door, ad oggi il brano più coverizzato di Dylan, anche se per una volta l’originale resta insuperato.

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Dylan (1973): pubblicato dalla Columbia come rappresaglia verso Bob, che aveva firmato per la Asylum di David Geffen, è una collezione di scarti di Self Portrait e New Morning, anche se il risultato finale non è  poi così schifoso come la casa discografica vorrebbe (Lily Of The West e Mr. Bojangles, di Jerry Jeff Walker, sono addirittura ottime). Dylan stesso lo rinnega apertamente. Appare per la prima volta in CD in questo box per il mercato americano, ma anche nel resto del mondo è praticamente introvabile (tranne che a prezzi folli su Ebay).

 

Planet Waves (1974): primo ed unico album di studio inciso con The Band (i Basement Tapes hanno infatti una genesi diversa), un buon disco, anche se ci si poteva aspettare di più. E’ comunque il migliore da Blonde On Blonde, contiene un classico come Forever Young e belle canzoni come You Angel You, Hazel e On A Night Like This.

 

Before The Flood (1974): il primo live ufficiale di Bob, testimonianza della tournée del 1974 con The Band (che propone anche un mini-set di brani suoi), con classici suonati uno dopo l’altro con estrema sintesi (forse troppa), anche se All Along The Watchtower, Ballad Of A Thin Man, Blowin’ In The Wind ed il set acustico fanno la differenza.

Marco Verdi

segue…

Novità Di Settembre Parte IIc. Roy Harper, Laura Cantrell, Sarah Jarosz, Alan Jackson, Bill Callahan, Live At Caffè Lena

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Avevo promesso una terza ed ultima parte sulle uscite discografiche del mese di settembre (ottobre ormai è alle porte) ed eccola qua, tra una recensione, una anticipazione a lunga gittata e news varie, questa volta parliamo di titoli proprio da “carbonari”, outsiders se preferite, alcuni di gran classe, e per qualcuno di questi dischi, insieme ad altri, già in lavorazione, non escludo dei Post ad hoc.

Ma partiamo con uno dei “grandi vecchi” della musica inglese, che sta vivendo una seconda, terza giovinezza, parlo di Roy Harper che con questo Man & Myth ha pubblicato un disco che non ha nulla da invidiare ai capolavori della sua lontana giovinezza, quando nei suoi dischi suonava gente come gli amici Jimmy Page e David Gilmour (e lui avrebbe ricambiato cantando Have A Cigar in Wish You Were Here e ricevendo un sentito omaggio come Hats Off To Roy in Led Zeppelin III). Ed ora a 47 anni dal primo album Sophisticated Beggar e a 13 dall’ultimo di studio The Green Man, esce questo nuovo CD, registrato in studio, il 22°, più una serie infinita di dischi dal vivo, antologie, raccolte di rarità, ripubblicate quasi tutte nel corso degli anni 2000 dalla Science Friction, la sua etichetta. (Ri)scoperto  prima da Joanna Newsom, poi da una schiera infinita di musicisti americani ed inglesi che lo hanno riconosciuto come fonte di ispirazione, e, last but not least, da Jonathan Wilson, suo compagno di etichetta alla Bella Union (a proposito, il nuovo disco Fanfare, esce il 15 ottobre), che lo ha ospitato nei suoi Fivestar Studios a Echopark dove sono stati registrati 4 dei sette brani di Man and Myth (titolo perfetto). In Cloud Cuckooland c’è Pete Townshend alla chitarra solista. Sono “solo” sette canzoni, ma una dura più di 15 minuti (caratteristica anche dei vecchi album di Roy Haper, che spesso avevano brani che duravano una intera facciata dei vecchi vinili). Il disco è uscito tra le recensioni trionfali delle varie riviste musicali specializzate, album del mese su Uncut, e minimo, recensioni da 4 stellette. Magari farò una bella recensione comparativa riportando i giudizi di tutta la stampa, anche il “mio” Buscadero ha dato 4 stellette meritate!

Di Laura Cantrell avevo citato in questa rubrica il precedente album Kitty Wells Dresses, uscito nel 2011 e anche se dei quattro precedenti dischi di studio il migliore rimane il primo, Not The Tremblin’ Kind, pubblicato nel 2000 (e citato da John Peel come il suo disco preferito della decade in corso e forse in assoluto di sempre), questo No Way There From Here si avvicina molto alla qualità di quel primo lavoro, tra roots rock, un country-folk che ricorda, anche nella voce, i lavori di Nanci Griffith o, per certi versi, Laura Veirs. Insomma una brava. Solita etichetta Spit and Polish non di facilissima reperibilità, ma si trova, è uscito, come il precedente di Roy Harper, questa settimana, il 24 settembre.

Sempre martedì, per la Sugar Hill, è uscito anche il terzo album della giovanissima (22 anni) Sarah Jarosz, polistrumentista, banjo, chitarra e mandolino, bravissima cantante, potrebbe essere la nuova Alison Krauss, se l’altra non fosse viva e vegeta e sempre in azione con ottimi dischi. Il nuovo CD della Jarosz si intitola Build Me Up From Bones e vede la partecipazione di molti musicisti di pregio, a partire dal fratello maggiore della appena citata Alison, Victor Krauss, grande contrabbassista, ma ci sono anche Jerry Douglas, Dan Dugmore, Kenny Malone, Aoife O’Donovan, Kate Rusby, Darrell Scott, Chris Thile e brani tratti dal repertorio di Dylan (una ottima Simple Twist Of fate) e Joanna Newsom (The Book Of Right-on), oltre a 9 brani firmati dalla stessa Sarah che si conferma anche brava autrice. Proprio un bel dischetto, se vi piacciono i nomi citati.

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Alan Jackson, uno dei dei “re” della country music, dopo quasi 25 anni di carriera, il primo album è del 1989, approda a The Bluegrass Album, e per una volta il titolo dice tutto. Dopo i due album dedicati al country gospel, Precious memories vol.2 è uscito da pochissimo, alla fine di marzo, il nostro amico Alan, con cappello e tutto, approda dall’altro lato di Nashville e pubblica un disco di Bluegrass, ma a parte un omaggio ai classici, Bill Monroe (Blue Moon Of Kentucky), e uno agli innovatori, The Dillards (There Is A Time), il resto è quasi tutto scritto dallo stesso Jackson o comunque per l’occasione da altri autori. Non ci sono nomi notissimi, a parte il produttore Keith Stegall ma il risultato, pubblicato dalla EMI Music Nashville/Universal e in uscita sempre martedì 24, è molto buono!

Bill Callahan nel 2005 ha sciolto gli Smog e dato vita ad una carriera di cantautore che ora nel 2013 approda al 5° album solista, questo Dream River, uscito il 17 settembre per la Drag City. IL disco, suono scarno ed immediato è probabilmente il suo migliore in assoluto e tra i più validi usciti in questo scorcio di stagione. Sono otto brani per un totale di 40 minuti di musica ai quali la rvista inglese Mojo ha assegnato le fatidiche 5 stellette, gran bel disco.

Confesso che fino a qualche giorno fa ignoravo l’esistenza del Caffé Lena (proprio scritto all’italiana) a Saratoga Springs, New York. Pare che si tratti della più antica coffeehouse americana dove si fa ancora musica. Il locale di proprietà di Lena Spencer (da qui il nome) ha aperto nel lontano 1960 e ora l’etichetta Tompkins Square pubblica questa cofanetto triplo, con libro fotografico accluso a cura di Joe Alper, che raccoglie oltre 40 anni di registrazioni inedite dei vari musicisti folk (e non solo) che si sono succeduti sul piccolo palco nel corso dei lustri. E’ la lista è impressionante:

Live At Caffè Lena: Music From America’s Legendary Coffeehouse, 1967-2013 3CD

DISC ONE
01 Intro by Lena Spencer / Guy Carawan Cripple Creek 1970
02 Hedy West Shady Grove 1968
03 Intro by Lena Spencer / Sleepy John Estes Holy Spirit 1974
04 Frank Wakefield and Friends Will The Circle Be Unbroken 1971
05 Jean Ritchie West Virginia Mine Disaster 1969
06 Billy Faier Hunt The Wren 1967
07 Greenbriar Boys Hit Parade of Love 1968
08 Mike Seeger O Death 1971
09 Jacqui and Bridie Hello Friend 1974
10 Tom Paxton Morning Again 1968
11 David Amram Little Mama 1974
12 Patrick Sky Reality Is Bad Enough 1971
13 Rosalie Sorrels Travelin’ Lady 1974
14 Smoke Dawson Devil’s Dream 1968
15 Utah Phillips The Green Rolling Hills of West Virginia 1974
16 Michael Cooney Thyme It Is A Precious Thing 1974
17 Kate McGarrigle and Roma Baran Caffè Lena 1972

DISC TWO
01 Intro by Lena Spencer / Dave Van Ronk Gaslight Rag 1974
02 Jerry Jeff Walker Mr. Bojangles 1968
03 Barbara Dane Mama Yancey’s Advice / Love With a Feeling 1968
04 Roy Book Binder Ain’t Nobody Home But Me 1974
05 Intro by Lena Spencer / David Bromberg The Holdup 1972
06 Ramblin’ Jack Elliott Pretty Boy Floyd 1992
07 Arlo Guthrie City of New Orleans 2010
08 Aztec Two Step The Persecution and Restoration of Dean Moriarty 1989
09 Happy And Artie Traum Trials Of Jonathan 1974
10 Rick Danko It Makes No Difference 1988
11 Paul Geremia Something’s Gotta Be Arranged 1989
12 Robin and Linda Williams S-A-V-E-D 1987
13 John Herald Ramblin’ Jack Elliott 1991
14 Pete Seeger Somos El Barco (We Are the Boat) 1985

DISC THREE
01 Sarah Lee Guthrie and Johnny Irion Folksong 2013
02 Anais Mitchell Wedding Song 2013
03 Bill Morrissey The Last Day Of The Furlough 1990
04 Patty Larkin Island Of Time 1992
05 Greg Brown Flat Stuff 1989
06 Mary Gauthier I Drink 2013
07 Sean Rowe Old Black Dodge 2013
08 Tom Chapin Cats In The Cradle 1987
09 Intro by Lena Spencer / Christine Lavin It’s A Good Thing He Can’t Read My Mind 1987
10 Bill Staines Sweet Wyoming Home 1990
11 Bucky and John Pizzarelli I Like Jersey Best 1989
12 Rory Block That’s No Way To Get Along 1989
13 Chris Smither Killing The Blues 1989
14 Tift Merritt Traveling Alone 2013
15 John Gorka Down In The Milltown 1990
16 Lena Spencer Dear Little Cafe 1972

Anche per oggi è tutto, domani incominciano la pubblicazione, vista la lunghezza, a puntate domenicali, come nei vecchi romanzi d’appendice o nei supplementi festivi, e in netto anticipo sull’uscita prevista per il 5 novembre, di un vasto resoconto dedicato da Marco Verdi al cofanetto di Bob Dylan The Complete Albums Collection Vol. One.

Bruno Conti

Ma Allora C’e’ Vita Sul Pianeta Terra!!! Sunshine Daydream Dei Grateful Dead Nella Top 20 Di Billboard!

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La notizia in sè è un piccolo evento: Sunshine Daydream, il triplo live (con DVD o Blu Ray aggiunto) pubblicato da poco dai Grateful Dead, che documenta il famoso concerto di Veneta, Oregon, del 1972, debutterà il prossimo 5 Ottobre al n. 19 della classifica di Billboard, a ben 26 anni dal loro ultimo exploit analogo (era l’album di studio In The Dark).

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Visto da un punto di vista pessimistico si potrebbe dire che questa è la dimostrazione che si vendono sempre meno dischi, ma comunque l’impresa non è da poco, specie se si considera che stiamo parlando di un gruppo che formalmente non esiste più dal 1995.

Spero soltanto che questo avvenimento non spinga chi si occupa degli archivi dei Dead a pubblicare un triplo al mese…

Marco Verdi

Gli Archivi Anni ’70 Di “Manolenta” Si Aprono Ancora Una Volta: Eric Clapton – Give Me Strength Box Set

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Eric Clapton – Give Me Strength – The ’74/’75 Recordings – 5CD + Blu-ray audio 3 LP Universal 25-11-2013

Esce solo alla fine di novembre ma non ho resistito al fascino dell’anteprima, allo “sgub” come lo chiama Aldo Biscardi, dopo Slowhand (e inframmezzato dal mini-box dedicato all’Unplugged che però uscirà per la Warner in una forma più ridotta al 15 ottobre, ma ne parliamo in un’altra occasione), verrà pubblicato questo ulteriore cofanetto dedicato alla discografia 70’s di Eric Clapton. Qualcuno mi ricorderà, giustamente, che 461 Ocean Boulevard è già uscito nel 2004 in versione doppia Deluxe, con 3 outtakes uguali a quelle che saranno contenute nella nuova versione, che però ne riporta ulteriori 4 (ma mancano le due jam blues!). In più abbiamo There’s One In Every Crowd sempre registrato ai Criteria Studios di Miami con la produzione di Tom Dowd, potenziato da altre 5 outtakes (2 inedite) + il singolo di Knockin’ On Heaven’s Door.

La ristampa dell’ottimo live E.C. Was Here con un secondo CD aggiunto di materiale dal vivo, di cui due brani già apparivano nel secondo dischetto di 461 Ocean Boulevard e parecchi altri si trovano nel cofanetto Crossroads 2: Live in The Seventies (sotto trovate le liste, TBC come si usa dire), da confermarsi, di quello che conterrà la nuova ristampa. Nel quinto CD ci sono jam e brani blues registrati con Freddie King, sempre ai Criteria Studios di Miami, e apparsi nei dischi del grande chitarrista nero pubblicati dalla RSO (e ristampati dalla BGO), più un inedito. Anche il Blu-ray, audio, contiene delle versioni alternative, anche quadrafoniche, di brani registrati sempre in quel fatidico periodo, tra l’Aprile 1974 e il giugno 1975. Il tutto, ripeto, è in via di conferma e mi sembra molto interessante, anche se, come è ormai buona regola della discografia, si ricompra più o meno sempre la stessa roba. Il prezzo del tutto non sarò esorbitante, come nel caso della versione Superdeluxe di Slowhand, per cui, mentre vi leggete la lista dei brani, meditate, gente, meditate!

DISC ONE -461 OCEAN BOULEVARD expanded edition
 
1       MOTHERLESS CHILDREN
2       GIVE ME STRENGTH
3       WILLIE AND THE HAND JIVE
4       GET READY
5       I SHOT THE SHERIFF
6       I CAN’T HOLD OUT
7       PLEASE BE WITH ME      
8       LET IT GROW
9       STEADY ROLLIN’ MAN
10      MAINLINE FLORIDA
 
Session out-takes:
11      WALKIN’ DOWN THE ROAD
12      AIN’T THAT LOVIN’ YOU
13      MEET ME (DOWN AT THE BOTTOM)
14      GETTING ACQUANTED  8:21 (previously unreleased)
15      TOO LATE  4:21 (previously unreleased)
16      PLEASE BE WITH ME (ACOUSTIC)  3:30  (previously unreleased)
17      GIVE ME STRENGTH (DOBRO)  2:45  (previously unreleased)
 
 
DISC TWO – THERE’S ONE IN EVERY CROWD expanded edition
       
1       WE’VE BEEN TOLD (JESUS IS COMING SOON) 
2       SWING LOW SWEET CHARIOT
3       LITTLE RACHEL
4       DON’T BLAME ME
5       THE SKY IS CRYING
6       SINGIN’ THE BLUES
7       BETTER MAKE IT THROUGH TODAY
8       PRETTY BLUE EYES
9       HIGH
10      OPPOSITES
 
Session out-takes:
11      BURIAL  (previously unreleased)
12      WHATCHA GONNA DO
13       I FOUND A LOVE
14      (WHEN THINGS GO WRONG) IT HURTS ME TOO
15      FOOLS LIKE ME  (previously unreleased)
 
Non-album single release:
16      KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR
17      SOMEONE LIKE YOU
DISC TWO – THERE’S ONE IN EVERY CROWD expanded edition
       
1       WE’VE BEEN TOLD (JESUS IS COMING SOON) 
2       SWING LOW SWEET CHARIOT
3       LITTLE RACHEL
4       DON’T BLAME ME
5       THE SKY IS CRYING
6       SINGIN’ THE BLUES
7       BETTER MAKE IT THROUGH TODAY
8       PRETTY BLUE EYES
9       HIGH
10      OPPOSITES
 
Session out-takes:
11      BURIAL  (previously unreleased)
12      WHATCHA GONNA DO
13       I FOUND A LOVE
14      (WHEN THINGS GO WRONG) IT HURTS ME TOO
15      FOOLS LIKE ME  (previously unreleased)
 
Non-album single release:
16      KNOCKIN’ ON HEAVEN’S DOOR
17      SOMEONE LIKE YOU
 
DISC THREE -E.C. WAS HERE remixed and expanded edition
 
1       HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN  7:55
        Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 19, 1974.
2       PRESENCE OF THE LORD  6:40
        Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974.
3       DRIFTIN’ BLUES/RAMBLIN’ ON MY MIND  11:44
        Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974.
4       CAN’T FIND MY WAY HOME  5:18
        Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974.
5       RAMBLIN’ ON MY MIND / HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN  7:39
        Recorded at the Hammersmith Odeon, London, December 4, 1974.
6       FURTHER ON UP THE ROAD  7:31
        Recorded at Providence Civic Center, Providence, Rhode Island, June 25, 1975.
 
 
DISC FOUR-E.C. WAS HERE remixed and expanded edition
Additional material (currently being mixed):
SMILE  3:00
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
I SHOT THE SHERIFF  7:56
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
LAYLA  5:58
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
LITTLE WING  10:06
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
CROSSROADS  4:30
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
WILLIE AND THE HAND JIVE/GET READY 11:42
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
RAMBLIN’ ON MY MIND / HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN
Recorded at the Hammersmith Odeon, London, December 4, 1974.
 
THE SKY IS CRYING / HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN / RAMBLIN’ ON MY MIND
Recorded at the Hammersmith Odeon, London, December 5, 1974.
 
DRIFTIN’ BLUES
Recorded at Providence Civic Center, Providence, Rhode Island, June 25, 1975.
 
BADGE  10:43
Recorded at the Nassau Coliseum, Uniondale New York, June 28, 1975) 
 
EYESIGHT TO THE BLIND / WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD  24:20
Recorded at Providence Civic Center, Providence, Rhode Island, June 25, 1975
 
 
DISC FOUR-E.C. WAS HERE remixed and expanded edition
Additional material (currently being mixed):
SMILE  3:00
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
I SHOT THE SHERIFF  7:56
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
LAYLA  5:58
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
LITTLE WING  10:06
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
CROSSROADS  4:30
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
WILLIE AND THE HAND JIVE/GET READY 11:42
Recorded at Long Beach Arena, Long Beach, California, July 20, 1974
 
RAMBLIN’ ON MY MIND / HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN
Recorded at the Hammersmith Odeon, London, December 4, 1974.
 
THE SKY IS CRYING / HAVE YOU EVER LOVED A WOMAN / RAMBLIN’ ON MY MIND
Recorded at the Hammersmith Odeon, London, December 5, 1974.
 
DRIFTIN’ BLUES
Recorded at Providence Civic Center, Providence, Rhode Island, June 25, 1975.
 
BADGE  10:43
Recorded at the Nassau Coliseum, Uniondale New York, June 28, 1975) 
 
EYESIGHT TO THE BLIND / WHY DOES LOVE GOT TO BE SO SAD  24:20
Recorded at Providence Civic Center, Providence, Rhode Island, June 25, 1975
 
DISC FIVE- THE FREDDIE KING CRITERIA STUDIOS SESSIONS
 
1       SUGAR SWEET
 
2       TV MAMA
 
3       BOOGIE FUNK (previously unreleased)
 
4       GAMBLING WOMAN BLUES (SLOW BLUES JAM)
 
 
DISC SIX (BLU-RAY)
 
1.      461 OCEAN BOULEVARD
         Elliot Scheiner 5.1 Surround Sound mix (previously unreleased)
        5.1 Surround Mix by Elliot Scheiner at The Eyeball.
 
2.      461 OCEAN BOULEVARD original quadraphonic mix
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
3.      THERE’S ONE IN EVERY CROWD original quadraphonic mix
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
4.      E.C. WAS HERE original quadraphonic mix (previously unreleased)
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
        Mastered by Seth Foster at Sterling Sound, New York, August 2013.
        DVD Authoring: Metropolis Group, London
DISC SIX (BLU-RAY)
 
1.      461 OCEAN BOULEVARD
         Elliot Scheiner 5.1 Surround Sound mix (previously unreleased)
        5.1 Surround Mix by Elliot Scheiner at The Eyeball.
 
2.      461 OCEAN BOULEVARD original quadraphonic mix
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
3.      THERE’S ONE IN EVERY CROWD original quadraphonic mix
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
4.      E.C. WAS HERE original quadraphonic mix (previously unreleased)
        Mixed by Tom Dowd at Criteria Recording Studios, Miami, Florida, January 1975.
 
        Mastered by Seth Foster at Sterling Sound, New York, August 2013.
        DVD Authoring: Metropolis Group, London
 
 
 


Alla prossima anteprima, e altro!

Bruno Conti

Vecchi E Nuovi Prog Rockers, Unitevi! Anteprima Flying Colors – Live In Europe

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Flying Colors – Live In Europe – 2CD DVD 3 LP o Blu-ray Provogue/Edel 15-10-2013

I Flying Colors sono un nuovo super gruppo di quel filone che discende direttamente dal prog rock classico degli anni ’70, hanno all’attivo un solo album di studio, omonimo, uscito nel 2012 e sono tra i migliori nel genere. Anche perché nelle loro fila ci sono alcuni dei musicisti migliori nel campo: due dal “passato”, Steve Morse alla chitarra e Dave LaRue al basso, dai leggendari Dixie Dregs, una band che univa il southern classico al filone hard-prog americano, che aveva anche elementi delle future jam bands, vi sfido ad ascoltare un brano come Blue Ocean che apre questo doppio CD dal vivo e non riscontrarvi delle analogie con il sound di una band come i Phish, estrema abilità ai propri strumenti, unita con un gusto per la improvvisazione, ma anche per la melodia, innato.

I due dal “presente” sono Neal Morse (per quanto strano non sono parenti, ma anche il sottoscritto non ha nulla a che vedere con l’ex calciatore della Roma), tastierista, ex Spock’s Beard e ora solista, nonché l’ottimo batterista Mike Portnoy, già con i Dream Theater. A fare da collante un cantante, Casey McPherson, che non ha il pedigree degli altri componenti la band, ma possiede una bella voce, in grado da spaziare dal prog alla Genesis o Kansas, all’hard rock melodico, ma anche a quello duro e anche una sensibilità pop, intesa nel senso più nobile del termine. Le linee sinuose della chitarra di Steve Morse sono il punto di forza del gruppo e il solista americano, secondo me, qui si trova molto più a suo agio di quanto non sia nei Deep Purple (di cui è chitarrista dal 1995).

Registrato a Tilburg, Olanda nel settembre del 2012, il concerto, oltre a riprendere brani dal loro unico album solista, ovviamente si appoggia anche al repertorio delle varie band da cui provengono i cinque. Shoulda Coulda Woulda, da quel disco, ha un sound più duro, che quasi ricorda il grunge dei Pearl Jam, anche per la voce vedderiana di McPherson, se non fosse per le tastiere onnipresenti di Morse (Neal) e l’indaffaratissimo Portnoy alla batteria. Love Is What I’m Waiting For ha quell’aura pop di cui vi dicevo, con armonie vocali quasi Beatlesiane del gruppo intero e l’ottimo McPherson che si rivela cantante dalle mille risorse vocali, molto bravo a dispetto della scarsa fama. Proprio dal gruppo da cui proveniva il bravo Casey, gli Indochine (ammetto, mai sentiti) arriva la prima cover della serata, Can’t Find A Way, con un attacco di chitarra di Morse che ricorda moltissimo i Pink Floyd di metà anni ’70, Shine On You Crazy Diamond e poi si rivela un ottimo brano di rock dalle melodie dolci ed accattivanti. The Storm prosegue in questa vena tra melodia e prog-rock con il gruppo che si divide tra l’indubbia abilità tecnica e un gusto per la melodia inconsueto nelle band più hard degli ultimi anni, ma che i vecchi gruppi rock avevano stampato nel DNA, aggiornato ai giorni nostri.

Nella versione di Odyssey, tratta dal capolavoro dei Dixie Dregs, What If, non c’è il violino di Allen Sloan, ma le tastiere di Neal Morse supportano alla grande la chitarra di Steve in quell’ibrido di jazz-rock, prog, southern e hard che era la musica della band, allora su Capricorn, ritmi vorticosi e continui cambi di tempo, qui riprodotti perfettamente dal vivo. Forever in a daze è un altro brano dal disco di debutto dei Flying Colors, un pezzo di rock più convenzionale, vagamente funky grazie al basso di LaRue, mentre la cover successiva è quantomeno inaspettata, leggendo il titolo mi era preparato ad ascoltare una versione prog-rock di Hallelujah,Cohen via Buckley, invece McPherson la canta, bene, nello stile di Jeff, accompagnato solo da una elettrica arpeggiata. Better Than Walking Away conclude, ancora su una nota melodica e riflessiva il primo CD.

Kayla con un abbrivio quasi classicheggiante ci riporta al sound progressive degli anni ’70 o ai Marillion dei primi dischi (che poi è la stessa roba), Fool in my heart è un poppettino piacevole ma innocuo, Spur Of The Moment è una breve improvvisazione al basso di Dave LaRue ed è seguito da Repentance un brano dei Dream Theater meno complessi e da June un pezzo tratto dal vecchio repertorio degli Spock’s Beard, tuttora in attività ma senza Neal Morse, che qui canta in un brano tra primi Yes e CSN, molto piacevole ed avvolgente anche per le belle armonie vocali. All Falls Down è uno dei brani più tirati, quasi frenetico, con chitarra e tastiere a guidare le danze. Everything Changes e la lunghissima Infinite Fire, il brano più improvvisato del set ci portano alla conclusione del concerto e del doppio CD (o DVD, se preferite,  che avrà anche un documentario di 45 minuti con estratti da altri concerti del tour). Se amate il rock progressivo, ma quello di buona qualità, qui c’è trippa per gatti! Esce il 15 ottobre.

Bruno Conti    

Storie Di Fantasmi! Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic

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Willard Grant Conspiracy – Ghost Republic – Loose Music 2013

Robert Fisher, ormai unico membro fisso e indiscusso leader dei Willard Grant Conspiracy, è un narratore di storie, lo è da più di quindici anni e questo ultimo lavoro Ghost Republic (si avvicina molto ad un concept-album), è un ulteriore conferma. Formatisi a Boston nella prima metà degli anni ’90, i Willard Grant Conspiracy (fondati da Robert Fisher e Paul Austin ex Walkabouts) danno vita a quello che è stato etichettato “country-noir” o “gothic-country” (personalmente aggiungerei anche “psichedelia contadina”), mantenendo un’identità stilistica che ha permesso loro di cavalcare “l’alt-country” ed arrivare indenni al “neo-folk”, attraverso album meravigliosi quali Flying Low (98) (da recuperare assolutamente), Mojave (99), Everything’s Fine (2000), Regard The End (2004), Let It Roll (2006), Pilgrim Road (2008) e Paper Covers Stone (2009,) una rilettura di alcune delle canzoni più belle del loro repertorio.

Da segnalare inoltre il primissimo EP d’esordio 3am Sunday@ Fortune Otto’s (96) la collaborazione anomala con il gruppo olandese dei Telefunk In The Fishtank  (2002) e le due preziose antologie The Green, Green Grass Of  Slovenia (2000) e There But For The Grace Of God (2005). Da anni Fisher si è ritirato a vivere nel deserto del Mojave , dal quale trae l’ispirazione per questo lavoro, nato dal progetto letterario Ghost Republic, complice la poetessa Nicelle Davis che ha chiamato alcuni colleghi a scrivere un poema sulla città di Bodie (una delle tante “ghost town” abbandonate americane), attorno al quale ruotano i personaggi della storia.

Accompagnato dal bravissimo violinista David Michael Curry (membro della band di Thalia Zedek, nonché il musicista più presente nelle varie line-up del gruppo), Robert narra con la sua voce baritonale, storie di frontiera, traversie di vita e di morte, il tutto registrato nello studio di Curry nel Massachusets, a testimonianza di uno splendido sodalizio artistico. La narrazione inizia con l’intro strumentale Above The Treeline, e prosegue con la scarna malinconia di Perry Wallis, l’elegia strumentale di Parsons Gate Reunion, mentre The Only Child  e la Title Track sono delle perfette “american gothic”. Dopo un sorso di Bourbon, la narrazione continua con gli archi della spettrale Rattle And Hiss e il violino straziante di Take No Place, la ninna nanna “noir” di Good Morning Wadlow, mentre con Piece Of Pie e The Early Hour il suono cambia con lancinanti abbozzi elettrici, che rimandano alla scuola dei Velvet Underground. La narrazione (purtroppo) volge al termine con il jazz e le distorsioni chitarristiche di Incident At Mono Lake e New Years Eve, per poi emozionare e commuovere con la recita conclusiva di Oh We Wait, dove il violino di David Curry e la voce baritonale (che sa di polvere, sabbia e bourbon) di Robert Fisher, danno il senso di cosa sia la malinconia dei perdenti.

Fin dal primo ascolto Ghost Republic, viene sviscerato attraverso oscure ballate dall’incedere lento, incentrate su intrecci di strumenti a corda (chitarra, viola e violino) a fare da sfondo alla voce profonda e vibrante di Robert Fisher (un condensato di Nick Cave, Mark Lanegan e Lou Reed), una musica sospesa nel tempo, musica che i Willard Grant Conspiracy disegnano in modo molto profondo, con figure di ribelli solitari e idealisti, metafora perfetta dell’America di ieri, di oggi e di domani. Crepuscolare.

Tino Montanari

Novità Di Settembre Parte IIb. Sting, Allen Toussaint, Jack Johnson, Elvis Costello & Roots, Gov’t Mule, Bryan Ferry

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Seconda parte delle uscite di fine settembre e anche oggi tripla razione sul Post (ma non abituatevi). Alcuni dischi escono oggi, 24 settembre, altri sono già disponibili nei negozi, fisici e virtuali, da alcuni giorni.

A proposito di negozi in rete, una nota catena di vendita ha fatto pubblicare una versione Deluxe della Deluxe (scusate il bisticcio di parole) del nuovo album di Sting, The Last Ship, che oltre alla versione standard, alla versione in vinile e a quella Deluxe doppia con 5 tracce extra, sarà disponibile in una ulteriore con ulteriori 3 canzone aggiunte e, aggiungo io, ci hanno veramente rotto gli ex ministri Maroni, con tutte queste versioni. Al di là di questo il nuovo disco di Sting, dopo vari esperimenti con musica classica antica per liuto, dischi con orchestra, reunion con i Police, segnala un ritorno al suo vecchio suono, per quanto vario ed eclettico. Esce se su Cherrytreehouse/Interscope/A&M/Universal: fiati e orchestra non mancano, come l’immancabile Dominic Miller alle chitarre, più alcuni ospiti inconsueti. Ci sono la Wilson Family, un gruppo vocale, Jimmy Nail e Rachel Unthank alla voce, in un brano What Have We Got, di chiara impronta celtica e che vede la presenza di Katryn Tickell a cornamusa e violino, mentre l’altra sorella Becky Unthank appare in So To Speak (e fa piacere che Sting conosca e apprezzi uno dei gruppi migliori della scena folk inglese, tanto che Rachel appare anche nella versione con 8 brani nel secondo CD in una canzone Peggy’s Song). E per finire, nella Deluxe, diciamo normale, duetta anche con Brian Johnson degli AC/DC! Il tutto prodotto da Rob Mathes (Clapton, Elton John, Lou Reed, Carly Simon). E non è neanche brutto (e finiamola con “dalli allo Sting, per forza)!

Allen Toussaint, una delle leggende di New Orleans, dopo il disco “jazz” del 2009, The Bright Mississippi, prodotto da Joe Henry per la Nonesuch, che aveva a sua volta fatto seguito a quello in coppia con Elvis Costello, approda alla Rounder del gruppo Universal per questo Songbook dove rivisita il suo repertorio classico per voce e pianoforte (come aveva già fatto Randy Newman). Inutile dire che esiste anche una versione Deluxe CD+DVD, con una corposa sezione video di ben sedici tracce, oltre ad interviste varie e 5 brani in più nella versione audio.

Sempre distribuzione Universal (sono casualmente capitati tutto insieme), etichetta Brushfire/Republic, anche per il nuovo disco di Jack Johnson, From Here To Now To You, uscito il 17 settembre. Come nel precedente To The Sea Jack Johnson ha inserito qualche brano dal sound più “movimentato” rispetto alle sonorità prevalentemente acustiche dei dischi del passato. Tra gli ospiti l’immancabile Zach Gill degli ALO, che suona le tastiere,vibrafono, glockenspiel e fisarmonica e l’amico Ben Harper, che canta e suona l’immancabile Weissenborn. Bravo, disco molto piacevole, che piacerà ai fans e a molta gente sparsa per il mondo, ma non infiamma chi scrive.

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Anche il nuovo disco di Elvis Costello, in accoppiata con i neri americani The Roots (che sono comunque bravi), non ha infiammato la critica, con recensioni molto altalenanti. Copertina bruttina e minimale, Wise Up Ghost And Other Songs è uscito la scorsa settimana, il 17, per la Blue Note, ora del gruppo Universal (lo so, ma che ci posso fare, sono rimaste solo tre majors), ovviamente disponibile anche in versione Deluxe, ma di quelle “insidiose”, singole, ma con 3 brani in più. Ci sono fiati e archi a go-go aggiunti al tutto, ma non (mi) entusiasma, sentirò meglio.

Chi ha pensato bene, per tagliare la testa al topo, di uscire direttamente con una bella versione Deluxe doppia, sono i Gov’t Mule. Però c’è solo quella, non dovete scegliere tra 27 edizioni (anche se, per essere sinceri ed informati, la catena Best Buy negli States ne ha pubblicato una versione esclusiva con DVD aggiunto, ma allora ditelo!). E aggiungo che il disco in America sarebbe (è) su etichetta Blue Note e quindi Universal (!?!), ma in Europa esce per la Mascot/Provogue/Edel. La particolarità del CD sta nel fatto che gli undici nuovi brani vengono eseguiti nel primo dischetto dalla band senza ospiti, mentre nel secondo disco, in un altro ordine, vengono riproposti con vari musicisti che si alternano nelle differenti canzoni. Molti hanno detto, giustamente, che le versioni dei Gov’t Mule da soli sono decisamente migliori di quelle con gli ospiti, ma molti brani funzionano anche nelle versioni “maggiorate” e comunque il tutto costa poco più di un disco singolo, quindi consideratelo un “omaggio” di Warren Hayes e soci, una volta (e anche oggi) si chiamavano bonus discs! Questa la lista dei brani e ospiti vari del secondo disco, poi ci torniamo con la recensione completa:

1. “World Boss” with Ben Harper
2. “Funny Little Tragedy” with Elvis Costello
3. “Stoop So Low” with Dr. John
4. “Captured” with Jim James
5. “Whisper In Your Soul” with Grace Potter
6. “Scared To Live” with Toots Hibbert
7. “No Reward” with Glenn Hughes
8. “Bring On The Music” with Ty Taylor (Vintage Trouble)
9. “Forsaken Savior” with Dave Matthews
10. “Done Got Wise” with Myles Kennedy (Alter Bridge)
11. “When The World Gets Small” with Steve Winwood

Per la serie ne abbiamo fatte poche versioni, esce anche questo DVD di Bryan Ferry Live in Lyon Nuits De Fourvière (oui), registrato all’Anfiteatro di Lione nel corso dell’ultimo tour del 2011. Come Bonus c’è anche il making of di Olympia, il tutto per festeggiare 40 anni di carriera da solo e con i Roxy Music. Lo trovate in DVD, Blu-ray, DVD+CD, Blu-ray + DVD, Eagle Vision Edel, esce oggi 24 settembre. Vogliamo mettere anche i titoli? Ecco il retro della copertina:

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Domani il resto della novità ed altro.

Bruno Conti

Un Tuffo Negli Anni Settanta! – Elton John – The Diving Board

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Elton John – The Diving Board Mercury CD – Deluxe CD – Super Deluxe Cd + LP + DVD

Il titolo del post si ricollega direttamente all’immagine di copertina (che ricorda curiosamente lo stile della Hipgnosis), ma è anche una estrema sintesi di quello che trovate su questo splendido nuovo disco di Elton John il quale, dopo aver passato gli anni ottanta e novanta a creare molte canzoni pop di successo, ma raramente dei bei dischi (anzi, alcuni erano proprio da gettare nel cestino, penso a Leather Jackets, il terribile Duets e buona parte di The Big Picture), nel 2001 si ricorda che nei settanta era un fior di musicista e torna a fare un album come si deve (Songs From The West Coast), creando un nuovo trend positivo che continua con i seguenti Peachtree Road (meno bello, più che altro per la debolezza di alcune canzoni, ma il suono era ok), l’ottimo The Captain And The Kid (il migliore dei tre) ed il delizioso The Union, registrato in coppia con l’idolo di gioventù Leon Russell.

A parte il disco con Russell, che era più che altro la realizzazione del sogno di una vita, ultimamente si erano comunque un po’ perse le speranze di avere ancora nuove canzoni da parte di Elton: il merito del suo ritorno in sala d’incisione va attribuito a…Bob Dylan! Infatti il nostro Reginald (vero nome di Elton, per quei due o tre che non lo sapessero) ha recentemente dichiarato che era stanco di fare dischi, e che temeva di non avere più nulla di interessante da dire (oltre ad avercela con la casa discografica per non avere tratto alcun singolo da The Captain And The Kid), ma che l’ascolto di Modern Times di Bob lo ha spronato a tornare a creare musica (chissà allora cosa ne pensa di Tempest, che è molto meglio).

Ebbene, visti i risultati, devo dire che Dylan ha fatto l’ennesimo miracolo: The Diving Board è infatti un grandissimo disco, pieno di bellissime canzoni e con un Elton ispirato come non mai, prodotto alla grande da T-Bone Burnett (già responsabile del disco con Russell) e suonato divinamente.

Proprio il suono, oltre chiaramente alle canzoni, è la caratteristica vincente di The Diving Board, un suono pianistico come mai prima d’ora, neppure nei gloriosi anni settanta, con la chitarra (di Doyle Bramhall II) presente in appena due brani: il resto è puro Elton, accompagnato soltanto da Jay Bellerose alla batteria e Raphael Saadiq al basso, più qua e là misurati e mai invasivi interventi di archi o fiati, oltre a qualche backing vocalist di supporto.

(NDM: se non ricordo male, l’unico disco della carriera di Elton in trio piano-basso-batteria è il mitico 11-17-70, che però era un live).

E poi ci sono le canzoni (tutte scritte con il fido Bernie Taupin), bellissime, che ci fanno tornare di colpo indietro di quasi quarant’anni: non vorrei esagerare, ma The Diving Board vede il miglior Elton John dai tempi di Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy (1975).

E non è poco.

L’album si apre con Oceans Away, solo per voce e piano, un brano dalla squisita melodia, molto classica, in cui Elton dimostra subito di essere in forma.

Oscar Wilde Gets Out ha uno splendido fraseggio di piano, poi entrano quasi di soppiatto basso e batteria, con il nostro che intona una melodia molto evocativa: sembra quasi una outtake di Tumbleweed Connection, grande canzone.

A Town Called Jubilee, con Bramhall alla slide, vede ancora un ispiratissimo Sir Elton, alle prese con un uptempo di gran classe, il solito gran lavoro al pianoforte ed un coro quasi gospel; la saltellante The Ballad Of Blind Tom è un altro brano decisamente riuscito, con la ritmica pressante e le dita del baronetto che viaggiano che è un piacere sui tasti.

Dream # 1 è un brevissimo strumentale per piano solo (che avrà due seguiti nel corso del disco), che anticipa la struggente My Quicksand, una di quelle melodie che Elton tira fuori anche quando dorme ma che colpiscono dritto al cuore; la godibile Can’t Stay Alone Tonight ricorda un po’ nello sviluppo la nota I Guess That’s Why They Call It The Blues, ma con una strumentazione nettamente migliore, e si candida ad essere una delle più riuscite.

Voyeur è ben costruita, un po’ meno immediata ma superiore a gran parte del materiale che si sente in giro oggi, mentre Home Again (il primo singolo) è un capolavoro: un lento leggermente southern, con un motivo che sembra semplice ma vi sfido ad ascoltarlo senza provare un brividino lungo la schiena.

E poi Elton suona come ai tempi di Madman Across The Water.

Take This Dirty Water è un gospel-rock di grande spessore, liquido, scorrevole, vibrante; The New Fever Waltz fin dall’inizio si propone come una delle più belle, un motivo toccante, con Elton vocalmente ineccepibile ed una leggera spolverata di archi che aggiunge il tocco finale: davvero non si direbbe di essere di fronte ad un brano del 2013.

Mexican Vacation è un pimpante brano dal retrogusto blues (ma sentite come suona Elton, una goduria), mentre la title track chiude la versione normale del CD con un raffinatissimo pezzo dall’incedere tra il jazz e il blues.

La  deluxe contiene Candlelit Bedroom, certamente non inferiore alle precedenti, e la resa dal vivo di tre dei brani migliori (Home Again, Mexican Vacation e The New Fever Waltz), registrate ai Capitol Studios.

Che dire ancora? Sicuramente uno dei dischi dell’anno.

Chissà se Elton ne manderà una copia omaggio a Dylan, con i suoi ringraziamenti…

Marco Verdi

*NDB. E pensate che questo brano bellissimo si trova solo nella edizione per la catena americana Target e nella versione giapponese, che hanno altre bonus!

Due “Vecchi Marpioni” Del Blues Tornano All’Elettrico. Smokin’ Joe Kubek & Bnois King – Road Dog’s Life

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Smokin’ Joe Kubek & Bnois King – Road Dog’s Life – Delta Groove

Dopo l’Unplugged Close To The Bone, uscito lo scorso anno per la Delta Groove, l’accoppiata Smokin’ Joe Kubek & Bnois King (una delle più collaudate ed affidabili del blues moderno) per questo secondo disco con l’etichetta di Van Nuys, California, torna alla formula classica del blues elettrico ( vedi smokin%27+joe+kubek Have Blues Will Travel) e per farlo si affida ad alcuni personaggi che gravitano intorno alla casa discografica: il Boss Randy Chortkoff è il produttore dell’album, ma si alterna anche con Kim Wilson, all’armonica in alcuni brani, Kid Andersen, il chitarrista di Little Charlie & The Nightcats si divide gli spazi della solista con Kubek e King, in una gagliarda That Look On Your Face, dove le chitarre ci danno dentro alla grande. E la sezione ritmica Willie J. Campbell, Jimi Bott è quella degli ottimi Mannish Boys. Sempre perché i musicisti, checché quello che pensano alcuni, sono importanti. E qui siamo ben coperti.

Anche le canzoni ovviamente rivestono la loro importanza e Kubek e King, per l’occasione ne hanno scritte alcune veramente gustose. Ma partiamo dalle cover: per una giusta ecumenicità ce n’è una degli Stones, Play With Fire e una dei Beatles, scritta da George Harrison, Don’t Bother Me. Più classicamente blues-rock la prima, interessante la versione rallentata della seconda, una delle canzoni meno note di George, che prende vita in questa bella e raffinata versione con un paio do lirici assolo di entrambi a nobilitarla nella parte centrale e finale.

Per il resto è business as usual per i due compari che, nonostante la vita da cani sulla strada, se la ridacchiano sulla copertina del disco e ci deliziano con una ulteriore dose di ottimo blues and roll Texas style:dalle atmosfere sudiste di Big Money Sonny passando per il suono rootsy di Come On In per arrivare al blues puro di Nobody But You affidato alle voci e alle armoniche di Kim Wilson e di Chortkoff, con le chitarre taglienti sempre all’erta.

E poi di nuovo con il piede sull’acceleratore per la title-track che conferma le ottime attitudini rock-blues del boogie del trio, ma anche in grado di prodursi in un classico slow cadenzato come K9 Blues o nelle derive vagamente latineggianti di That Look On Your Life sempre con le due chitarre impegnate a deliziare l’ascoltatore. Face to Face è più normale, ma in Ain’t Greasin’, di nuovo con Kim Wilson di supporto, il sound ricorda molto quello dei gloriosi T-Birds. Talkin’ Bout Bad Luck è il classico bluesazzo urbano alla Muddy Waters, bello tosto e “minaccioso” mentre la conclusiva That Don’t Work No More, vagamente R&R, è piacevole ma nulla più. Delle due cover si è detto, direi una cinquantina di minuti di buona musica, non solo per bluesofili incalliti.

Bruno Conti