Un Tuffo Negli Anni Settanta! – Elton John – The Diving Board

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Elton John – The Diving Board Mercury CD – Deluxe CD – Super Deluxe Cd + LP + DVD

Il titolo del post si ricollega direttamente all’immagine di copertina (che ricorda curiosamente lo stile della Hipgnosis), ma è anche una estrema sintesi di quello che trovate su questo splendido nuovo disco di Elton John il quale, dopo aver passato gli anni ottanta e novanta a creare molte canzoni pop di successo, ma raramente dei bei dischi (anzi, alcuni erano proprio da gettare nel cestino, penso a Leather Jackets, il terribile Duets e buona parte di The Big Picture), nel 2001 si ricorda che nei settanta era un fior di musicista e torna a fare un album come si deve (Songs From The West Coast), creando un nuovo trend positivo che continua con i seguenti Peachtree Road (meno bello, più che altro per la debolezza di alcune canzoni, ma il suono era ok), l’ottimo The Captain And The Kid (il migliore dei tre) ed il delizioso The Union, registrato in coppia con l’idolo di gioventù Leon Russell.

A parte il disco con Russell, che era più che altro la realizzazione del sogno di una vita, ultimamente si erano comunque un po’ perse le speranze di avere ancora nuove canzoni da parte di Elton: il merito del suo ritorno in sala d’incisione va attribuito a…Bob Dylan! Infatti il nostro Reginald (vero nome di Elton, per quei due o tre che non lo sapessero) ha recentemente dichiarato che era stanco di fare dischi, e che temeva di non avere più nulla di interessante da dire (oltre ad avercela con la casa discografica per non avere tratto alcun singolo da The Captain And The Kid), ma che l’ascolto di Modern Times di Bob lo ha spronato a tornare a creare musica (chissà allora cosa ne pensa di Tempest, che è molto meglio).

Ebbene, visti i risultati, devo dire che Dylan ha fatto l’ennesimo miracolo: The Diving Board è infatti un grandissimo disco, pieno di bellissime canzoni e con un Elton ispirato come non mai, prodotto alla grande da T-Bone Burnett (già responsabile del disco con Russell) e suonato divinamente.

Proprio il suono, oltre chiaramente alle canzoni, è la caratteristica vincente di The Diving Board, un suono pianistico come mai prima d’ora, neppure nei gloriosi anni settanta, con la chitarra (di Doyle Bramhall II) presente in appena due brani: il resto è puro Elton, accompagnato soltanto da Jay Bellerose alla batteria e Raphael Saadiq al basso, più qua e là misurati e mai invasivi interventi di archi o fiati, oltre a qualche backing vocalist di supporto.

(NDM: se non ricordo male, l’unico disco della carriera di Elton in trio piano-basso-batteria è il mitico 11-17-70, che però era un live).

E poi ci sono le canzoni (tutte scritte con il fido Bernie Taupin), bellissime, che ci fanno tornare di colpo indietro di quasi quarant’anni: non vorrei esagerare, ma The Diving Board vede il miglior Elton John dai tempi di Captain Fantastic And The Brown Dirt Cowboy (1975).

E non è poco.

L’album si apre con Oceans Away, solo per voce e piano, un brano dalla squisita melodia, molto classica, in cui Elton dimostra subito di essere in forma.

Oscar Wilde Gets Out ha uno splendido fraseggio di piano, poi entrano quasi di soppiatto basso e batteria, con il nostro che intona una melodia molto evocativa: sembra quasi una outtake di Tumbleweed Connection, grande canzone.

A Town Called Jubilee, con Bramhall alla slide, vede ancora un ispiratissimo Sir Elton, alle prese con un uptempo di gran classe, il solito gran lavoro al pianoforte ed un coro quasi gospel; la saltellante The Ballad Of Blind Tom è un altro brano decisamente riuscito, con la ritmica pressante e le dita del baronetto che viaggiano che è un piacere sui tasti.

Dream # 1 è un brevissimo strumentale per piano solo (che avrà due seguiti nel corso del disco), che anticipa la struggente My Quicksand, una di quelle melodie che Elton tira fuori anche quando dorme ma che colpiscono dritto al cuore; la godibile Can’t Stay Alone Tonight ricorda un po’ nello sviluppo la nota I Guess That’s Why They Call It The Blues, ma con una strumentazione nettamente migliore, e si candida ad essere una delle più riuscite.

Voyeur è ben costruita, un po’ meno immediata ma superiore a gran parte del materiale che si sente in giro oggi, mentre Home Again (il primo singolo) è un capolavoro: un lento leggermente southern, con un motivo che sembra semplice ma vi sfido ad ascoltarlo senza provare un brividino lungo la schiena.

E poi Elton suona come ai tempi di Madman Across The Water.

Take This Dirty Water è un gospel-rock di grande spessore, liquido, scorrevole, vibrante; The New Fever Waltz fin dall’inizio si propone come una delle più belle, un motivo toccante, con Elton vocalmente ineccepibile ed una leggera spolverata di archi che aggiunge il tocco finale: davvero non si direbbe di essere di fronte ad un brano del 2013.

Mexican Vacation è un pimpante brano dal retrogusto blues (ma sentite come suona Elton, una goduria), mentre la title track chiude la versione normale del CD con un raffinatissimo pezzo dall’incedere tra il jazz e il blues.

La  deluxe contiene Candlelit Bedroom, certamente non inferiore alle precedenti, e la resa dal vivo di tre dei brani migliori (Home Again, Mexican Vacation e The New Fever Waltz), registrate ai Capitol Studios.

Che dire ancora? Sicuramente uno dei dischi dell’anno.

Chissà se Elton ne manderà una copia omaggio a Dylan, con i suoi ringraziamenti…

Marco Verdi

*NDB. E pensate che questo brano bellissimo si trova solo nella edizione per la catena americana Target e nella versione giapponese, che hanno altre bonus!

Un Tuffo Negli Anni Settanta! – Elton John – The Diving Boardultima modifica: 2013-09-24T14:04:32+02:00da bruno_conti
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