Poesia E Musica Per Un Grande Artista Minore! Sam Baker – Say Grace

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Sam Baker – Say Grace – Self Released 2013

Sam Baker da Austin, Texas, è un cantautore molto personale, dotato di una voce aspra, quasi “dylaniana”, che parla più che cantare, l’ultimo discendente di una stirpe di songwriters che si riconosce in autori come Guy Clark, John Prine e il grande Townes Van Zandt. Say Grace arriva dopo l’eccelso debutto di Mercy (2004), seguito dagli altrettanto validi Pretty World (2007) e Cotton (2009) a chiudere una trilogia incentrata sui temi della misericordia e della rinascita in forma spirituale (dopo che Sam si ritrovò coinvolto in un attentato che costò la vita ad alcune persone).

La pienezza di suono di questo lavoro (più corposo e variegato rispetto ai precedenti), va attribuita in larga parte alla bravura e qualità dei musicisti presenti, gente come Gurf Morlix e Anthony Da Costa alle chitarre, Rick Richards alla batteria, il polistrumentista Lloyd Maines e Joel Guzman alla fisarmonica, oltre alle due “donzelle” Carrie Elkin e Raina Rose alle armonie vocali, distribuite in quattordici tracce dolenti e intense, cantate con la consueta passione da Sam Baker.

Le canzoni sono tutte di valore, a cominciare dall’iniziale Say Grace, brano delicato accompagnato dai riff chitarristici di Antonio Da Costa, per proseguire con la malinconica The Tattooed Woman, la tenue Road Crew e la splendida Migrants (dedicata alla morte degli immigrati messicani), arricchita dalla fisa di Joel Guzman. Il cuore del disco è circoscritto nella nuda bellezza delle varie White Heat, Ditch, Interlude, Isn’t Love Great, mentre nella teatrale Feast (ispirata da un verso del poeta Yeats) si trovano cenni del miglior Tom Waits. Una voce angelica introduce Sweet Hour Of Prayer, un brano strumentale (da una melodia medievale francese) con il pianoforte in primo piano, a cui fanno seguito due ballads intimiste, Panhandle Winter e Button By Button, con i ricami “rootsy” del violino di Maines, per poi chiudere con la breve ma sempre intensa Go In Peace.

Say Grace è un lavoro bello, profondo, toccante, con pochi strumenti, una voce che racconta storie,  racconti personali, una raccolta di sensazioni ed emozioni, in quanto Baker è uno “storyteller” nato, che sa unire gioia e malinconia, passione e dolore, un disco triste e solitario, perfetto per le prossime giornate autunnali.

L’invito è quindi di avvicinarvi a Sam Baker, un poeta e musicista (e pittore) che chiede a pieno diritto di entrare nel “gotha” del cantautorato Usa, con questo Say Grace: una fortuna (purtroppo) solo per i pochi che lo hanno scoperto e subito amato, visto la difficile reperibilità dei suoi dischi!

Tino Montanari

Sprazzi Di Gran Classe! Linda Thompson – Won’t Be Long Now

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Linda Thompson – Won’t Be Long Now – Pettifer Sounds/Topic

Linda Thompson non è mai stata una artista prolifica, quattro album in trenta anni di carriera solista (più due raccolte di materiale inedito, sublimi) lo stanno a testimoniare. Ma la qualità della sua produzione è sempre stata elevatissima, in grado di rivaleggiare con quella realizzata in coppia con l’ex marito Richard, alcuni dischi veramente superbi, tra i migliori della storia del rock (e del folk) d’autore, il primo e l’ultimo in particolare, I Want To See The Brights Lights Tonight e Shoot Out The Lights, dove cala il sipario sulla loro vita sentimentale ed artistica, il divorce album per eccellenza: ma tutta la discografia è, direi indispensabile, con qualche alto e basso, ma s’ha da avere, anche i Live postumi usciti nelle decadi successive.

Nata Linda Pettifer (da qui il nome dell’etichetta del nuovo disco), poi con il nome d’arte Linda Peters ha iniziato a collaborare con il giro folk-rock inglese dei primi anni ’70, in particolare nell’album Rock On attribuito a The Bunch, dove duetta con Sandy Denny in una bellissima cover di When I Will be Loved? degli Everly Brothers (e proprio di Sandy Denny, Linda Thompson dovrebbe essere considerata la sodale ed anche erede, per quanto discontinua). Nello stesso anno, 1972, partecipa come corista al primo album solista di Richard Thompson, Henry The Human Fly, e da lì in avanti inizia il loro sodalizio artistico ed umano, che durerà una decina di anni, la scoperta della filosofia Sufi e poi la fine brusca nel 1982, con l’appendice di un tour americano completato per problemi contrattuali, quando i due già erano praticamente divisi.

Se aggiungiamo che nel corso degli anni Linda è sempre stata perseguitata dalla “disfonia isterica”, un disturbo psicologico che spesso la lasciava senza voce per lunghi periodi, non certo l’ideale per una cantante, che, unita alla sua indole riservata, ha fatto sì che la sua carriera non sia stata quella che avrebbe potuto essere, ma accontentiamoci, meglio pochi ma buoni, Kate Bush, Peter Gabriel e lo Springsteen dell’epoca d’oro le facevano un baffo (se l’avesse avuto) quanto a prolificità. Ma questa è un’altra storia.

Veniamo a questo Won’t Be Long Now, il primo album di materiale inedito dopo Versatile Heart del 2007 (siamo nella media temporale della sua produzione) e il primo disco dall’approccio decisamente folk, inteso come British Folk, quello della grande tradizione inglese degli anni ’70, che ancora oggi è in grado di soprassalti di gran classe. E questo è uno dei casi. Disco ricchissimo di ospiti, che vedremo brano per brano e con gran parte della famiglia Thompson impegnata, figli, nipoti, cognati, ex mariti, oltre agli “amici” di una vita.

Si parte con una stupenda collaborazione con l’ex Richard, evidentemente il tempo guarisce tutte le ferite ( i due erano già apparsi insieme nel recente tributo a Kate McGarrigle): si tratta di una canzone, Love’s For Babies And Fools, scritta proprio per il figlio scavezzacollo, e preferito, di Kate McGarrigle, quel Rufus Wainwright che è uno dei grandi talenti, non totalmente espressi, della scena musicale attuale. Un brano, che proprio Kate poco prima di morire l’aveva incoraggiata a completare, un ritratto poco complimentoso, anche sferzante, ma ricco di affetto, con una splendida melodia sottolineata dalle sempre geniali fioriture dell’acustica di Richard Thompson e con Linda che si doppia anche alle armonie vocali e ci permette di gustare la sua straordinaria voce, ancora ricca e corposa a dispetto dell’età che avanza. Grande inizio. Never Put To Sea Boys è un’altra folk song, anzi una di quelle che si chiamano sea shanties, scritta con l’ex Solas John Doyle, che suona l’acustica, si avvale anche di un “programming umano”, se esiste una cotale guisa, che ricrea il sound del migliore folk tradizionale d’aria celtica in maniera egregia.

Secondo molti If I Were A Bluebird è uno dei momenti topici dell’album: scritta da Linda Thompson in coppia con Ron Sexsmith (che la nostra amica invidia proprio per quella prolificità che a lei è sempre mancata, in una iperbole dice che “scrive un milione di canzoni alla settimana” e tutte belle). L’esecuzione poi è straordinaria, David Mansfield alla Weissenborn guitar, l’ottimo cantautore Sam Amidon all’acustica e al banjo e le struggenti armonie vocali di Amy Helm. Dura quasi 7 minuti, ma potrebbe durare anche mezz’ora tanto è bella. E non scherza un c….neppure As Fast As My Feet una canzone dal repertorio delle McGarrigles, scritta in questo caso da Anna con l’aiuto di Chain Tannenbaum. E’ uno dei brani “elettrici” del disco, vicino allo stile caratteristico della vecchia produzione di Linda, ma è anche una canzone di “famiglia”, ci sono quasi tutti i Thompson: i figli, Kami, che è la voce solista (e ci fa ben sperare per la prosecuzione della tradizione familiare, bella voce, calda e vivida), Muna, alle armonie vocali, con la mamma, Teddy, chitarra acustica e armonie, Jack Thompson, il figlio di Richard al basso, il nipote Zac Hobbs alla chitarra solista e al mandolino, dal passato dei Fairport torna Gerry Conway alla batteria e Glenn Patscha degli Ollabelle alle tastiere. E il risultato è una delizia folk-rock di stampo angloamericano.

Decisamente folk tradizionale la sontuosa Father Son Ballad scritta da Teddy Thompson, con John Doyle ancora alla acustica, Glenn Patscha alle tastiere, compreso un pump organ dei tempi che furono e il grande Dave Swarbrick, che ancora una volta presta il suo magico violino alle operazioni. Nursery Rhyme Of Innocence & Experience è uno standard della canzone popolare inglese, eseguito con l’accompagnamento della chitarra acustica di Martin Carthy (ci sono proprio tutti!) e del cello di Garo Yellin (non conosco, ammetto, però il nome l’ho visto in parecchi dischi). Mr. Tams è un’altra bellissima canzone di stampo folk, scritta con il figlio Teddy, e con l’accompagnamento strumentale della coppia Swarbrick-Carthy, le voci, assieme a Linda, sono quelle di Eliza Carthy, che suona anche il melodeon, Susan McKeown e di nuovo la figlia Kami. Paddy’s Lamentation era nella colonna sonora di Gangs Of New York. Linda Thompson ricorda nelle note che quando Scorsese seppe che nella colonna sonora c’era una sua canzone disse “Ma è ancora viva?”. Un onore, perché il regista appassionato di musica, sapeva chi fosse, ma rispondiamo con un “Ma certo”, toccandoci. Il brano, solo Linda, supportata dalla chitarra acustica e dalla seconda voce del figlio Teddy, che l’ha scritta con lei, ha un piglio tradizionale classico.

Never The Bride, ancora scritta dall’accoppiata mamma/figlio, è una stupenda ballata elettrica, di quelle che sapevano fare solo lei e Sandy Denny. Ironica nel testo (perché la nostra amica dice di essere praticamente sempre stata sposata, nel corso della sua esistenza, con diversi mariti ovviamente): ad aggingersi alla famiglia, in questo brano, alla chitarra elettrica solista slide, c’è James Walbourne, che ha suonato, tra gli altri, con Pernice Brothers e Son Volt e si è sposato la figlia della Thompson, Kami (quindi è il cognato, ci mancava). Ma protagonista della canzone, oltre alla voce, malinconica ed evocativa di Linda, è la fisarmonica (o button accordion come direbbero quelli che sanno) di John Kirkpatrick, un altro dei grandi “vecchi” del movimento folk britannico, magnifico brano con un ritornello da accendini (o telefonini, ora) accesi. Blue Bleezin’ Blind Drunk è un piccolo intermezzo vocale, un traditional cantato accapella, registrato dal vivo al Bottom Line di New York in uno dei rarissimi tour della cantante inglese.

Si conclude con la title-track, It Won’t Be Long Now, scritta ancora da Teddy Thompson (che è un ottimo cantautore, ma si deve misurare con due mostri sacri come Richard & Linda Thompson): è il brano più americano dell’album, una canzone country-bluegrass deliziosa, registrata con un paio dei migliori musicisti nel genere, Tony Trischka al banjo e David Mansfield al mandolino, oltre alle armonie vocali, ancora una volta, di Kami Thompson ed Amy Helm.

Uno dei migliori dischi dell’anno nel genere folk, ma che se la batte anche in assoluto tra i migliori dischi del 2013, per esempio con Electric dell’ex consorte Richard, piccoli, grandi dischi, sconosciuti alle masse, ma da non lasciarsi sfuggire.

P.S. E’ venuta lunga? Meglio, c’è di più da leggere!

Bruno Conti    

Novità Di Ottobre, Puntata Unica, Appendice DVD. Springsteen & I, Move Me Brightly Celebrating Jerry Garcia’s 70th Birthday

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Come annunciato ieri, in appendice alle uscite discografiche del mese, oggi, 29 ottobre, sono usciti questi DVD (o Blu-Ray) interessantissimi. E la settimana prossima esce anche quello dedicato a Jimi Hendrix, oltre al CD dal vivo a Miami. Non solo, in data odierna è uscito anche il cofanetto di 6 DVD dedicato ai concerti di Amnesty International, quei 988 minuti di musica, di cui vi avevo parlato tempo fa sul Blog.

Springsteen And I è il famoso film realizzato dai fans sul nostro amico Bruce e curato da Ridley Scott. Esce per la Eagle, dura 142 minuti, con tanto di sottotitoli in italiano ed era stato presentato in anteprima, al cinema, per un giorno, lo scorso luglio.

Faccio prima a mettervi il retro del DVD, cliccate, allargate la foto, così potete leggere direttamente cosa contiene:

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Jerry Garcia, se fosse stato vivo, ad agosto del 2012, avrebbe compiuto 70 anni. E quindi Bob Weir il 3 agosto dello scorso anno ha riunito ai TRI Studios di San Rafael in California un gruppo di musicisti, amici, “seguaci” ed ammiratori, oltre al resto dei Grateful Dead per registrate un tributo alla musica di uno dei grandi del rock del ‘900. Il tutto è durato oltre 5 ore ed era stato filmato per l’occasione da Justin Kreutzmann, regista e figlio di Bill, e mandato in onda come webcast in internet. Ora esce la versione in DVD o Blu-Ray che dura “solo” 159 minuti, pubblicata sempre dalla Eagle Vision, che ormai ha quasi l’esclusiva dei video musicali migliori in ciroclazione(con qualche eccezione). Chi c’era? Bob Weir, Phil Lesh, Bill Kreutzmann, Mickey Hart e Donna Jean Godchaux, più Carlos Santana, Sammy Hagar, Mike Campbell, Perry Farrell e Stephen Perkins dei Jane’s Addiction. E ancora Vampire Weekend’s Chris Tomson, Phish’s Mike Gordon, The Hold Steady’s Craig Finn e Tad Kubler e Furthur’s Joe Russo & Jeff Chimenti. Mezzo documentario, quindi ricco anche di interviste e materiale d’archivio, più la parte live con questa tracklist:

1) Cumberland Blues

2) Going Down the Road Feelin’ Bad

3) Mission in the Rain

4) Shakedown Street

5) He’s Gone

6) Eyes Of The World

7) Terrapin Station

8) Days Between

9) Franklin’s Tower

10) U.S. Blues

Bonus Performances

1) Friend Of The Devil

2) Bird Song>New Speedway Boogie

Domani riprendiamo con il giro normale delle recensioni, arretrati a go-go come al solito.

Bruno Conti

Novità Di Ottobre, Puntata Unica Parte II. Pearl Jam, Steve Hackett, Sadies, Jimmy Webb, Robert Wyatt, James Booker, Eric Bibb, Prefab Sprout, Toad The Wet Sprocket

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Continuiamo la disamina delle varie uscite discografiche di ottobre. Domani escono molti titoli di cui vi ho parlato in precedenti Post: il box dei Waterboys, quello degli Humble Pie Live At Fillmore, le varie edizioni di Moondance di Van Morrison sono uscite la settimana scorsa. Che altro? Il cofanettino di Rory Gallagher, l’edizione Deluxe di Benefit dei Jethro Tull, le varie versioni in DVD e Blu-ray di Tour De Force di Joe Bonamassa. Tanta roba, insomma, più quelli di ieri e ciò di cui vado a parlarvi oggi.

Partiamo dal nuovo Pearl Jam, Lightning Bolt, etichetta Monkeywrench/Republic/Universal, è uscito il 15 ottobre scorso, in una edizione speciale limited, nel senso che la prima tiratura è in una bella confezione digipack. Il disco, il primo in studio dopo Backspacer del 2009, prodotto da Brendan O’Brien, ha avuto ottime recensioni ed in effetti è uno dei migliori della band negli ultimi anni. Questi sono i brani:

1. Getaway
2. Mind Your Manners
3. My Father’s Son
4. Sirens
5. Lightning Bolt
6. Infallible
7. Pendulum
8. Swallowed Whole
9. Let The Records Play
10. Sleeping By Myself
11. Yellow Moon
12. Future Days

Ennesimo cofanetto che rivisita l’opera dei Genesis per Steve Hackett, questa volta è dal vivo, si chiama Genesis Revisited: Live At Hammersmith, è un box di 3 CD e 2 DVD. è uscito il 22 ottobre per la Century Media/Universal (ma negli Stati Uniti esce domani) e vede la presenza come ospiti di Nik Kershaw (?!?), John Wetton, Jakko Jakszyk, Steve Rothery e Amanda Lehmann. Non è niente male, tra l’altro. Ecco il contenuto:

Disc: 1
1. Watcher Of The Skies
2. The Chamber Of 32 Doors
3. Dancing With The Moonlit Knight
4. Fly On A Windshield
5. Broadway Melody of 1974
6. The Lamia
7. The Musical Box
8. Shadow Of The Hierophant
9. Blood On The Rooftops
Disc: 2
1. Uniquet Slumbers For The sleepers
2. In That Quiet Earth
3. Afterglow
4. I Know What I Like
5. Dance On A Volcano
6. Entangled
7. Eleventh Earl Of Mar
8.Supper’s Ready
Disc: 3
1. Firth Of Firth
2. Los Endos
Disc: 4
1. Watcher Of The Skies
2. The Chamber Of 32 Doors
3. Dancing With The Moonlit Knight
4. Fly On A Windshield
5. Broadway Melody Of 1974
6. The Lamia
7. The Musical Box
8. Shadow Of Hierophant
9. Blood On The Rooftops
10. Uniquet Slumbers For The Sleepers
11. In That Quiet Earth
12. Afterglow
13. I Know What I Like
14. Dance On A Volcano
15. Entangled
16. Eleventh Earl Of Mar
17. Supper’s Ready
18. Firth Of firth
19. Los Endos
Disc: 5
1. Behind The Scenes

Anche Jimmy Webb ha rivisto varie volte la propria opera, questa volta lo fa con questo nuovo disco Still Within The Sound Of My Voice, sottotitolo Duets And Collaborations. Il disco effettivamente è uscito in USA già dal 10 settembre per la Entertainment One (ma solo in questi giorni in versione europea per la Cargo) però mi sembra talmente bello che era un peccato non segnalarlo. Sono alcune delle più belle canzoni della storia della music pop e rock (e country) eseguite in una serie di duetti con degli ospiti fantastici (a parte un paio, indovinate quali):

1. Sleeping in the Daytime ft. Lyle Lovett
2. Easy for You to Say ft. Carly Simon
3. Elvis and Me ft. The Jordanaires
4. Where’s the Playground, Suzie ft. Keith Urban
5. Still Within the Sound of My Voice ft. Rumer
6. If These Walls Could Speak ft. David Crosby and Graham Nash
7. The Moon’s a Harsh Mistress ft. Joe Crocker
8. Another Lullaby ft. Marc Cohn
9. You Can’t Treat the Wrong Man Right ft. Justin Currie
10. Rider from Nowhere ft. America
11. Honey Come Back ft. Kris Kristofferson
12. Adios ft. Amy Grant
13. MacArthur Park ft. Brian Wilson
14. Shattered ft. Art Garfunkel


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Un altro terzetto di uscite, due ristampe e un personaggio, Paddy McAloon che è diventato una “ristampa” di sè stesso.

La Cuneiform ci regala un altro dischetto formidabile (uscito il 15-10) dedicato all’opera di Robert Wyatt, qui siamo proprio ai primordi, infatti non per nulla si chiama ’68, in quanto contiene brani registrati a cavallo tra i primi due album dei Soft Machine. Sono solo quattro brani, ma per un totale di quasi 50 minuti di musica: Chelsea, scritta in coppia con Kevin Ayers che suona anche il basso nella canzone, una lunga improvvisazione di circa 18 minuti, Rivmic Melodies, che contiene frammenti ed idee che poi verranno sviluppati nei dischi futuri di Soft Machine, Matching Mole e solistici di Wyatt. Una breve Slow Walkin’ Talk che ha la particolarità di avere Jimi Hendrix al basso e il giovane ci sapeva fare anche con questo strumento. E per finire una bella versione di The Moon In June, per chi scrive una delle dieci “canzoni” più belle della storia della musica rock. 

Altro personaggio formidabile, ancorché poco conosciuto dalle grandi masse, della scena di New Orleans. James Booker è uno che ha poco da invidiare a Allen Toussaint, Professor Longhair o Dr.John, purtroppo ha inciso pochissimo. Questa ristampa potenziata, rimixata e rimasterizzata di uno dei due album registrati nel corso della sua carriera, Classified Remixed And Expanded pubblicato in origine nel 1982 dalla Rounder, esce di nuovo per la stessa etichetta, ora del gruppo Universal, con dieci tracce aggiunte rispetto alla prima versione. Booker sarebbe morto nel 1983 e quindi questo album, con Junco Partner uscito nel 1976 per la Hannibal, rimane uno dei due album ufficiali pubblicati durante la sua vita. Esistono vari suoi album postumi, anche dal vivo, pure belli, ma questo è uno di quelli da avere, imperdibile per conoscere un grande musicista. E’ uscito il 15 ottobre.

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Quello su Paddy McAloon che sembra una ristampa di sè stesso, voleva essere una affettuosa battuta, però se guardate le foto, com’è oggi e come era, sembra mio nonno (o il fratello più vecchio di Leon Russell), anche se ha “soltanto” 56 anni. Probabilmente centrano i problemi di salute che negli ultimi 25 anni hanno consentito ad uno dei più geniali musicisti pop britannici dell’ultimo trentennio (qualcuno ha definito il suo genere sophisti-pop e ci sta) di pubblicare solo 5 dischi come Prefab Sprout e uno come Paddy McAloon. Questo nuovo Crimson/Red è uscito il 15 ottobre nel Regno Unito su etichetta Kitchenware/Icebreaker Records (così leggo sul CD) e per l’occasione Paddy ha suonato tutti gli strumenti che si sentono nel disco anche se ringrazia tutti i vari compagni di avventura che negli anni hanno partecipato ai dischi dei Prefab. il genere è il solito e nei dieci brani che compongono l’album, tuffi firmati da McAloon, si percepiscono sprazzi del vecchio sound, anche se a momenti forse un tantino troppo sintetico ma è sempre stato nel DNA della band, quindi i vecchi fans saranno soddisfatti.

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E per finire questo giro un trio di uscite dal continente nordamericano, due dagli Stati Uniti e una dal Canada.

Iniziamo proprio dai Sadies, una delle migliori bands canadese degli anni 2000, il nuovo album si chiama Internal Sounds, esce come al solito (anzi è uscito, il 1° ottobre) per la Yep Rock, si tratta del primo album di studio dopo l’ottimo Darker Circles del 2010 (anche se nel frattempo sono uscite tre collaborazioni del gruppo, una con André Williams, una con John Doe e una con i Good Brothers, che sono poi sempre loro). Gary Louris dei Jayhawks non è più il produttore aggiunto, anche se viene accreditato per un non meglio specificato “vocal coaching & fortunes read”. L’unica ospite è Buffy Sainte-Marie che appare nella traccia conclusiva e lo stile il solito, ma valido, alternative country-rock, jingle jangle, armonie vocali deliziose miste a “psichedelia canadese”. Sempre bravi, anche se il disco dura solo 35 minuti scarsi, meglio pochi ma buoni.

Tornano anche i Toad The Wet Sprocket con il primo album nuovo dal lontanissimo 1997. La band californiana capitanata da Glenn Phillips ci delizia ancora una volta con questo nuovo album New Constellation che se non raggiunge le vette del classico Dulcinea è un disco di solido rock melodico californiano della più bell’acqua. Se non li conoscete assolutamente da scoprire, magari ci torniamo in qualche prossimo post specifico.

Eric Bibb è un cliente abituale del Blog, molto prolifico, con dischi sempre di notevole livello qualitativo, dopo l’ottimo Deeper In The Well di cui mi ero occupato a febbraio dello scorso anno saluti-dalla-louisiana-eric-bibb-deeper-in-the-well.html, eccolo già pronto con un nuovo disco Jericho Road sempre per la Dixiefrog (Stony Plain in America). Recensione quanto prima (lo so, prometto, prometto, ma poi devo mantenere, comunque voi segnatevi gli album belli), per il momento  vi basti sapere che il disco tiene fede alla sua fama di grande bluesman (e non solo, gospel, folk, soul e altre forme musicali sono sempre presenti). Tra i musicisti presenti, Victor Wooten al basso, la bravissima Ruthie Foster come vocalist aggiunta e Glenn Scott che oltre a produrre suona una valanga di strumenti. Consigliato.

Mancherebbero un paio di DVD in uscita sempre domani, ma ne parliamo prossimamente (si tratta dei film su Springsteen e Jerry Garcia).

Bruno Conti

Anche Lui No! Se Ne E’ Andato Lou Reed 1942-2013 R.I.P.

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Si sapeva che da un po’ di tempo non stava bene, Lou Reed aveva subito un trapianto di fegato a maggio, ma dato per morto varie volte era sempre “risorto” a nuova vita. A luglio, a Pavia, durante il concerto, il suo amico Garland Jeffreys aveva detto che tutto andava bene e si stava riprendendo ma, anche se le cause della morte non sono ancora state rese note, evidentemente non era così. La notizia si sta diffondendo come un fulmine sui vari siti e poi magari ci ritornerò con calma nei prossimi giorni con un omaggio più ponderato. Ma per il momento, sfruttando le possibilità della rete, questo è un viaggio a ritroso nella sua musica, partendo dall’ultima collaborazione con i Metallica.

Let The Music Speak!

 

 

Sono troppe quelle belle, le ultime due.

 

 

E per finire.

Forse non è il giorno migliore ma sicuramente in un mondo perfetto la notizia della morte di Lou Reed, sarebbe stata la notizia più importante del Telegiornale, ma non lo è e quindi, condoglianze a Laurie Anderson, la compagna degli ultimi anni e riposa comunque in pace vecchio Lulu!

Bruno Conti

Novità Di Ottobre, Puntata Unica Parte I. Arcade Fire, Amos Lee, Avett Brothers, Jonathan Wilson, Willie Nelson, Eric Clapton, Paul McCartney, Tindersticks, Diane Birch

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Lo ammetto, durante il mese di ottobre ho trascurato questa rubrica, che so essere una delle più lette del Blog. Comunque alcune anticipazioni, anche future, e molte recensioni e curiosità vi hanno tenuti in ogni caso occupati con letture ed ascolti, spero interessanti. Per cui facciamo un bel “puntatone” unico riepilogativo, ma diviso in due parti, per recuperare le uscite più interessanti ed importanti, che non sempre coincidono, del mese (comprese alcune in uscita il 29), il resto che non trovate, avrà il suo spazio in Post ad hoc o cadrà nel dimenticatoio, forse, o non ci interessa!

Partiamo proprio con uno di questi dischi “importanti” ed attesi. Del nuovo Arcade Fire, che esce martedì p.v., si conosce da mesi il titolo, Reflektor. ma il contenuto era top secret, fino a che, durante la settimana, qualcuno ha caricato in rete l’album completo, a questo punto la band ha pensato bene di rendere disponibile a tutti, in streaming, l’album, in una valanga di posti, a partire da loro sito, passando per Youtube e ovunque capita, basta che digitiate Arcade Fire e lo trovate, anche sul sito della Gazzetta dello Sport! Peraltro Rolling Stone (che secondo chi scrive non è più una rivista musicale da decenni, ma è un parere personale, ovviamente) lo ha recensito in termini entusiastici, 4 stellette e mezzo e disco del mese, e anche per Mojo è “Record Of The Month”, 4 stellette, mentre ad Uncut sono stati più prudenti, “solo” 7/10 e terza scelta, come recensione. Persone di cui mi fido, quando vigeva ancora l’embargo sugli ascolti, sono andati a sentirlo in anteprima (lo avevano proposto anche a me, ma viste le voci che giravano avevo declinato) ed il commento, parola per parola, laconico ma chiaro, è stato: “brutto, veramente brutto”! (OK, dopo un solo ascolto).

Al sottoscritto il disco precedente non era dispiaciuto per nulla, come potete verificare (temp-c020095e43d51491fe92967ad9e73c76.html), ma, sinceramente, questo nuovo, diciamo, per usare un eufemismo, che non mi entusiasma: doppio CD, 85 minuti di musica, ma con due brani, la Hidden Track 00 posta in apertura e Supersymmetry in chiusura, che superano i dieci minuti, e sono degli esperimenti sonori, tra tocchi orchestrali, elettronica, minimalismo, molto uso dii nastri in backwards (anche se i nastri non si usano più) e un po’ di noia, ad essere onesti. Togliamoli e rimane un’oretta abbondante di quella che è stata giustamente definita una collaborazione tra James Murphy degli LCD Soundsystem e gli Arcade Fire, con un piccolo aiutino da David Bowie nel singolo Reflektor. Siccome non sono mai stato un fan di Mr. Murphy, lo ammetto sono un “antico” (ma ascoltavo United States Of America, Tonto’s Expanding Head Band, Beaver And Krause e i gruppi della cosiddetta Kosmische Kurier Music tedesca in tempi non sospetti, Amon Duul, Tangerine Dream, Can, Ash Ra Tempel, Popol Vuh, eccetera) e quindi l’incontro tra dance elettronica ed il rock seventies del gruppo canadese non mi ha particolarmente acchiappato in questa occasione, sarà un mio difetto.

Chi legge il Blog e penso avrà, come me, altri gusti (ma quali poi, dal folk al rock, al blues, al country, ai grandi cantautori e così via, la buona musica insomma) ma apprezza anche gli Arcade Fire, potrà considerarlo, come si usa dire, “un disco di transizione”, che è il termine che usano i fans di un gruppo o di un cantante quando il loro beniamino ha fatto un disco che non piace, ma non si può mica dire! Per ciò che mi concerne, per dirla con un slogan, mi sembra che questa unione tra Murphy, coniugi Butler e Chassagne e company, produca una sorta di nuovi “Thin White Dukes”, ovvero il Bowie anni ’70 tra disco ed elettronica, ma in peggio. In ogni caso ognuno potrà farsi un proprio parere ascoltandolo in streaming da subito o acquistandolo da martedì. Qualche sprazzo dei “vecchi Arcade Fire” c’è ma… Però non dite che non ve lo avevo detto!

Mi è venuta una mini-recensione per cui negli altri dischi cercherò di essere più conciso (senza riuscirci, come al solito). Al nuovo Avett Brothers Magpie And The Dandelion, uscito il 15 ottobre e che ha esordito al 5° posto della classifica americana (alla salute della buona musica, ricordata poco fa) verrà dedicato, nei prossimi giorni, un Post a sè stante, ma nell’attesa vi ricordo che esiste la solita edizione singola Deluxe con quattro demo in più, quella di cui vedete effigiata la copertina sopra (cambia la foto dellle gazze rispetto a quella standard), non pubblicata per il mercato europeo (per essere precisi e tassonomici la versione della catena Target ha addirittura ulteriori due demos). Il disco è ovviamente bello, come il precedente The Carpenter (pop-in-excelsis-deo-avett-brothers-the-carpenter.html) è prodotto da Rick Rubin: ci sono alcuni ospiti di pregio, tra cui, Benmont Tench, Tania Elizabeth, G.Love e Lenny Castro. Etichetta American Recordings/Universal.

Anche il nuovo Amos Lee Mountains Of Sorrow, Rivers of Song (bellissimo titolo) è uscito nelle solite due edizioni e, prendete nota, vale anche per il futuro (salvo vere edizioni Deluxe multiple) vi riporto solo la edizione Expanded singola con tre brani in più, copertina nera, mentre la “normale” è gialla, quindi occhio a prendere quella giusta. E’ uscito l’8 ottobre per la Blue Note, ora del gruppo Universal, e si avvale, come il precedente, bellissimo, Mission Bell (che era arrivato al 1° posto delle classifiche USA proseguono-i-segnali-incoraggianti-amos-lee-al-1-posto-e-gli.html) di vari ospiti di riguardo: Patty Griffin, Alison Krauss, Mickey Raphael e il grande Tony White White. Anche per questo recensione riservata as soon as possible.

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Altro triplete di uscite di pregio. Questo mese sono usciti o stanno uscendo molti dischi di buona qualità.

A partire da Fanfare, il nuovo attesissimo album di Jonathan Wilson, disco del mese per molte riviste, a partire dal Buscadero: etichetta Downtown Records negli USA e Bella Union In Europa, dove è uscito una settimana dopo. Non ci sono edizioni Deluxe, ma il disco è già di “lusso” di suo, 13 brani, 78 minuti! Il precedente Gentle Spirit mi era piaciuto non poco, un-jonathan-tira-l-altro-da-laurel-canyon-e-dintorni-jonatha.html, e anche questo nuovo mi sembra notevole e avrà, sempre tempo permettendo, che è quello che sempre manca per parlare di tutto, il suo spazio adeguato. Gli ospiti sono incredibili: Jackson Browne, David Crosby, Graham Nash, Benmont Tench, Roy Harper come autore, solo per citarne alcuni. L’ho visto questa estate in concerto a Milano e dal vivo è anche meglio che su disco, io e la zanzare siamo rimasti molto soddisfatti!

Il nuovo disco di Willie Nelson è proprio basato sugli ospiti, anzi le ospiti, sono tutti duetti con voci femminili, si chiama To All The Girls I’ve Loved Before (l’unico difetto, se vogliamo, sta nel fatto che all’origine era una canzone con Julio Iglesias): uscito il 15 ottobre per la Sony Legacy, con Willie cantano, nell’ordine: Dolly Parton, Miranda Lambert, Secret Sisters, Rosanne Cash, Sheryl Crow, Wynonna Judd, Carrie Underwood, Loretta Lynn, Alison Krauss, Melonie Cannon, Mavis Staples, Norah Jones, Shelby Lynne, Lily Meola, Emmylou Harris, Brandi Carlile e Paula Nelson. Alla fine il texano Willie Nelson “si riposa”, da solo, con After The Fire Is Gone. E questo è il terzo disco in meno di un anno, tutti piuttosto belli. Non male per uno che ha compiuto 80 anni il 30 di aprile. Forse deve ancora una barca di soldi alla IRS, l’agenzia delle Entrate americana, per tasse non pagate?

Il 15 ottobre è uscita anche la nuova edizione Deluxe (2 CD+DVD) di MTV Unplugged di Eric Clapton. L’etichetta è la Rhino/Reprise, rispetto alla versione originale che conteneva 14 brani, ci sono 6 tracce extra nel secondo CD e nel DVD c’è circa un’ora di materiale inedito, registrato durante le prove dello spettacolo. Questa la tracklist completa:

UNPLUGGED: EXPANDED AND REMASTERED

CD & DVD Track Listing

01. Signe
02. Before You Accuse Me
03. Hey Hey
04. Tears In Heaven
05. Lonely Stranger
06. Nobody Knows You When You’re Down And Out
07. Layla
08. Running On Faith
09. Walkin’ Blues
10. Alberta
11. San Francisco Bay Blues
12. Malted Milk
13. Old Love
14. Rollin’ & Tumblin’

CD Disc Two – Outtakes & Alternates (All Tracks Previously Unreleased)

01. Circus
02. My Father’s Eyes (Take 1)
03. Running On Faith (Take 1)
04. Walkin’ Blues (Take 1)
05. My Father’s Eyes (Take 2)
06. Worried Life Blues

DVD Rehearsal Track List

01. Signe
02. Before You Accuse Me
03. Hey Hey
04. Tears In Heaven
05. Circus
06. Lonely Stranger
07. Nobody Knows You When You’re Down And Out
08. Layla
09. My Father’s Eyes
10. Running On Faith
11. Walkin’ Blues
12. Alberta
13. San Francisco Bay Blues
14. Malted Milk

In attesa del cofanetto sestuplo Give Me Strength, in uscita tra un mesetto e che vi ho già anticipato sul Blog e, aggiunta dell’ultim’ora, sempre in uscita a metà novembre, il nuovo doppio DVD della serie Crossroads registrato al Madison Square Garden il 12 e 13 aprile di quest’anno. Nei prossimi giorni aggiornamento con la tracklist completa sia del doppio DVD che del CD, che ovviamente avrà molti brani in meno.

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Altro terzetto di dischi usciti in questo scorcio del mese di Ottobre.

Il nuovo di Paul McCartney come ben sapete si chiama New e quello giusto da comprare è questo con la copertina blu, che ha due brani in più (e che costa, come tutte le varie versioni Deluxe ma singole, leggermente di più della versione standard). Etichetta MPL/Hear/Concord/Universal, pubblicato il 15 ottobre, come le ultime uscite di Macca, piacevole ma non un capolavoro, il meglio lo riserva per i concerti dal vivo. C’è tutto un team di produttori, da Paul Epworth (Beach Club, Florence & The Machine, Adele) a Ethans Johns passando per Giles Martin (il figlio del grande George), per aiutare Paul a dare al tutto un sound moderno e brillante ma con quel tocco di classico e “vecchio”, naturale, che non guasta mai. Insomma, non solo per vecchi fans (o sì?).

Per la serie se anche i gruppi “seri” cominciano a fare queste cose siamo rovinati, i Tindersticks di Stuart Staples editano per la Lucky Dog Recordings questo Six Leap Years, uscito il 12 ottobre. Per celebrare 21 (?!?) anni di carriera il CD è stato registrato agli Abbey Road Studio di Londra (dove il signore di cui sopra si trovava, per dirla alla Stanlio e Olio, come “un pisello nel baccello”), il gruppo si è ritrovato per incidere di nuovo una decina di vecchi brani che, nelle loro parole, si “erano persi per strada”. Dopo l’ottimo The Something Rain dello scorso anno, uno dei migliori in assoluto della loro carriera (una-pioggia-di-note-tindersticks-the-something-rain.html), questo nuovo album fonde il sound magico degli studi dei Beatles con quello “classico” di una band in ritrovata forma. Non solo per vecchi fans (o no?).

Ormai quasi quattro anni fa mi ero entusiasmato (si fa per dire, insomma mi era piaciuto) per il disco di una nuova cantautrice un-erede-per-carole-king-e-laura-nyro-diane-birch-bible-belt.html, Diane Birch, americana di origine poi trasferita in Sudafrica e infine di nuovo negli States, che riproponeva con gran classe lo stile di gente appunto come Carole King e Laura Nyro, con degli echi persino del miglior Elton John, e concludevo la recensione con queste parole: “Se Jay-Z e Kanye West non arriveranno a rompere le balle prevedo una grande carriera, intanto Letterman l’ha chiamata nel suo show, se niente niente pubblicassero anche l’album in Italia non sarebbe una cattiva idea.” Il disco è uscito in Italia ed è entrato anche brevemente nelle classifiche del nostro paese, ma come era successo per Joss Stone, un’altra cantante lanciata dall etichetta S’Curve, da Betty Wright, come produttrice, si è passati a Steve Greenberg, che l’ha affidata a Homer Steinweiss, che ha aggiunto tonnellate di synth, batterie con “big sound”, coretti vari, eco ovunque, protools, l’ha affiancata a EG White, Matt Hales degli Aqualung (uno dei pochi brani che si salvano nel disco), Cathy Dennis (!?!) e sé stesso, come autori, per realizzare un disco uguale a centinaia di album di pop sintetico, ritmato e ridondante, che appestano le radio di tutto il mondo, tipo il disco di Lissie di cui vi ho parlato recentemente. Per il sottoscritto, in una parola, purtroppo, una “ciofeca”. Tesi ribadita anche dalla Deluxe di questo Speak A Little Louder (dove ci sono altri cinque brani aggiunti, vecchio stile in parte, voce e piano e poco altro, che confermano il talento e aumentano il rammarcico per questa giovane signora): uscito il 15 ottobre, volevo parlarne, male, in un Post a sè stante, ma ho ripiegato sulla rubrica della novità, peccato perché anche in questo guazzabuglio si intravede della stoffa. Magari, come ha fatto Joss Stone, potrà riprendersi.

Alla prossima.

Bruno Conti

Sono Proprio Loro, Non Avete Le Allucinazioni! Billie Joe & Norah – Foreverly

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Billie Joe + Norah – Foreverly – Reprise/Warner 25-11-2013

In effetti sono proprio quelli che sembrano: Billie Joe è Armstrong, il leader dei Green Day (scusate, un attimo che controllo, qui niente, vediamo qua sotto, niente neanche lì, non ne trovo nessuno, strano), ma rimedierò, con questo…Anche lei è quella Norah, per tutti Jones. Cosa ca…spiterina ci fanno insieme. Hanno registrato un album di cover degli Everly Brothers, anzi, per la precisione, un disco completo degli Everlys, Songs Our Daddy Taught Us, un album registrato e pubblicato nel 1958 da Don & Phil. Billie Joe Armstrong li ha conosciuti un paio di anni fa tramite questo disco, un ascolto continuo e compulsivo che sfocia nella decisione di registrarlo ex novo. L’idea è quella di farlo insieme ad una voce femminile: già ma chi? Ma è ovvio, la mia “amica” Norah Jones! I due avevano fatto conoscenza ad un concerto di Stevie Wonder, non come pubblico, sul palco, come ospiti e cantanti, e prima ai Grammys, una decina di anni fa, quindi direi “grandi amici”! Comunque la Jones va a nozze con questo tipo di repertorio, sembrano i Little Willies, ma ancora più alla camomilla, rilassante però!

Hai tempo di venire nove giorni da me per registrare questo disco? Il piano(forte) c’è, la chitarra la porto io, Tim Lutzel e Dan Rieser sono la sezione ritmica, le canzoni le abbiamo (e non sono neppure gli originali degli Everly Brothers ma, come dice il titolo, quelle che il babbo dei fratelli aveva insegnato loro), quindi brani di Gene Autry, Tex Ritter e altri autori tra le due guerre. Il sound è rigorosamente autentico e “datato”, un po’ come avevano fatto Bonnie Prince Billy e Dawn McCarthy per quell’altro delizioso album di duetti, What The Brothers Sang, uscito ad inizio anno e sempre dedicato alle canzoni dei fratelli Everly. Quindi mi sa che da qui ad un mese avrò nella mia discoteca un CD del cantante dei Green Day, ebbene sì. Da quel poco che ho sentito sembrerebbe molto gradevole…le voci armonizzano che è un piacere, vedremo e, soprattutto, sentiremo!

Esce il 25 novembre, giusto in tempo per il periodo natalizio, se non lo comprate fatevelo regalare!

Bruno Conti

Tutti Insieme Ancora Una Volta! The Beatles – On Air Live At The BBC Volume 2

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Beatles – On Air Live At The BBC Volume 2 – 2 CD o 3 LP Apple/Universal

Beatles – Live At The BBC New Digipack Edition 2 CD o 3 LP Apple/Universal

Beatles – Live At The BBC The Collection 4 CD Apple/Universal

Uscita per tutti i titoli il 12 novembre meno il triplo vinile del primo BBC il 26 novembre.

Ancora una volta si aprono gli archivi della BBC e questa volta si tratta nuovamente di materiale dei Beatles. Inizialmente doveva trattarsi solo della ristampa in formato digipack e rimasterizzata del Live At The BBC, in occasione del lancio di una nuova linea di vestiti, per adeguarla al formato dei CD contenuti nel cofanetto dell’opera omnia ed anche disponibili singolarmente, Poi, visto che il Natale si avvicina, si è deciso di pubblicare un secondo capitolo con ben 63 performances registrate per l’emittente statale britannica: facendo un breve riassunto, ci sono 37 esibizioni inedite di brani del repertorio dei Beatles, 23 registrazioni negli di studi di chiacchiere e conversazioni, 2 canzoni, I’m Talking About di Chuck Berry e lo standard Beatiful Dreamer che fanno il loro debutto discografico nelle registrazioni ufficiali del gruppo, 6 differenti versioni di brani che erano usciti sul BBC vol.1 del 1994, altri due brani dal repertorio di Carl Perkins, Glad All Over e Sure To Fall e 30 canzoni tratte dal loro repertorio classico che, anche queste, non erano mai uscite a livello ufficiale (per i bootleg, ovviamente, è un altro discorso). In ogni caso, per approfondire, questa è la lista completa dei contenuti:

  Track listing:

CD ONE
And Here We Are Again (Speech)
WORDS OF LOVE
How About It, Gorgeous? (Speech)
DO YOU WANT TO KNOW A SECRET
LUCILLE
Hey, Paul… (Speech)
ANNA (GO TO HIM)
Hello! (Speech)
PLEASE PLEASE ME
MISERY
I’M TALKING ABOUT YOU
A Real Treat (Speech)
BOYS
Absolutely Fab (Speech)
CHAINS
ASK ME WHY
TILL THERE WAS YOU
LEND ME YOUR COMB
Lower 5E (Speech)
THE HIPPY HIPPY SHAKE
ROLL OVER BEETHOVEN
THERE’S A PLACE
Bumper Bundle (Speech)
P.S. I LOVE YOU
BEAUTIFUL DREAMER
DEVIL IN HER HEART
The 49 Weeks (Speech)
SURE TO FALL (IN LOVE WITH YOU)
Never Mind, Eh? (Speech)
TWIST AND SHOUT
Bye, Bye (speech)
John – Pop Profile (Speech)
George – Pop Profile (Speech)

CD TWO
I SAW HER STANDING THERE
GLAD ALL OVER
Lift Lid Again (Speech)
I’LL GET YOU
SHE LOVES YOU
MEMPHIS, TENNESSEE
HAPPY BIRTHDAY DEAR SATURDAY CLUB
Now Hush, Hush (Speech)
FROM ME TO YOU
MONEY (THAT’S WHAT I WANT)
I WANT TO HOLD YOUR HAND
Brian Bathtubes (Speech)
THIS BOY
If I Wasn’t In America (Speech)
I GOT A WOMAN
LONG TALL SALLY
IF I FELL
A Hard Job Writing Them (Speech)
AND I LOVE HER
Oh, Can’t We? Yes We Can (Speech)
YOU CAN’T DO THAT
HONEY DON’T
I’LL FOLLOW THE SUN
Green With Black Shutters (Speech)
KANSAS CITY/HEY-HEY-HEY-HEY!
That’s What We’re Here For (Speech)
I FEEL FINE (STUDIO OUTTAKE)
Paul – Pop Profile (Speech)
Ringo – Pop Profile (Speech) 

Quelle in stampatello sono le canzoni, il resto è il parlato.

Come potete vedere dalla lista ad inizio Post, oltre alla nuova edizione del volume 1 in CD, usciranno anche entrambi gli album in triplo vinile e un cofanetto doppio che raccoglierà i due doppi compact, inseriti in quello che tecnicamente viene chiamato formato tunnel, in pratica un cartoncino sottile dove vengono infilate pari pari le due versioni sciolte, senza libretti o gadget vari.

Queste sono le informazioni, il motto è il solito: “c’è trippa per gatti”, come diceva il “Sig. Alberi” (nella versione Frassica), meditate, gente, meditate. Tra tutto, per i collezionisti dei Beatles (che sono tantissimi anche in Italia) se ne andrà una consistente parte della tredicesima ancora prima di averla avuta. Per chi acquista solo il nuovo doppio si dovrebbe trattare di una spesa tra i 20 e i 25 euro.

Per oggi e per i Beatles è tutto.

Ah, no, una curiosità: per la serie siamo nel 21° secolo, nella bella foto di copertina usata per l’album avevano pensato di usare il photoshop per allungare la cravatta di George, questa sotto era la foto originale e la prima versione della copertina:

volumtwooriginal.jpgmusica. bruno conti. discoclub,beatles,bbc,carl perkins,chuck berry,george harrison,apple

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poi dovrebbero averci ripensato, quando uscirà vedremo!

Bruno Conti

Dal New Jersey (Via Italia), “On The Road Again”! Greg Trooper – Incident On Willow Street

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Greg Trooper – Incident On Willow Street – Appaloosa Records/Ird 2013

Devo ammettere che ho sempre avuto un debole per Greg Trooper, un musicista che è in attività dal 1986 (il suo primo album introvabile è stato We Won’t Dance), che ha scritto tra gli altri per Steve Earle, Robert Earl Keen, Vince Gill, Billy Bragg , Rosanne Cash e la grande Maura O’Connell (di cui purtroppo ho perso le tracce), e da allora è stato tutto un crescendo qualitativo per questo folk singer, precursore del suono che viene etichettato come “americana”. Ottimi infatti i suoi successivi lavori, a partire da Everywhere (92), Noises In The Hallway (96) forse il migliore del primo periodo, Popular Demons (98), Straight Down Rain (2001) il debutto per la Sugar Hill con Floating (2003); in mezzo c’è stato anche uno  live acustico Between A House and A Hard Place: Live At Pine Hill Farm  (venduto purtroppo solo via internet). Il sodalizio con la meritoria indie della North Carolina, prosegue con l’ottimo Make It Through This World (2005), un altro live di difficile reperibilità The Backshop Live (2006), The Williamsburg Affair (2009), Upside-Down Town (2010), fino a questo Incident On Willow Street, distribuito (meritoriamente) dalla nuova Appaloosa Records (indimenticabile creatura del compianto Franco Ratti).

Affiancato da musicisti stellari, a partire dal bravissimo polistrumentista Larry Campbell che suona di tutto, chitarre, pedal steel, mandolino, violino, banjo e bouzuki, Jack Saunders al basso, Oli Rockberger alle tastiere, Kenneth Blevins (dalla band di Hiatt) alla batteria e la brava Lucy Wainwright Roche alle armonie vocali, Greg presenta tredici tracce che spaziano tra folk anglosassone, country, rock e un pizzico di soul, per un suono più variegato rispetto agli ultimi album di studio.

Il viaggio inizia con una delicata All The Way To Amsterdam, mentre il mandolino di Campbell (colonna portante di tutto il disco), spadroneggia in Good Luck Heart, a cui fa seguito la ballata intimista Steel Deck Bridge. Sonorità irlandesi fanno capolino in Mary Of  The Scots In Queens, un folk cadenzato dalla  melodia avvolgente, per poi passare al soul di Everything’s A Miracle  e alle ballate acustiche The Land of No Forgiveness (che si avvale della voce angelica della Roche) e Amelia (dove troviamo alla batteria il figlio Jack). One Honest Man è un bel brano rock valorizzato dalla chitarra di Larry, seguito dalla grintosa Living With You, mentre This Shitty Deal è una ballatona country (alla Los Lobos). Il viaggio si avvia alla fine con la danza campestre di The Girl In The Blue e il country evocativo di Diamond Heart, che sa di vecchio west, con la bella voce di Trooper, che ricorda sapori di altri tempi. La bonus track (solo per il mercato italiano) è una torrida versione dal vivo di Ireland (era sull’album Everywhere), con la fisa a dettare il ritmo alla band (la versione Appaloosa è un bel digipack che contiene una taschina dove c’è il libretto con i testi e traduzione italiana, molto meritorio!).

Greg Trooper è uno di quei rari cantautori che solo l’America sa produrre, ha un talento fuori dalla norma, che lo affianca facilmente a solisti della fama di Steve Earle, Joe Ely e John Hiatt, perché sa scrivere canzoni di grande forza, fa della grande musica che gli sgorga dal profondo dell’anima, non vende illusioni, ma parla d’amore e di speranza.

***NDT: Domenica 27 Ottobre 2013 alle 18,00 suona dalle mie parti, alla Pizzeria Trapani in quel di Pavia, per chi fosse interessato l’ingresso è gratuito, io ci sarò sicuramente. Alla prossima!

Tino Montanari

Storie Che “Profumano” Di Texas. Owen Temple – Stories They Tell

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Owen Temple – Stories They Tell – Blue Rose Records/Ird 2013 – Deluxe Edition

Torna a farsi sentire la voce di Owen Temple, cantautore texano di Kerrville, giunto con questo lavoro al settimo album in carriera. Ho sempre considerato Temple la punta di diamante di quel filone di cantautori texani che mischiano rock e radici e che portano il nome di Luke Olson, Pat Green, Cory Morrow, Roger Creager ed il suo amico Adam Carroll, e quindi, come texano doc, l’anello di congiunzione con il passato, che fa riferimento ai “mostri sacri” Willie Nelson, Jerry Jeff Walker e naturalmente Johnny Cash. Dopo l’esordio con l’ottimo General Store (97) e il seguente Passing Through (99) il suono di Owen diventa più cantautorale con Right Here and Now (2002) e  dopo una lunga pausa di silenzio, si ripresenta (forse)  con il suo disco migliore Two Thousand Miles (2008), con almeno quattro canzoni degne dei “songbook” più blasonati, a cui faranno seguito il variegato Dollars and Dimes (2009) e Mountain Home (2011) con ospiti di rilievo, tra i quali Charlie Sexton, Adam Carroll, Bukka Allen e Gabriel Rhodes (che ritroviamo in veste di produttore e musicista) in questo Stories They Tell.

Registrato ai Sunbird Recording di Austin in Texas, l’album, come detto, è stato prodotto da Rhodes (che dà al disco un suono scintillante e pieno) che ha suonato di tutto, dalle chitarre all’organo, dalla fisarmonica al mandolino, e con il contributo di musicisti stellari a partire da Josh Flowers al basso, Tommy Spurlock (Delbert McClinton, Rodney Crowell) alla pedal steel, Rick Richards (Ray Wylie Hubbard) alla batteria e percussioni, Colin Brooks e Jamie Wilson alle armonie vocali, per undici canzoni scritte da Temple con autori del calibro di Adam Carroll, Gordy Quist dei Band Of Heathens, e i poco conosciuti David Beck e Paul Cauthen dei Sons Of Fathers.

Le “storie texane” iniziano con Looking For Signs, grande brano dalla melodia semplice, molto coinvolgente, mentre Make Something è sorretta da percussioni e chitarre acustiche, seguita da una Big Man che scorre fresca e fluida, e prepara il campo per una delle “perle” dell’album, Cities Made Of Gold , una ballata maestosa (una delle migliori mai scritte da Owen) con la fisarmonica di Rhodes in evidenza. Si riparte con Cracking The Code e Man For All Season, due struggenti “old country songs”, mentre la seguente Be There Soon è una classica “rodeo song”, che fa da preludio ad una bella Homegrown, ballatona di ampio respiro, limpida e diretta. Le “storie” si avviano alla fine con Johnson Grass, brano scitto a quattro mani con l’amicone Adam Carroll e sembra uscito da uno degli ultimi dischi di Steve Earle, per poi chiudere con due “gioiellini” Stories They Tell e Six Nations Caledonia (canzone popolare che racconta il triste destino dei Nativi Americani), a chiudere nel migliore dei modi un lavoro, che nel suo genere, è quasi perfetto.

Owen Temple non è un “countryman” classico, bensì uno “storyteller moderno”, dotato di una bella voce, fresca e potente, e scrive canzoni di disarmante bellezza, che puntualmente si trovano in questo Stories They Tell, un disco che ci riconsegna un musicista e un personaggio, di cui la scena texana ha ancora bisogno, e se avete voglia di innamorarvi di “songwriters” di qualità, qui c’è trippa per gatti (come dice spesso il mio “collega” Bruno).

Il bonus disc della Deluxe Edition, riporta una gagliarda registrazione dal vivo sul leggendario palco del Saxon Pub di Austin del 17 Marzo 2012, contenente un consistente set elettrico-acustico che Owen Temple e la sua band hanno “saccheggiato” dal precedente album Mountain Home.

Tino Montanari