Altro Texano, Sono Ovunque! Jim Suhler – Panther Burn

jim suhler panther burn

Jim Suhler – Panther Burn – Underworld Records

Jim Suhler, texano, 53 anni (è nato a Dallas alla fine del 1960) è un veterano di quella scena che sta a cavallo tra rock e blues: da quindici anni è il secondo chitarrista dei (Delaware) Destroyers di George Thorogood (quindi un sudista infiltrato), ma ha anche una sua band, i Monkey Beat, un power trio che è in pista dall’inizio anni ’90 http://www.youtube.com/watch?v=G8hYm3Lbu9w ed ha esordito con un eccellente Radio Mojo nel 1992 (forse l’ho anche recensito per il Buscadero ai tempi, non ho tenuto un archivio di tutti gli articoli, ma forse era un altro titolo, comunque ho già incrociato la mia penna con la sua chitarra). Eh sì, perché Suhler è un chitarrista di quelli tosti, profondamente influenzato, tra gli altri, dal corregionale Steve Ray Vaughan, con il quale non ha mai diviso il palco (secondo un aneddoto che racconta lo stesso Jim si sono incrociati solo una volta, quando Vaughan entrò nel negozio del padre di Suhler per farsi riparare l’orologio). Comunque che l’incontro sia avvenuto o meno, già dagli anni ’80 il nostro amico calcava i palcoscenici del Texas con gente come Bugs Henderson, Anson Funderburgh, Jimmie Vaughan, Rocky Hill, se ve lo state chiedendo, sì, è il fratello di Dusty, il bassista degli ZZ Top, altra grande influenza, con Rory Gallagher, Led Zeppelin, Allman Brothers, tutta gente la cui musica si sente riverberarare in quella di Jim Suhler, ma ne parliamo tra un attimo, “sfogliando” il disco http://www.youtube.com/watch?v=rBxNj5FfMec .

jim suhler thorogood

Oltre che con Thorogood, Suhler ha collaborato a livello discografico con Alan Haynes (in questo caso nessuna parentela, almeno credo, con Warren), Elvin Bishop, Joe Bonamassa, Buddy Whittington, tutta gente “bravina”! Questo Panther Burn però non è a nome dei Monkey Beat, ma come solista. Cosa diavolo è “panther burn”? Dalla copertina si direbbe una marca di whiskey fatta in casa, ma secondo il titolare dell’album dovrebbe essere il nome di una piccola cittadina lungo il Mississippi: altro luogo fisico e della fantasia, che influenza molto la musica del buon Jim. Che, forse non l’ho detto, è anche un ottimo produttore, come testimonia il suo lavoro con il bravissimo Jason Elmore e i suoi Hoodoo Witch, di cui Suhler ha prodotto l’esordio Upside Your Head ed è stato il supervisore per il secondo, Tell You What http://discoclub.myblog.it/tag/jason-elmore/ . Poteva mancare il suddetto per un pirotecnico duetto nella micidiale Between Midnight And Day, il brano dove le influenze di Led Zeppelin, ZZ Top, ma anche Deep Purple e dei contemporanei Black Crowes scorrono più fluenti? Certo che no? Ed infatti i due ci danno dentro di brutto in quel pezzo, con le chitarre usate come si dovrebbe nel miglior rock-blues http://www.youtube.com/watch?v=izrrdKch3UM !

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Tom Hambridge aveva prodotto il precedente Tijiuana Bible (quello dove appare anche Bonamassa) http://www.youtube.com/watch?v=tcKASk8DwMs , mentre per questo Panther Burn ha fatto tutto Suhler, produzione, autore dei brani, bassista quando serve, e, naturalmente, chitarra solista di rara varietà sonora. Il disco, ad un primo ascolto, mi era parso che non decollasse subito, invece direi che il posizionamento dei brani è voluto, per creare un giusto crescendo, tra picchi e vallate sonori, momenti più tranquilli, attimi strumentali, in definitiva un disco assai riuscito, non solo per amanti della chitarra nuda e cruda http://www.youtube.com/watch?v=7xFO74sPIZI . Dalla title-track che mescola con maestria elementi blues classici come la slide ricorrente, ad altri più tipicamente rock grazie all’organo di Tim Alexander e alla batteria cadenzata di Beau Chadwell che conferiscono un’atmosfera vagamente tra lo swamp e i migliori pezzi rock dell’appena citato Bonamassa, con tanta chitarra, ovviamente. I Declare è un classico blues, con l’armonica dell’ottimo Kim Wilson ad aumentarne la credibilità, anche se il pianino a tempo di shuffle del bravo Alexander per certi versi mi ha ricordato alcune delle cose più canoniche del grande Rory Gallagher, uno molto stimato dai musicisti americani, per esempio anche Jason Elmore è un adepto.

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Across The Brazos ha un bel tiro blues, riff alla Spoonful di claptoniana memoria, un organo “trattato” a spalleggiare la solista di Suhler, una slide che fa capolino, ancora l’ottimo Alexander in evidenza, questa volta pure alla fisarmonica e al piano, per un suono molto composito e poi il “solito” assolo di chitarra che non può mancare. Leave My Blues Behind, con l’altro organista Shawn Phares e un paio di fiati aggiunti, ha una costruzione sonora molto swingata ma mi ha ricordato anche certe sonorità del British Blues, tipo Bluesbreakers o i Fleetwood Mac di Peter Green, anche per la voce di Suhler che li ricorda vagamente. I see you è uno dei brani più complessi (dedicata alla figlia Brittany, scomparsa in un incidente d’auto nel 2002), con una costruzione che oscilla tra il jazzato ed il modale e che ricorda la Butterfield Blues Band di Bloomfield o i Groundhogs di Tony McPhee, con slide acustiche ed elettriche orientaleggianti, interessante, a conferma della notevole varietà di temi proposti in questo CD. Remember Mama è uno strumentale principalmente acustico, ma con chitarre elettriche, tastiere, viola e percussioni aggiunte che danno un’aria sognante al pezzo che oscilla tra psichedelia gentile e prog-rock classicheggiante.

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Texassippi, già dal titolo, è una riuscita fusione tra country texano e blues acustico del Delta, eseguita alla perfezione, mentre Sky’s Full of Crows ribalta ancora i tempi, sembra un pezzo degli Allman Brothers di Brothers And Sisters, country, southern rock, una slide insinuante, un bel organo, la solista molto “Bettsiana”, tutti frullati insieme con grande abilità da Suhler che mantiene anche, come produttore, una notevole chiarezza nel suono, mai troppo sopra le righe. L’unica concessione è la già citata Between Midnight and Day, dove viene dato libero sfogo alla ferocia più sana dell’hard-rock migliore. Dinosaur Wine è un country-boogie-rock, con pianino e slide ad inseguirsi continuamente, reminiscente dell’Alvin Lee più dedito al R&R, Amen Corner è una intramuscolo di meno di un minuto, solo organo e chitarra e fa da introduzione al gospel blues di All God’s Children (Get The Blues Sometimes) che tiene fede al proprio nome, una seconda voce femminile (la brava Carolyn Wonderland) alle spalle di quella sempre godibile di Suhler (molto bene anche come cantante in tutto l’album), più Ray Benson degli Asleep At The Wheel e tutti i salmi finiscono in blues. Jump Up, Sister con tanto di finto fruscio del vinile aggiunto è della famiglia roots rock, con due chitarre malandrine e il lavoro di Alexander a completarsi in modo perfetto. Conclude la poderosa Worlwide Hoodoo, uno di quei pezzi rock fiammeggianti che ti fanno godere, chitarra a manetta, organo e via andare!

Non voglio darvi l’impressione che si tratti di un capolavoro (anche se siamo decisamente sopra la media), però è un disco estremamente ben fatto e piacevole di musica rock (e blues), destinato ai forti consumatori della nostra musica e quindi a loro consigliato, però se qualcuno vuole provare…

Bruno Conti

Altro Texano, Sono Ovunque! Jim Suhler – Panther Burnultima modifica: 2014-03-04T10:57:05+01:00da bruno_conti
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