Peccato Sia L’ultimo! R.I.P. Jeff Strahan – Monkey Around

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Jeff Strahan – Monkey Around – Squaw Peaks Records

La stella del Texas sarà sicuramente più solitaria dopo la morte di Jeff Strahan, avvenuta il 15 gennaio del 2014, anche se pare fosse malato già da qualche tempo. Ottimo musicista Blues dalle profonde radici sudiste, per ricordarlo, come ci dice la moglie dalle pagine del suo sito http://www.jeffstrahan.com/ , invece di fiori comprate uno o due dei suoi CD, ne vale certamente la pena. Certo, lo scheletro con la chitarra, che era il suo logo ed appariva sulla copertina degli ultimi tre dischi (incluso un doppio live registrato al Sealy Flats, un locale di San Angelo, Texas, dove spesso si esibiva), questo logo, a posteriori potrebbe sembrare fuori luogo, ma faceva parte del suo modo, a tratti irriverente, di vedere la musica https://www.youtube.com/watch?v=hTjEiZ2TUgw .

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Parliamo di questo disco, Monkey Around, uscito già da qualche mese, ma non di facile reperibilità, anche per onorare la memoria di questo musicista, sicuramente minore ma di buona caratura, un ex avvocato prestato alla musica (o più probabilmente viceversa), che nel corso degli anni ha saputo costruirsi una buona reputazione tra gli appassionati, con una serie di album di ottimo valore. Strahan ha sempre ondeggiato nella sua musica tra un blues texano di chiara derivazione Stevie Ray Vaughan (di cui era considerato uno dei tanti “eredi) e un suono più composito, ricco di tratti soul e cantautorali https://www.youtube.com/watch?v=vLxH0p52gtw , con rimandi alla musica di Delbert McClinton e la produzione, per esempio, di Walt Wilkins in Wayward Son, un disco dove la musica roots ha un suo perché.

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In questo ultimo capitolo della sua discografia ci sono pure chiari rimandi al southern rock classico, peraltro sempre presente nelle sue influenze musicali: addirittura la bellissima Don’t Get Too Low, posta in apertura del CD, potrebbe essere una traccia perduta della Marshall Tucker Band di Searchin’ For a Rainbow, con la chitarra di Strahan che ricorda moltissimo nel timbro quella del compianto Toy Caldwell, senza dimenticare gli inserti di piano e organo (suonati sempre da Jeff) che aumentano la quota sudista del brano https://www.youtube.com/watch?v=93iAnkB13_8 . Fosse tutto l’album su questo livello sarebbe stato un canto del cigno formidabile, ma comunque l’album ha una sua validità, incentrata sulle scorribande chitarristiche di Strahan, che era un solista di rara versatilità, capace di passare dallo slow-blues intensissimo di Curtains al suono più cattivo e sporco di Dangerous Curves, sempre però con le tastiere a dare un tocco alla Allman alla costruzione dei brani. La breve Monkey Round è un conciso rock-blues dove voce e chitarra viaggiano all’unisono, nella migliore tradizione del sound anni ’70, chitarra vagamente alla Alvin Lee e ritmica che si diverte con i cliché del genere.

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The One è una struggente ballata, solo voce e piano, che ricorda quelle di John Hiatt, anche se Strahan non ha quella potenza vocale, il pathos che emana da questo brano, conoscendo il suo destino, commuove veramente. Ma niente paura per i chitarromani, perché il nostro amico riallaccia subito i legami con il rock più grintoso, in una Can’t Change Me dove il piano elettrico aggiunge un tocco di inconsueta raffinatezza alla costruzione del brano e la chitarra viaggia senza freni. Hard Headed Woman, l’unica cover, è un veloce shuffle chitarra-organo che porta la firma di Lil’ Dave Thompson, un musicista minore proveniente dall’area del Mississippi, mentre 4:20, tra soul, R&B e blues, con i suoi continui cambi di tempo, ricorda certe cose del citato Delbert McClinton. Baptist Bootleggers con un bel groove ritmico e un pianino insinuante ha ancora quella tipica andatura della migliore musica texana, come la precedente traccia. Nuovamente soul e blues miscelati per la conclusiva Two Shades, una canzone che porta alla luce le migliori influenze della musica di Jeff Strahan e che nel finale funky, con un wah-wah inconsueto, aggiunge anche elementi di New Orleans. Peccato sia l’ultimo, R.I.P.!

Bruno Conti

Peccato Sia L’ultimo! R.I.P. Jeff Strahan – Monkey Aroundultima modifica: 2014-04-14T13:51:38+02:00da bruno_conti
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