Novità Di Ottobre, Parte II, Il “Meglio” Del Resto. Bob Seger, Jackson Browne, Stevie Nicks, Jerry Garcia Band

bob seger ride out

Mi rendo conto che siamo al 31 ottobre, e quindi in teoria è l’ultimo giorno utile, ma visto che lo avevo promesso nel Post dell’altro giorno, questi sono alcuni tra gli altri album interessanti usciti nel mese e di cui non mi ero occupato, sia con Post ad hoc, sia in questa rubrica delle novità. Detto che non escludo recensioni più complete di alcuni di questi titoli, vi anticipo che domani leggerete quella del nuovo album di Melissa Etheridge, mentre altre sono in preparazione (come sapete, scrivendo anche sul Buscadero, mi devo sdoppiare, perchè, come diceva un famoso libro di strafalcioni, “non ho il dono dell’obliquità”, e il tempo è sempre tirannno)!

NewSeger

Il nuovo ( e forse ultimo, nel senso che potrebbe non farne altri) di Bob Seger, si chiama Ride Out, è uscito negli Stati Uniti (ma non in Europa, dove non ha contratto) il 14 ottobre, su etichetta Capitol, ora del gruppo Universal, a otto anni di stanza dal precedente. Per compensare la mancata uscita nel nostro continente negli USA, sono uscite due versioni, quella standar con dieci brani, quella Deluxe, ma singola, con tre brani in più, e, per non farsi mancare mancare nulla, la catena americana Target ne ha pubblicata una ulteriore terza versione con 15 brani.  Questi sono i titoli:

1. Detroit Made
2. Hey Gypsy
3. The Devil’s Right Hand
4. Ride Out
5. Adam And Eve
6. California Stars
7. It’s Your World
8. All Of The Roads
9. You Take Me In
10. Gates Of Eden

Deluxe Edition Bonus Tracks:
11. Listen
12. The Fireman’s Talkin’
13. Let The Rivers Run

Le ulteriori tracce della versione Target sono It All Goes On e Passin’ Through. Detroit Made è una cover di un pezzo di John Hiatt, ma in pratica anche la “storia” della vita di Seger, California Stars viene dalla collaborazione tra Wilco e Billy Bragg sui brani di Woody Guthrie, The Devil’s Right Hand è il classico di Steve Earle. Nel disco, che ha l’inconfondibile suono Seger, appaiono: Rob McNelley, chitarra, al basso Glenn Worf, tastiere/chitarra Jim ‘Moose’ Brown e alla batteria Chad Cromwell. Laura Creamer, Shaun Murphy and Barb Payton sono le voci di supporto,  Vince Gill duetta nel brano Listen, quindi niente Silver Bullett Band. Alla fine del tour deciderà di un eventuale ritiro, ma visti i precedenti mai dire mai, Tina Turner si sarà ritirata ottanta volte, fino al disco o al tour successivo.

jackson browne standing in the breach

Altro bel disco di inizio autunno è questo Standing In The Breach, il nuovo album di Jackson Browne, pubblicato sul mercato americano dalla sua etichetta Inside Recordings, distribuita nel resto del mondo dalla Warner Bros. Anche per il nostro amico Jackson sono passati sei anni dal precedente album di studio Time The Conqueror e, per la serie, non si butta nulla, tra i brani presenti, You Know The Night, una canzone del 2011 e The Birds Of St. Marks, che i fans più accaniti conoscevano sotto forma di demo dal lontano 1970. Queste sono le canzoni:

1. The Birds Of St. Marks
2. Yeah Yeah
3. The Long Way Around
4. Leaving Winslow
5. If I Could Be Anywhere
6. You Know The Night
7. Walls And Doors
8. Which Side
9. Standing In The Breach
10. Here

E anche Here era nella colonna sonora di Shrink: nel disco, e anche nel tour americano, ci sono quei due fenomeni della chitarra, Greg Leisz e Val McCallum, che sostituiscono più che degnamente l’amico David Lindley You Know The Night è un adattamento di un brano di Woody Guthrie (mai fuori moda) e Walls And Doors è la versione inglese di un brano del cantautore cubano  Carlos Varela. Oltre ai due chitarristi citati, nel disco, che ha un bellissimo sound, suona una miriade di musicisti, tra i quali, per citarne alcuni, Jay Bellerose alla batteria, l’immancabile Louis Conte alle percussioni, al basso troviamo Bob Glaub, Taylor Goldsmith dei Dawes, anche alle armonie vocali, Kevin McCormick, che suona nel tour, e la giovane Tal Wilkenfeld, vista in passato con Jeff Beck, Benmont Tench alle tastiere, John Heffington e Jim Keltner alla batteria, ma ce ne sono a iosa, di quelli bravi, altro che Pro-Tools!

stevie nicks 24 carat gold

Mentre è impegnata nel tour 2014/15 dei ritrovati Fleetwood Mac (con il rientro in formazione, dopo 16 anni di assenza, di Christine McVie, e si parla anche di un nuovo album di studio), Stevie Nicks ha trovato il tempo di pubblicare il 7 ottobre per la Reprise, questo 24 Karat Gold: Songs From The Vault, che presenta un nuovo sistema di sfruttare le moderne possibilità della rete. Praticamente la Nicks si è andata a risentire su YouTube i video non ufficiali dei suoi concerti e ha scoperto che in passato aveva cantato molti brani che non erano mai apparsi nei suoi dischi ufficiali, ma invece di pubblicare semplicemente una raccolta di materiale inedito ha deciso di incidere ex novo tutte queste “canzoni dagli archivi”, come fossero nuove. Il risultato è uno dei migliori dischi della Nicks degli ultimi anni. Ovviamente non mancano le edizioni Deluxe con ben due tracce extra, ma si trovano solo per il download, oppure direttamente sul suo sito alla modica cifra di 40 dollari, con libro fotografico e 60 dollari, con photobook e litografia. Se vi accontentate della versione normale queste sono le canzoni:

1. Starshine
2. The Dealer
3. Mabel Normand
4. Blue Water
5. Cathouse Blues
6. 24KT Gold
7. Hard Advice
8. Lady
9. I Don’t Care
10. All The Beautiful Worlds
11. Belle Fleur
12. If You Were My Love
13. Carousel
14. She Loves Him Still

Produce Dave Stewart e anche qui come i chitarristi non andiamo male, Waddy Wachtel, Davey Johnstone e Mike Campbell, che si porta dagli Heartbreakers anche Benmont Tench. L’unica eccezione al materiale d’archivio è una cover di Carousel scritta da Vanessa Carlton, mentre i Lady Antebellum che si occupano delle armonie vocali in Blue Water sono meno “zuccherosi” del solito. Ma tutto il disco ha un sound vecchio stile, molto anni ’70-’80, il periodo migliore di Stevie Nicks.

jerry garcia live volume 5

Per concludere con la lista di oggi, quinto volume della serie dedicata alla Jerry Garcia Band, pubblicata non dalla etichetta dei Grateful Dead, ma dal materiale d’archivo di proprietà della vedova del vecchio Jerry, che esce su etichetta ATO (quella di Dave Matthews). Si tratta di un doppio CD registrato all’ultimo dell’anno del 1975 al Keystone di Berkeley, una delle locations preferite di Garcia.

La serie la conoscete, è molto buona, quindi con pazienza aprite il portafoglio e sui CD troverete questi brani:

Set List
Set 1

Let It Rock
Mother Nature’s Son Tuning
It Ain’t No Use
God Save The Queen Tuning
They Love Each Other
Pig’s Boogie

Set 2

New Year’s Countdown
Auld Lang Syne
How Sweet It Is (To Be Loved By You)
Catfish John >
Mystery Train >
Drums >
Mystery Train

Set 3

Tore Up Over You
C.C. Rider
(I’m A) Road Runner

Novembre sarà un mese ricchissimo di uscite, molte già anticipate, altre di cui si parlerà nei giorni a venire: qualcuno ha detto Storytone di Neil Young? Esatto, esce il 4 novembre, versione singola o doppia. State sintonizzati e leggerete tutto questo, nei limiti del possibile, sul Blog (oltre ai “soliti” dischi per carbonari”, naturalmente)!

Alla prossima.

Bruno Conti

Questa Sì Che E’ Una Bella Notizia! The Thompson Family – Family In Uscita Il 18 Novembre

thompson family family

Thompson Family – Family – Fantasy/Concord/Universal 18/11/2014

No, non abbiate timore, non si tratta di qualche improbabile unione tra i Thompson Twins e le Ritchie Family, forunamente si tratta del primo disco di tutta la famiglia Thompson allargata, ognuno con il simbolino sull’albero che lo contraddistingue: Richard Thompson è la chitarra, Linda Thompson (con una nota grande), i figli Teddy Thompson e Kami Thompson (note musicali più piccole) sono le altre voci, Jack è il bassista, il nipote Zak Hobbs è il mandolino, il cognato James Walbourne è l’altra chitarra, e così via, gli ultimi nomi, Muna, Brooke e Paulina, mi sfuggono, anche se la prima dovrebbe essere la figlia di Linda dal matrimonio successivo (confermo, appare anche in Won’t Be Long Now, l’ultimo disco della Thompson, bellissimo, detto per inciso). Comunque, album genealogico a parte, da quel poco che ho sentito, l’album dovrebbe essere notevole, non appena ci metto le mani sopra approfondisco. Per Il momento questi sono i titoli dei dieci brani e relativi interpreti o autori:

1. Family – Thompson, Teddy Thompson
2. One Life At A Time – Thompson, Richard Thompson
3. Careful – Thompson, Kami Thompson
4. Bonny Boys – Thompson, Linda Thompson
5. Root So Bitter – Thompson, Zak Hobbs
6. At The Feet Of The Emperor – Thompson, Jack Thompson
7. Right – Thompson, Teddy Thompson
8. Perhaps We Can Sleep – Thompson, Linda Thompson
9. That’s Enough – Thompson, Richard Thompson
10. I Long For Lonely – Thompson, Kami Thompson, James Walbourne

Il disco esce con distribuzione Universal, credo perchè Teddy Thompson sia sotto contratto con loro (ed è quello che ha avuto l’idea del tutto) e non per i meriti degli augusti genitori. Ce ne sarà anche una edizione Deluxe con DVD allegato, una volta tanto a prezzo ragionevole e con un contenuto interessante, un documentario intitolato Thompson: The Making Of Family, che traccia la storia della famiglia e come si è arrivati a questo disco. Nel frattempo…

rails fair warning

Siccome le buone notizie, per fortuna, non vengono mai da sole, ho scoperto che la coppia Kami(la) Thompson e James Walbourne (in passato nel giro Pretenders e Pogues) ha registrato e pubblicato nel mese di maggio (perché non me ne sono accorto?) un disco a nome The Rails Fair Warning, fra l’altro uscito su etichetta Island, che per l’occasione ha ripristinato l’etichetta rosa che campeggiava sui più bei dischi di inizio anni ’70, tra cui quelli dei Fairport Convention e di Richard Thompson, al cui sound si rifà moltissimo la coppia, con ottimi risultati, anche grazie alla produzione di Edwyn Collins, ex Orange Juice, che conferisce quella patina di ottimo pop britannico che non guasta, senza tralasciare il suono della migliore tradizione folk-rock britannica https://www.youtube.com/watch?v=_zUfnrAmrXg.

Mi sembra ottimo (su YouTube si trovano moltissimi altri video a loro nome, veramente interessanti) e appena sentito bene il CD, recensione più approfondita anche per questo.

Bruno Conti

Venti Stagioni “On The Road” ! Sister Hazel – 20 Stages

sister hazel 20 stages

Sister Hazel – 20 Stages – Rock Ridge Music – 2 CD-2 LP-DVD

In un anno ricco di celebrazioni, arriva anche il 20° anniversario dei Sister Hazel  con un doppio CD live, registrato in venti città, con venti canzoni (di cui tre nuove) eseguite in locations tra le preferite dalla band https://www.youtube.com/watch?v=joqL8ehzLRk . I Sister Hazel sono un gruppo di alternative-rock formatosi nel lontano ’93 in quel di Gainesville, Florida( dove è nato un certo Tom Petty), e il loro suono si fonda su elementi  folk, rock, pop, che poi sfociano nei classici rock’n’roll e southern rock. Il gruppo fa il suo esordio con l’omonimo Sister Hazel (94) con la l’etichetta indipendente Croakin’ Poets, arrivando al successo commerciale con il successivo Somewhere More Familiar (97), seguito dal poco convincente Fortress (00) con la Universal Records. Mollati dalla major (dopo le deludenti vendite di Fortress) ritornano ad incidere con la Croakin’ Poets Chasing Daylight (03, Lift (04) e Absolutely (06), che vengono intervallati dallo splendido Live, Live (03), da una raccolta di b-sides Bam Vol.1 (07), e da un altro ottimo live acustico Before The Amplifiers (08) https://www.youtube.com/watch?v=XcCBzKygA7Q , per finire con Release (09) e Heartland Highway https://www.youtube.com/watch?v=V3wCwSAUZPE (10), a conclusione di un percorso senza reali cadute di tono.

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Questa raccolta di “performances” live li vede salire sui palchi prestigiosi di dieci stati diversi (Washington, Georgia, Texas, Bahamas, Honduras e altri oltre che su una nave da crociera, la Norwegian Pearl), nella formazione classica che vede il leader Ken Block, voce solista e chitarra acustica, affiancato da Andrew Copeland, chitarre ritmiche e voce, Jett Beres al basso, Ryan Newell, chitarre soliste, banjo e mandolino, Mark Trojanowsky alle percussioni e batteria, e il nuovo arrivato Dave LaGrande, a pianoforte, tastiere e sassofono, confermando il loro sound e cercando, se possibile, anche di rinnovarsi.

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20 Stages si apre in maniera positiva con un “trittico da urlo”: a partire da Shame, poi Starfish e la nota Mandolin Moon https://www.youtube.com/watch?v=7RA6w7X5hj4 , dove la band si dimostra già “in palla” ed il pubblico già caldo, mentre con la bella On Love e le dolci The Road e Everything Else Disappears arrivano le prime ballate elettroacustiche, subito bilanciate dall’honky-tonky di Where You’re Going, per poi passare subito alla pianistica World Inside My Head , cantata con grande trasporto da Ken, e andando a chiudere il primo set con Karaoke Song e Release di nuovo con le chitarre sugli scudi. La seconda parte è egualmente valida, con l’iniziale e spumeggiante Roll On Bye, seguita dall’intro orchestrale della Wilmington Symphony Orchestra nella classica ballata This Kind Of Love, intervallata dalla gioiosa Feel It, mentre la coinvolgente e tra le loro più note Change Your Mind fa esplodere il pubblico in un boato fragoroso. Tutto il repertorio migliore dalla band viene passato in rassegna: dall’intensa Concede, alle acclamate Champagne High e Your Mistake (dove sembra di sentire i Counting Crows d’annata), passando per le splendide armonie di Take It With Me e i “riff” chitarristici di Swan Dive, concludendo con la canzone manifesto degli Hazel, quella All For You (il brano finale di ogni spettacolo) cantata da tutto il pubblico presente nei vari concerti https://www.youtube.com/watch?v=ni_8g7J-Xj0 .

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I Sister Hazel hanno fatto ancora centro con questo 20 Stages, un gran bel disco live che festeggia degnamente un ventennale di carriera “on the road”, dove nulla è fuori posto e tutti i brani sono piacevoli e, in molti casi entusiasmano, in quanto dotati quasi sempre di ritornelli “killer”, di quelli che fanno cantare in sintonia il pubblico e i musicisti. Se non avete nulla di loro, questo disco può fare le veci di un “greatest hits”, vista la scelta dei brani (fatta dai fans) molto buona, ma anche se avete tutto ne vale comunque la pena, sia perché i ragazzi sanno suonare, scrivono brani di purissimo rock, con un repertorio ormai consolidato, con versioni incise in serate particolarmente ispirate, sia perché presenta anche tre brani nuovi di zecca, mai registrati nei precedenti album.

Oltre alla versioni in DVD, doppio vinile o doppio CD esiste anche un combo CD o DVD + T-shirt disponibile solo sul sito della band http://www.sisterhazelmerch.com/

Tino Montanari

Novità Di Ottobre Parte I. Jerry Lee Lewis, Yusuf Cat Stevens, Annie Lennox, Neil Diamond, Mark Lanegan, Scott Walker, Aretha Franklin

jerry lee lewis rock and roll time

Lo ammetto, ultimamente la rubrica delle anticipazioni discografiche mensili è diventata più un resoconto di album già usciti (cofanetti esclusi) che una presentazione delle uscite più interessanti, scelte da chi scrive, ad insindacabile giudizio ovviamente, con molti altri CD che hanno ricevuto peraltro il trattamento della recensione personalizzata, anche per titoli da “carbonari”, come è prerogativa del Blog. Detto che in questi giorni escono o sono usciti molti titoli annunciati parecchio tempo orsono: tipo le ristampe di Led Zeppelin IV e Houses Of The Holy, versione cofanetto e doppio CD, tra le altre anche il box da 8 di Rory Gallagher Irish Tour, quello da 8 CD + DVD, Rumours Of Glory dedicato a Bruce Cockburn, ma pure il nuovo Matthew Ryan, Boxers, annunciato in versione CD fisico per il 4 novembre, ma già uscito nelle nostre lande (e comunque già recensito dal buon Tino), soffermiamoci perciò su alcune pubblicazioni avvenute in queste ultime due settimane, andando poi a ritroso nelle uscite di Ottobre. https://www.youtube.com/watch?v=PYCjEud9wvQ Cominciamo con il nuovo album di Jerry Lee Lewis Rock’n’Roll Time, che vedete effigiato sopra, esce il 28 ottobre, cioè oggi, per la Vanguard/Universal, e si tratta del terzo “sforzo di gruppo” per il Killer, 78 anni ma sempre in gran forma, dopo Last Man Standing del 2006 e Mean Old Man del 2010, anche questa volta i suoi discepoli si sono presentati in massa, per la rilettura di vecchi classici e brani meno conosciuti: se mi avessero detto che la title-track, Rock’n’roll Time, era un vecchio brano del 1974 scritto da Kris Kristofferson, non avrei saputo dirlo, ma lo è e quindi ne prendiamo buona nota e la mettiamo in fila con le altre canzoni che portano firme illustri, da Chuck Berry a Bob Dylan, Lynyrd Skynyrd e Jimmie Rodgers, oltre al vecchio amico Johnny Cash. Tra gli ospiti presenti nel disco c’è anche la brava Vonda Shepard, gli altri li vedete, brano per brano, nella tracklist a seguire: 1.Rock & Roll Time (With Doyle Bramhall II And Jon Brion) 2. Little Queenie (With Keith Richards And Ron Wood) 3. Stepchild (With Daniel Lanois And Doyle Bramhall II) 4. Sick And Tired (With Jon Brion) 5. Bright Lights, Big City (With Neil Young And Ivan Neville) 6. Folsom Prison Blues (With Robbie Robertson And Nils Lofgren) 7. Keep Me In Mind (With Jon Brion) 8. Mississippi Kid (With Derek Trucks And Doyle Bramhall II) 9. Blues Like Midnight (With Robbie Robertson) 10. Here Comes That Rainbow Again (With Shelby Lynne) 11. Promised Land (With Doyle Bramhall II) Da quello che ho sentito promette molto bene e quindi, sempre tempo permettendo, vorrei dedicargli un Post ad hoc. yusuf cat stevens tell 'em

https://www.youtube.com/watch?v=nKR87yoXxrE Anche il vecchio Cat Stevens (per me rimane sempre quello il nome, lo so che da una vita si fa chiamare Yusuf, e comunque, come è noto, nessuno dei due è il vero nome) pubblica in questi giorni un nuovo album, il primo per la Legacy Sony/Bmg, dal titolo Tell ‘Em I’m Gone, 10 canzoni,  si dice 5 nuove e 5  cover di brani più o meno noti. Anche in questo caso il parterre degli ospiti è notevole: da Richard Thompson alla band tuareg dei Tinariwen, il grande armonicista blues Charlie Musselwhite, il cantautore “alternativo” Bonnie ‘Prince’  Billy e il chitarrista Matt Sweeney. Produce lo stesso Cat Stevens, con l’aiuto di Rick Rubin. Questi i titoli dei brani: 1. I Was Raised In Babylon 2. Big Boss Man 3. Dying To Live 4. You Are My Sunshine 5. Editing Floor Blues 6. Cat And The Dog Trap 7. Gold Digger 8. The Devil Came From Kansas 9. Tell ‘Em I’m Gone 10. Doors Big Boss Man è proprio il vecchio blues di Jimmy Reed e You Are My Sunshine non è ovviamente quella di Stevie Wonder ma sempre un blues, Dying To Live era un vecchio brano, molto bello, di Edgar Winter, The Devil Came From Kansas viene dal repertorio dei Procol Harum, mentre la quinta coverfrancamente non l’ho individuata

annie lennox nostalgiaannie lennox nostalgia deuxe

Anche quello di Annie Lennox, come lascia intuire il titolo, è un disco di cover, il terzo nella carriera della cantante inglese, che questa volta è andata a pescare proprio nel repertorio dei vecchi standards. Il CD è uscito la settimana scorsa negli USA per la Blue Note ed esce questa settimana per la Island/Universal, anche in versione Deluxe con DVD aggiunto, contenente “ben un brano dal vivo” (ma forse no, a giudicare dai video che girano su YouTube) e una intervista con la Lennox, alla faccia degli extra. Diciamo che già il contenuto del disco non mi entusiasma, anche il sound è molto orchestrale, adatto al materiale proposto, ma mi pare a tratti un po’ soporifero, persino più di quelli di Rod Stewart dedicati all’argomento), anche se qualche brano non è male, per esempio questo   https://www.youtube.com/watch?v=3TrSMaOZm3Y Per chi fosse interessato: CD 1. Memphis In June 2. Georgia On My Mind 3. I Put A Spell On You 4. Summertime 5. I Cover The Waterfront 6. Strange Fruit 7. God Bless The Child 8. You Belong To Me 9. September In The Rain 10. I Can Dream, Can’t I? 11. The Nearness Of You 12. Mood Indigo  Bonus DVD 1. Annie Lennox Talks About Nostalgia 2. I Put A Spell On You (Live Performance)

neil diamond melody road

https://www.youtube.com/watch?v=_qjqysU36tw Tra i veterani molto meglio Neil Diamond, in versione barbuta per questo nuovo Melody Road, che tutto sommato conferma la vena ritrovata con gli ultimi album degli anni 2000. Il disco, prodotto da Don Was e Jacknife Lee, è uscito lo scorso 21 ottobre su etichetta Capitol, e naturalmente non manca la versione Deluxe, in questo caso singola, con due tracce in più, una cover di Nilsson e una di George Harrison, oltre ad un libretto di 36 pagine con testi e spartiti. Ecco il contenuto: 1. Melody Road 2. First Time 3. Seongha And Jimmy 4. Something Blue 5. Nothing But A Heartache 6. In Better Days 7. Ooo Do I Wanna Be Yours 8. Alone At The Ball 9. Sunny Disposition 10. Marry Me Now 11. The Art Of Love 12. Melody Road (Reprise) Deluxe Edition Bonus Tracks: 13. Remember 14. Something

mark lanegan phantom radio 2cd

Il 21 ottobre è uscito anche il nuovo album di Mark Lanegan, Phantom Radio, per la Heavenly Recordings (ovviamente c’è anche la versione Deluxe doppia con 5 tracce extra, l’Ep No Bells On Sunday): si tratta, all’incirca, del sesto prodotto, tra album, EP e vinili, in circa due anni, o poco più, per un artista che ci aveva messo dodici anni per farne 6 e poi sei anni di attesa prima del nuovo. Un bel disco, per lo più,  di synth-pop ispirato dalla musica degli anni ’80 non fa per me, grazie. Scusate la stringatezza (e forse ho esagerato), ma proprio non sono molte le canzoni che mi piacciono, anche se la voce è sempre interessante.

scott walker + sunn o

Invece uno che ai dischi “strani”, ma interessanti, ci ha abituato, essendo lui stesso un personaggio che definire eccentrico è riduttivo, è Scott Walker, il nuovo disco Soused, in uscita per la 4AD, è una collaborazione con la band metal alternativa (giuro!) Sunn O))). Nonostante le premesse il disco è meno impenetrabile di opere come l’ultimo Bish Bosch del 2012, o The Drift  del 2006, dire che sia orecchiabile è una parola grossa, forse è più giusto “ascoltabile”: lunghi brani improvvisati tra drone music, avanguardia e musica contemporanea, con la bella baritonale voce di Walker che fluttua tra chitarre elettriche e percussioni, in uno stile che è quasi vicino al rock, a momenti. Rock estremo ma pur sempre rock, pensate, per avere una vaga idea, a certe cose del disco di Lou Reed con i Metallica, mescolato ad una psichedelia primitiva e brutale, ma giusto per darvi uno spunto. Comunque interessante.

aretha franklin sings the great diva classics

Disco che non c’entra assolutamente nulla per il precedente, uscito anche questo il 21 ottobre scorso, è quello nuovo di Aretha Franklin. Ci sarà stato pure un motivo se Aretha è classificata al 1° posto tra i più grandi cantanti di tutti i tempi, nella classifica di Rolling Stone, ancora nel 2010 precedeva Ray Charles, Elvis Presley, Sam Cooke e John Lennon. Però non fa un disco bello da una quarantina di anni e anche questo Sings The Great Diva Classics, che sulla carta prometteva sfacelli, poi all’atto pratico non permetterà alla 71enne artista americana (l’unica ancora viva dei primi 5) di rinnovare la sua leggenda. La sua voce, a tratti (soprattutto dal vivo), ha ancora momenti di grande splendore, ma la produzione di Clive Davis, vecchio boss della Arista e i più “giovani” Kenny “Babyface” Edmonds, André 3000, Harvey Mason, Jr., Terry Hunter e Eric Kupper, forniscono una patina di contemporaneità alle canzoni, che di per sè sarebbero (sono) anche belle. Ma forse sono io che ho delle pretese irrealizzabili, quindi accontentiamoci di ascoltare: 1. People 2. Rolling In The Deep (The Aretha Version) 3. Midnight Train To Georgia 4. I Will Survive (The Aretha Version) 5. At Last 6. No One 7. I’m Every Woman/RESPECT 8. Teach Me Tonight 9. Keep Me Hanging On 10. Nothing Compares 2 U Brani che vengono dal repertorio di Barbara Streisand, Adele, Gladys Knight, Gloria Gaynor, Etta James, Supremes e altre. Destiny’s Child, Alicia Keys; Whitney Houston e Sinead O’Connor via Prince, mi sembrano meno “importanti”, comunque questi troverete nel CD, pubblicato sempre la settimana scorsa dalla Rca/Sony.

Direi che per oggi è tutto, nei prossimi giorni, a ritroso, andiamo a vedere le altre uscite interessanti di ottobre, inframmezzate dalle solite recensioni ” a sorpresa”. Per esempio il nuovo disco dei bravi Lowlands, l’altro ieri a Milano, come opening act per Massimo Priviero, e ora in uscita con il loro nuovo disco Love etc., che però poi presenteranno in proprio il 22 novembre allo Spazio Teatro 89 di Milano, esattamente una settimana dopo il concerto dei Mandolin’ Brothers. Ovviamente ci ritornerò sopra quanto prima.

Alla prossima.

Bruno Conti

Per Amanti Della Chitarra, In Astinenza! Dudley Taft – Screaming In The Wind

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Dudley Taft – Screaming In The Wind –  American Blues Artist Group

Non è il primo album (e non è neppure recentissimo) per Dudley Daft: nativo di Washington, D.C., ma residente da tempo a Cincinnati nell’Ohio, con un inizio di carriera, tantissimi anni fa, ai tempi della High School, parliamo degli anni ’80, condiviso con il futuro Phish, Trey Anastasio, in una band chiamata Space Antelope (che non ha lasciato nessun segno nella storia del rock), poi a Seattle negli anni dell’esplosione del grunge con una band chiamata Sweet Water (dove Taft era uno dei chitarristi), tutt’ora in attività, autrice di due album pubblicati dall’Atlantic, e poi nei Second Coming, altra band dal suono duro e roccioso, e anche in questo caso un album per la Capitol, sempre nei ‘90. Quindi una carriera abbastanza “importante”, anche se non memorabile. Avete memorizzato tutto? Benissimo, adesso scordatevelo, perché nel 2007, in un primo momento a Seattle, inizia una sorta di conversione verso il blues-rock, che culmina in un trittico di CD, Left For Dead del 2010, Deep Deep Blue del 2013 e ora questo Screaming In The Wind, finanziato con l’aiuto dei fans, come è ormai usanza consolidata https://www.youtube.com/watch?v=vssUk7p0iQA .

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Bisogna dire che Dudley Taft ha fatto buon uso del denaro, scegliendosi un produttore come Tom Hambridge, nuovo Re Mida del Blues, registrando in due studi di Nashville, con l’aiuto di Reese Wynans alle tastiere, aggiunto agli abituali collaboratori, John Kessler al basso e Jason Patterson alla batteria. Hambridge, che è un tuttofare (ottimo batterista, ma non in questo caso), ha firmato anche i testi di sei brani, lasciando l’apertura del disco affidata a due cover. Prima di addentrarci nel disco, vorrei dire, come Ferrini a Quelli della Notte, che “non capisco ma mi adeguo”, nel senso che ho letto alcune recensioni entusiastiche del disco, chi lo paragona a Robin Trower, per il passato, chi a Frank Marino o ai primi ZZ Top (e ci sta tutto), chi a Kenny Wayne Shepherd, tra gli artisti più recenti: per chi scrive è un buon chitarrista, anche ottimo volendo https://www.youtube.com/watch?v=YDR5HnBhIVA , un appena discreto cantante, ma con una tendenza troppo marcata verso il suo passato hard, che viene mediata dalla produzione nitida e precisa di Hambridge, che evidenzia spesso il lavoro della solista e filtra la voce per nascondere eventuali magagne.

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Non per nulla due dei brani migliori sono proprio le cover: Hard Times Killing Floor, un classico di Skip James, in versione power trio, tra Hendrix e Trower (fate voi) https://www.youtube.com/watch?v=7BP-sk0Jd5A  e Pack It Up, un brano funky, con tanto di fiati aggiunti, a firma Chandler/Gonzalez, che viene dal disco omonimo di tali Gonzalez del 2000, con un bel lavoro di Taft alla solista ed un arrangiamento che ricorda certe cose dell’ultimo Bonamassa. Non male anche Red Line che ha il tiro boogie-rock degli ZZ Top più ingrifati, misto all’hard rock marca Nugent, Marino e dei sudisti più cattivi https://www.youtube.com/watch?v=PeXlNvChyds . Quello che si apprezza più spesso nel disco è il suono della chitarra di Dudley, sempre potente e ricca di tecnica con soli taglienti e ricchi di continue variazioni sul tema, meno la qualità complessiva dei brani, per quanto Screaming In The Wind, ancora hendrixiana e con il valore aggiunto dell’organo di Wynans, si lasci apprezzare https://www.youtube.com/watch?v=8hceIChr4sw . Però alla lunga ci si ripete, 3DHD ruba il riff iniziale da If Six Was Nine, ma poi di buono ha solo la chitarra lancinante e qualche apertura melodica, I Keep My Eyes On You sembra un po’ moscia, The Reason Why, è un discreto slow blues con uso d’organo, ma ne abbiamo sentiti centinaia di migliori, e anche Hambridge più di tanto con la voce di Taft non può, rimane la solita chitarra.

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In Rise Above It si gioca anche la carta di un misto grunge-hard abbastanza risaputo, magari sbaglio io, Barrio tenta la strada della ballata elettroacustica, ma per quanto le vocalist di supporto, le ottime McCrary Sisters, si impegnino, la voce del nostro è quella che è e anche la canzone non è particolarmente memorabile. L’uso dell’acustica dà una maggiore profondità di suono che, unita ad una solista pervasiva, rende più pungente Sleeping In The Sunlight, ma niente per cui stracciarsi le vesti https://www.youtube.com/watch?v=juy5F_DzV4Q .Tears In Rain, più sognante e leggermente “prog” vira verso atmosfere più ricercate, ma il blues (rock), da un po’ di brani, è latitante. Say You Will, dal ritmo cadenzato, ha dei momenti zeppeliniani, ma anche di stanca, con la chitarra, rivoltata come un calzino, pure con sonorità esagerate alla Tom Morello, che cerca di salvare baracca e burattini. Ho provato ad adeguarmi, ma continuo a non capire l’entusiasmo di molti per questo signore: gran bravo chitarrista https://www.youtube.com/watch?v=YDR5HnBhIVA , comunque.

Bruno Conti  

Jack Bruce 1943-2014. Una Vita Nelle Sette Note, Per Il Più Grande Bassista Nella Storia Della Musica Rock!

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John Symon Asher “Jack” Bruce 14 May 1943, Bishopbriggs – 25 October 2014, Suffolk

Quello che non vorresti scrivere mai: un ricordo di quello che è stato sicuramente (non certo per il mio giudizio, ma lo hanno detto tutti dal Sunday Times al collega Roger Waters, e io mi accodo) il più grande bassista della storia del rock, virtuoso prodigioso ma anche musicista, cantante ed autore di grandissima qualità, un camaleonte della musica che ha saputo suonare qualsiasi genere, dal jazz al Blues, al rock (inventando il power trio e l’arte della improvvisazione, con i Cream, il primo supergruppo), e poi ripercorrendoli tutti in una carriera, durata oltre cinquanta anni, dove ha saputo dare tantissime emozioni agli amanti della musica di buona qualità, quella libera dagli schemi e dalle imposizioni del mercato. Non avevo pronto, come le redazioni di giornali e quotidiani, quello che si chiama un “coccodrillo”, e per non dire le stesse cose che diranno molti altri (anche se le ho appena dette poche righe fa) ho deciso di fare una sorta di storia in immagini, copertine di dischi e video della vita di Jack Bruce, bruscamente conclusa ieri 25 ottobre nella sua casa nel Suffolk, in Inghilterra, circondato dalla seconda moglie Margrit, dai quattro figli e da una nipote, probabilmente stroncato da quegli stessi problemi al fegato che già nel 2003, a causa di un tumore al fegato (frutto di anni di stravizi e dipendenze) che lo costrinse ad un trapianto di organo, che evidentemente non è stata la soluzione definitiva ai suoi problemi di salute, ma gli ha consentito altri dieci anni di musica, compresa la reunion dei Cream del 2005, ma andiamo con ordine.

Gli anni ’60

Nel 1962, al contrabbasso, è già in una delle band più influenti dell’epoca, i Blues Incorporated di Alexis Korner, con Graham Bond all’organo, Dick Heckstall-Smith al sax e Ginger Baker alla batteria. Gli stessi musicisti, nel 1964, con John McLaughlin, chitarra, al posto di Heckstall-Smith, formano il Graham Bond Quartet, che diventerà la Graham Bond Organization, con Jack Bruce che passa al basso elettrico e McLaughlin che esce di formazione (ma le loro strade si incroceranno di nuovo).

Di questo periodo, a livello discografico, esiste questo bellissimo cofanetto quadruplo pubblicato dalla Repertoire

graham bond organization box

con il meglio della loro produzione, e una valanga di inediti e rarità. Nell’agosto del 1965 Jack se ne va e per un breve periodo raggiunge i Bluesbreakers di John Mayall, dove non apparirà nell’album omonimo, ma abbondanti tracce della sua presenza sono presenti nella versione Deluxe del CD

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Sempre alla fine del ’65 per un brevissimo periodo entra nei Manfred Mann, è il periodo di Pretty Flamingo e dell’album Mann Made Hits, con Paul Jones alla voce solista

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Nello stesso periodo incontra musicalmente per la prima volta Eric Clapton, nei tre brani incisi per la compilation della Elektra What’s Shakin, come Powerhouse e con la presenza di Steve Winwood, sotto lo pseudonimo di Steve Anglo. Pochi mesi e nascono i Cream, il primo grande Power Trio della storia del rock, in lizza con gli Experience di Jimi Hendrix per la palma del più grande, perché se il mancino di Seattle alla chitarra è stato insuperabile, la somma di Ginger Baker, Jack Bruce (che non si potevano sopportare già dai tempi di Graham Bond) e Eric Clapton, equivaeva alla potenza di una centrale termonucleare.

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Questi i quattro album ufficiali. con alcuni brani indimenticabili come White Room e Sunshine Of Your Love, firmati insieme a Pete Brown, poi collaboratore di lunga data di Jack Bruce.

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Escludendo le BBC Sessions, i due Live postumi li potete trovare in quel bellissimo cofanetto quadruplo Those Were The Days che contiene l’opera omnia dei Cream

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Alla fine di novembre, già previsto, ma sempre prezioso per gli amanti del vinile, uscirà un cofanetto con gli album originali in vinile

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Nel maggio del 2005 la band si riunisce per una serie di concerti preservati per i posteri in un doppio CD o in un doppio DVD. C’erano già state altre saltuarie riunioni, tipo quella per la Rock and Roll Hall Of Fame, ma in questa serie di concerti a Londra il trio è in forma stupenda, forse addirittura superiori alla macchina da guerra che erano alla fine degli anni ’60, con la classe e l’esperienza a sostituire la forza della gioventù. Quindi da avere, magari il video

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Questi sono i primi due album solisti a nome Jack Bruce, la sequenza cronologica è quella indicata nelle copertine, ma Things We Like, un album tutto strumentale di jazz, venne registrato prima, nell’agosto del ’68, quando Bruce in teoria era ancora nei Cream: con lui i vecchi amici John McLaughlin e Dick Heckstall-Smith, più un altro grande batterista, nella persona di Jon Hiseman, futuro Colosseum. Bellissimo Harmony Row, un disco bellissimo dove Jack suona spesso il basso e che contiene un’altra delle più belle canzoni scritta dalla coppia Bruce/Brown, quella Theme From An Imaginary Western, celebre nella versione dei Mountain, ma anche da tanti altri interpreti.

Gli Anni ’70

tony williams lifetime turn it over

La decade successiva inizia con la partecipazione al secondo album dei Tony Williams Lifetime (nel primo non c’era il basso), ancora con McLaughlin, Larry Young all’organo e il batterista di Miles Davis, Tony Williams, in una delle primissime formazioni di jazz-rock.

HarmonyRow

Harmony Row, il disco del 1971 non ebbe lo stesso successo commerciale del primo album solista, ma per alcuni è forse il più bel disco solista di Bruce, ricco di ballate pianistiche dai toni morbidi ed autunnali, un album raffinatissimo da cantautore puro. E poi, per cambiare di nuovo, una ennesima avventura con un super Power Trio, West, Bruce & Laing, in compagnia dei due Mountain, vengono registrati tre dischi di onesto hard-rock, il migliore il primo Why Don’t Cha

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Finita l’avventura con il trio, nel 1974 Jack Bruce pubblica il suo quarto album da solista Out Of The Storm, molto bello, con Jim Gordon e Jim Keltner che si alternano alla batteria e Steve Hunter della band di Rock and Roll Animal di Lou Reed, alla chitarra. Proprio in Berlin di Lou Reed, Bruce aveva suonato quasi tutte la parti di basso, così come nella title-track del disco di maggior successo di Frank Zappa, Apostrophe, l’unico ad entrare nei Top Ten della classifiche americane nel 1974.

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Nel 1975 il nostro decide di supportare il disco Out Of The Storm con un tour dove con lui sono Mick Taylor alla chitarra e Carla Bley, alle tastiere, la nota jazzista con la quale aveva registrato la mitica jazz opera d’avanguardia Escalator Over The Hill. Da quella tournée uscirà un doppio CD dal vivo, Live ’75, ma solo postumo negli anni 2000.

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L’ultimo disco da solista degli anni ’70, con Tony Hymas alle tastiere e Simon Phillips alla batteria, esce nel 1977, mentre il seguito Jet Set Jewel viene rifiutato dalla sua etichetta dell’epoca, la RSO, e uscirà, sempre postumo, quando negli anni 2000 i suoi album vennero ripubblicati in CD, rimasterizzati e con bonus.

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Dagli Anni ’80 A Oggi, Una Selezione di Opere

Per concludere gli anni ’70 partecipa ad un tour con alcuni ex componenti della Mahavishnu Orchestra, il vecchio amico John McLaughlin e per la prima volta Billy Cobham, alla batteria. Di quella decade è uscito anche un bellissimo CD triplo che raccoglie le registrazioni con la BBC del periodo, con il titolo Spirit.

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L’opera prima degli anni ’80, a nome Jack Bruce And Friends, lo vede affiancato da Billy Cobham, il vecchio tastierista della E Street Band David Sancious e dal chitarrista Clem Clempson, ex Humble Pie e Colosseum

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Altro super trio rock (un formato che ricorre spesso) con i BLT, Bruce, Lordan e l’ex Procol Harum Robin Trower

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Nel 1983 iniziano le collaborazioni con il musicista latino-americano Kip Hanrahan, e alla fine della decade, dove c’erano state anche occasionali collaborazioni con Clapton, nel 1989 registra A Question Of Time con Ginger Baker, un ottimo disco, ristampato di recente in CD, dove appaiono anche Tony Williams e molti chitarristi, Allan Holdsworth, Vernon Reid, Albert Collins e Bernie Worrell alle tastiere.

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Nel 1993 collabora in una serie di concerti con il chitarrista irlandese Gary Moore e con Ginger Baker, viene registrato un doppio dal vivo Cities Of The Heart, che uscirà anni dopo e un ennesimo disco in trio BBM, Around The Next Dream, con i due musicisti citati.

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Nel 2001 esce un disco Shadows In The Air, piuttosto buono, dove suona con Bernie Worrell, Vernon Reid dei Living Colour, il trio di Kip Hanrahan, che produce anche l’album, che ha la caratteristica di contenere una nuova versione di Sunshine Of Your Love, con l’amico/nemico Eric Clapton, come per Baker, un rapporto difficile che però nel corso degli anni si è stabilizzato, come dimostrerà la reunion dei Cream, citata prima. Sempre per la produzione di Hanrahan in quegli anni esce un altro buon disco come More Jack Than God, dove oltre ai soliti Worrell e Reid, c’è anche Cozy Powell alla batteria.

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E quelli erano gli anni dei terribili problemi di salute che non gli impedivano di fare musica. Ricordiamo ancora l’ottima antologia in 6 CD Can You Follow, ricca di rarità ed inediti, uscita per la Esoteric nel 2008, per festeggiare il 65° compleanno di Jack Bruce.

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E per finire, giusto quest’anno, dopo undici anni di silenzio a livello discografico, ma non di musica, come abbiamo visto, esce Silver Reid, sempre per la Esoteric, con Cindy Blackman, Phil Manzanera, Uli John Roth, John Medeski, Bernie Marsden e Robin Trower, con cui aveva collaborato nel 2008 e 2009, in Seven Moons e Seven Moons Live

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Purtroppo la storia finisce qui, Riposa In Pace, Mister Jack Bruce, “il più grande bassista”, ma non solo, della storia del rock!

Bruno Conti

P.S. Scusate il ritardo, ma questo meritato “tributo” ha richiesto il suo giusto tempo, per essere redatto

Peccato Per La Qualità Sonora Non Perfetta, Ma Il Concerto E’ Fantastico! Robert Gordon & Link Wray – Cleveland ’78

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Robert Gordon-Link Wray – Cleveland ’78 – Rockabilly Records/Cleopatra

Agli inizi del 1977, sulla carta, l’idea dell’unione di due musicisti come Robert Gordon (presentato come il possibile “erede” di Elvis Presley, ma allora cantante di una sconosciuta band punk newyorkese come i Tuff Darts, presenti nella doppia leggendaria compilation Live At CBGB’s) e Link Wray (mezzosangue nativo pellerossa, ma anche uno dei veri “inventori” della chitarra elettrica, con il suo brano Rumble), poteva venire solo ad un geniaccio come il produttore Richard Gottehrer (fondatore della Sire Records, ma già in azione nel 1966 con i McCoys di Hang On Sloopy). Non dimentichiamo che quelli erano gli anni del primo punk e della Disco, il R&R e il rockabilly erano delle arti quasi desuete. Ma non dimentichiamo neppure che questi signori erano due talenti naturali: un cantante come Robert Gordon, dalla bella voce baritonale, appassionato di Elvis, ma anche di Gene Vincent, Eddie Cochran, Billy Lee Riley, Jack Scott, uno che aveva saltato la british invasion a piè pari e il cui maggior “successo” con i Tuff Darts fu un brano intitolato All For The Love Of Rock And Roll. E un chitarrista come Link Wray, uno dei primi, se non il primo in assoluto ad usare il feedback in un brano come Rumble (e in questo concerto ce n’è una versione che definire “selvaggia” vuole dire minimizzare le cose), grande successo nel 1958, con un brano che usava anche distorsione e i cosiddetti power chords secoli prima che venissero inventati.

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Comunque il primo album omonimo dei due usciva proprio nel 1977, accolto da ottime critiche e pochi mesi dopo, ad agosto, sarebbe scomparso The King of Rock, lasciando un vuoto che anche dischi come questo cercarono di colmare. https://www.youtube.com/watch?v=FfTAWZL2FIg  L’anno dopo i due fecero addirittura meglio, con un secondo disco, pubblicato sempre dalla Private Stock, Fresh Fish Special, che accanto ai soliti classici del R&R e del rockabilly presentava un brano inedito di Bruce Springsteen come Fire https://www.youtube.com/watch?v=_sVgfL3YFhA  (si dice scritto per Elvis e quando il Boss si poteva permettere di non pubblicare decine di canzoni per cui altri cantanti si sarebbero tagliati le vene, altri tempi). Entrambi i dischi si trovano in quel twofer CD, 2 in 1, edito dalla Ace, e che vedete sopra. Proprio pochi giorni dopo l’uscita di quel disco, il 25 marzo del ’78, i due si presentarono sul palco del celebre Agora di Cleveland per un concerto di una devastante potenza ed intensità. Però il dischetto esce per i tipi della Cleopatra, su una fantomatica nuova etichetta chiamata Rockabilly Records! Quindi secondo voi come è inciso? Come un bootleg, quale è e ha già circolato in questa forma. Per fortuna un bootleg di quelli buoni, registrazione cruda e diretta, tipo i migliori volumi della serie di Johnny Winter, ma i contenuti sono esplosivi, aiutati da una sezione ritmica fantastica come Jon Paris al basso (toh che caso, proprio quello che suonava con Winter!) e Anton Fig (oggi con Bonamassa) alla batteria, Robert Gordon e Link Wray dimostrano in meno di cinquanta devastanti minuti come distruggere e ricostruire dalle fondamenta gli elementi fondanti del R&R.

La chitarra fumante di Link Wray (n°45 tra i più grandi chitarristi all-time) emette riff da centrale atomica e, nonostante la registrazione, Gordon canta come se fosse posseduto dai fantasmi dei grandi degli anni ’50: una sequenza inarrestabile che parte con uno dei rari brani originali di Wray, If This Is Wrong, che è più Elvis di Elvis quando saliva per la prima volta sul palco dell’Ed Sullivan Show, se subito dopo non ci fosse Mystery Train che lo è ancora di più, con un assolo che sembra di un Jimmy Page in astinenza da chitarra. Fantastiche anche The Way I Walk https://www.youtube.com/watch?v=jFl2ocTPDpY  e The Fool, un rockabilly firmato da Lee Hazlewood, con i power chords di Link Wray che sembrano provenire da Pete Townshend incrociato con Cliff Gallup, il chitarrista di Gene Vincent.

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Proprio di Vincent è I Sure Miss You, uno dei rarissimi brani lenti del concerto, ma sempre con una chitarra che ti sega in due, per poi farti a pezzettini in una versione da esplosione termonucleare di Rumble, seguita da un altrettanto cattiva Rawhide, con il brano di Frankie Laine trattato come forse nemmeno gli Who avrebbero osato, in un’orgia di feedback. Red Hot, di uno dei preferiti di Gordon, quel Billy Lee Riley ricordato prima, è un’altra scarica di adrenalina pura https://www.youtube.com/watch?v=FfTAWZL2FIg , poi è di nuovo Elvis time, con una fantastica My Baby Left Me, seguita da una devastante Lonesome Train di Johnny Burnette. Summertime Blues https://www.youtube.com/watch?v=KyQGRx9V7mw  e Twenty Flight Rock in sequenza potrebbero abbattere un elefante, poi il pubblico dell’epoca, un po’ sorpreso, ascolta per una delle prime volte dal vivo il brano di Bruce Springsteen, una Fire proposta in medley con Let’s Play House e per finire un concerto fantastico, che se fosse inciso anche bene sarebbe indimenticabile (ma il sound è comunque più che accettabile), Endless Sleep, un brano in classifica nel 1958, lo stesso anno di Rumble!

Bruno Conti

Ripassi “Autunnali”: Un Tributo Inaspettato! Martyn Joseph – Tires Rushing By In The Rain

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Martyn Joseph – Tires Rushing By In The Rain – Pipe Records 2013

Alzi la mano chi conosce Martyn Joseph? Pochini presumo: Martyn è un cantautore gallese, nato a Penarth nel lontano 1960, con una carriera più che trentennale alle spalle, che tra album in studio e dischi dal vivo, qualche EP e collaborazioni varie, porta il suo “songbook”ad annoverare una quarantina di lavori.

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Questo CD non è recentissimo (pubblicato all’incirca un anno fa, nell’ottobre del 2013), ammetto che ne ignoravo l’esistenza fino a che non è balzato alla mia attenzione in occasione di un recente viaggio a Dublino, mentre frugavo tra gli scaffali in un negozio della HMV, ed ho visto che si trattava di un tributo di ben 17 canzoni al “Boss” per eccellenza, Bruce Springsteen, che il buon Martyn ha riletto in chiave acustica, solo con chitarra e armonica, per un intrigante omaggio ad un suo idolo di gioventù (e anche dell’età matura)!

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Le canzoni di Springsteen sono state una costante motivazione durante tutta la carriera di Joseph (nei suoi concerti live esegue quasi sempre delle “cover” di Bruce), e lo si nota non tanto in brani che già in origine erano puramente acustici come The Ghost Of Tom Joad, ma, spaziando tra una dozzina di album, che, partono dal lontano ’73 con Growin’ Up, passano per le note The River, Badlands, Thunder Road https://www.youtube.com/watch?v=l7m73Z3uG70 , le meno note Happy (da Trackshttps://www.youtube.com/watch?v=lgppw51rLmY , Factory, Walk Like A Man, ballate dolcissime come Land Of Hope And Dreams, Brilliant Disguise, If I Should Fall Behind, dando forse il meglio di sé con le sempre meravigliose Blood Brothers, The Promise e The Rising.

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Pensando di fare cosa gradita ai tanti “fans” del Boss, che già non sappiano dell’esistenza di Tires Rushing By In The Rain, questo è l’elenco completo dei brani:

1        – Growin’ Up

2        – Walk Like A Man

3        – Land Of Hope And Dreams

4        – Thunder Road

5        – Blood Brothers

6        – The Promise

7        – Brilliant Disguise

8        – The Ghost Of Tom Joad

9        – The River

10    – Badlands

11    – Factory

12    – Cautious Man

13    – One Step Up

14    – The Rising

15    – Happy

16    – If I Should Fall Behind

17    – No Surrender

 Di questi tempi si può ancora concepire un disco di sole “cover” (anche se d’autore) rette solo dal suono della chitarra, un po’ di armonica e dalla voce del suo interprete? La risposta è affermativa, perché Martyn Joseph è un cantautore raffinato, triste ed autunnale, e questo Tires Rushing By In The Rain (dal titolo a dir poco affascinante, tratto da un verso di The Promise) risulta essere un lavoro piacevole e ben strutturato, che mi lascia un dubbio “amletico”: se Bruce Springsteen fosse cresciuto a Cardiff, piuttosto che nel New Jersey, le sue canzoni suonerebbero come quelle di Martyn Joseph? A voi l’ardua sentenza! Nel libretto del CD, un bel digipack gatefold, è riportata anche, per chiudere il cerchio, una breve presentazione dell’album firmata da Dave Marsh, uno dei giornalisti e biografi più autorevoli che si sono occupati del lavoro del grande cantautore del New Jersey. Forse, anzi sicuramente, esistono tributi migliori di singoli artisti alla musica di Bruce (penso anche all’ottimo Soul Cruader di Graziano Romani), comunque questo disco rimane una tardiva, direi autunnale, ma piacevole sorpresa.

Tino Montanari

Hanno Perso Il Midnight Runners Per Strada, Ma Sono Sempre Loro! Dexys – Nowhere Is Home

dexys nowhere is home dexys nowhere 2 dvd dexys nowhere 3 cd

Dexys – Nowhere Is Home – Box 2 DVD + 4 CD – 2 DVD – 3 CD – Absolut Dexys

Non si fanno più chiamare Dexys Midnight Runners, hanno abbreviato in Dexys, ma sono sempre la creatura di Kevin Rowland, di nuovo in pista, dopo una lunghissima pausa dal 1985 al 2003, e con una seconda parte di carriera abbastanza a singhiozzo. Prima reunion e tour, con relativa raccolta di successi, Let’s Make This Precious, nel 2003, poi lunghi anni di attesa, interrotti da brevi comunicazioni sulla registrazione di nuove canzoni, indi finalmente, nel 2012, esce il quarto album della saga Dexys, One Day I’m Going To Soar, molto buono, questo è quanto dicevo sul Blog, il 2 giugno del 2012: “Partiamo con un clamoroso ritorno. Si chiamano Dexys semplicemente, perché Kevin Rowland ha detto che sono simili ma non del tutto al vecchio gruppo, qualsiasi cosa voglia significare questa affermazione. Comunque dei vecchi Dexys Midnight Runners, inattivi dal 1985 dell’ottimo Don’t Stand Me Down, ci sono solo Pete Williams, il bassista e il trombonista Big Jim Paterson. Inoltre c’è Mick Talbot, il tastierista dei Merton Parkas e degli Style Council che ad inizio carriera aveva gravitato intorno al primo nucleo dei Dexys. Il nuovo album del gruppo si chiama One Day I’m Going To Soar, esce per la BMG Right’s Management e si dice sia un ritorno ai fasti del passato, sentiremo! A giudicare dal video è sempre classico Celtic Pop Soul.”

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Nell’aprile del 2013, nella tournée successiva alla pubblicazione dell’album si esibiscono in una decina di date al Duke Of York Theatre che vengono registrate per un futuro film, intitolato Nowhere Is Home, nelle sale inglesi questa estate per un giorno, ed ora disponibile in vari formati per la vendita: contrariamente a quanto annunciato in calce al Post sui cofanetti, l’edizione Deluxe da 6 dischetti, dopo averla “studiata”, non è poi così interessante come pareva, in quanto il quarto CD bonus, rispetto alle edizioni uscite separate, non è altro che One Day I’m Going To Soar, inutile a meno che non lo abbiate. Il primo DVD contiene il film, mentre il secondo DVD è la registrazione completa delle performances dal vivo registrate per il film, più due video promo. Il triplo CD contiene tutto I’m Going To Soar eseguito dal vivo e una ampia selezione dei classici della band, mentre il terzo dischetto, purtroppo, contiene solo 4 brani, due registrati live con versioni alternative, tratte dalla colonna sonora del DVD e due radio mix di brani di studio, quello che vedete nell’immagine a metà Post, per intenderci. I concerti, il contenuto musicale, le esibizioni, le canzoni, tutto eccellente, però a botte di 25 e 35 euro per formato, o oltre 60 euro per il cofanetto, bisogna sempre pensarci bene. Quindi Ok per il Celtic Soul sempre coinvolgente di Kevin Rowland e compagni, per il lato finanziario a voi l’ardua sentenza!

Bruno Conti

Il Ritorno dell’”Indiano Parlante”! John Trudell & Kwest – Through The Dust

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John Trudell & Kwest – Through The Dust – MA Records

Per chi non lo sapesse, il nome di John Trudell, una delle personalità più scomode (agitatore sociale, attivista politico, poeta, attore e musicista), apparse sulla scena statunitense da quarant’anni a questa parte, risuona nei corridoi del potere americano. Nato in Nebraska da padre di origine “Santee Sioux” e madre messicana, Trudell inizia a far parlare di sé sul finire degli anni ’60 quando prende parte  alla occupazione della prigione di Alcatraz, che poi porterà alla chiusura del famoso penitenziario. Nel ’73 diviene il portavoce ufficiale del Movimento Indiano Americano, affrontando diverse cause per i diritti civili del suo popolo. L’11 Febbraio 1979 accade il fatto che cambia la sua vita: John brucia la bandiera americana sui gradini del J.Edgar Hoover Building di Washington, in segno di protesta per il caso Leonard Peltier(ritenuto colpevole di aver ucciso due agenti federali nella riserva di Pine Ridge).

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Dodici ore più tardi un incendio doloso distrugge la casa di Trudell, nella riserva di Duck Valley, in Nevada, dove perdono la vita sua moglie Tina Manning (che era incinta), i tre figli e la suocera. Nonostante il clamore che la vicenda suscita, l’FBI si rifiuta di aprire un’inchiesta sui fatti; pochi mesi più tardi è coinvolto nel famoso progetto antinucleare No Nukes (da cui è stato tratto uno splendido concerto), che vede impegnate varie star del pop e del rock, ed è li che stringe i contatti con il mondo musicale e in particolar modo con Jackson Browne, che circa dieci anni dopo assumerà il ruolo di produttore in alcune opere pubblicate da Trudell.

john trudell jackson brownejohn trudell aka graffiti

Il primo passo discografico è il buon debutto con Aka Graffitti Man (86), pubblicato inizialmente in cassetta, come il precedente esordio di Tribal Voice, dove Trudell riesce a unire la tradizione parlata degli Indiani D’America con una base sonora che ricorda Lou Reed e i Rolling Stones (il disco fu anche indicato da Bob Dylan come il migliore di quell’anno). Sempre negli anni ’80 e primi ‘90 pubblicò altri album, due ancora in collaborazione con Jesse Ed Davis,  grande chitarrista e pure lui indiano nativo, della tribù Kiowa. Nel 1992 AKA Graffiti Man uscì in CD, in versione espansa e rivisitata per la Rykodisc https://www.youtube.com/watch?v=JCs5wNM3-k4 . Non molto differente il seguente Johnny Damas And Me (94) https://www.youtube.com/watch?v=Uz7zgeOThYM , mentre il successivo Blue Indians (99) nuovamente prodotto da Jackson Browne, fa registrare una mutazione musicale più vicina al blues, con le percussioni in evidenza, tematiche che si ripetono in Bone Days (01) con la produzione esecutiva di Angelina Jolie, un lavoro ispirato, dai toni notturni e sofferti. Dopo una breve pausa arriva un disco dal vivo edito dalla Fargo Records Live At Fip (05) registrato negli studi di Radio France a Parigi qualche anno prima (più precisamente nel 2002), dove Trudell sfodera tutta la sua capacità di unire musica e poesia, fino ad arrivare al doppio album Madness & The Moremes (07) e Crazier Than Hell (10), passati quasi inosservati.

Through The Dust è il risultato affascinante di una collaborazione fra il nativo americano e il produttore svizzero Jonas “Kwest” Leuenberger, con l’apporto di musicisti di qualità, anche se poco conosciuti, che rispondono al nome di Jean Jacques all’ukelele, Dimitri Hefermehl alle tastiere, Marie Jeger alla viola, Jeb Bows al violino, per otto tracce (e venti minuti scarsi di musica) che caratterizzano la poesia di Trudell e la musica di Kwest, colmando il divario tra continenti, generazioni e stili: il disco è uscito questa primavera, ma essendo di non facile reperibilità è giunto sulle nostre scrivanie solo in questi giorni, e si vocifera di una edizione italiana con bonus tracks e traduzioni dei testi anche in virtù della partecipazione al Premio Tenco https://www.youtube.com/watch?v=pLm4BemQTjA, vi terreno informati.

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John alza il tiro fin dall’inizio con Becomes Apparent, suggestiva e ipnotica, con la voce recitante e le tastiere in sottofondo https://www.youtube.com/watch?v=lqx-58HXD7o , seguita dai rintocchi di un piano in Tears For Rain, con il violino di Bows ad accompagnare la melodia, come nell’altrettanto dura e simbolica Wilseed, ma Trudell può anche essere dolcissimo nei suoni, come nella grande ballata Rubbing Rough, passando anche attraverso suoni rarefatti e raffinati come Waiting Collapse e Keeping Dry Tomorrow https://www.youtube.com/watch?v=dUDf-vAJZlY , andando a chiudere con le note oscure e ossessive della title track Through The Dust, e l’elegia notturna di So So Sweet https://www.youtube.com/watch?v=27sW7IOaueA .

john trudell 2014 john trudell nuovo album

E’ un dato di fatto che la grandezza di John Trudell non è ancora stata riconosciuta, non tanto in termini di una consolidata notorietà, quanto di apprezzamento da parte di quella minoranza costituita da appassionati e addetti ai lavori, che vive la musica quotidianamente, e infatti questo Through The Dust ha in comune con l’attuale industria discografica, soltanto il compact disc su cui è inciso. Alla fine, la poesia di queste canzoni, comunica una serenità e una forza d’animo che fanno parte della storia e della cultura dei Nativi Americani, per la sorte di un popolo che attraverso la musica e le liriche di John Trudell, rimane sempre una spina nel fianco nelle stanze e nei corridoi del potere Americano. Un disco di grande valore, in tutti i sensi.

Tino Montanari