Novità Di Marzo Parte Id. Toto, Glen Hansard, Willie Nile, Seasick Steve, Liz Longley

curtis knigh and the squires

Visto che siamo al 31 marzo e il mese è praticamente finito, quarta ed ultima parte dedicata alle novità discografiche: per ciò che concerne il CD di Curtis Knight and The Squires Featuring Jimi Hendrix, che vedete qui sopra, ho deciso di soprassedere sulla breve presentazione, in considerazione del fatto che la recensione completa è pronta ed uscirà a giorni sul Blog, etichetta Sony Legacy, data di uscita 24 marzo. Vediamo il resto.

toto xiv

Sempre il 24 marzo per la Frontiers Records è uscito Toto XIV, il primo nuovo album di studio dal 2006 https://www.youtube.com/watch?v=BrnQORhbCWE . Nella formazione, oltre a Steve Lukather, chitarra e voce e David Paichtastiere e voce, assistiamo al ritorno del vocalist Joseph Wiiliams, in formazione dal 1986 al 1988, e di Steve Porcaro, sempre alle tastiere, mentre David Hungate è al basso (ma solo in tre brani, negli altri si alternanoTal Wilkelfeld, Leland Sklar e Tim Lefebvre. Nuovo batterista Keith Carlock che sostituisce Simon Phillips che a sua volta aveva sostituito Jeff Porcaro nel 1992. Avrete anche letto che il 15 marzo è morto l’altro fratello Porcaro, Mike, per le complicazioni dovute alla sua lunga battaglia con la SLA. Il disco è uscito anche in una versione Deluxe, che però nel DVD allegato riporta solo un Making Of dell’album https://www.youtube.co/watch?v=vsBf9hSkOPQ

glen hansard it was triumph

Glen Hansard, irlandese, ex leader dei Frames e degli Swell Season (con Marketa Inglova) rinnova la sua passione per gli EP, dopo Drive All Night (esatto proprio il brano di Springsteen, cantato con Eddie Vedder e con Jake Clemons al sax https://www.youtube.com/watch?v=BkQpxOs6K6w) che conteneva anche tre canzoni inedite, questa volta pubblica It Was Triumph We Once Proposed…Songs Of Jason Molina, dedicato al musicista americano dei Songs:Ohia e dei Magnolia Electric Co https://www.youtube.com/watch?v=cavbPHUqbYA , morto, probabilmente suicida, nel marzo del 2013, musicista di valore ma sconosciuto ai più, un perfetto caso di beautiful loser https://www.youtube.com/watch?v=IvI7KKeyxnI . L’etichetta è la Overcoat Recordings e il MiniCD che contiene 5 canzoni è uscito il 17 marzo.

willie nile bottom line archive series

Dopo il recente, eccellente, If I Was A River http://discoclub.myblog.it/2015/01/12/fiume-note-poetiche-notturne-willie-nile-if-i-was-river/, si aprono gli archivi di Willie Nile con la pubblicazione di questo doppio CD che contiene due concerti registrati al leggendario Bottom Line di New York, uno del 1980 (il suo terzo concerto in assoluto) e uno del 2000, entrambi imperdibili per chi vuole comprendere il lato elettrico del grande cantautore della grande mela: nel primo è accompagnato da alcuni componenti della Patti Smith Band, nel secondo alla chitarra c’è Andy York della band di Mellencamp. Si tratta di due broadcast radiofonici, quindi qualità sonora eccellente, e l’etichetta è proprio la Bottom Line Records Company. Purtroppo lo storico locale ha chiuso nel 2004, ma ora in questa Bottom Line Archive Series dovrebbero uscire altri concerti per rinnovarne la leggenda (oltre a quello di Willie Nile, per il momento ne è uscito uno dedicato ai Brecker Brothers). Non è dal vivo, ma rimane una gran canzone https://www.youtube.com/watch?v=x9QJBFt9WdA

seasick steve sonic soul

Seasick Steve non demorde, ormai l’atipico bluesman californiano va per i 75 anni, ma in Inghilterra soprattutto rimane popolarissimo, i suoi dischi entrano regolarmente in classifica senza compromettersi alla mode del momento, ma comunque sempre arricchiti da una patina di modernità che non guasta. Anche questo nuovo Sonic Soul Surfer https://www.youtube.com/watch?v=J7lpVqZfels , uscito il 24 marzo per la Caroline/Universal è entrato direttamente al 4° posto delle classifiche inglesi, ha avuto una media di tre stellette e mezzo nelle recensioni della critica e mostra che il vecchio Steven Gene Mold non ha nessuna intenzione di mollare, anzi con ogni album rilancia https://www.youtube.com/watch?v=Gq0PmDhkb4c, sentite che grinta!

liz longley liz longley

Tra le tante voci femminili che si affacciano sul panorama internazionale questa volta mi piace segnalarvi questa Liz Longley.  Giovane, 27 anni,  ma già con quattro album alle spalle, esordisce ora su Sugar Hill con questo disco omonimo che conferma i paragoni fatti, di volta in volta, con Alison Krauss e Patty Larkin, ma anche Patsy Cline e Fleetwood Mac. Nel penultimo disco Hot Loose Wire (uscito 5 anni fa) c’erano due cover, River di Joni Mitchell e Moondance di Van Morrison https://www.youtube.com/watch?v=VV7KbHY-cnc , che testimoniavano il buon gusto, ma anche la bravura della fanciulla, perché entrambe interessanti, però è il nuovo disco che segnala un deciso salto di qualità; prodotto agli Oceanway di Nashville, con una nutrita pattuglia di musicisti locali, il disco mi sembra molto interessante, sentitevi Memphis https://www.youtube.com/watch?v=mvAuLH2Upo4 e Outta My Head https://www.youtube.com/watch?v=uuHAPhk2w4k e ditemi se non è brava. Ne sentiremo parlare ancora, magari anche sul Blog.

That’s all, a domani: vi preannuncio subito che quello che leggerete domani non è uno scherzo da 1° d’Aprile!

Bruno Conti

Novità Di Marzo Parte Ic. Bjork, Buena Vista Social Club, New Riders Of The Purple Sage, Seth Avett & Jessica Lea Mayfield, Blues Pills, Pine Hill Project, Elliott Murphy, Houndmouth, Phil Manzanera

bjork vulnicurabjork vulnicura 2

Terza parte della lista uscite di marzo, anche con titoli pubblicati nella prima parte del mese (ieri c’era il Post su Renbourn): iniziamo con il nuovo di Bjork Vulnicura, che esce a quattro anni dal precedente Biophilia, ed è il primo ad essere pubblicato dopo la sua separazione con Matthew Barney, che aveva molto influenzato la produzione degli ultimi anni, diventata sempre più astratta e complessa, persino oscura ed estrema (insomma, più che in passato). Stranamente questa volta le canzoni della cantante islandese sono meno astratte del solito e sono proprio una sorta di resoconto sulla fine di una relazione; ed anche il suono, pur essendo sempre basato su archi e ” strumenti e battiti elettronici”, ricorda quello di un disco come Homogenic del 1997, piuttosto che le sonorità minimali dell’ultimo periodo https://www.youtube.com/watch?v=MWHpoJT3qK4 . L’etichetta è la One Little Indian come di consueto, c’è l’immancabile versione Deluxe, come si presume dalle due diverse copertine riportate qui sopra (ma Bjork è sempre stata famosa per fare uscire parecchie edizioni di ogni album), questa volta si tratta solo di differenze nel packaging. Vi segnalo la presenza di Antony Hegarty nel brano Atom Dance. Il CD è uscito il 17 marzo.

buena vista social club lost and found

Il 24 marzo è stato pubblicato un “nuovo” capitolo della saga Buena Vista Social Club, o piuttosto, come bene illustra il titolo, Lost And Found, il produttore e manager della World Cicuit, Nick Gold, ha finalmente avuto il tempo di andare a frugare tra le vecchie registrazioni effettuate nel periodo dal 1996 ai primi anni 2000, quando tutti i leggendari musicisti cubani depositari di quel suono particolare, nato proprio al Buena Vista Social Club negli anni ’30, erano ancora vivi: ecco quindi scorrere materiale inedito registrato sia nelle sessioni originali del 1996 agli Egrem Studio de L’Havana, quelle per intenderci con Ry Cooder, 2 brani, sia materiale in studio, registrato negli anni immediatamente successivi, sia pezzi dal vivo. Ci sono quindi brani con Ibrahim Ferrer, voce solista,Bruca Manigua dal vivo e due pezzi dal vivo, un paio di duetti in studio con Eliades Ochoa e Compay Segundo, Omara Portuondo dal vivo, con Manuel Galban e Cachaito Lopez, e ancora alcuni brani con Ruben Gonzales, anche uno per solo piano, sempre live, Come Siento Yo, che conclude il CD. Non mancano altri tre strumentali, con violino, fiati, percussioni e chitarre in bella evidenza, uno del solo Eliades Ochoa e il super classico, sempre dal vivo, Lacrimas negras, cantato dalla Portuondo, tredici brani in totale. Per gli appassionati di musica cubana una grande “scoperta”, per chi ama di più “l’altro” Cooder, come il sottoscritto, un po’ meno, comunque non si tratta per fortuna di una di quelle operazioni raffazzonate che ogni tanto le case discografiche ordiscono, per metterlo in quel posto ai sempre meno numerosi acquirenti di musica.

new riders felt forum

Per esempio questo triplo CD dei New Riders Of The Purple Sage in che categoria rientra? Si tratta di un concerto dal vivo al Felt Forum di New York City del 18 marzo 1973, quindi epoca d’oro della band californiana, è l’anno di Panama Red, formazione originale con John “Marmaduke” Dawson ancora leader del gruppo, insieme a David Nelson  lead guitar, vocals, David Torbert bass, vocals, Buddy Cage  pedal steel guitar e
Spencer Dryden drums, ospiti in gran parte del concerto, metà dei Grateful Dead, Keith & Donna Godchaux, Jerry Garcia e Bob Weir, più Ramblin’ Jack Elliott che apriva la serata. Ottima la tracklist dei brani eseguiti:

DISC ONE [67:08]
set one-a:
01 [04:26] DJ conversation & crowd/tuning
02 [04:09] I Don’t Know You
03 [06:23] One Too Many Stories
04 [03:40] Rainbow
05 [04:01] It’s Alright With Me (1)
06 [02:49] Teardrops In My Eyes (1)
07 [05:10] Lochinvar (1)
08 [04:48] Truck Driving Man (1)
09 [03:49] Contract (1)
10 [07:32] Take A Letter Maria (1)
11 [03:57] School Days (1)
12 [04:33] Long Black Veil (1) (2)
13 [03:29] Hello Mary Lou (1) (3)
14 [05:10] Henry (1) (3)
15 [03:21] Crazy Arms (1)
DISC TWO [66:32]
set one-end:
01 [03:32] Sutter’s Mill
02 [03:41] California Day
03 [05:29] Sweet Lovin’ One
04 [05:44] Connection (5)
05 [03:40] Whiskey (1)
set two-a:
06 [03:50] DJ conversation & crowd/tuning
07 [00:43] Bob Weir comment to crowd
08 [03:24] Cold Jordan (3) (4)
09 [03:24] I Hear A Voice Callin’ (3) (4)
10 [05:48] Swing Low Sweet Chariot (3) (4)
11 [03:06] Groupie (1)
12 [03:51] She’s No Angel (1)
13 [04:39] You Should Have Seen Me Running (1) (2) (4)
14 [08:52] I Don’t Need No Doctor (1) (2) (3) (4)
15 [06:49] Portland Women (1)
DISC THREE [53:12]
set two-end:
01 [08:02] Glendale Train (1)
02 [05:47] Last Lonely Eagle (1)
03 [05:50] Louisiana Lady (1)
04 [06:43] Honky Tonk Women (1) (5)
05 [15:36] Willie And The Hand Jive (1) (3)
06 [03:12] DJ conversation & crowd/tuning
encores:
07 [02:49] The Race Is On (1) (2) (3) (4)
08 [03:36] Johnny B. Goode (1) (2) (3) (4)
09 [01:37] outro and DJ conversation

Però la Echoes che pubblica questo triplo broadcast radiofonico (quindi un ex bootleg) lo fa pagare tra i 35 e i 40 euro, considerando che si trova anche gratis su archive.org, mi sembra “caruccio”!

seth avett & jessica lea mayfield sing elliott smith

Seth Avett è uno dei due fratelli del gruppo degli Avett Brothers (il secondo in ordine di età, per la precisione. l’altro è Scott), in passato, agli inizi della carriera del gruppo aveva pubblicato un paio di dischi (forse tre), come “Timothy Seth Avett as Darling”, che confesso di non avere mai visto né sentito. Gli album erano usciti per la loro etichetta, la Ramseur Records, che peraltro li ha ristampati ad inizio 2010, ma sono sempre di non facile reperibilità; ora, ancora tramite la loro etichetta personale esce questo Seth Avett And Jessica Lea Mayfield Sing Elliott Smith, un disco dove la coppia rende omaggio allo sfortunato cantautore indie, scomparso una dozzina di anni fa, ma sempre molto amato da colleghi vari che periodicamente lo omaggiano, con tributi di varia natura alle sue canzoni. In questo caso il risultato, ottenuto con due sole voci che armonizzano, accompagnate spesso da una sola chitarra acustica, ma saltuariamente anche da un gruppo, è molto piacevole: sono stati fatti dei paragoni con i dischi di Gillian Welch e David Rawlings come tipo di musica, un folk scarno e malinconico che a tratti si apre in ballate alla Avett Brothers, e se Jessica Lea Mayfield (con alcuni album più elettrici alle spalle, prodotti da Dan Auerbach dei Black Keys) non è forse all’altezza della Welch come cantante, d’altra parte Seth Avett è nettamente superiore a Rawlings, almeno come cantante https://www.youtube.com/watch?v=QyqhAch-B-Q . Quindi un disco gradevole dove convivono le varie anime delle canzoni di Smith, le ballate con influenze beatlesiane, il country-folk, l’indie-rock e l’amore per le armonie vocali che erano insite nella musica del musicista di Omaha. Un piccolo dischetto da scoprire.

pine hill project

Il disco è attribuito ai Pine Hill Project, ma anche questo CD è il risultato dell’unione di due cantautori di talento, Richard Shindell e Lucy Kaplansky, spesso portati in palmo di mano su questo Blog. L’album esce in questi giorni per la Signature Records ed è un gioiellino che ci riporta ai tempi del bellissimo disco uscito come Cry Cry Cry nel 1998 (allora c’era pure la brava Dar Williams):e, per dire, i Red Horse dove li mettiamo? http://discoclub.myblog.it/2010/08/07/un-piccolo-supergruppo-red-horse-gilkyson-gorka-kaplansky/ Per questo Tomorrow You’re Going la coppia ha deciso di realizzare un disco, dove affronta la difficile arte delle cover https://www.youtube.com/watch?v=GzD-Q_o8Cks , e quindi ecco scorrere brani di Gillian Welch, Nick Lowe e Paul Carrack https://www.youtube.com/watch?v=RPuBBCW0ClY, U2, Greg Brown, Little Feat, David Halley e molti altri. Con la produzione di Larry Campbell, che suona anche una infinità di strumenti, e molti musicisti di pregio in studio, tra cui Byron Isaacs e Glenn Patscha (che appare come autore) degli Ollabelle e Bill Payne dei Little Feat. Delizioso https://www.youtube.com/watch?v=Bny4sCz-Epw!

blues pills live open blues pills live

te https://www.youtube.com/watch?v=iSu2Y7Zd_X0 .

elliott murphy aquashow deconstructed

Elliott Murphy, oltre 40 anni dopo torna al suo primo album, con questo Aquashow Deconstructed, dove rivisita, brano per brano, il disco per cui nel lontano 1973 era stato definito, in una recensione doppia su Rolling Stone scritta da Paul Nelson insieme a quella di The Wild, The Innocent And The E Street Shuffle di Springsteen, “il miglior nuovo Dylan dal 1968″. Ovviamente il giudizio, come per altri “nuovi Dylan” dell’epoca, da John Prine in giù, fu sufficiente quasi a distruggerlo, ma la classe e la stoffa c’erano e Murphy è tutt’ora uno dei migliori cantautori rock in circolazione https://www.youtube.com/watch?v=6cBdRBATgHg . Anche le canzoni c’erano e Last of The Rock Stars, White Middle Class Blues, How’s The Family e Like A Great Gatsby, sono ancora oggi nel repertorio dal vivo del cantautore di New York, che da moltissimi anni vive a Parigi. Questa nuova “versione” di un album classico esce prima sul mercato italiano, in una confezione con  copertina leggermente diversa da quella che avranno le versioni tedesca e francese, ma con lo stesso contenuto. Etichetta Route 61 (gli stessi dell’ultimo disco di Carolyne Mas) e disco che conferma tutta la bellezza dell’originale anche in questi nuovi arrangiamenti, con una nota di merito per Marilyn, che ricorda alcune delle più belle canzoni di Lou Reed. Però anche gli originali non scherzano! Sono andato a riascoltarmeli e devo dire che erano veramente belli https://www.youtube.com/watch?v=KLr_eN8KvaM, comunque i fans di Murphy non mancheranno di apprezzare anche la versione 2015.

houndmouth little neon

Secondo album anche per gli Houndmouth, si chiama Litte Neon Limelight e conferma quanto di buono si era detto per il loro esordio del 2013, From The Hills Below The City, presentato come uno dei migliori di quell’anno, con paragoni addirittura con la Band. Anche se il gruppo, con una voce femminile nell’organico, Katie Toupin, rimanda anche al sound di gruppi come i Faces, lato Ronnie Lane o gente come Dylan, Van Morrison, tanto per non esagerare, almeno come sound ed attitudine, rock classico in definitiva, ben suonato e ben cantato, con parecchie belle canzoni in repertorio, il che non guasta https://www.youtube.com/watch?v=r6Bygcox6YE . Vengono da Louisville, Kentucky https://www.youtube.com/watch?v=RwVrquxGSrc , la città dei My Morning Jacket e qualche punto di contatto con la band di Jim James (che pubblicherà il nuovo album ad inizio maggio) non è difficile riscontrarlo, soprattutto nei brani “più classici” https://www.youtube.com/watch?v=Y8wifV5RYr8 . Etichetta Rough Trade, è uscito il 17 marzo.

phil manzanera the sound of blue

Infine, nuovo disco anche per Phil Manzanera, il non dimenticato chitarrista dei Roxy Music e degli 801, ultimamente collaboratore di David Gilmour, mentre uno dei co-produttori di questo nuovo The Sound Of Blue, è Andy Jackson, spesso ingegnere del suono con i Pink Floyd: si tratta di un album strumentale, meno due brani cantati da Sonia Bernardo (?), uno dei quali è una cover di una cover, infatti No Church in the Wild, un pezzo scritto (si fa per dire) da Jay Z e Kanye West, campionava un riff di chitarra di Manzanera https://www.youtube.com/watch?v=gnFvTrcogOg . Niente per cui strapparsi le vesti https://www.youtube.com/watch?v=IZiIOsjxRb8 , almeno per il sottoscritto, ma il vecchio Phil è sempre un musicista interessante che mescola il rock ( e la chitarra ogni tanto ha lampi del vecchio splendore https://www.youtube.com/watch?v=GSGoP26uwHk ) con le radici latine della mamma colombiana, a cui è dedicato il brano Magdalena https://www.youtube.com/watch?v=JyRKr5ziqGg , magari non con i risultati delle due band citate all’inizio, anche se Manzanera sarà il Maestro Concertatore per la Notte della Taranta 2015. Il CD è uscito il 24 marzo scorso per la sua etichetta Expression Records distribuita dalla Universal.

Bruno Conti

Si E’ Ricostituita In Cielo La Coppia Bert & John. A 70 Anni Muore Anche John Renbourn!

john renbourn 1 john-renbourn

Come forse avrete letto, questa settimana, purtroppo, è scomparso anche John Renbourn, morto improvvisamente per un probabile attacco cardiaco nella notte tra mercoledì 25 e giovedì 26 marzo, mentre avrebbe dovuto recarsi ad un concerto a Glasgow in compagnia di un altro leggendario chitarrista Wizz Jones. Visto che Renbourn non si era presentato nel luogo della esibizione, la polizia, il giorno seguente, si è recata nella sua abitazione di Hawick, sempre in Scozia, dove è stato rinvenuto il suo cadavere. Il grande musicista britannico da molti era considerato scozzese, ma era in effetti nato nel quartiere di Marleybone a Londra l’8 agosto del 1944, e aveva quindi compiuto 70 anni, ed è l’ultimo di una serie di grandi personaggi della scena musicale inglese che sono scomparsi in questo breve periodo: a dicembre era successo a Joe Cocker, mentre ad ottobre se ne era andato Jack Bruce. Quindi è il terzo grande J., forse una coincidenza, che muore in questo breve scorcio di tempo.

john renbourn 2015

Considerato giustamente uno dei “maestri” del filone del cosiddetto british folk, Renbourn aveva iniziato a masticare musica sul finire degli anni ’50, quando nel Regno Unito iniziava a diffondersi la passione per lo skiffle, che anche per lui, in breve tempo, sarebbe diventata una esplorazione verso i musicisti blues, Leadbelly, Josh White e Big Bill Broonzy tra i primi, poi perfezionata con l’arrivo sulla scena locale di Davy Graham, il primo vero grande chitarrista acustico inglese. Nei primi anni ’60 John incrocia la sua strada anche con Bert Jansch, Jacqui McShee e Dorris Henderson, una cantante nera di blues e gospel di cui fu l’accompagnatore per un breve periodo, e con la quale incise un paio di album. Proprio con lei iniziamo questo omaggio alla musica di Renbourn attraverso i suoi dischi più importanti, preferendo ricostruire, brevemente, ma non troppo, la sua carriera, attraverso le immagini delle copertine dei dischi della sua discografia ed alcuni video che segnano tappe importanti dell’excursus musicale di questo grande musicista.

dorris henderson john renbourn there you go dorris henderson john renbourn watch the stars

There You Go è il primo disco del 1965, un album dove la guizzante chitarra di John è al servizio della potente voce della Henderson https://www.youtube.com/watch?v=w1OXJGQO8UI, per una musica che fonde i tratti della musica nera con le prime folate di quel folk acustico che poi avrebbe caratterizzato la sua intera carriera. Anche il successivo Watch The Stars, pubblicato nel 1967, ripropone questo stile, ma con un suono più rifinito e spostato verso l’approccio folklorico e con altri strumenti e la seconda voce di Renbourn che entrano nello spetto sonoro https://www.youtube.com/watch?v=3BlecK3M8KQ. Ovviamente se siete interessati ad esplorare la musica di questo grande personaggio dovrete fare la tara con il fatto che molti dei dischi segnalati non saranno di facile reperibilità, ad esempio in questo caso, il primo CD è disponibile su etichetta Big Beat mentre il secondo della Fledg’ling è più difficile da trovare.

john renbourn john renbournbert and john

Nel 1966 esce il primo album omonimo John Renbourn e la prima collaborazione con Jansch, Bert And John, entrambi per la Transatlantic, la gloriosa etichetta inglese specializzata dove verranno pubblicati anche i dischi dei Pentangle.

bert and john after the dance

Proprio questo seminale disco della coppia di chitarristi al momento non è disponibile in CD nella sua versione originale, ma si trova con il titolo After The Dance (è lo stesso disco con un’altra copertina) su etichetta Shanachie. Nel disco appare una versione di Goodbye Pork Pie Hat di Mingus https://www.youtube.com/watch?v=WfeXvvQ98y8  che indica già la futura fusione folk- jazz- blues che sarà la stella polare della musica dei Pentangle, da lì ad un paio di anni quando ai due si uniranno la splendida e cristallina voce di Jacqui McShee, il prodigioso contrabbassista Danny Thompson e il batterista Danny Cox, per creare un gruppo che con i Fairport Convention, più vicini al rock e gli Steeleye Span, più vicini alla tradizione, avrebbe costituito una sorta di trimurti del nuovo folk della terra di Albione.

john renbourn another monday john renbourn sir john alot

Ma prima di arrivare all’avventura con i Pentangle, John Renbourn pubblica altri due dischi solisti formidabili, Another Monday e Sir John Alot of Merrie Englandes Musyk Thyng and ye Grene Knyghte, per dargli il titolo che gli compete, disco dove il musicista comincia ad esplorare anche quel lato della musica medievale e rinascimentale che sarà sempre presente nella sua musica https://www.youtube.com/watch?v=20D2meCq3K4, spesso sfociando anche in avventure musicali più complesse e bizzarre, dove la musica orientale (da cui, di tanto in tanto, anche l’uso del sitar e della chitarra elettrica) è spesso una componente neppure troppo nascosta, ancora più in evidenza nei dischi di gruppo con i Pentangle, dove l’improvvisazione strumentale è imprescindibile.

pentangle pentangle pentangle sweet child

pentangle basket of light pentangle cruel sister

pentangle reflection pentangle solomon's seal

Tra il 1968 e il 1973 i Pentangle pubblicano i 6 fantastici album di cui sopra, che rimangono tra le pagine più fulgide della musica inglese tout court, a prescindere dal genere musicale, dischi che sentiti ancora oggi hanno spesso l’aura del capolavoro e che sarebbero da avere in toto. Se non li trovate o la spesa vi sembra eccessiva potete ripiegare su questo bellissimo cofanetto The Time Has Come 1967-1973, uscito nel 2007 per la Sanctuary, con il meglio degli album, ma ricco anche di outtakes, singoli e brani della BBC nei primi due dischetti (quindi interessante anche per chi aveva già tutto di loro), con il terzo disco che è una diversa presentazione del famoso concerto alla Royal Festival Hall del giugno 1968 che costituiva la parte dal vivo del bellissimo doppio Sweet Child, qui però in una diversa sequenza, con altri brani aggiunti e un mixaggio differente che ha diviso i fans. Il quarto disco è totalmente inedito.

john renbourn the lady and the unicorn john renbourn faro annie

Nello stesso periodo di vita del gruppo John Renbourn pubblica anche altri due album solisti, dei quali The Lady And The Unicorn rimane un altro dei suoi migliori in assoluto , quello più medievale del lotto ma sempre con il suo inimitabile stile chitarristico che fondeva mille sonorità in unico affascinante e a tratti magico https://www.youtube.com/watch?v=IzSQDuMI7WE.

john renbourn 1974

Adesso, dopo i primi dieci anni fondamentali della sua carriera, andiamo un po’ saltando alla ricerca di comunque tanta altra buona musica che verrà nelle decadi successive, dove il nostro amico non cesserà comunque di esplorare le possibilità del suo strumento attraverso la musica.

john renbourn the hermitjohn renbourn a maid in bedlam

Nel 1976 esce The Hermit, mentre nel 1977 il primo capitolo del John Renbourn Group, A Maid In Bedlam, di nuovo con l’amica Jacqui McShee in formazione e a seguire The Black Balloon del 1979, che qui sotto vedete sia nella versione in CD sia con la copertina originale dell’album.

john renbourn black balloonjohn renbourn black balloon real cover

Nel 1978 inizia anche la collaborazione con il grande chitarrista americano Stefan Grossman, che portò alla pubblicazione di quattro album e che illustra un lato leggermente più blues della musica di Renbourn e che senza rivaleggiare con i duetti dell’epoca con Jansch lo mette a confronto con un altro virtuoso della chitarra e comunque sono altri quattro dischi fantastici.

stefan grossman and john renbourn renbourn and grossman live in concertstefan grossman and john renbourn under the volcanostefan grossman and john renbourn the three kingdoms

Che altro? Nel 1986 esce l’ottimo Nine Maidens, John Renbourn’s Ship Of Fools del 1988 è l’unico capitolo del gruppo con lo stesso nome, e Traveller’s Prayer del 1998 è forse l’ultima grande prova discografica del barbuto musicista inglese, che però nel 2011 ci regala un ultimo colpo di coda con l’eccellente Palermo Snow, uscito ancora una volta per la sua etichetta americana, la Shanachie.

john renbourn palermo snow

Nel frattempo. nel 2008, la formazione originale dei Pentangle si era riunita apparendo anche alla trasmissione Later With Jools https://www.youtube.com/watch?v=HzcbYJ95Mpk e infine, un’ultima volta, per alcuni festival nell’estate del 2011 (con Renbourn al sitar https://www.youtube.com/watch?v=zvXE8dynDBQ) , e con Bert Jansch già alle prese con il suo ricorrente tumore alla gola che lo avrebbe portato via il 5 di ottobre dello stesso anno.

john renbourn wizz jones

Dal 2012 ai giorni nostri, John Renbourn aveva l’abitudine di esibirsi in concerto con il vecchio amico e socio di mille battaglie Wizz Jones, ma quel fatidico mercoledì non si è presentato all’appuntamento. E così speriamo che Riposi In Pace!

Spero di non avervi tediato con questo lungo Post, ma se uno non sfrutta le possibilità della rete per parlare di buona musica, sia visivamente che con la parola, anche in queste circostanze dolorose, internet cosa ci sta a fare?

Bruno Conti

Novità Di Marzo, Parte Ib. Darius Rucker, Jesse Malin, Paul McCartney, Richie Furay, John Mayall, Sonics, Hawkwind, Quicksilver Messenger Service, Dayna Kurtz, Courtney Barnett

darius rucker southern style

Darius Rucker, dopo la partenza fulminante con gli Hootie And The Blowfish (il loro Cracked Rear View, con oltre sedici milioni di copie negli Stati Uniti, è uno dei venti dischi più venduti di tutti i tempi), si è progressivamente trasformato nel corso degli anni in un cantante country a tutti gli effetti. Southern Style, il suo sesto album, in una carriera solista iniziata nel 2002 (compreso un disco natalizio), mette in evidenza ancora una volta la sua bella voce baritonale e piacerà molto agli appassionati del country meno bieco e più ruspante, tutti brani originali scritti dallo stesso Rucker con vari collaboratori, ma allo stesso tempo non mancherà di provocare un po’ di nostalgia nei fans del suo vecchio gruppo. Non per nulla il disco esce per la Capitol Nashville (con la solita Deluxe version con 2 tracce extra) e quindi è proprio un disco di “genere”, anche se non mancano elementi del vecchio stile e sonorità più moderne https://www.youtube.com/watch?v=sTXq33a6YnM

jesse malin new york before the war

L’ultimo album ufficiale del newyorkese Jesse Malin risale al 2010, Love It To Life, un buon disco dal suono decisamente rock, pubblicato come Jesse Malin & The St. Marks Social, ma nel 2012 è uscito anche un disco acustico e distribuito solo ai concerti, Hail Mary Gunners, parte del ricavato del quale andava in beneficenza alla Croce Rossa internazionale; un disco registrato dal vivo a New York e San Sebastian, in Spagna, supportato da Mark Troth Lewis alla chitarra, e presentato come venti “frecce acustiche nella loro forma originale – dai retrobottega, camere da letto e sgabelli da bar del mondo”. Questo nuovo New York Before The War https://www.youtube.com/watch?v=CPMDiSUX3mM , fin dal titolo, viene annunciato come quello più influenzato dai suoni della sua città di origine, quindi echi di Lou Reed, Television, Ramones, ma anche le ballate del suo amato Springsteen, tocchi di Dylan e Neil Young, mi è sembrato di cogliere anche accenni agli Stones e secondo la critica americana potrebbe essere il suo miglior disco in assoluto. Esce ufficialmente il 31 marzo per la One Little Indian e questo è un assaggio https://www.youtube.com/watch?v=DfeSYF3VElM

paul mccartney a musicares tribute

La versione americana, zona 1, è già stata pubblicata dalla Shout Factory, in Europa uscirà il 12 maggio su etichetta Eagle Rock. Stiamo parlando del DVD (o Blu-Ray) dedicato a Paul McCartney, per la benemerita serie A Musicares Tribute, che riporta il concerto che si svolge tutti gli anni nella settimana dei Grammy e che premia una personalità del mondo musicale che si è distinta nel corso dell’anno (e della carriera) per il suo spirito filantropico. Quest’anno è toccato a Bob Dylan, mentre la serata dedicata a Macca è stata registrata nel 2012: ad omaggiarlo erano presenti, oltre a Sir Paul, per la simpatica consuetudine che prevede quasi sempre la presenza sul palco del festeggiato: 1) Get Back / Hello Goodbye / Sgt. Pepper s Lonely Hearts Club Band Cirque du Soleil featuring The Beatles Love Cast 2) Magical Mystery Tour Paul McCartney https://www.youtube.com/watch?v=9oSLl8K05g4  3) Junior s Farm Paul McCartney 4) Blackbird Alicia Keys https://www.youtube.com/watch?v=pX6T-dRnZNM  5) No More Lonely Nights Alison Krauss & Union Station 6) And I Love Her Duane Eddy 7) Oh! Darling Norah Jones 8) I Saw Her Standing There Neil Young & Crazy Horse https://www.youtube.com/watch?v=GyzR_3-dEN0  9) The Fool On The Hill Sergio Mendes 10) We Can Work It Out Coldplay https://www.youtube.com/watch?v=uAB4lhhEErw  11) Yesterday James Taylor & Diana Krall 12) For No One Diana Krall & James Taylor 13) My Valentine Paul McCartney 14) Nineteen Hundred And Eighty Five Paul McCartney 15) Golden Slumbers / Carry That Weight / The End Paul McCartney with Dave Grohl & Joe Walsh https://www.youtube.com/watch?v=aaKoBq9AU2c . Un’altra meno simpatica consuetudine che sta prendendo piede (con l’eccezione del DVD dedicato a Springsteen che durava quasi due ore) è quella di pubblicare solo una parte del concerto e quindi il dischetto del tributo a Paul dura solo 60 minuti circa, e quindi, come ho già ricordato recensendo mi pare il DVD di Bruce, mancano il brano dei Foo Fighters, Katy Perry (ce ne faremo una ragione), TonBennett, uno dei duetti di McCartney con Diana Krall e Bucky Pizzarelli, mi pare siano questi. Comunque rimane una bella serata, da avere nel formato che preferite.

richie furay hand in hand

Richie Furay è stato uno dei membri fondatori dei Buffalo Springfield e in seguito dei Poco (e aggiungiamo anche la Souther-Hillman-Furay Band), due/tre delle migliori formazioni del country e del rock americano di sempre, poi dopo la sua conversione religiosa alla chiesa pastorale americana, Furay ha diradato la sua presenza discografica pur continuando a fare dischi con una certa regolarità e partecipando spesso, come ospite, alle reunion delle band di cui ha fatto parte, ed azzeccando, di tanto in tanto, anche dei dischi che mostravano tracce del vecchio splendore, penso soprattutto a The Heartbeat Of Love, dove apparivano Timothy B. Schmidt, Kenny Loggins, Stephen Stills e Neil Young e al bellissimo doppio dal vivo Alive. Anche questo nuovo Hand In Hand, pubblicato in questi giorni dalla eOne Music, fa parte della categoria di quelli di avere, per la presenza di alcuni nuovi brani di buona qualità, tra cui Someday, con la presenza di Keb’ Mo‘ e una sontuosa versione di Kind Woman, con Kenny Loggins e Neil Young alle armonie vocali, oltre ad una bellissima We were the dreamers che ricorda il miglior country-rock di sempre, di cui è stato uno degli artefici https://www.youtube.com/watch?v=4jpXti74wTM

john mayal blues alive nyc

Il 1976 giustamente non è considerata una delle annate tra le più memorabili dei Bluesbreakers di John Mayall, è l’anno di Banquet In Blues, ma nei due concerti da cui è tratto questo broadcast radiofonico non ci sono più tutti i musicisti di quel disco (quindi niente Rick Vito, Don “Sugarcane Harris” e Soko Richardson), ma ci sono ancora Larry Taylor al basso, Jay Spell alle tastiere, mentre il chitarrista è tale Gary Rowles, non famosissimo ma bravo, qualcuno ricorderà che è stato il solista nei Love di Arthur Lee, la versione della band è la Mark XXVII, è il repertorio delle due serate è il seguente:

The Bottom Line, New York, NY, 2-Oct-76 (early show):
1. Long Time Blues
2. 1974 Gasoline Blues
3. Later On
4. The Boy Most Likely To Succeed
5. All Your Love
6. Room To Move
[Encores]
7. Stormy Monday
8. Old Time Blues

My Father’s Place, Roslyn, NY, 3-Oct-76:
9. Band Intros by Mayall
10. 1974 Gasoline Blues
11. Play The Harp
12. The Boy Most Likely To Succeed

Qualità sonora buona, in parte già uscito come bootleg, ma, escludiamo gli i fan incalliti di Mayall, se ne può fare tranquillamente anche a meno, oppure no, in fondo non è male, vedete voi. Etichetta S’more/RockBeat.

sonics this is the sonics

Ormai si stanno riunendo tutte le band storiche del band, quindi era inevitabile che succedesse anche per i Sonics, peraltro già di nuovo in azione dal 2007, con una serie di concerti dal vivo e un EP 8, uscito nel 2010, ma questo è proprio un nuovo disco di studio. Quello che è sorprendente di questo This Is The Sonics, registrato rigorosamente in Mono per la loro etichetta Revox (!), è che si tratti di un buon disco, i tre membri originali, Jerry Roslie, Larry Parypa e Rob Lind, sono in ottima forma, la sezione ritmica con gente del giro Kingsmen e Dick Dale è bella carica, e il disco suona come se fossimo in pieno 1966, un anno prima dello scioglimento, quindi garage punk e psych-rock classico della più bell’acqua. Ok, niente The Witch, Psycho, Strychnine, Louie Louie, ma i nuovi brani sprizzano energia e alcune cover di classici del blues come You Can’t Judge a Book By The Cover, Don’t Need No Doctor e Sugaree sono veramente gagliarde e sorprendenti. Produce Jim Diamond, famoso per il suo lavoro con i primi White Stripes, Dirtbombs e Fleshtones. E anche i brani nuovi tirano di brutto https://www.youtube.com/watch?v=BIzinr84gGw

hawkwind this is your captain boxhawkwind this is your captain back cover

Gli Hawkwind viceversa non si sono mai sciolti e continuano imperrterriti la loro carriera; nel corso degli anni sono uscite varie riedizioni, rimasterizzate e spesso potenziate, dei loro album migliori, ora la Parlophone UK del gruppo Warner pubblica questo box di 11 CD This Is Your Captain Speaking, Your Captain Is Dead – The Albums & Singles 1970-1974, senza le bonus delle ristampe, ma a prezzo super speciale e con l’ultimo CD che contiene rare versioni tratte dai singoli dell’epoca.Qui sopra, nel retro della copertina del box, potete legger i titoli dei brani ed i rispettivi dischi dove appaiono, questo pezzo è tratto dal Greasy Truckers Party.

quicksiver live in san jose 1966

A proposito di live continua la (ri)scoperta del vecchio materiale d’archivio dei Quicksilver Messenger Service. Sempre la Cleopatra Records (croce e delizia degli appassionati di ristampe e del sottoscritto) pubblica un raro concerto Live In San Jose 1966, dove appare la prima formazione del gruppo con Jim Murray, il primo vocalist della band, ad affiancare il classico quartetto Cipollina-Duncan-Freiberg-Elmore, quindi in teoria interessantissimo anche per il repertorio che presenta alcune rarità come All Night Worker, Walkin’ Blues e I Hear You Knockin’. Però è inciso, nella mia opininone, veramente maluccio, sembra un bootleg (e spesso queste registrazioni da lì vengono), ma di quelli purtroppo con qualità sonora scadente https://www.youtube.com/watch?v=q4yaXTr15mM

dayna kurtz risa and fall

Per concludere un paio di voci femminili veramente interessanti. Di Dayna Kurtz vi abbiamo parlato in modo lusinghiero sul blog http://discoclub.myblog.it/2013/06/14/una-tom-waits-al-femminile-dayna-kurtz-secret-canon-vol-2/. Ora è in uscita questo nuovo Rise And Fall per la sua etichetta M.C. Records, ma mi pare di ricordare che gli amici della IRD mi abbiano detto che avevano intenzione di pubblicarne una versione italiana con bonus, però non conosco con esattezza i particolari, per cui, in attesa di verificare, e poi naturalmente di recensirlo, nella rubrica Carbonari, mi limito a segnalarvi l’uscita del nuovo album di questa bravissima vocalist, nata nel New Jersey, ma residente a New Orleans, che è giustamente considerata dalla stampa di tutto il globo terracqueo uno dei piccoli tesori nascosti della musica cantautorale. Nell’attesa, questo nuovo brano fa già capire la classe della signora in questione https://www.youtube.com/watch?v=YF60nUWJ02k

courtney barnett sometimes i sit

Più giovane, ma assai promettente, è l’australiana Courtney Barnett, che giustamente è stata incensata dalla critica per il suo primo album The Double EP: A Sea of Split Peas, che come dice il titolo raccoglieva i primi due EP, pubblicati per il mercato australiano. Ora esce il primo disco ufficiale Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit, un titolo intrigante e ricco di (auto)ironia che indica la personalità vivace della ragazza, ma poi parla la musica, veramente interessante. Qualcuno l’ha paragonata a Hope Sandoval, altri hanno tirato in ballo Lou Reed e Nirvana, altri ancora hanno ricordato Liz Phair (ma mi sembra più brava), come la volete girare questo nuovo CD, edito dalla Marathon Artists in Europa e dalla Mom + Pop Records in Australia (o viceversa) la scorsa settimana, è diverso da gran parte di quello che circola al momento a livello di voci femminili https://www.youtube.com/watch?v=o-nr1nNC3ds, parliamo di rock, ma anche di belle ballate loureediane https://www.youtube.com/watch?v=1NVOawOXxSA

E pure in versione solitaria il talento si percepisce https://www.youtube.com/watch?v=Xv-FOSJIwrU

That’s all, a domani con un altro giro di novità.

Bruno Conti

Novità Di Marzo, Parte Ia. Sufjan Stevens, Steve Hackett, Ryley Walker, Boz Scaggs, Ron Sexsmith, Ringo Starr, Daryl Hall & John Oates

sufjan stevens carrie & lowell

Anche questo mese la solita rubrica delle uscite discografiche in breve, ossia quello che non è già stato recensito più ampiamente o nella rubrica delle anticipazioni, tipo il box dei Fotheringay, il nuovo Robben Ford, in uscita martedì 31 marzo o i CD Laura Marling Short Movie Duets di Van Morrison, per non parlare del doppio live Muddy Wolf at Red Rocks di Joe Bonamassa, sui cui tornerò con una lunga recensione. E anche di alcuni dei dischi che ora vado a segnalarvi ho intenzione, sempre tempo permettendo, di fare una recensione completa. Anche per il mese di marzo la rubrica sarà divisa in tre/quattro parti visto che si sono parecchi dischi interessanti in uscita o pubblicati da poco. Partiamo con le release del 31 marzo.

Ad inizio Post campeggia il nuovo Sufjan Stevens che finalmente si è deciso a pubblicare un nuovo vero album, seguito di Illinois, uscito nel lontano 2005. Lo so, nel frattempo Stevens ha pubblicato moltissimo materiale per la sua etichetta, la Ashmatic Kitty, fondata nel 1999 insieme al suo patrigno, che è quel Lowell che appare nel titolo del nuovo disco (Carrie è la mamma): The Avalanche era un secondo disco, definito di outtakes e extras, dalle sessions di Illinois, seguito di quel Michigan che doveva essere il primo tassello del progetto dei 50 stati, che poi il nostro Sufjan ha ammesso essere stata una trovata pubblicitaria. In effetti a voler essere onesti l’ultimo album completo era stato The Age Of Adz del 2010, un disco fortemente interessato da una componente elettronica ed orchestrale ma comunque intrigante (http://discoclub.myblog.it/2010/10/27/strano-ma-vero-the-age-of-adz-di-sufjan-stevens-esordisce-al/), preceduto dall’ottimo EP All Delighted People (un “mini” strano perché durava circa un’ora) http://discoclub.myblog.it/2010/08/23/ma-allora-esiste-ancora-sufjan-stevens-all-delighted-people/. Come notate dai link Sufjan Stevens è sempre stato un musicista che mi ha attirato parecchio, però il progetto di classica contemporanea The BQE e ben due cofanetti di brani natalizi, per quanto piacevoli, avevano un po’ provato la mia resistenza e fedeltà, tanto che il progetto hip-hop del 2014, Sisyphus, me lo ero volutamente perso. Questo nuovo album Carrie & Lowell (incentrato, come si diceva, intorno alla figura della madre, scomparsa nel 2012 e del patrigno, e dei loro viaggi di famiglia verso l’Oregon, nell’infanzia di Stevens)  viene indicato come un ritorno alle sue radici indie-folk. Quindi sarà mia cura ascoltarlo non appena possibile e riferirne sul Blog. Nel frattempo, per ingannare l’attesa https://www.youtube.com/watch?v=lJJT00wqlOo e https://www.youtube.com/watch?v=qx1s_3CF07k, a dimostrazione che il nostro amico non ha perso il vizio di fare bella musica.

steve hackett wolflight

Martedì 31 marzo esce anche il nuovo disco di studio di Steve Hackett Wolflight: mi sono perso il conto del numero, comunque dovrebbero essere più di venti, si tratta del seguito di Beyond The Shrouded Horizon, e viene pubblicato dalla Century Media/Distr. Universal. Ci saranno varie edizioni, standard CD, doppio vinile, download digitale e la solita costosa Deluxe Edition con CD+Blu-ray Mediabook. Viene annunciato dallo stesso Hackett come un album rock, qualsiasi voglia essere il significato del termine applicato alla sua musica.

ryley walker primrose green

Ryley Walker viene indicato come uno dei nuovi “maestri” della chitarra acustica americana (ma anche all’elettrica non scherza), ispirato sia dalla cosidetta American Primitive Music di John Fahey e degli altri musicisti della Takoma, quanto da Bert Jansch, Sandy Bull e altri virtuosi dello strumento, ma anche da Tim Buckley e cantautori alla Tim Hardin,  per me ha anche sprazzi di genio alla John Martyn vecchi tempi. Il disco dello scorso anno, All Kinds Of You, pubblicato dalla Tompkins Square, aveva avuto ottime critiche, ora esce il nuovo Primrose Greens, per la Dead Oceans Records, che sembra altrettanto interessante e valido, https://www.youtube.com/watch?v=96qBM4LL2ps e https://www.youtube.com/watch?v=tXpkcfrSouM

boz scagss a fool to care

Il precedente Memphis, per chi scrive era stata una delle più belle sorprese a livello discografico del 2013 http://discoclub.myblog.it/2013/02/27/la-classe-non-e-acqua-boz-scaggs-memphis/ ora, sempre per la 429 Records/Caroline/Universal esce questo nuovo A Fool To Care, registrato a Nashville, che sempre nel Tennesse è, con la partecipazione, come indicato sulla copertina, di Bonnie Raitt e Lucinda Williams. Il disco sarebbe bello a prescindere, ma avendolo ascoltato posso confermare quanto di buono avevo scritto sul precedente e quindi aspettatevi quanto prima un bel Post ad hoc. Dal vivo https://www.youtube.com/watch?v=hAN8LnK960o e in studio https://www.youtube.com/watch?v=e9sjaVmnrMQ. Dopo la parentesi con i Dukes Of September http://discoclub.myblog.it/2014/03/26/band-tutte-le-stagioni-the-dukes-of-september-donald-fagen-michael-mcdonald-boz-scaggs-live-at-lincoln-center/ un altro gran disco, raffinato e di classe. Un piccolo tuffo nel passato per credere https://www.youtube.com/watch?v=5wNKQ7RRXfk.

*NDB Per la serie rotture di balle nel mondo, la catena americana Best Buy ne pubblicherà una versione con 3 bonus tracks. A loro va il mio sentito vaff…

ron sexsmith carousel one

Altro cantautore raffinato, ma di tutt’altro genere, è il canadese Ron Sexsmith, il nuovo Carousel One esce per la Cooking Vinyl in Europa e per la Compass Records in America, e conferma la vena compositiva di questo musicista che è stato definito anche una sorta di Jackson Browne per i nostri tempi (se l’originale non fosse ancora in pista) ed è pure ammiratissimo dai colleghi, da Paul McCartney a Elvis Costello, passando per John Hiatt hanno espresso la loro ammirazione per Sexsmith, che nel nuovo disco è stato prodotto da Jim Scott ( per intenderci, quello di Wilco, Foo Fighters, Tedeschi Trucks Band e mille altri) che lo ha circondato di musicisti del calibro di Bob Glaub, Jonathan Graboff della band di Ryan Adams, Don Heffington e John Ginty, con risultati eccellenti. Bellissimo il video Saint Bernard con un cagnone stupendo, e molto bella anche la canzone, ma tutto il disco merita https://www.youtube.com/watch?v=r3ToRr-MlQ8

ringo starr postcards form paradise

Per i fans dei Beatles in astinenza il nuovo disco di Ringo Starr, Postcards From Paradise, sarà una boccata di ossigeno (ma a parte, nei prossimi giorni, leggerete anche del nuovo DVD dedicato a Paul McCartney della serie Musicares): gli ultimi CD erano piacevoli (l’aggettivo dei suoi dischi è sempre questo) come sempre, Y Not e Ringo 2012, e anche questo nuovo che esce per la Universal lo vede circondato dalla All-Starr Band che per l’occasione comprende Steve Lukather, Todd Rundgren, Gregg Rolie, Richard Page, Warren Ham e Gregg Bissonette, mentre tra gli ospiti troviamo il cognato Joe Walsh, Benmont Tench, Dave Stewart, Ann Marie Simpson, Richard Marx, Amy Keys, Peter Frampton, Nathan East e Glen Ballard, i primi che passavano per strada. Non male per un signore che a luglio compirà 75 anni e tra poco entrerà nella Rock And Roll Hall Of Fame e non vuole smettere di farci divertire e di divertirsi “with a little help from his friends”, lui che può https://www.youtube.com/watch?v=-4BZgOEJfps

daryl hall & john oates live in dublin

Concludiamo la panoramica di oggi con un DVD (o Blu-Ray): ennesima reunion per Daryl Hall e John Oates, l’ultima volta era stata per un altro disco dal vivo, Live At The Troubadour, due CD+DVD registrati a Los Angeles nel 2008. Questa volta tocca a Live In Dublin, un concerto dal vivo del luglio 2014 all’Olympia Theatre di Dublino. Peccato che il DVD duri “solo” 83 minuti, anche se l’edizione Deluxe 2CD+DVD (che non manca), indichi come durata 111 minuti, compresi dietro le quinte e interviste, comunque i classici ci sono più o meno tutti  1) Maneater 2) Out Of Touch 3) Say It Isn t So 4) Family Man 5) It s Uncanny 6) Back Together Again 7) Las Vegas Turnaround 8) She s Gone 9) Sara Smile 10) Do What You Want, Be What You Are 11) I Can t Go For That (No Can Do) 12) Rich Girl 13) You Make My Dreams 14) Kiss On My List 15) Private Eyes. Take a look

A domani (e nei prossimi giorni) con il seguito.

Bruno Conti

Grande “Soul Music” Dalla Lontana Australia! Paul Kelly & The Merri Soul Sessions

paul kelly merri soul sessions

Paul Kelly Present The Merri Soul Sessions – Gawd Aggie Records 2014

Di questo signore (nato ad Adelaide nel ’55), vi avevo già parlato in occasione del precedente lavoro Spring And Fall (12) http://discoclub.myblog.it/2012/11/14/non-sono-le-quattro-di-vivaldi-ma-anche-queste-stagioni-piac/ (come anche del Live con Neil Finn http://discoclub.myblog.it/2014/09/06/due-leggende-australiane-sullo-palco-neil-finn-paul-kelly-goin-your-way/ ), una sorta di “concept album” sulle varie forme di amore. Paul Kelly, ha attraversato il mondo musicale australiano a partire dal lontano ’74, con  innata e inalterata passione, suscitando un grande interesse in patria, ma anche un discreto riscontro negli Stati Uniti e Inghilterra, vantando una discografia corposa (che comprende anche svariate colonne sonore), giunta con questo bellissimo The Merri Soul Sessions, al ventesimo capitolo in studio, riscoprendo nell’occasione, come è stato per il suo connazionale (leader dei grandi Black Sorrows), Joe Camilleri, l’amore (in tarda età) mai dimenticato,  per il genere “soul”.

paul kelly 1 paul kelly 2

Questo nuovo “combo” oltre al babbo Paul alla chitarra ritmica, si avvale del figlio Dan Kelly e di Ashley Naylor alle chitarre, Cameron Bruce alle tastiere, Bill McDonald al basso, Peter Luscombe alla batteria e percussioni, e, come ospiti, una schiera di “lead vocalists” di grande valore, tra le quali le sorelle Linda e Vika Bull (già sentite nei primi imperdibili dischi dei Black Sorrows, e con altri artisti australiani come Archie Roach e John Farnham), la “prosperosa” Clairy Browne vocalist delle Bangin’ Rackettes, e due emergenti poco conosciuti, ma altrettanto bravi, come Dan Sultan e Kira Puru, che danno tutti un notevole contributo alle undici canzoni  firmate da Paul Kelly, con il mixaggio e la produzione dell’esperto e veterano Steven Schramn https://www.youtube.com/watch?v=mme6FnU2wSY .

paul kelly vika linda bullpaul kelly merri soul live

La partenza è fulminante, con una Smell Like Rain cantata da Linda Bull su un tappeto di tastiere e chitarre slide, seguita dalla sorella Vika che con What You Want ci riporta ai favolosi anni Motown e Stax, dove i brani erano impreziositi da coretti deliziosi https://www.youtube.com/watch?v=jypbzCXi-8g , mentre la travolgente Keep On Coming Back For More (forse il brano di punta del disco), è cantata con grande grinta da Clairy Browne, che lascia poi  il passo ad una ripescata (venticinque anni dopo) Sweet Guy, rifatta in modo scintillante dalla brava Vika. Con Righteous Woman, aperta dalle chitarre acustiche, si presenta al canto Kelly con la sua inconfondibile voce, mentre Don’t Let A Good Thing Go si avvale della voce fumosa di Dan Sultan, con i “famosi coretti” che ne accompagnano il ritornello, passando in seguito ad una stratosferica ballata soul Where Were You When I Needed You (composta appositamente da Paul per la Browne), e Clairy gli rende omaggio con una interpretazione che ricorda, tanto per volare bassi, Dusty Springfield e Aretha Franklin. Con Thank You si ripresenta Paul in una delle sue classiche ballate, seguita dalla paranoica tensione di I Don’t Konow What I’d Do, cantata da una sorprendente Kira Puru, e  andando a chiudere di nuovo con le sorelle Bull, che cantano in duetto una delicata Down On The Jetty https://www.youtube.com/watch?v=IR436Vrk8Kw , e “last but not least” il gospel Hasn’t It Rained, dove tutto il gruppo viene coinvolto a cantare, come se ci si trovasse sulle strade di Harlem.

Paul Kelly, nella sua lunga carriera, da buon Australiano, ha saputo mediare le influenze britanniche e quelle americane, condensando una forma pop e una cantautorale (Bob Dylan su tutti), ma con un piglio sempre onesto e genuino, che ora gli permette di fare un ennesimo disco di alto livello come questo The Merri Soul Sessions, dove tutto è al posto giusto, a partire dalla scrittura dei brani, supportato da arrangiamenti che saranno anche nostalgici, ma che fanno bene alle orecchie, al cuore e all’anima, un album suonato come Dio comanda, e, cosa non trascurabile, cantato da alcune tra le più belle voci in circolazione nella “terra dei canguri”. Come di consueto, una menzione particolare per la cover di Peter Salmon-Lomas !

Al solito, preparate il portafoglio: per gli amanti del genere questo lavoro merita un posticino nello scaffale di casa vostra. Imperdibile !

Tino Montanari

A Proposito Di Coppie Inossidabili! Smokin’ Joe Kubek & Bnois King – Fat Man’s Shine Parlor

smokin' joe kubek bnois king

Smokin’ Joe Kubek & Bnois King – Fat Man’s Shine Parlor – Blind Pig Records

“Attenti a quei due” è il titolo di una vecchia serie televisiva (allora si chiamavano così) con Roger Moore e Tony Curtis, che andò in onda per una sola stagione agli inizi degli anni ’70, ma poi venne replicata centinaia di volte, tanto da sembrare più lunga della sua effettiva durata (anche quella era un’usanza dei tempi, e forse oggi ancor di più): in originale si chiamava “The Persuaders” e i nostri due amici Smokin’ Joe Kubek e Bnois King, in qualità di coppia, cercano di persuaderci ancora una volta ad amare il blues con questo Fat Man’s Shine Parlor, il disco che segna il loro ritorno con la Blind Pig, dopo due titoli con la Delta Groove e due con la Alligator (era anche il titolo del primo post sul Blog dedicato alla coppia http://discoclub.myblog.it/2010/04/28/attenti-a-quei-due-dal-texas-smokin-joe-kubek-bnois-king-hav/). Non aspettatevi particolari sconquassi sonori, la formula è risaputa: del sano blues, molto arricchito con iniezioni rock, una robusta dose di boogie e un filo di country per una manciata di canzoni firmate dai due marpioni che pescano idee, riff e temi musicali dalla tradizione e li rivedono nella loro ottica delle 12 battute, quella di un ottimo chitarrista come Kubek e di un gagliardo cantante (e chitarrista) come King: e la formula, ovviamente, per quanto risaputa, funziona da oltre 30 anni. Non dobbiamo aspettarci il capolavoro, ma non corriamo neppure il rischio di delusioni, in fondo, per fare sfoggio di cultura spicciola, come dicevano i latini, “in medio stat virtus” e quindi accontentiamoci, perché questo ci aspettiamo da loro.

smokin' joe kubek bnois king 1 smokin' joe kubek bnois king 2

Con impeto filosofico i due ci dicono che il Fat Man’s Shine Parlor (che era il negozio dove si lucidavano le scarpe) era una metafora per qualcosa di più oscuro, poiché all’interno di questi spazi si svolgevano anche altri traffici più loschi, dal gioco d’azzardo alla prostituzione, innaffiati da abbondanti quantità di alcol, ma nel caso di questo disco, ci consigliano di spalancare la porta perché all’interno, in modalità molto più positiva, troveremo molte delizie musicali, più di quelle che vengono propagandate dall’insegna. Ovvero dodici sani esempi di come si suona il blues anche nel 21° secolo, cioè come una volta: che sia il blues ipnotico e ripetitivo dell’iniziale Got My Heart Broken, che miscela il classico mood basico di John Lee Hooker con lo spirito boogie di ZZ Top e Thorogood, grazie alla voce vissuta ma sempre potente di King e alla chitarra tagliente di Kubek, in questo brano potenziata da quella dell’ospite Kim LaFleur e, come detto, la formula funziona sempre https://www.youtube.com/watch?v=hivX0H689QM . La successiva Cornbread reitera questo spirito boogie, con le tre chitarre che si scambiano riff di gusto a destra e a manca, mentre la nuova sezione ritmica di Shiela Klinefelter (non è un errore di battitura, si chiama proprio così), al basso e Eric Smith, alla batteria dimostra di conoscere il mestiere alla perfezione https://www.youtube.com/watch?v=MkKBnhvzNFs . I nostri dimostrano di conoscere a menadito anche l’arte della ballata blues, e Diamond Eyes ne è un ottimo esempio, così come in Crash And Burn ritornano alle radici del vecchio R&R, come gli stessi Creedence o i Blasters meglio non saprebbero fare. River Of Whiskey, di nuovo con la presenza di LaFleur alla terza chitarra, “ruba” il classico riff di Crossroads nell’etere, dove galleggia sempre, e lo adatta per questa altra lezione di blues semplice ma efficace, con Joe Kubek alla slide e gli altri pronti a replicare, niente di memorabile ma piacevole https://www.youtube.com/watch?v=xrIsNFU77cU .

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Don’t Want To Be Alone illustra lo spirito più soul della coppia, la chitarra lirica di Kubek punteggia una ottima prestazione vocale di Bnois King, deep blues soul. Brown Bomba Mojo è una divertente variazione sul menu abituale, le due chitarre all’unisono e la ritmica costruiscono un bel groove che rende tutta la grinta del brano https://www.youtube.com/watch?v=05_kwLGKsIs , How Much viceversa, ha di nuovo quello spirito old style, tra R&R e R&B vecchia scuola, con piccoli break di batteria che agitano la costruzione lineare della canzone https://www.youtube.com/watch?v=OHsF_udSLhc . One Girl By My Side, ha quel piccolo flavor country-southern cui si accennava in apertura, elemento comunque sempre presente nella discografia di Kubek & King https://www.youtube.com/watch?v=_CCQdw9Ktz0  e non può mancare un classico shuffle come Lone Star Lap Dance, uno strumentale che permette ai due di mettere in evidenza un brillante solismo. E ancora più ovviamente (ma non ci lamentiamo) non può mancare neppure il classico lentone intenso e carico di pathos, funzione svolta dall’ottima Done Got Caught Blues, con entrambi i protagonisti al meglio delle rispettive possibilità, soprattutto Kubek che ci regala un assolo di grande tecnica e feeling https://www.youtube.com/watch?v=OxmU9-AEqZA . Per concludere si torna con Headed For Ruin al rock-blues grintoso e chitarristico di marca texana (in fondo vengono da Dallas) che è un poco il loro marchio di fabbrica.

Bruno Conti

Fargo, Eccoli Ancora! Di Nuovo In Concerto E Special Edition Di A Small World In Black And White

fargo locandina concerto 31 marzo

Clienti abituali del Blog, “amici” e bravi musicisti, parlo sempre con piacere dei Fargo: in effetti dovrei dire Psychic Twins, perché, come vi avevo anticipato qualche mese fa, sono sempre loro, Massimo “Grey Wolf” Monti, autore dei testi ed eminenza grigia della band, e Fabrizio Fargo Friggione, che canta, suona la chitarra, cura la parte musicale delle canzoni e la produzione dei dischi, ora con una  nuova ragione sociale ma sempre con le vecchie passioni per la buona musica. Springsteen, Beatles, Petty, il rock americano e quello inglese, una buona melodia blue-eyed soul li trovate sempre nella loro musica e anche nelle nuove cinque canzoni che sono state aggiunte alla “Special Edition” di A Small World In Black And White.

Fargo A Small World Special Edition

Già, la nuova edizione, ma qual è quella giusta? Così a occhio direi quella a sinistra. Se volete verificare di persona (ed eventualmente acquistare il CD, se, come il sottoscritto, siete ancora amanti dei vecchi dischi fisici, per quanto digitali e non del download) martedì prossimo, 31 marzo, nella loro solita venue, la Salumeria della Musica, potrete vedere in azione la versione Mark II del gruppo, quella che si esibisce abitualmente dal vivo. Se volete ulteriori informazioni sul gruppo, con un gioco di link, andate a vedere l’ultimo Post sui Fargo, e poi, a ritroso, trovate anche tutti quelli precedenti, all’interno dell’articolo http://discoclub.myblog.it/2014/12/01/tempo-cambiamenti-i-psychic-twins-diventano-fargo-sempre-disco-vecchio-concerto-nuovo-alla-salumeria-della-musica-milano-il-2-dicembre/, con le recensioni dei due dischi.

Questo che vedete qui sopra è il video per Wonderland, una delle canzoni più belle del disco, comunque spendiamo anche qualche parola per le cinque canzoni aggiunte nella special edition (come mi ero permesso di suggerire) e che ai primi ascolti mi sembrano avere un mood più tranquillo e riflessivo, per quanto sempre ricche di belle melodie e spunti interessanti. Fabrizio ha una bella voce, profonda ed espressiva, come ho detto altre volte, e questo spirito riflessivo si affianca benissimo a quello del rocker più scatenato che si evidenzia nei concerti dal vivo, dove comunque non manca l’amore per la melodia, esemplificato dagli amati Beatles.

Good Man ha un afflato quasi springsteeniano, una bella ballata mid-tempo avvolgente, con chitarre acustiche, elettriche e tastiere che si intrecciano alla perfezione, una solista minimale che si insinua dolcemente tra le pieghe della canzone fino a caratterizzarne il suono. It Always Comes Down potremmo definirla una sorta di “the blues according to Fabrizio”, un country-blues con tanto di armonica suonata dal nostro amico Fab e un’aria pigra e rilassata che comunque ben si accorda allo spirito scanzonato della canzone, non sempre il blues è dedicato alla sofferenza, ma può avere anche risvolti positivi come quelli evidenziati in questo brano. Anche Time Has Changed è una ballata, chitarre acustiche accarezzate, una ritmica appena accennata, belle armonie vocali e un piano molto discreto, con quei piccoli tocchi di chitarra elettrica, che sono tipici degli arrangiamenti del gruppo, raffinati e mai banali. Walking On Thin Ice è sempre lenta, ma con un suono più elettrico, con le ambientazioni sonore che rimangono più sospese, per quanto sempre pronte alle consuete  aperture alla melodia e con le chitarre pungenti e ben presenti, mentre la conclusiva Sky To Shine è un acquerello acustico, una folk ballad con spirito da cantautore, che illustra il lato più intimista di Fabrizio Friggione, ben servito, come di consueto, dal testo saggio ma al tempo stesso sognante di Massimo, a conferma che i due “gemelli psichici”. anche se hanno cambiato nome, sono pur sempre sulla stessa lunghezza d’onda.

Bruno Conti

Quanto A Talento Anche Qui Non Si Scherza, “L’Album Americano” Di Laura Marling – Short Movie

laura marling short move

Laura Marling – Short Movie – Ribbon Music/Caroline/VIrgin/Universal

Laura Marling ha compiuto 25 anni il 1° febbraio scorso, ma in cinque anni di carriera ha già pubblicato cinque album; il primo Alas, I Cannot Swim, uscito in concomitanza del suo 18esimo compleanno. Ed è uno dei rari casi, in presenza di musica di qualità, in cui il successo commerciale e quello di critica sono sempre andati a braccetto. Mi è capitato alcune volte di parlare dei dischi della Marling sul Blog e non ho potuto giustamente esimermi dal magnificarne la bellezza, e anche per questo Short Movie non posso che confermare: siamo di fronte ad un talento in continuo divenire ed il nuovo album è assolutamente da gustare senza remore di alcun tipo. Nel titolo del Post parlo di “album americano”,  solo in quanto lo stesso è stato concepito ed influenzato dalla permanenza di Laura sull’altro lato dell’oceano, California e New York, soprattutto la prima, i luoghi dove ha vissuto per un paio di anni, anche se nel frattempo, alla fine del 2014, è tornata a vivere a Londra. Proprio a Londra era stato comunque completato e registrato il disco, con l’aiuto dei produttori Dan Cox Matt Ingram, quest’ultimo anche batterista e percussionista all’interno dell’album; il vecchio amico Tom Hobden dei Noah And The Whale (dove Laura aveva militato tra il 2006 e il 2008, fino alla fine della sua relazione amorosa con Charlie Fink), al violino e archi, Nick Pini (che nella presentazione del CD avevo erroneamente chiamato Pinki) al basso e la collaboratrice storica Ruth De Turberville al cello, completano il cast dei musicisti utlizzati nel disco. La stessa Laura Marling si è occupata delle chitarre, acustiche ed elettriche.

E qui sta la sorpresa nel sound del nuovo disco: il babbo di Laura le ha regalato una Gibson ES 335, e come lei stessa ha detto in varie interviste questo fatto ha inlluenzato profondamente il sound delle canzoni, tanto che in fase di presentazione aveva parlato addirittura (spaventandomi non poco) di album “elettronico”, forse anche per l’uso dei Pro-tools, utilizzati dagli assistenti al mixaggio. Per fortuna gli ingredienti tecnici e strumentali, per quanto importanti, non hanno inficiato la qualità dei brani, come al solito molto elevata e anche se possiamo parlare di un suono più elettrico, a tratti, lo stile della Marling rimane quel folk classico con innesti rock e la vicinanza ai nomi classici del cantautorato, Joni Mitchell in primis, ma anche Suzanne Vega, e gli alfieri del nuovo folk-pop, oltre ai citati Noah And The Whale, Mumford and Sons, Johnny Flynn, spesso suoi compagni di avventura, senza dimenticare quelle influenze di Pentangle (quindi Renbourn e Jansch, ma anche Donovan e Incredible String Band) Fairport Convention, Sandy Denny, Linda Thompson, e dischi classici del rock britannico, come Led Zeppelin III o i Pink Floyd più bucolici. Ovviamente per molti di questi nomi si può che parlare di influenze indirette, magari la nostra amica manco li conosce o li frequenta, ma si “respirano” nel panorama inglese e nei suoi dischi, forse incosciamente https://www.youtube.com/watch?v=mUnZybH1nTE .

Questo “lavoro” sul timbro della voce conferisce a tratti un’aura sognante alle canzoni, come nell’iniziale Warrior, percorsa anche da effetti sonori e percussioni varie che arricchiscono il tessuto del brano, per il resto sorretto solo dall’arpeggio della chitarra acustica, ma l’eco, la voce che si avvicina e si allontana danno un tocco di magia che la rende più affascinante, inizio intrigante. In False Hope appare la prima chitarra elettrica, il suono si fa decisamente più rock, un riff “sporco” e ripetuto che prelude all’ingresso della batteria, ma sempre con effetti e tocchi geniali che rendono più incisivo il risultato sonico, che qualcuno ha paragonato alle cavalcate di PJ Harvey,  eroina del rock alternativo britannico, altri ci hanno visto echi di Patti Smith e dei Velvet Underground, comunque lo si veda brano eccellente, canzone ispirata dall’incontro ravvicinato con l’uragano Sandy a New York, e che nei primi reportage sul disco era stata presentata erroneamente come Small Poke (mi ero fidato anch’io di quanto letto, ciccando di brutto). I Feel Your Love, una canzone su un amore contrastato almeno a livello cerebrale, vive sugli spunti della chitarra acustica fluida e vivace della Marling, e si colloca musicalmente a metà strada tra la divina Joni e Suzanne Vega, con il lavoro del cello e degli archi che nebulizzano il suono. Walk Alone con la sua chitarra elettrica gentilmente pizzicata profuma di California e della gloria mai passata della West Coast più geniale, con Laura che cerca anche degli arditi falsetti che ricordano sempre quella signora di cui sopra, mentre il solito cello provvede a rendere più corposo il tutto. In Strange Laura Marling assume una tonalità vocale sardonica, maliziosa, quasi “perfida”, nel suo fustigare questo uomo sposato che ama la protagonista della canzone, ma diventa a sua volta il protagonista negativo del brano, che musicalmente, tra percussioni e chitarre acustiche, si situa in quella nicchia che sta tra i Led Zeppelin e i cantautori acustici dei primi anni ’70. Don’t Let It Bring You Down racconta della sua permanenza californiana a Sliver Lake, il primo luogo da poter chiamare casa, dopo sei anni vissuti girovagando, il pezzo sembra, anche vocalmente, una canzone dei primi Pretenders di Chrissie Hynde, se avessero voluto dedicarsi al folk-rock, e prende il meglio di entrambi i mondi, l’eleganza del folk e la briosità del pop.

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Easy contiene un verso tra i più visionari del disco “How did I get lost, looking for God on Santa Cruz? Where you go to lose your mind.  Well, I went too far this time” e musicalmente naviga ancora i mari della folk music più raffinata, con influenze quasi orientaleggianti nel cantato onirico e nel fingerpicking della chitarra. Gurdjieff Daughter’s cerca di raggiungere la “quarta via” proposta dal mistico e filosofo armeno, ma musicalmente sembra quasi un brano dei primi Dire Straits, un bellissimo pezzo elettrico cantato in piena souplesse dalla Marling, che si gode questo tuffo in una canzone costruita secondo la migliore tradizione della musica pop e rock, fin nel tintinnare delizioso delle chitarre elettriche. E anche Divine, che ha quasi gli stessi accordi del brano precedente, in versione acustica, con armonie vocali appena accennate e le solite sparse coloriture del gruppo di musicisti presente nel disco, si ascolta con grande piacere, mentre How Can I, è Joni Mitchell allo stato puro, tra Blue e Hejira, con le sue percussioni dal colpo secco, il borbottio del contrabbasso, le chitarre acustiche nervose e piccoli accenni di elettrica, forse il centrepiece dell’intero album, breve ma bellissima. Howl At The Moon è una sorta di blues elettrico, leggermente psichedelico, con la chitarra elettrica che disegna una traiettoria circolare quasi onirica e il cantato molto rarefatto, volutamente minimale, che moltiplica il fascino austero della canzone. Short Movie, la canzone che dà il titolo a questa raccolta, è uno dei brani più “strani” del disco, con degli archi dal suono leggermente dissonante, una sezione ritmica incalzante, inserti sonori che illustrano questo ipotetico “film breve” che raggiunge il suo climax nel crescendo finale https://www.youtube.com/watch?v=DdCdT_dcmUI . Si conclude con Worship Me, una ode quasi mistica a Dio, condotta nella prima parte solo da una chitarra elettrica, che poi viene avvolta dalle volute malinconiche della sezione archi, per questa mini sinfonia concertante, che illustra ancora una volta la costante crescita di questa magnifica cantautrice.

Esce domani.

Bruno Conti

Dal Vivo In Canada, Mais Oui! Brandon Santini – Live & Extended

brandon santini live & extended

Brandon Santini – Live & Extended! VizzTone Label

Nuovo e terzo album per Brandon Santini, il primo per una label “importante” (almeno nel blues), dopo due CD pubblicati a livello indipendente. Il nostro amico, che è considerato uno dei migliori armonicisti emergenti (e non solo), è andato la scorsa estate in Canada, come lascia intuire il logo del Festival di Quebec in copertina e la presentazione in francese ad inizio concerto (mais oui!), per registrare quello che è il suo primo album dal vivo e che quindi gode di pregi (tanti) e difetti (inesistenti) delle prove live: molti classici nel repertorio del giovane artista di Memphis! In ogni caso ci sono anche alcuni pezzi che sono farina del suo sacco, tra cui un paio che vengono presentati come nuovi nel lancio dell’album. Il “ragazzo” (a poco più di 30 anni nel blues lo si è) è veramente bravo, ha un ottimo phrasing, potenza e varietà nel suonare l’armonica ed è pure in possesso di una bella voce, che volete di più  https://www.youtube.com/watch?v=EVslLijkURY ? La partenza è subito micidiale con una poderosa versione di One More Mile, che nel caso porta la canonica firma Mckinley Morganfield, la band, con l’eccellente Timo Arthur alla chitarra ed una sezione ritmica che pompa di gusto, nelle persone di Nick Hern al basso e Chad Wire alla batteria,e  permette a Santini di soffiare con vigore e classe inusitati nella sua armonica: è un veloce hors-d’oeuvre, per rimanere in questa ambientazione francese, ma permette di apprezzare subito la bravura di questo musicista https://www.youtube.com/watch?v=TPQSDFTZxBo .

Le cose si fanno subito serie con una lunga e turbinante versione di This Time Another Year, il brano firmato con Charlie Musselwhite, che era anche la title-track dell’ultimo album di studio (di cui naturalmente vi avevo parlato http://discoclub.myblog.it/2014/01/12/quasi-gemelli-nel-blues-brandon-santini-jeff-jensen/ e poi uno slow di quelli “importanti” come Elevate Me Mama, altri sei minuti di puro Chicago blues, a firma di uno dei maestri, Sonny Boy Williamson e nella migliore tradizione del genere, con la voce e l’armonica di Brandon che si ergono imperiose sul classico groove del brano, veramente eccellente! Evil Woman, altra lunga escursione nella maestria all’armonica di Santini, permette di gustare anche un assolo di grande trasporto da parte di Timo Arthur,  prima della conclusione da vero showman, solo voce, armonica e batteria, con il pubblico incitato a partecipare. In Have A Good Time, come da titolo, continua la festa, con un brano che unisce temi surf e rockabilly, grazie alla chitarra guizzante di Arthur, mentre l’armonica riposa e Santini delizia il pubblico con la sua voce potente ed espressiva. Ma è un attimo, il soffio della mouth harp ritorna imperioso nella vorticosa Help Me With The Blues, sempre ben coadiuvato dai guitar licks del bravo Timo, per altri sette minuti di blues dal vivo da sballo, con tutti i “trucchetti” dei grandi performers all’opera.

brandon santini 1 Brandon+Santini

E se non bastasse, dopo una breve pausa, arriva subito una versione della famosa Got Love If You Want It, il celebre brano di Slim Harpo, che una band inglese, anzi “la” rock’n’roll band per eccellenza (ce l’ho qui sulla punta della lingua, inizia per Rolling e finisce per Stones), adattando una parola, ha utilizzato come titolo per il loro primo album dal vivo, in questa versione siamo in ambito rock-blues con la chitarra di Arthur che urla e strepita in risposta alle “provocazioni” dell’ottimo Santini, vero showman sia alla voce quanto all’armonica. Con No Matter What I Do ci “riposiamo” un attimo, si fa per dire, nelle braccia di un caldo Chicago Blues, prima di rituffarci in uno dei brani migliori del repertorio di Santini, What You Doing To Me, una raffinata New Orleans song composta insieme a Victor Wainwright e Jeff Jensen, compagni d’avventura nell’album di studio, e ottimi bluesmen in proprio. A seguire, il tour de force della lunghissima, oltre otto minuti, My Backscratcher, un brano di Frank Frost,  che parte forte e poi accelera ancora, sembra quasi di sentire la mitica J Geils Band dei tempi d’oro, tra rock e blues, come se loro vita dipendesse da questo. I Wanna Boogie With You, un titolo, un programma, è uno dei brani nuovi di Santini, con la band ancora in overdrive, fuoco e fiamme che covano nei classici ritmi del blues e del R&R, grandissimi, prima di lasciarci ancora con un esempio da manuale del miglior blues urbano offerto in una pimpante Come On Everybody che conclude in gloria un concerto che sancisce la gran classe di questo combo e del suo leader, il bravissimo Brandon Santini!

Bruno Conti