Non E’ La Sonda, Non E’ La Stele, Sarà Un Gruppo Canadese! Hey Rosetta – Second Sight

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Hey Rosetta – Second Sight – HR Music/Sonic Records

Quarto album per la band canadese Hey Rosetta (non un fatto casuale), originaria del Newfoundland, autrice di un indie rock, forse un termine riduttivo, molto raffinato e complesso, che può avvicinare il gruppo, per certe soluzioni sonore, ai più celebrati Arcade Fire, quelli prima della svolta “elettronica” dell’ultimo Reflektor,  che al sottoscritto non era piaciuto, vedremo l’imminente album solista di Will Butler, il fratello di Wim. Sono un quartetto, ma per l’ultimo album Second Sight https://www.youtube.com/watch?v=x1HRHWzdciw la formazione si è ampliata fino a sette elementi, aggiungendo tastiere, violino,cello, french horn e tromba alla classica base di chitarre, basso e batteria, con il leader Tim Baker, la voce solista ed altri componenti del gruppo spesso impegnati anche alle tastiere. Proprio la voce di è uno degli elementi distintivi della band: un timbro vocale che a tratti può ricordare quello di Paul Simon, ma anche gli impasti vocali dei Vampire Weekend, per esempio nell’iniziale, piacevolissima Soft Offering (For The Oft Suffering) https://www.youtube.com/watch?v=N28bjKh2aUQ , dove la voce di Baker, quando vira verso leggeri falsetti può portare alla mente pure Chris Martin dei Coldplay (sempre quelli dei primi tempi, quando erano un buon gruppo, non dimentichiamolo), una patina di leggera e non fastidiosa elettronica è sempre sparsa sulle melodie delle canzoni, spesso ritmate e coinvolgenti, mai troppo banali, con interessanti soluzioni sonore, come nella variegata Gold Teeth, con la voce dolce e leggera di Baker che guida in modo naturale il progredire di tutti i brani https://www.youtube.com/watch?v=A2MEbc9VL_k , anche Dream, con i suoi coretti ricorrenti, le chitarrine lavorate e l’ampio uso di tastiere, impiegate per rinforzare il suono, può rimandare ai citati Arcade Fire, e potrebbe avere anche un certo successo radiofonico con il suo pop raffinato.

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La lunga What Arrows, con un lieve crescendo che parte dall’intro voce, sempre in leggero falsetto, e chitarra acustica, e aggiunge strada facendo archi e tastiere, sezione ritmica e chitarre elettriche, per trasformarsi poi in un brano molto coinvolgente che, per strani percorsi mentali, mi ha ricordato i Church leggermente psichedelici di Heyday o Starfish, ma anche le migliori band indipendenti degli ultimi anni, con uno spiccato uso della melodia, ma anche la capacità di congegnare minisinfonie pop-rock intriganti https://www.youtube.com/watch?v=Uh0JC0Qt1Js . Interessante anche l’atmosfera sospesa e circolare che viene costruita in Promise, con tastiere e chitarre che circondano amorevolmente, in una complessa tessitura sonora, la voce raddoppiata e triplicata di Baker, per poi aprirsi improvvisamente in piccole esplosioni di energia. Eccellente anche la bellissima Kid Gloves, sempre in questo costante equilibrio tra pop super raffinato e art -rock, rivestito da strati di piano, tastiere e chitarre avvolgenti che non nascondono le melodie cantabili del brano, ma le rendono più affascinanti, come pure Neon Beyond, dove sembra di ascoltare una sorta di Paul Simon più futuribile, sempre circondato da questo muro di strumentazione che si raccoglie e si espande in continui squarci sonori, per poi richiudersi in moti più dolci ed intimi, alternando questa tendenza all’inno più roboante con la costruzione più sobria e meditata. Kintsukuroi, il singolo dell’album, esplica alla perfezione questa dicotomia tra derive pop e costruzioni sonore più complesse, con il suo ritornello coinvolgente ed una melodia ariosa e solare, resa ricchissima dalle geniali aperture strumentali, anche nello spazio dei soli tre minuti https://www.youtube.com/watch?v=Gu8HMFhITqw .

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Cathedral Bells, una delicata ballata che si apre con la voce solitaria di Tim, una chitarra acustica appena accennata e un organo, poi si sviluppa nuovamente nell’abituale catalogo di delizie sonore, senza perdere un briciolo della sua dolcezza e anche Alcatraz, l’altro brano che supera i sei minuti https://www.youtube.com/watch?v=7lG0VPXIk8c , non manca di affascinare l’ascoltatore con la sua strumentazione opima ed elaborata, arrangiamenti sempre ricchi di soluzioni sonore all’apparenza semplici, che nascondono un gusto per queste piccole perle soniche dove l’abilità nell’uso delle più moderne tecniche di produzione non nasconde solo un vuoto di idee, come spesso succede in chi osa il passo più lungo della gamba. E occorre dire che non c’è un brano brutto che sia uno, Harriet è un’altra ballata mossa  https://www.youtube.com/watch?v=CFen4mcA-R8 , sempre in bilico tra momenti ritmici più accentuati e strumentazione più ricca, nel caso per l’uso dei fiati e del pianoforte, mescolati alle “solite” chitarre e tastiere, a dare quel tocco in più ad un brano cantato con grande partecipazione da Tim Baker, che ci lascia infine con un’ultima, meravigliosa ballata pianistica come Trish’s Song, un brano quasi scarno rispetto alle epiche costruzioni delle canzoni precedenti ma che conferma il talento quasi innato di questo signore per la melodia più pura, grazie anche alle struggenti armonie vocali che sono il corollario quasi inevitabile per una canzone altresì così composta.

Bruno Conti

Non E’ La Sonda, Non E’ La Stele, Sarà Un Gruppo Canadese! Hey Rosetta – Second Sightultima modifica: 2015-03-12T09:35:27+01:00da bruno_conti
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