Una ” Nuova Fratellanza”, Anche Migliore Della Vecchia! Royal Southern Brotherhood – Don’t Look Back

royal-southern-brotherhood-dont-look-back

Royal Southern Brotherhood – Don’t Look Back The Muscle Shoals Sessions – Ruf Records

E’ tempo di cambiamenti nella “fratellanza” dei reali del Sud, se ne vanno Mike Zito e Devon Allman e arrivano Bart Walker e Tyrone Vaughan: uno potrebbe pensare che l’avventura della band sudista possa essere arrivata al capolinea. E invece i RSB con Don’t Look Back realizzano quello che sembrerebbe essere il loro miglior album di studio (e lo è) https://www.youtube.com/watch?v=obQ6cdaJiAA . Come mi era capitato di dire parlando dei due dischi precedenti http://discoclub.myblog.it/2012/05/11/famiglie-reali-royal-southern-brotherhood/http://discoclub.myblog.it/2014/07/20/capitolo-secondo-piu-o-meno-royal-southern-brotherhood-heartsoulblood/, il gruppo non era mai riuscito ad essere, in studio (perché il Live Songs From The Road, era un fior di disco dal vivo), la somma dei notevoli talenti che lo componevano, il terzo membro della band il leggendario Cyril Neville, uno dei componenti originali dei Meters e dei Neville Brothers. Sia Mike Zito che Devon Allman avevano registrato vari dischi solisti in contemporanea alla vita del gruppo, dove la qualità dei contenuti erano decisamente superiore a quella degli sforzi collettivi (o così pareva a chi vi scrive, se avrete la pazienza di andarvi a rileggere quanto scritto dal sottoscritto ai link che trovate sopra). Intendiamoci, i due dischi non erano per niente brutti, ma qualcosa non quagliava completamente, a brani eccellenti se ne alternavano altri meno incisivi e le canzoni più rock e tirate, stranamente parevano essere più quelle di Neville che quelle dei chitarristi.

Forse i nomi dei nuovi arrivati non vi diranno molto (ma i cognomi, almeno in un caso, sì): Bart Walker, che prende il posto di Mike Zito sul lato sinistro del palco (così vuole l’iconografia), viene da Nashville, ha un buon disco solista a proprio nome, Waiting On Daylight, pubblicato sempre dalla Ruf nel 2013 (e un altro a livello indipendente del 2011), ed è stato in passato braccio destro del southern-country rocker Bo Bice nel terzo disco,  solista, ma ha suonato anche con Mike Farris, e cura appunto il lato southern rock-blues più energico della band. Tyrone Vaughan, ebbene sì, il cognome ci dice che è proprio il figlio di Jimmie Vaughan e quindi nipote di Stevie Ray Vaughan, una bella responsabilità: anche lui un disco solista alle spalle, Downtime, uscito per la Blues Boulevard, tra blues (e ci mancherebbe) e venature country. Un altro degli atout del nuovo disco è il fatto di essere stato registrato, come recita il sottotitolo dell’album, nei mitici studi Muscle Shoals, con la produzione di Tom Hambridge (che ultimamente non sbaglia un colpo, come testimonia il suo lavoro con Joe Louis Walker, Devon Allman, Buddy Guy, George Thorogood, James Cotton e mi fermo qui), la partecipazione di Jimmy Hall (sempre lui, Wet Willie, recentemente in tour e su CD, nella band di Jeff Beck) al sax e armonie vocali, e Ivan Neville, della premiata ditta Dumpstaphunk, alle tastiere, oltre ad una sezione fiati di un paio di elementi in alcuni brani. Uno come Cyril Neville, nonostante la gloriosa carriera, ha detto che comunque gli ha fatto un certo effetto essere nello stesso posto fisico dove aveva cantato un certo Wilson Pickett. Ovviamente Yonrico Scott e Charlie Wooton mantengono il loro posto come batterista e bassista dalla potenza e dalla duttilità incredibili.

Questo è il disco tosto  e dal piglio sudista, pur se meticciato, che ci si aspettava da loro, come dimostra subito l’iniziale I Wanna Be Free, con le chitarre dei due nuovi venuti che si scambiano sciabolate e riff, oltre ad assoli all’unisono, nella tradizione del miglior southern rock, una partenza micidiale e non guasta che i due abbiamo anche delle buone voci (ma anche Zito e Allman non scherzavano su quel lato). Reach My Goal, aumenta la quota funky-soul, con un bel organo a svisare in primo piano sull’irresistibile groove della sezione ritmica, mentre anche il piano lavora di fino e le chitarre “riposano”. Don’t Look Back, la canzone, costruita intorno a un giro superfunky del basso fretless di Wooton e al banjo di Walker, ha una atmosfera a cavallo tra il classico Neville sound di New Orleans e tocchi country-gospel (esiste, esiste, basta sentire)! Hit Me Once deve avere assorbito l’atmosfera che trasuda dai mitici studi Fame fondati dal grande Rick Hall (nume tutelare di questo album) negli anni ’60 quando il R&B e i soul si fondevano senza sforzi con le “nuove” sonorità del rock e le prime avvisaglie del funk, e le chitarre sinuose di Walker e Vaughan sono lì a testimoniarlo. Big Greasy è più funky che mai, tra clavinet, organo e chitarre wah-wah impazzite, il lato Meters e Neville del gruppo prende il sopravvento, ma poi Hard Blues, un titolo, un programma, lascia spazio nuovamente al suono texano di una certa famiglia, senza dimenticare quella quota sudista che è insita nella ragione sociale della band, e qui le soliste tornano a ruggire, se “il lupo ululì e il castello ululà” cosa fanno le chitarre? Sentite e poi me lo dite voi! E che dire di Better Half, una bellissima ballata soul dedicata da Cyril Neville alla sua amata, una meraviglia di equilibri e di particolari sonori raffinatissimi

.Royal Southern Brotherhood 2014

Penzi non so dirvi cosa voglia dire, però sembrano i Santana in trasferta a New Orleans con qualche retrogusto gitano alla Gypsy Kings, ma suonato al mandolino, mentre It’s Time For Love è solo del sano funky-soul, niente di memorabile, ma si lascia ascoltare (forse l’unico brano dove riaffora quel senso di incompiuto delle canzoni dei primi due dischi, piacevoli ma uguali a mille altre). Anche Bayou Baby svela le sue carte fin dal titolo, funky, soul, rock, reggae, gumbo music, blues, chitarre affilate, soprattutto la slide, una armonica (Jimmy Hall?) e begli intrecci vocali per quel melting pot sonoro che è una delle qualità migliori di questo disco. Poor Boy ha quell’andatura incalzante tra rock e funky, stile che qualcuno chiama “strut”, termine che viene dal fatto di camminare impettiti e leggermente ondeggianti, come il groove del brano lascia intendere, ma poi le chitarre nel finale si lasciano andare in piena libertà, per dirla alla Rocco, molto nasty https://www.youtube.com/watch?v=HH_rUtI9jr8 ! They Don’t Make ‘Em Like You No More è un funky hendrixiano con fiati e chitarre wah-wah che impazzano, e anche la tromba di Paul Armstrong (parente anche lui?) che cerca di farsi largo nel magma sonoro incandescente della canzone, questo è veramente funky come non se ne fa più, micidiale! Ci eravamo dimenticati un attimo del rock? Non temete, ritorna, con una poderosa Come Hell Or High Water, un brano che non so perché (anzi se lo scrivo, lo so) mi ricorda moltissimo i vecchi Doobie Broothers, un gruppo che sapeva fondere rock e ritmi ballabili, ma di gran classe. E per concludere, ciliegina sulla torta di un disco veramente notevole e consigliato a tutti quelli che amano la buona musica, troviamo una Anchor Me, che accanto alla firma di Cyril Neville porta quella di Anders Osborne, uno che di belle canzoni, anche ballate romantiche di stampo acustico, se ne intende.

Bruno Conti

Una ” Nuova Fratellanza”, Anche Migliore Della Vecchia! Royal Southern Brotherhood – Don’t Look Backultima modifica: 2015-05-14T19:45:01+02:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo