Secondo Me Approverebbe Anche Bob! Francesco De Gregori – Amore E Furto: De Gregori Canta Dylan

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Francesco De Gregori – Amore E Furto:  De Gregori Canta Dylan – Caravan/Sony CD

Per una grande maggioranza della stampa italiana che procede per stereotipi, e sempre gli stessi, Francesco De Gregori è il Bob Dylan italiano, come se ce ne fosse anche uno spagnolo, tedesco o cinese. Intendiamoci, il cantautore romano non ha mai nascosto il suo amore per il menestrello di Duluth (definizione da me usata in maniera volutamente ironica), ma da qui a farlo sembrare un apostolo del Bardo ce ne vuole: De Gregori ha infatti sempre avuto uno stile suo, anche se i riferimenti dylaniani nelle sue opere sono molteplici, ed anche lui secondo me qualche volta ci ha un po’ giocato, nel modo di cantare, nel riarrangiare le sue canzoni dal vivo, perfino nel modo di suonare l’armonica (nel live Il Bandito E Il Campione c’è un assolo, mi sembra in Rimmel, che ricalca pari pari quello di Bob in It Ain’t Me, Babe tratta da Real Live). A molti è parso quindi normale che, a questo punto della sua carriera, il nostro abbia deciso di pubblicare un album intero di sole cover dylaniane, arrivando anche a mutuarne il titolo, Amore E Furto, da un lavoro del leggendario cantautore americano (Love And Theft, appunto); De Gregori però ci ha tenuto a specificare, a mio parere giustamente, che il suo amore per Dylan è più assimilabile alla (sconfinata) ammirazione di un collega che all’adorazione di un fan, tanto più che, nell’ormai famosa serata dello scorso Luglio in cui lui e Bob hanno suonato sullo stesso palco a Lucca, Francesco ha volutamente evitato di incontrarlo, lasciando con un palmo di naso tutti quei giornalisti pronti a scrivere un articolo del tipo “L’allievo incontra il maestro”.

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Amore E Furto è stato inciso nelle varie pause dell’ultimo tour di De Gregori, con la sua ormai abituale band (Guido Guglielminetti, che è anche il produttore, al basso, Paolo Giovenchi e Lucio Bardi alle chitarre, Alessandro Arianti all’organo e tastiere, Stefano Parenti alla batteria, Alessandro Valle alla steel, mandolino e banjo, Elena Cirillo al violino, oltre al consueto ensemble di cori femminili): in questo disco il Principe (uno dei soprannomi affibbiati dai fans al nostro) ha scelto undici canzoni, optando per alcuni episodi anche minori del repertorio dylaniano, ed evitando i superclassici del calibro di Like A Rolling Stone, Blowin’ In The Wind, Mr. Tambourine Man, ecc. Ebbene, De Gregori ha avuto un grande rispetto per Dylan, sia nella scelta degli arrangiamenti (in quasi tutti i casi tranne un paio assolutamente aderenti agli originali, in quanto non si è sentito in diritto, e questo dimostra umiltà, di stravolgere le canzoni del più grande songwriter di sempre), sia nelle traduzioni: un lavoro certosino con il quale il nostro è pienamente riuscito a mantenere il senso dei brani originali, pur con inevitabili adattamenti dovuti più che altro a problemi di metrica, rime e anche per la presenza di espressioni tipicamente americane ma che da noi non avrebbero significato nulla.

Intelligente infine l’idea di riportare sull’elegante libretto incluso nel CD anche i testi originali, in modo da offrire un confronto con la traduzione a fronte, comprendendo anche le parti non tradotte per ragioni di minutaggio e di impossibilità oggettiva (De Gregori ha ammesso di aver provato anche con altre canzoni, tra cui My Back Pages, ma di aver rinunciato proprio per la complessità dei versi in inglese). L’album si apre con Un Angioletto Come Te (uscita anche come singolo), versione tradotta da Sweetheart Like You, un brano preso da Infidels e di cui all’epoca era stato fatto anche un video ma che oggi è piuttosto dimenticato: Francesco lo ripropone con un suono solido, dove le chitarre si sentono chiaramente, mantenendo lo spirito dell’originale ma nello stesso tempo dandole quel tocco personale tale da farla sembrare quasi sua. Servire Qualcuno è il più celebre dei brani “a elencazione” di Dylan, cioè Gotta Serve Somebody (altri esempi in tal senso possono essere No Time To Think e Everything Is Broken), e quindi quello che dovrebbe aver dato a De Gregori la maggior libertà di movimento senza alterare il senso della canzone: particolarmente apprezzabili il verso autobiografico “You may call me Bobby, you may call me Zimmy” che diventa “Puoi chiamarmi Ciccio, puoi chiamarmi Generale” e l’intuizione di tradurre high-degree thief (ladro d’alto grado) con “senatore”. Non Dirle Che Non E’ Così (If You See Her, Say Hello) era già stata pubblicata dal nostro come bonus track di studio sul live La Valigia Dell’Attore (e scelta da Bob in persona per la colonna sonora del bizzarro Masked And Anonymous), ma per questo album è stata reincisa ex novo, ed ascoltarla è sempre un piacere, grazie anche alla voce carismatica del nostro, alla quale l’età ha conferito maggior calore. https://www.youtube.com/watch?v=D9AmQQo4jGU

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Ed ecco a mio parere l’highlight del disco: Via Della Povertà è la versione di Desolation Row, un brano che farebbe tremare le gambe a chiunque, eppure Francesco cambia totalmente l’arrangiamento con una disinvoltura disarmante, facendola diventare una ballata rock elettrica, vibrante ed appassionata, avendo avuto l’intelligenza di capire che ricreare l’atmosfera intima ed acustica dell’originale apparso su Highway 61 Revisited sarebbe stato impossibile, e dandoci una canzone praticamente rinnovata, un capolavoro che assume un aspetto inedito ma non per questo meno stimolante. (NDM: Francesco l’aveva già tradotta nel 1974, con il medesimo titolo, per l’album Canzoni di Fabrizio De André, anche se con parole completamente diverse e molto meno aderenti all’originale) https://www.youtube.com/watch?v=KaecBjAbqlA .

Anche Come Il Giorno, cioè I Shall Be Released, era già stata incisa una volta da De Gregori (per il semi-antologico Mix), e questo arrangiamento si rifà molto di più alla versione di The Band che a quella di Dylan (anche le armonie vocali ricalcano volutamente quelle del gruppo di Robbie Robertson), ma l’accompagnamento elettrico ed il cantato teso è più in linea con l’adattamento live di The Last Waltz che con quello in studio di Music From Big Pink. Mondo Politico e Non E’ Buio Ancora vengono dal Dylan prodotto da Daniel Lanois (Political World e Not Dark Yet), e De Gregori riesce a ricreare alla perfezione le atmosfere del musicista canadese e, mentre la prima è quasi un copia-incolla (voluto, si intende), ma non è tra i miei brani preferiti da Oh, Mercy, la seconda è uno dei più bei testi dylaniani sul tempo che passa e sulla vecchiaia che avanza, e l’interpretazione del musicista romano è semplicemente toccante.

Acido Seminterrato vede il nostro cimentarsi con Subterranean Homesick Blues, cioè uno dei pezzi di Dylan che credevo più intraducibili, ma De Gregori se la cava alla grande, riuscendo anche a riproporre il suono elettrico vintage degli anni sessanta, anche se il famoso verso “You don’t need the weatherman to know which way the wind blows” tradotto con “Non ti serve un calendario per sapere qual è il mese” perde a mio parere gran parte della sua forza. Sono molto contento della presenza di Una Serie Di Sogni, dato che Series Of Dreams è nella mia Top Three personale delle canzoni di Dylan (anche qui Franceco l’aveva già tradotta per l’album Il Futuro di Mimmo Locasciulli, ma di nuovo con qualche differenza): è sempre una goduria, ma forse lo sarebbe anche se fosse cantata in giapponese (però non credo…). Tweedle Dum & Tweedle Dee (titolo originale quasi uguale, con Dum e Dee invertiti) non mi è mai piaciuta molto, ma si vede che De Gregori la pensa diversamente (e poi doveva pur prenderne una da Love And Theft), mentre Dignità, che chiude il CD, è una delle grandi canzoni di Bob (Dignity, ovviamente), cantata e suonata benissimo da Francesco e band, senza le sovraincisioni superflue di Brendan O’Brian nella versione pubblicata per prima da Dylan, sul suo terzo Greatest Hits, ed altro brillante lavoro di traduzione per un testo assolutamente non facile.

Piccola considerazione personale: è chiaro che è dura scegliere una manciata di brani dall’immenso songbook dylaniano, ma non nascondo che avrei ascoltato volentieri una versione in italiano di Positively 4th Street, forse il pezzo più velenoso della carriera di Bob (a parte il verso finale di Masters Of War), dato che al Principe la vena polemica non manca di certo. Un gran bel disco dunque, che evita l’effetto karaoke (ma con De Gregori non c’era questo pericolo), e dimostra tutto il rispetto del cantautore nostrano per il “maestro” d’oltreoceano, il quale, se verrà in possesso di una copia di Amore E Furto, non potrà che apprezzare.

Marco Verdi

Secondo Me Approverebbe Anche Bob! Francesco De Gregori – Amore E Furto: De Gregori Canta Dylanultima modifica: 2015-11-02T18:31:19+01:00da bruno_conti
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