L’Ultima Ristampa Dell’Anno: Le Origini Di Uno Dei Migliori! Them – The Complete Them 1964-1967

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Them – The Complete Them 1964-1967 – Exile/Sony Legacy 3CD

A mio modesto parere (e so che anche Bruno è d’accordo con me) Van Morrison è uno dei più grandi songwriters di sempre: personalmente è nella mia Top Three subito dopo Bob Dylan e prima di Paul Simon (dal punto di vista della pura scrittura di canzoni, poi per una serie di altri motivi preferisco gente come Bruce Springsteen, Neil Young e John Fogerty) *(NDB Come sanno i lettori del Blog aggiungerei Richard Thompson). Credo però che anche il più sfegatato dei fans debba ammettere che il buon Van abbia un carattere piuttosto difficile (eufemismo), che lo ha portato, specie negli ultimi anni, a cambiare case discografiche con la stessa frequenza con cui io mi cambio le calze. Ho quindi reagito con più diffidenza che entusiasmo quando ho letto dell’acquisizione da parte della Sony di tutto il catalogo dell’irlandese (tranne la splendida trilogia Astral Weeks, Moondance e His Band & The Street Choir, non di sua proprietà, ma che ha beneficiato di recente di ristampe potenziate, ed il parzialmente rinnegato Blowin’ Your Mind), con l’intento di pubblicarlo a blocchi con l’aggiunta di bonus tracks: infatti un’operazione simile era cominciata nel 2008 con la Universal ma, dopo alcune ristampe dove peraltro le tracce aggiunte erano pochine, il nostro aveva deciso di interrompere tutto lasciando l’opera monca.

Il tempo farà chiarezza, ma l’inizio di questa nuova operazione promette alquanto bene: infatti Van ha deciso di cominciare proprio dal principio, cioè dai Them, band da lui fondata nel 1964 a Belfast insieme a Billy Harrison, Alan Henderson, Eric Wrixon (poi rimpiazzato da Pat McAuley) e Ronnie Millings, pubblicando The Complete Them 1964-1967, un’antologia nuova di zecca che comprende i primi due LP del quintetto (The Angry Young Them e Them Again) oltre ai singoli ed EP nei primi due CD, ma soprattutto un terzo CD con ben venti brani inediti (su 24 totali), cosa inaudita per uno come Morrison così geloso dei propri archivi; se aggiungiamo che Van in persona ha scritto le esaurienti note del libretto accluso è facile capire perché questo triplo CD manda in soffitta tutte le precedenti antologie del gruppo (ed aggiungerei la rimasterizzazione quasi perfetta).

Riascoltando i brani dei primi due dischetti balza subito all’occhio (anzi, all’orecchio) come i Them fossero ben più di una semplice band di gioventù: Morrison aveva già una voce formidabile (non me ne vogliano li altri, ma il gruppo è 98% Van, lo dimostra il fatto che quando hanno provato a continuare senza di lui non se li è filati più nessuno), è le canzoni ci mostrano le influenze blues, soul ed errebi del nostro, il quale se le porterà dietro durante tutta la carriera. Tra le molte cover, abbiamo infatti canzoni di Ray Charles, Jimmy Reed, John Lee Hooker, Fats Domino, James Brown ed altri, autori da sempre indicati da Van come alcuni dei suoi ispiratori principali. Grande merito va poi riconosciuto a Bert Berns, molto più che un semplice produttore: Berns ha infatti aiutato molto Van ad approfondire certe conoscenze musicali, gli ha dato innumerevoli consigli, ed in più ha scritto per il gruppo alcune tra le loro più belle canzoni (Here Comes The Night su tutte, ma anche I Gave My Love A Diamond, Go On Home Baby, la splendida (It Won’t Hurt) Half As Much, My Little Baby) https://www.youtube.com/watch?v=TLkPlLpWh7o .

Il resto però è puro merito di Morrison e soci, un misto di rock, blues e soul di alto livello e dal suono molto americano, che in certi momenti ricorda il sound dei primi Stones (Go On Home Baby) e degli Animals (I’m Gonna Dress In Black); Van, poi, non ci ha messo molto ad imparare a comporre, se già al secondo brano autografo (dopo l’elettrica e quasi psichedelica One Two Brown Eyes https://www.youtube.com/watch?v=Y68xQfBn3kU ) ha tirato fuori l’immortale Gloria, ancora oggi suonata come bis finale in molti suoi concerti. Ma le belle canzoni si sprecano, dal rock blues di Baby Please Don’t Go (con un non accreditato Jimmy Page alla chitarra ritmica) https://www.youtube.com/watch?v=d7qNnyF3wtQ , alla meravigliosa Here Comes The Night (un brano che uno come Willy DeVille deve aver ascoltato fino alla nausea), la strepitosa Don’t Look Back (John Lee Hooker), la potente Bright Lights, Big City (Jimmy Reed), l’irresistibile rock’n’roll di (Get Your Kicks On) Route 66 (Nat King Cole). Nel secondo CD, dove Tommy Scott sostituisce Berns, assistiamo alla maturazione di Morrison come autore: sue sono infatti la bellissima Could You Would You, la splendida My Lonely Sad Eyes https://www.youtube.com/watch?v=XHPRCaXEd5M , un folk-rock solare dalla melodia sopraffina, Bad Or Good, un errebi che sfiora la perfezione, la fluida Hey Girl, nella quale si intravedono le atmosfere che renderanno sensazionale Astral Weeks https://www.youtube.com/watch?v=eyUKCB45dPU , o la grandissima Friday’s Child, ancora oggi una delle composizioni più belle dell’irlandese https://www.youtube.com/watch?v=NY3ltdG9vBQ . E’ bello confrontare anche la raffinata versione di I Put A Spell On You, sinuosa e seducente, con quella più roccata e “fisica” dei Creedence Clearwater Revival, oppure bearsi davanti all’eterea resa di una splendida It’s All Over Now, Baby Blue di Bob Dylan (Van affrontava anche autori contemporanei, c’è pure un’intrigante Richard Cory di Paul Simon).

Ma, come già detto, è il terzo CD che offre un’inattesa pioggia di inediti: non ci sono canzoni mai sentite, “solo” demo, alternate takes e versioni dal vivo di brani noti, ma per un fan è la manna dal cielo. Si parte con quattro demo: una Don’t Start Crying Now diretta ed ancora grezza, una Gloria già sulla buona strada per diventare il classico che sappiamo, una One Two Brown Eyes meno incisiva dell’originale ed una Stormy Monday Blues già notevole; poi abbiamo una versione alternata e più lenta (ma niente male) di Turn On Your Lovelight, una Baby Please Don’t Go grintosa ma non molto diversa dall’originale ed una Here Comes The Night con delle sfumature differenti che me la fanno apprezzare quasi di più. E’ quindi la volta di tre pezzi dal vivo alla BBC, Gloria e All For Myself, ottime, ed ancora Here Comes The Night, che se non si è capito mi piace assai. Altre sette versioni alternate, tra le quali spiccano (It Won’t Hurt) Half As Much e My Little Baby, che non arrivo a dire che sono meglio degli originali ma se la battono, una sontuosa How Long Baby ed una sempre bellissima One More Time https://www.youtube.com/watch?v=7WtHplp_57I . Completano il dischetto altri tre brani live (le solite Gloria e Here Comes The Night, più One More Time), le single versions di Call My Name e Brimg’Em On In, la bella Mighty Like A Rose (non pubblicata all’epoca ma edita in una precedente compilation del gruppo) https://www.youtube.com/watch?v=MAtEx-cbpZ4  ed un’altra take di Richard Cory https://www.youtube.com/watch?v=DIh978OR7X8 .

Nell’attesa di vedere nel 2016 gli sviluppi del catalogo morrisoniano, godiamoci questo triplo CD: Van era già un grande, e questi 69 brani sono qui a dimostrarlo.

Marco Verdi

Un Altro Che Se Ne Va! E’ Morto “Lemmy” Dei Motorhead.

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Ho aperto questo breve ricordo su Ian Fraser “Lemmy” Kilmister con l’immagine che si trova aprendo il sito dei Motorhead, il suo gruppo storico, in quanto mi sembra che sintetizzi alla perfezione la sua personalità. Lemmy, come lo conoscevano tutti, è morto il 28 dicembre, a 70 anni, dopo una malattia brevissima: aveva saputo di avere un tumore estremamente aggressivo il 26 dicembre e solo due giorni dopo se ne è andato. Una delle figure storiche dell’heavy metal e dell’hard rock inglese (ma prima, per alcuni anni anche negli Hawkwind, la grande band britannica di space rock), ha vissuto i suoi anni migliori, quelli dei Motorhead, che peraltro si sono protratti fino ai giorni nostri, con gli album pubblicati sul finire degli anni ’70. Questo quartetto di dischi rimane tra i must di chi ha amato e ama questo genere…

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Periodo culminato con la pubblicazione del leggendario Live No sleep ‘til Hammersmith che nel 1981 raggiunse il 1° posto delle classifiche inglesi, un fatto rarissimo per un disco dal vivo di qualsiasi genere.

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Quindi aggiungiamo un ennesimo Rest In Peace in questo 2015 funestato da molte morti.

Bruno Conti

Un “Sudista” Alla Francese – Leadfoot Rivet – Southern Echoes

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Leadfoot Rivet – Southern Echoes – Dixiefrog/Ird 

Ammetto di non conoscere molto il personaggio, ricordo il nome Leadfoot Rivet perché era uno dei partecipanti al tributo a Roy Buchanan che era uscito a nome Fred Chapellier & Friends nel 2007 e so che ha registrato sei o sette album, tra cui un ottimo Live lo scorso anno https://www.youtube.com/watch?v=VIMhPpWCtw4 . Anche Rivet, come Chapellier è francese, ma non è un chitarrista, più cantante e armonicista, per quanto se la cavi alla electric resonator. Nel libretto del nuovo CD Southern Echoes c’è una lista di tutte le sue collaborazioni passate e presenti, che è lunga come un elenco telefonico, ma che sinceramente non ricordo: da Albert King, Wilson Pickett, Bobby Bland, Irma Thomas, i Flying Burrito Brothers, agli Ozark Mountain Daredevils, Irma Thomas, Steve Young, Duke Robillard, Tom Principato, e mille altri, sarà vero, può essere, visto che il nostro non è più un giovanotto, boh! Sicuramente Larry Garner gli ha dato il soprannome “Leadfoot” mutuato da nomignoli che girano in Louisiana, ma anche se il cognome d’arte viene da quella zona, però non è quello vero, in quanto il nostro all’anagrafe fa Alain Rivey. Al di là di tutto comunque il disco è piacevole, undici pezzi firmati da Rivet e quattro cover, con un buon gruppo di musicisti che lo accompagnano, in gran parte francesi e non particolarmente noti, a parte il texano Anson Funderburgh che suona la solista in Highly Educated Fool, uno dei brani migliori, più vicino al blues elettrico, dove si gusta anche la guitar-sitar di Thomas Weirch.

Per il resto lo stile musicale è molto ibrido, “sudista” nelle intenzioni (Leadfoot viene dalla Provenza, quindi sud della Francia), con elementi country, cajun, zydeco, soul e R&B bianco, un po’ di jazz after-hours leggerino, una sorta di Willie Nelson “de noantri”, anche se lì siamo su ben altri livelli. Comunque la voce è piacevole, rauca, vissuta, non memorabile, ma ben impostata, specie quando si cimenta con una versione gospel-soul di He Ain’t Heavy (He Is My Brother), il famoso brano portato al successo dagli Hollies, qui in una versione quasi knopfleriana, che al primo ascolto mi era parsa abbastanza pacchiana, anche per il lavoro forse troppo complesso alla batteria di Stephane Avellaneda, dalla band di Ana Popovic, ma poi la doppia voce di Slim Batteux e le armonie delle coriste alla fine portano a casa il risultato. Per il resto troviamo pigre ma grintose tracce tra country, soul e blues, come l’iniziale The Bullfrog, dove armonica, chitarre slide e soliste si intrecciano con gusto o Shed My Old Skin dove il profumo delle paludi della Louisiana è insaporito da tocchi R&B, e ancora Hangover In Hanover, che al di là del gioco di parole da quattro soldi è un buon country-folk alla Willie Nelson, non fosse per il vocione di Rivet.

Highly Educated Fool è il blues elettrico con Funderburgh di cui si è detto, e Ghost Train è un veloce country-rockabilly gospel à la Johnny Cash. Slow Motion, cover di tale Billy Stone si muove tra gospel e deep soul, quindi nuovamente territori sudisti, anche grazie alla presenza delle coriste, con JP Avellaneda (fratello del batterista) che rilascia un buon solo di chitarra. Di nuovo aria di New Orleans per Livin’ With Me Is Funny, con l’armonica che fa la parte della fisa, con He Is A Loner di nuovo una di quelle ballate country soul valzerate di cui Willie Nelson è maestro. Somewhere South Of Macon, dall’andatura più marcata e rock è un ottimo brano dal songbook della sottovalutata Marshall Chapman, mentre Damned Tourist con un bel piano elettrico a menare le danze è di nuovo New Orleans style. Non entusiasma il jazz-blues afterhours di una raffinata ma loffia Miss Paranoia, meglio l’ultima cover, ma di poco, il country-swing di Dinosaur, scritta da Hank Williams Jr., a tratti fin troppo gigionesca, Bromberg questo tipo di brani li farebbe molto meglio. Rimangono Why Lie? Need Beer!, una bella traccia countryfied elettroacustica con uso di mandolino e la conclusiva, discorsiva, lunghissima (oltre 8 minuti) The Game Of Love, di nuovo in area country got soul, o se preferite soul blues, con un crescendo intenso e ricco di spirito gospel sudista.

Bruno Conti

Il Ritorno Di Uno Dei Fondatori Del British Blues. Mike Vernon – Just A Little Bit

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Mike Vernon – Just A Little Bit – Cambaya Records/IRD 

Mike Vernon è stato uno dei personaggi più influenti della scena musicale inglese, e dell’allora nascente british blues, dal 1965 in avanti; prima come produttore alla Decca ( ma la sua prima produzione è stata per Five Long Years di Eddie Boyd, su etichetta Fontana), iniziando con l’esordio di John Mayall con i Bluesbreakers, e tutti gli album successivi fino a Blues From Laurel Canyon, ma anche le prime prove di David Bowie, dei Savoy Brown, dei Ten Years After, dei Chicken Shack, nel frattempo fondando anche la Blue Horizon, gloriosa etichetta che tra il 1966 e il 1971 pubblicò alcuni dei migliori dischi del genere, a partire da quelli dei Fleetwood Mac di Peter Green (Di cui avete letto ieri nel Blog, anche se erano quelli “californiani”), tra cui il seminale Blues Jam In Chicago, album che fondeva in modo mirabile i grandi bluesmen neri e le loro controparti bianche, caratteristica sempre presente nelle produzioni di Vernon, grande amante della musica nera, dagli anni ’40 in avanti.

https://www.youtube.com/watch?v=BQjBdROOwH8

Come avranno notato i più attenti lettori ho usato il passato remoto per descrivere il nostro, in quanto da allora in poi il buon Mike ha un po’ vivacchiato, con qualche soprassalto, come quando ha fondato le etichette Indigo e Code Blue negli anni ’90, o quando è ritornato alla produzione nel marzo 2010 per il secondo album del ragazzo prodigio Oli Brown (che si è un po’ perso per strada). Vernon ha anche pubblicato un album solista, Moment Of Madness, nei primi anni ’70, e poi ha partecipato alla storia di alcuni gruppi che definire “minori” è un eufemismo. Quindi, senza volere mancare di rispetto, non è che un nuovo album di Mike era una delle nostre priorità assolute: ma lo ha fatto e quindi parliamone, brevemente. Registrato a Antequera, con una band spagnola, Los Garcia https://www.youtube.com/watch?v=fC2nykC_c0s , il disco ci riporta alle grandi passioni di Vernon: il R&B, il R&R e ovviamente il blues, con note dottissime che tracciano la storia dei brani contenuti in questo Just A Little Bit, che si lascia comunque ascoltare con estremo piacere, anche se il buon Mike non è un cantante formidabile e la sua perizia al kazoo non sopperisce certo ai suoi limiti vocali.

https://www.youtube.com/watch?v=vYdCkS7-B54

Il suono è pimpante e piacevole, molto simile a quello dei dischi fine anni ’60 che il nostro produceva: due chitarre, tastiere, una piccola sezione fiati in alcuni brani, per esempio nell’iniziale Kansas City, ripresa dalla versione più celebre, quella di Wilbert Harrison. Non ci saranno Clapton, Green o Taylor ma i due solisti, presumo fratelli, Gabi e Luis Ignacio Robledo, si disimpegnano con gusto, come altri ospiti che ruotano nella formazione. All By Myself è puro R&R alla Fats Domino, Just A Little Bit è quel R&B che avrebbe influenzato le prime blues band inglesi, The Seventh Son dei due Willie, Dixon e Mabon, è puro Chicago Blues di scuola Chess, Hot Little Mama è un pungente blues di Johnny Guitar Watson. Black Night è un “lentone” di quelli super classici dal repertorio di Charles Brown, mentre Money Honey è proprio il brano poi reso celebre da Elvis Presley e When Things Go Wrong un blues di Tampa Red pescato dalle origini delle 12 battute. Bloodshot Eyes addirittura sfiora territori country/western swing misti a Jump &Jive, molto divertente, come pure la tirata I’m Shakin,’ e Please Send me Someome To love è sempre una signora canzone, come pure le successive Keep Your Hands Off Her e All Around The World, per concludere con una delle canzoni manifesto del R&R Shake Rattle And Roll. In definitiva il CD la sufficienza se la merita, anche per rispetto verso uno delle “eminenze grigie” della storia della nostra musica, mister Mike “Boogie Man” Vernon, anni 71 il 20 novembre.

Bruno Conti

“Pop Californiano” Ai Massimi Livelli! Fleetwood Mac – Tusk

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Fleetwood Mac – Tusk – Warner CD – Deluxe 3CD – Super Deluxe 5CD/DVD/2LP

Nel 1979 i Fleetwood Mac si trovavano nella difficile situazione di dover dare un seguito a Rumours, uno dei dischi più venduti di tutti i tempi (ad oggi siamo a più di quaranta milioni di copie), uno di quei capolavori di arte, commercio ed equilibrio che di solito riescono una volta nella vita, quasi un greatest hits se stiamo a guardare l’elenco delle canzoni presenti. Un caso in cui le tensioni personali (sia Lindsey Buckingham e Stevie Nicks che Christine e John McVie stavano divorziando, e pure Mick Fleetwood si stava separando dalla moglie) sono da sprone a tirar fuori il meglio da tutti quanti. I Mac due anni dopo misero sul mercato addirittura un doppio album, Tusk, che però in un primo momento deluse sia critica che fans, pur vendendo la più che rispettabile cifra di quattro milioni di copie nel primo anno: la gente però si aspettava un Rumours II, e accolse con diffidenza le nuove canzoni, tra le quali mancava una hit della potenza di Go Your Own Way, Dreams o Don’t Stop, giudicando troppe le venti canzoni dell’album e troppo poco immediate ed un tantino pretenziose. I critici lo definirono “un elefante in una stanza” (definizione oggi ironicamente ripresa e messa come titolo nelle note di questa ristampa), e molte copie giacquero invendute nei negozi. Il tempo (ed i ripetuti ascolti) però è stato generoso con Tusk, ed oggi si può tranquillamente ammettere che il doppio album è il lavoro della maturità per il quintetto anglo/californiano, una vetta artistica non di certo inferiore al suo predecessore, che aveva certo il vantaggio di essere più immediato.

fleetwood mac tusk box

Qui Buckingham si prende in maniera decisa la leadership del gruppo (molti insinuano che Tusk sia in realtà il suo primo album da solista), e costruisce una serie di gioiellini tra pop, folk e rock che definiscono il suo stile da qui agli anni a venire, con le sue sonorità stratificate e sovrincisioni vocali e chitarristiche che diventeranno il suo marchio di fabbrica; la Nicks regala le sue tipiche ballate ariose ed anche la McVie, solitamente quella che mi piace meno, è in forma smagliante (forse anche più di Stevie). Questa ristampa, che giunge a due anni da quella analoga dedicata a Rumours, propone nel primo CD (prendo in esame la versione più ricca, ma esiste anche un buon estratto in tre dischetti, oltre alla classica versione singola) il disco del 1979 rimasterizzato, ed è un grande piacere riascoltare i gioiellini di architettura pop presenti al suo interno, dall’iniziale slow Over & Over, ma con un bel crescendo, al trascinante boogie Think About Me (entrambe opera di Christine), alla famosa Sara, alla splendida Storms, uno dei pezzi migliori della Nicks, ai coinvolgenti episodi che vedono Lindsey protagonista (That’s All For Everyone, Not That Funny, la trascinante I Know I’m Not Wrong, la countreggiante That’s Enough For Me  fino alla celebre title track, ancora oggi uno degli highlights delle esibizioni dal vivo del gruppo). Il secondo dischetto, oltre a riproporre le bonus tracks presenti sulla ristampa del 2004 (tra cui una Walk A Thin Line meglio dell’originale), aggiunge una versione alternata della bella Save Me A Place, cinque takes tutte ugualmente godibili di I Know I’m Not Wrong e quattro di Tusk, nessuna delle quali però avvicina quella nota.

Il terzo CD, intitolato The Alternate Tusk si basa su un’idea interessante, cioè dare una visione diversa del disco, proponendo venti outtakes (di cui ben 17 inedite) nella stessa sequenza dell’album originale: il tutto non perde un’oncia della sua bellezza, ed in alcuni punti gli arrangiamenti meno rifiniti e più diretti riescono quasi a migliorare il brano (penso a Think About Me, o ad una Storms acustica ancora più bella e toccante, con la Nicks in forma vocale strepitosa), anche se la chicca assoluta è una Brown Eyes, languida ballata ad opera di Christine, che vede Lindsay duellare chitarristicamente nientemeno che con l’ex leader della versione “british” della band, cioè il grande Peter Green (che era passato a salutare gli ex compagni https://www.youtube.com/watch?v=0yq-Fw7C26Y ), un finale di brano tutto da godere, dato che nell’originale la presenza di Green non era accreditata e la coda del pezzo era stata sfumata. Il quarto e quinto dischetto sono la ciliegina sulla torta: un doppio live registrato tra il 1979 ed il 1980 in varie locations americane, con un gruppo in splendida forma, forse al top assoluto di sempre (non dimentichiamo che Fleetwood e McVie erano/sono una sezione ritmica che non ha paura di nessuno e Buckingham un chitarrista formidabile, sistematicamente e colpevolmente ignorato dalle classifiche dei migliori axemen che piacciono tanto alle riviste specializzate), ed il doppio dischetto è superiore anche al doppio Live ufficiale pubblicato all’epoca, con versioni brillanti di alcuni highlights di Tusk, ma anche ottime riproposizioni dai due dischi precedenti (l’introduttiva e trascinante Say You Love Me, la classica Rhiannon, la scintillante I’m So Afraid, già da allora perfetto showcase per le evoluzioni chitarristiche di Lindsey, la superba Go Your Own Way, una delle migliori rock songs degli anni settanta) ed una sorprendente Oh Well, sentito omaggio del gruppo a Green ed agli esordi come pionieri del british blues.

Completano il box il disco originale sia in doppio LP che in DVD audio. Da Tusk in poi i Fleetwood Mac iniziarono a perdersi un po’: solo due dischi negli anni ottanta (il sottovalutato Mirage ed il commerciale, ma di grande successo, Tango In The Night), usando poi il gruppo (Buckingham e Nicks, e di recente anche la McVie) come una casa con le porte girevoli dalla quale entrare ed uscire a loro discrezione. Ma, almeno all’epoca di Tusk, c’erano poche band al loro livello.

Marco Verdi

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 2. Un Peccato Non Conoscerli: The Wood Brothers – Paradise

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The Wood Brothers – Paradise – Honey Jar Records

Vi offro una carota di fine anno: ma a differenza di quella di fronte al ciuccio nella copertina di Paradise, nuovo e nono album dei Wood Brothers, non è irraggiungibile, tutt’altro. Anzi, se amate la buona musica, e in questo disco ce n’è tanta, dovete fare il possibile per recuperarlo. I fratelli Wood sono due: Chris, anche contrabbassista con Medeski, Martin & Wood, trio di chiara impronta jazz e Oliver, chitarrista, cantante e produttore (recentemente con Shemekia Copeland per l’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2015/09/21/la-piu-bianca-delle-cantanti-nere-recenti-shemekia-copeland-outskirts-of-love/ , ma ha prodotto anche molti dei precedenti e nel 2014 l’eccellente disco di Seth Walker http://discoclub.myblog.it/2014/09/01/rock-blues-soul-miscela-perfetta-seth-walker-sky-still-blue/). A completare la formazione, quello che loro definiscono il terzo fratello (da cinque anni con loro), Jano Rix, a batteria, percussioni e tastiere. Il genere, oltre al rock, blues e soul ricordati nel titolo del Post su Walker, incorpora anche elementi di roots music, o Americana se preferite, e New Orleans sound mediato dall’ottica più rock dei Little Feat. E in questo album anche sprazzi di rock psichedelico fine anni ’60, alla Traffic, band in cui militava l’omonimo Chris Wood. Quindi, se vogliamo, lo stile si potrebbe avvicinare, anche grazie all’uso dei fiati in alcuni dei brani, a quello della Tedeschi-Trucks Band, band con cui Oliver ha spesso collaborato in passato, e i cui titolari, Derek Trucks alla alide, e Susan Tedeschi alla voce, sono presenti come ospiti in Never And Always, una di quelle ballate gospel profane, fintamente pigre e ciondolanti, con l’acustica e il contrabbasso dei Woods e la voce deliziosa di Susan ad evocare quelle calde atmosfere di certe canzoni della Band, fino alla esplosione breve e ficcante della slide di Trucks. 

Anche Raindrop, con i suoi ritmi funky e frastagliati, evoca sia il sound della succitata Band quanto il suono dei gruppi della Louisiana, grazie ai fiati, il trombone in particolare, che si insinuano nel groove poderoso della batteria e del basso di Chris Wood, per la prima volta alle prese con uno strumento elettrico in questo album, e anche la chitarra di Oliver ha la giusta quota di cattiveria, per non parlare delle voci delle McCrary Sisters. Ma “ecletticità” è la parola d’ordine di questo disco: in American Heartache, cantata a due voci dai fratelli Woods, si respira, anche grazie all’armonica dylaniana di Chris, profumo della grande musica americana evocata dal titolo del brano e Oliver rilascia anche un breve e ficcante assolo https://www.youtube.com/watch?v=F1eZqp-Bd3Y . Per non parlare di quella splendida e malinconica ballata che risponde al nome di Two Places, una canzone che parte piano sull’onda di una chitarra acustica, poi lentamente entrano tutti gli strumenti, una rullata di balleria e un colpo di basso, poi scivola dentro un evocativo Hammond e poi arrivano, in questo continuo crescendo, i fiati e tutto si rivela nel suo magico splendore. Ancora diversa la tirata e bluesata iniziale Singin’ To Strangers, di nuovo vicino allo spirito di Dylan e la Band https://www.youtube.com/watch?v=6WidA1yJBGU , grazie di nuovo all’armonica e al lavoro delle chitarre, magistralmente arrangiate, mentre Susan Tedeschi (o sono le McCrary?) presta nuovamente la sua voce per le perfette armonie vocali e Oliver inchioda un altro breve solo dei suoi, e sembra anche di ascoltare i vecchi Delaney & Bonnie, con il loro rock got soul.

Touch Of Your Hand. cantata da Chris Wood, con il classico risuonare del suo contrabbasso a contraddistinguerla, come pure il twangin’ evocativo delle chitarra di Oliver, ha anche tratti di country desertico e anomalo nel suo DNA, mentre Without Desire con il suo serpentino e sinuoso incedere ha stampato New Orleans nel biglietto da visita, tra chitarre, organi e fiati che si dividono equamente gli spazi con la chitarra di Oliver, un solista non esplosivo ma dalla tecnica e dal feeling magnifici. Come conferma, a proposito di serpenti, il R&R à la Little Feat, della vorticosa Snake Eyes, sempre arricchita dalle efficaci armonie vocali di tutto il gruppo, in cui anche Jarno Rix ha la sua parte https://www.youtube.com/watch?v=E7XOBPTI1Iw . Probabilmente, come ha detto il gruppo, alla riuscita di questo Paradise ha contribuito il fatto che i membri della band, vivendo ora tutti a Nashville, hanno potuto scrivere insieme i brani del disco. Come conferma la splendida River Of Sin https://www.youtube.com/watch?v=aLwGosdeiv8 , un’altra ballata jazzata dove si apprezzano il piano e l’organo di Rix che conferiscono un’aria old style, quasi alla Randy Newman, a questa delicata ode al peccato, sempre impreziosita da un cesellato lavoro vocale, in questo caso delle McCrary Sisters. Ho dimenticato qualcosa? Ah sì, manca la dolce e bucolica Heartbreak Lullaby, una piccola delizia folk ed acustica che completa la tavolozza di colori usata per questo Desire, prendere appunti di fine anno, please!

Bruno Conti

Solo “Sorprese” Di Fine Anno. Il “Regalo” Di Bruce Springsteen.

bruce springsteen the ties that bind

Per tutti quelli che erano rimasti delusi che nel ben di Dio incluso nel cofanetto di Ties That Bind di Springsteen, il concerto di Tempe, Arizona, nella parte DVD, fosse stato pubblicato monco, mancante di circa un’ora di musica e dieci brani in totale rispetto alla serata completa (ma la parte video comunque continua a mancare), Bruce ha reso disponibile sul suo sito la possibilità di scaricare gratuitamente in MP3 (o a pagamento in Lossless e HD-Audio le canzoni mancanti, in attesa del CD che verrà pubblicato,sempre sul suo sito, tra una ventina di giorni), il link è questo http://live.brucespringsteen.net/live-music/0,13637/Bruce-Springsteen—The-E-Street-Band-mp3-flac-download-11-5-1980-ASU-Activity-Center-Tempe-AZ.html. Se non siete tecnologici, prima dovete iscrivervi, inserendo la vostra mail e una password, poi dopo avere fatto il checkout dell’acquisto, free (gratis) riceverete il link per scaricare gratuitamente nella mail. Se siete pigri o poco avvezzi, lo trovate comunque anche qui

Non so per quanto rimarrà disponibile, quindi affrettarsi.

Al di là di qualsiasi considerazione rimane un gran concerto, tratto da uno dei suoi tour più leggendari (io a Zurigo, qualche mese dopo, nell’aprile del 1981, c’ero)!

Bruno Conti

Il Meglio Del 2015: Puntata Natalizia, Un Anno In Musica.

Come promesso, il giorno di Natale ho preparato la lista definitiva del mio (esagerato) Best Of 2015. Sotto gli auspici del grande Bruce in versione Santa Claus, ecco la classifica del “meglio del resto” (qui trovate le presunte prime scelte, che non vengono ripetute nella lista di oggi, http://discoclub.myblog.it/2015/12/10/ecco-il-meglio-del-2015-secondo-disco-club-blogger-collaboratori/), ricchissima, sono più di 50 titoli fra novità e ristampe. troppi? Può essere, ma come dicevano i latini “melius abundare quam deficere”, ovvero, esageriamo e partiamo. Sono più o meno in ordine cronologico e raccolti anche per piccoli gruppi di genere: live, voci femminili, country, cantautori, folk, grandi nomi ed illustri sconosciuti, tanta bella musica, ovviamente a parere di chi scrive.

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L’anno si è aperto con una serie di album dal vivo estratti dagli archivi.

Another Day, Another Time, Celebrating The Music Of Inside Llewyn Davis, un doppio CD, registrato nell’autunno del 2013, per celebrare la musica della colonna sonora del film dei fratelli Coen, con la partecipazione di una grande quantità di musicisti “nuovi e vecchi” dell’area folk e Americana

Gov’t Mule Feat, John Scofield – Sco-Mule un altro doppio Cd dal vivo, registrato nel 1999, quando era ancora vivo il primo bassista della band, Allen Woody

Jerry Garcia Band – Garcia Live.: Volume Five anche questo doppio, registrato l’ultimo giorno del 1975 al Keystone di Berkeley, a oggi l’ultimo capitolo della serie (poi sono partiti i festeggiamenti per il 50° Anniversario dei Grateful Dead.

waterboys modern blues

Waterboys – Modern Blues

drew holcomb medicine

Drew Holcomb & The Neighbors – Medicine una delle prime sorprese del 2015 (anche se aveva già pubblicato otto dischi prima di questo)

bob dylan shadows in the nightsteve earle terraplaneryan bingham fear and saturday nightrhiannon giddens tomorrow is my turn

Bob Dylan – Shadows In The Night

Steve Earle & The Dukes – Terraplane Blues

Ryan Bingham – Fear And Saturday Night 

Rhiannon Giddens -Tomorrow Is My Turn

Due conferme, un ritorno e un esordio, tutti dischi di notevole spessore

mark knopfler tracker deluxelaura marling short movejj grey & mofro ol' gloryryley walker primrose green

Un altro quartetto di “rispettabili” uscite. Un eccellente disco di Mark Knopfler Tracker, le conferme di Laura Marling con Short Movie JJ Grey & Mofro con Ol’ Glory, e le traiettorie elettroacustiche dell’ottimo Primrose Green di Ryley Walker.

bettye lavette worthybrandi carlile the firewatcher's daughter

Due signore confermano la loro classe.

Betty Lavette – Worthy (anche in versione Deluxe con un DVD dal vivo)

Brandi Carlile – The Firewatcher’s Daughter

Fotheringay nothing more

Fotheringay – Nothing More The Collected Fotheringay Il primo cofanetto importante del 2015 che traccia la breve storia, durata meno di un anno, di una delle band di Sandy Denny, forse la più bella voce prodotta dalla scena musicale inglese

boz scagss a fool to caredayna kurtz risa and fallsufjan stevens carrie & lowell

van morrison duets

Boz Scaggs – A Fool To Care uno dei migliori dischi di blue-eyed soul dell’anno

Dayna Kurtz – Risa And  Fall La cantante nativa del New Jersey ci regala un’altra piccola perla, con un album intenso ed ispirato arricchito da un secondo CD di materiale raro nella edizione italiana pubblicata dalla italiana Appaloosa

Sufjan Stevens – Carrie And Lowell A livello internazionale è praticamente in tutte le liste di fine anno, in Italia sembra sia piaciuto leggermente meno

Van Morrison – Duets: Re-Working The Catalogue Quello con Michael Bublé forse ce lo poteva risparmiare, ma il resto è più che buono, per l’esordio di Van con la nuova etichetta

Olivia Chaney The Longest Riverallison moorer down to believing

Olivia Chaney The Longest River Una giovane cantante ed autrice inglese che incide per la americana Nonesuch un bellissimo disco da classica folksinger

Allison Moorer – Down To Believing L’ex signora Earle “grazie” alle pene del suo divorizo da Steve realizza uno dei suoi dischi migliori

jimmy lafave night tribetom russell tthe rose of roscraedwight yoakam second hand

graham parker mystery glue

Jimmy LaFave – The Night Tribe

Tom Russell – The Rose Of Roscrae

Dwight Yoakam – Second Hand Heart

Graham Parker & The Mystery – Mystery Glue per chi scrive uno dei migliori dischi del rocker inglese http://discoclub.myblog.it/2015/05/19/il-disco-del-giorno-forse-del-mese-graham-parker-the-rumour-mystery-glue/

chris stapleton travellerchristian lopez band onward

Chris Stapleton – Traveller

Chris Lopez Band – Onward accomunati dal fatto di essere stati entrambi prodotti da Dave Cobb, forse il secondo è ancora più bello del pur ottimo Traveller. Cobb durante l’anno ha prodotto anche quelli degli A Thousand Horses, Corb Lund e l’eccellente Delilah di Anderson East.

anderson east delilah

railroad earth live red rocks

Uno dei migliori DVD dell’anno è quello doppio dal vivo dei Railroad Earth Live At Red Rocks

james taylor before this world cd standard

James Taylor – Before This World ottimo disco che rinverdisce i fasti dei suoi migliori dischi degli anni ’70

gnola blues band down the line

Gnola Blues Band altri “italiani per caso” che si sono fatti onore durante l’anno http://discoclub.myblog.it/2015/05/12/blues-tanta-buona-musica-gnola-blues-band-down-the-line/

Banditos_Cover_1500_0

Banditos – Omonimo per chi scrive uno delle “sorprese” più piacevoli dell’anno http://discoclub.myblog.it/2015/06/09/facce-raccomandabili-disco-molto-raccomandato-birmingham-alabama-via-nashville-banditos/

needtobreathe live from the woods

Needtobreathe – Live From The Woods E anche questo, pure nella categoria dei migliori dischi dal vivo http://discoclub.myblog.it/2015/06/16/doppi-dal-vivo-classici-needtobreathe-live-from-the-woods-at-fontanel/

dar williams emeraldromi mayes devil on both shoulders

Dar Williams – Emerald

Romi Mayes – Devil On Both Shoulders

one more for the fans lynyrd cd

One More For The Fans – Tribute To Lynyrd Skynyrd Sempre a proposito di Live

dawes all your favorite bandsjason isbell something more than free

Dawes – All Your Favourite Bands http://discoclub.myblog.it/2015/06/03/from-los-angeles-california-the-dawes-all-your-favourite-bands/

Jason Isbell – Something More Than Free il disco “rock” più votato nelle classifiche annuali di gradimento internazionali

sister sparrow the weather below

Sister Sparrow And The Dirty Birds – The Weather Below altro gruppo “sorpresa” che non scherza un c… http://discoclub.myblog.it/2015/07/13/piu-sparviero-che-passerotto-sister-sparrow-and-the-dirty-birds-the-weather-below/

rolling stones hyde park dvdrolling stones live in leedsrolling stones tokyo dome

Inserisco a questo punto i tre From The Vault dei Rolling Stones anche se due sono usciti a fine novembre. Peraltro a dicembre è uscito anche un cofanetto che raccoglie i cinque titoli della serie usciti fino ad ora.

nathaniel rateliff and the night sweats

Nathaniel Rateliffe And The Night Sweats

gregg allman live back to macon

Gregg Allman – Live Back To Macon altro formidabile CD+DVD dal vivo

rpbert cray 4 nights

Robert Cray – 4 Nights In 40 Years Live E pure questo http://discoclub.myblog.it/2015/09/02/quattro-decadi-del-migliori-blues-contemporaneo-robert-cray-band-4-nights-of-40-years-live anche nella categoria dei migliori dischi blues con quello che segue

buddy guy born to play

Buddy Guy – Born To Play Guitar http://discoclub.myblog.it/2015/08/03/lultimo-dei-chitarristi-blues-gran-forma-buddy-guy-born-to-play-guitar/

los lobos gates of gold

Los Lobos – Gates Of Gold

joe ely panhandle rambler

Joe Ely – Panhandle Rambler

tom jones long lost

Tom Jones – Long Lost Suitcase

wood brothers paradise

Tre che sono piaciuti a tutti (sottoscritto incluso) e uno che forse è piaciuto solo a me, e mi sono pure scordato di recensirlo, ma Paradise dei Wood Brothers è tra i candidati certi alla rubrica dei “recuperi” di fine anno., insieme a quello di Trey Anastasio Paper Wheels. Due dischi molti belli.

trey anastasio paper wheels

van morrison astral weeksvan morrison his bandjimi hendrix freedomallman brothers idlewild south 2 cd

Tra le ristampe col botto di fine anno, mancano le due principali Dylan Springsteen, ma erano già nell’altra lista, come tra i live Clapton Blue Rodeo.

natalie merchant paradise is there

Natalie Merchant – Paradise Is There The New Tigerlily Recordings E tra le ristampe “anomale” non trascurerei il disco della Merchant che lo ha ri-inciso ex novo (altro candidato ai recuperi di fine anno o inizio 2016, non ci formalizziamo)

don henley cass county

Don Henley – Cass County http://discoclub.myblog.it/2015/10/16/il-ritorno-dell-aquila-texana-don-henley-cass-county/

de gregori amore e furto

Francesco De Gregori – Amore E Furto http://discoclub.myblog.it/2015/11/02/secondo-me-approverebbe-anche-bob-francesco-de-gregori-amore-furto-de-gregori-canta-dylan/

southside johnny soultime!

Southside Johnny & The Asbury Jukes  – Soultime!

kevin gordon long gone time

Kevin Gordon – Long Gone Time  http://discoclub.myblog.it/2015/12/11/vi-piacciono-bravi-kevin-gordon-long-gone-time/

widespread panic street dogs

Widespread Panic – Street Dogs  http://discoclub.myblog.it/2015/11/09/i-capostipiti-delle-jam-band-gran-forma-widespread-panic-street-dogs/

ethan johns silver liner

Ethan Johns & Black Eyed Dogs – Silver Liner

Tra le “sorprese” di fine anno aggiungerei anche questi quattro. E per concludere un’altra “ristampa” sicuramente tra quelle da recuperare.

eva cassidy nightbird

Eva Cassidy – Nightbird

Direi che è proprio tutto, di alcuni ho inserito anche i link dei post, ma se andate a ritroso, trovate tutto. Quelli che non avete trovato qui erano già nell’altra liste (o perché non ci sono piaciuti o ancora, non rientrano nei gusti del Blog, se state leggendo li sapete) e se c’è qualcosa che manca secondo voi segnalatelo nei commenti, dove potete mandare, se ne avete voglia, ma non è obbligatorio, anche le vostre classifiche di gradimento di fine anno. Magari le più interessanti le riverso pure nel Blog.

Oggi puntatona doppia, domani non credo che posterò nulla, ma non è detto, qualcosa di pronto c’è sempre!

Di nuovo Buon Natale!

Bruno Conti

Rest Of The Best 2015. Allmusic, Entertainment Weekly, Pop Matters, Rough Trade, The Guardian, The Telegraph

allmusic best2015_main

Siamo all’ultima puntata delle classifiche sui migliori dischi del 2015 (manca ancora quella integrativa del sottoscritto che posterò domani, giorno di Natale, ed eventuali liste di riviste e siti italiani che presumo saranno disponibili a inizio 2016, non ho ancora fatto ricerche, sicuramente quella del Buscadero sarà pubblicata nel nuovo anno): nel Post di oggi una miscellanea di siti, riviste e anche una catena di vendita. I titoli, con qualche eccezione, sono più o meno sempre quelli, quindi non tutti in linea con i gusti del Blog, ma per documentare li pubblico ugualmente li pubblichiamo, saltando a piè pari una pletora di altri siti e riviste le cui scelte mi hanno fatto cadere le braccia (e anche altro). Iniziamo con Allmusic, il sito di informazioni discografiche, che pubblica una classifica in ordine alfabetico, quindi ne ho scelti io una decina.

Allmusic Best Of 2015

ashley-monroe the blade

Ashley Monroe – The Blade

bilal in another life

Bilal – In Another Life (genere: vintage-modern psychedelic soul, qualsiasi cosa voglia significare)

bjork vulnicura

Bjork – Vulnicura

courtney barnett sometimes i sit

Courtney Barnett – Sometimes I Sit And Think… (uno dei titoli più ricorrenti nelle liste di fine anno, insieme a Kendrick Lamar, non vi dico quale dei due preferisco, ma potete immaginarlo)

destroyer poison season

Destroyer – Poison (questo è molto interessante, chamber pop e  stile cantautore molto raffinato https://www.youtube.com/watch?v=GcWD_CroKhc , gran bel disco)

eric church mr. misunderstood

Eric Church – Mr. Misunderstood (country music di buona qualità)

father john misty - i love you

Father John Misty – I Love You, Honeybar

fred thomas all are saved

Fred Thomas – All Are Saved (non male anche questo signore, sembra un Jonathan Richman per il nuovo millennio)

jaxe xerxes fussell

Jake Xerxes Fussell – omonimo (uno dei tanti folksingers prodotti dall’ottima etichetta Paradise Of Bachelors)

julia holter have you

Julia Holter – Have You In My Wilderness

Olivia Chaney The Longest River

Olivia Chaney – The Longest River  (per me è un bellissimo disco, sarà nella mia lista aggiuntiva ed è uno dei candidati ai recuperi di fine anno, se trovo il tempo)

Entertainment Weekly The Best Albums of 2015

Visto che si ripetono molto con altre liste, bastano (e avanzano le prime 5 posizioni)

1) Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly

2) Carly Rae Jepsen – Emotion 

3) Adele – 25

4) Jamie xx – In Colour

5) A$AP Rocky – At Long Last A$AP

 

pop matters bestmusic2015-albums

Pop Matters Best Of 2015. 

Questo sito, comunque interessante, mette addirittura 80 titoli, ne ho pescati alcuni dalla lista completa http://www.popmatters.com/feature/the-80-best-albums-of-2015/

ruby amanfu standing still

75) Ruby Amanfu – Standing Still (una delle voci nere più interessanti del 2015, molto bella la cover del pezzo di Brandi Carlile)

dungen allas sak

70) Dungen – Allas Sak (torna la band psichedelica svedese in cui milita Reine Fiske che suona anche con gli Amazing, nuovo album, l’ottavo, come al solito cantato completamente in svedese)

leon bridges coming home

65) Leon Bridges – Coming Home

ryley walker primrose green

52) Ryley Walker – Primrose Green (l’erede di John Martyn?)

torres sprinter

35) Torres – Sprinter

josh ritter sermon on the rocks

32) Josh Ritter – Sermons On Rocks (un ritorno ai suoi migliori livelli)

mountain goats beat the champ

29) Mountain Goats – Beat The Champs (ne abbiamo parlato sul Blog http://discoclub.myblog.it/2015/04/14/gli-eroi-del-giovane-darnielle-mountain-goats-beat-the-champ/

houndmouth little neon

26) Houndmouth – Little Neon Limelight

joanna newsom divers

18) Joanna Newsom – Divers

alabama shakes sound & color

10) Alabama Shakes – Sound And Color

jason isbell something more than free

8) Jason Isbell – Something More Than Free

chris stapleton traveller

5) Chris Stapleton – Traveller

I primi 3 sono i soliti, per cui ve li risparmio: Lamar, Barnett e Father John Misty!

 

Rough Trade Albums of the Year 2015

Una catena di vendita indipendente, con negozi sparsi in tutto il mondo, ecco i loro Top 5

bjork vulnicura

1) Bjork – Vulnicura

father john misty - i love you

2) Father John Misty – I Love You. Honeybear

courtney barnett sometimes i sit

3) Courtney Barnett – Sometimes I Sit And Think…

ezra furman - perpetual

4) Ezra Furman – Perpetual Motion People (uno dei dischi indie alternative più piacevoli dell’anno)

max richter from sleep

5) Max Richter – Sleep (questo è addirittura su etichetta Deutsche Grammophon)

E per finire due quotidiani molto famosi.

The best albums of 2015

The Guardian music critics’ favourite albums this year, to reveal 2015’s best release

Sono i soliti, più o meno (la fantasia non regna sovrana ai primi posti)

1) Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly

sufjan stevens carrie & lowell

2) Sufjan Stevens – Carrie & Lowell (al sottoscritto piace, anche se al buon Marco Verdi, per usare un eufemismo, è piaciuto poco)

3) Father John Misty – I Love You, Honeybar

4) Julia Holter – Have You In My Wilderness

5) Bjork – Vulnicura

The-Telegraph-logo

E per finire, The Telegraph, che si affida alla scelta in ordine alfabetico: una delle più diversificate rispetto alle altre, a mio avviso, ma gli One Direction e Justin Bieber, come direbbe qualcuno, che c’azzeccano con il resto? Al solito ne ho pescate alcune tra le meno comuni:

blur the magic whip

Blur – The Magic Whip

bob dylan shadows in the night

Bob Dylan – Shadows In The Night

enya dark sky island

Enya – Dark Sky Island

frank turner postive songs

Frank Turner – Positive Songs For Negative People

gus garvey courting the squall

Gus Garvey – Courting The Squall (primo disco solista del leader degli Elbow, anche questo un bel dischetto)

john grant grey tickles

John Grant – Grey Tickles, Black Pression (le parti più elettroniche non mi fanno impazzire, ma nell’insieme un buon disco)

laura marling short move

Laura Marling – Short Movie (questo album purtroppo c’è in poche liste rispetto alle eccellenti critiche ricevute al momento dell’uscita, ma rientra senz’altro tra le mie scelte di fine anno e domani ci sarà)

waterboys modern blues

Waterboys – Modern Blues  (anche l’ultimo album di Mike Scott e soci l’ho visto in poche classifiche di fine anno, ma è meglio dell’80, facciamo 90%, di altri titoli che non dirò neppure sotto tortura, ma potete immaginare. E il brano qui sotto è veramente epico!

Direi che è tutto. Domani Post natalizio con le mie scelte suppletive!

Bruno Conti

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 1. Aiuto! Il Mio Lettore Va A Fuoco! The Sonics – This Is The Sonics

sonics this is the sonics

The Sonics – This Is The Sonics – Revox CD

Quando è uscito questo disco l’ho preso più che altro per curiosità, senza immaginare che mi sarei ritrovato a fine anno ad inserirlo tra i miei dieci preferiti del 2015. I Sonics, storica garage band proveniente da Tacoma, stato di Washington, erano inattivi discograficamente addirittura dal 1967 (il peraltro rinnegato Introducing The Sonics, in quanto Sinderella del 1980 era composto da rifacimenti di alcune loro canzoni, ma nulla di nuovo), e gli anni diventano 49 se si conta dal loro secondo LP, Boom, che seguiva di un anno il bombastico esordio di Here Are The Sonics. I Sonics sono il prototipo della band di culto per antonomasia, di scarso (per non dire nullo) successo, ma di grande influenza per le generazioni di musicisti a venire: il loro suono, un rock’n’roll grezzo, potente ed aggressivo, viene considerato il progenitore del punk degli anni settanta e del grunge dei novanta, ed i due dischi del biennio 1965-1966 sono la punta di diamante del movimento garage sotterraneo, insieme agli album di band quali The Wailers, The Kingsmen e Paul Revere & The Raiders (questi ultimi però il successo lo conobbero eccome), anticipando di diversi anni l’effetto della storica compilation Nuggets (dalla quale erano peraltro assenti, ma furono inclusi con la loro Strychnine nella riedizione espansa in box del 1998).

I musicisti che hanno più o meno fatto riferimento negli anni al gruppo di Tacoma sono molteplici: i nomi più noti sono quelli dei Nirvana, White Stripes, Dream Syndicate, Flaming Lips e perfino Bruce Springsteen, che ha più volte proposto dal vivo la cover di Have Love, Will Travel di Richard Berry nell’arrangiamento proprio dei Sonics. This Is The Sonics non è però un disco di settantenni bolsi e patetici che si sono rimessi insieme per ricordare i vecchi tempi, ma una vera e propria bomba sonora che mi ha lasciato senza fiato, una scarica elettrica che attraversa le dodici canzoni del CD con la stessa forza di una scossa tellurica. I membri originali sono tre su cinque (Gerry Roslie, voce, piano e organo, Larry Parypa, chitarra solista e voce, Rob Lind, sassofono, armonica e voce), coadiuvati da Freddie Dennis (Kingsmen) al basso e voce e da Dusty Watson (Dick Dale Band) alla batteria, e con questo disco ci dimostrano che nonostante l’età sono in grado di dare dei punti (e tanti) anche a gente di due o tre generazioni successive.

Ma il disco, che si divide tra cover e brani originali, non è solo musica suonata a volume alto, ma anche con grande energia e feeling, un muro sonoro dominato dalla chitarra di Parypa che mena fendenti e riff a destra e a manca e dal sassofono impazzito di Lind, con una sezione ritmica che definire rocciosa è poco, un rock’n’roll quasi primordiale, con elementi blues ed errebi che colorano maggiormente il tutto. Fare una disamina dettagliata brano per brano in questo caso è quasi inutile, in quanto tutto il disco è una fucilata dal primo all’ultimo pezzo, a partire dall’uno-due iniziale da k.o., con la cover di I Don’t Need No Doctor (Ray Charles), un rock-blues tirato allo spasimo che ricorda il suono del disco dello scorso anno di Roger Daltrey con Wilko Johnson (ma con un sound ancora più “primitivo”), e la devastante Be A Woman, suonata a ritmo indiavolato e con il ritornello letteralmente sparato in faccia dell’ascoltatore.

La grezza Bad Betty precede uno degli highlights del CD, cioè una cover incredibilmente energica di You Can’t Judge A Book By The Cover di Willie Dixon (però portata al successo da Bo Diddley), con il sax in evidenza, ed una The Hard Way che spazza via in un sol colpo l’originale dei Kinks (non certo gli ultimi arrivati). Tra le mie preferite ci sono anche il rock’n’roll suonato ai duecento all’ora Sugaree, la furiosa Look At Little Sister (Hank Ballard, peraltro rifatta mirabilmente negli anni ottanta da Steve Ray Vaughan), la roca Livin’ In Chaos (mi brucia la laringe solo ad ascoltarla) e le conclusive Save The Planet e Spend The Night, che mettono definitivamente al tappeto chiunque sia ancora in piedi a questo punto.

E’ da molto tempo che un disco non mi dava questa adrenalina: per me album rock’n’roll dell’anno.

Marco Verdi