Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 1. Aiuto! Il Mio Lettore Va A Fuoco! The Sonics – This Is The Sonics

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The Sonics – This Is The Sonics – Revox CD

Quando è uscito questo disco l’ho preso più che altro per curiosità, senza immaginare che mi sarei ritrovato a fine anno ad inserirlo tra i miei dieci preferiti del 2015. I Sonics, storica garage band proveniente da Tacoma, stato di Washington, erano inattivi discograficamente addirittura dal 1967 (il peraltro rinnegato Introducing The Sonics, in quanto Sinderella del 1980 era composto da rifacimenti di alcune loro canzoni, ma nulla di nuovo), e gli anni diventano 49 se si conta dal loro secondo LP, Boom, che seguiva di un anno il bombastico esordio di Here Are The Sonics. I Sonics sono il prototipo della band di culto per antonomasia, di scarso (per non dire nullo) successo, ma di grande influenza per le generazioni di musicisti a venire: il loro suono, un rock’n’roll grezzo, potente ed aggressivo, viene considerato il progenitore del punk degli anni settanta e del grunge dei novanta, ed i due dischi del biennio 1965-1966 sono la punta di diamante del movimento garage sotterraneo, insieme agli album di band quali The Wailers, The Kingsmen e Paul Revere & The Raiders (questi ultimi però il successo lo conobbero eccome), anticipando di diversi anni l’effetto della storica compilation Nuggets (dalla quale erano peraltro assenti, ma furono inclusi con la loro Strychnine nella riedizione espansa in box del 1998).

I musicisti che hanno più o meno fatto riferimento negli anni al gruppo di Tacoma sono molteplici: i nomi più noti sono quelli dei Nirvana, White Stripes, Dream Syndicate, Flaming Lips e perfino Bruce Springsteen, che ha più volte proposto dal vivo la cover di Have Love, Will Travel di Richard Berry nell’arrangiamento proprio dei Sonics. This Is The Sonics non è però un disco di settantenni bolsi e patetici che si sono rimessi insieme per ricordare i vecchi tempi, ma una vera e propria bomba sonora che mi ha lasciato senza fiato, una scarica elettrica che attraversa le dodici canzoni del CD con la stessa forza di una scossa tellurica. I membri originali sono tre su cinque (Gerry Roslie, voce, piano e organo, Larry Parypa, chitarra solista e voce, Rob Lind, sassofono, armonica e voce), coadiuvati da Freddie Dennis (Kingsmen) al basso e voce e da Dusty Watson (Dick Dale Band) alla batteria, e con questo disco ci dimostrano che nonostante l’età sono in grado di dare dei punti (e tanti) anche a gente di due o tre generazioni successive.

Ma il disco, che si divide tra cover e brani originali, non è solo musica suonata a volume alto, ma anche con grande energia e feeling, un muro sonoro dominato dalla chitarra di Parypa che mena fendenti e riff a destra e a manca e dal sassofono impazzito di Lind, con una sezione ritmica che definire rocciosa è poco, un rock’n’roll quasi primordiale, con elementi blues ed errebi che colorano maggiormente il tutto. Fare una disamina dettagliata brano per brano in questo caso è quasi inutile, in quanto tutto il disco è una fucilata dal primo all’ultimo pezzo, a partire dall’uno-due iniziale da k.o., con la cover di I Don’t Need No Doctor (Ray Charles), un rock-blues tirato allo spasimo che ricorda il suono del disco dello scorso anno di Roger Daltrey con Wilko Johnson (ma con un sound ancora più “primitivo”), e la devastante Be A Woman, suonata a ritmo indiavolato e con il ritornello letteralmente sparato in faccia dell’ascoltatore.

La grezza Bad Betty precede uno degli highlights del CD, cioè una cover incredibilmente energica di You Can’t Judge A Book By The Cover di Willie Dixon (però portata al successo da Bo Diddley), con il sax in evidenza, ed una The Hard Way che spazza via in un sol colpo l’originale dei Kinks (non certo gli ultimi arrivati). Tra le mie preferite ci sono anche il rock’n’roll suonato ai duecento all’ora Sugaree, la furiosa Look At Little Sister (Hank Ballard, peraltro rifatta mirabilmente negli anni ottanta da Steve Ray Vaughan), la roca Livin’ In Chaos (mi brucia la laringe solo ad ascoltarla) e le conclusive Save The Planet e Spend The Night, che mettono definitivamente al tappeto chiunque sia ancora in piedi a questo punto.

E’ da molto tempo che un disco non mi dava questa adrenalina: per me album rock’n’roll dell’anno.

Marco Verdi

Recuperi (E Sorprese) Di Fine Anno 1. Aiuto! Il Mio Lettore Va A Fuoco! The Sonics – This Is The Sonicsultima modifica: 2015-12-23T20:04:12+01:00da bruno_conti
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