Il Meglio del 2015: Un Manipolo Di “Italiani Per Caso”, Scelte E Progetti. Paolo Bonfanti, Fargo, Lowlands, Mandolin’ Brothers & Max Meazza

paolo bonfanti back home alive

Come negli anni scorsi ho chiesto a vari musicisti e gruppi italiani, che mi piace definire “italiani per caso”, la loro lista del “Meglio del 2015”, non necessariamente dischi nuovi, ma anche ristampe, concerti, eventi che secondo loro hanno caratterizzato l’anno. Non tutti hanno avuto il tempo di rispondere e alcuni mi hanno detto che motivi vari la loro lista non era ricca e sostanziosa. Io ho raccolto il tutto e vi propongo quanto riferitomi, non dimenticando di ricordare anche le loro produzioni presenti, e quando possibile, future, in ordine rigorosamente alfabetico, come a scuola. Partiamo da Paolo Bonfanti, chitarrista e cantante genovese, ma piemontese onorario, che nel corso dell’anno ha pubblicato un ottimo disco dal vivo Back Home Alive, di cui è in corso anche un tentativo, tramite crowfunding, di tramutarlo pure in un doppio vinile.

bonfanti back home alive vinile

https://www.becrowdy.com/back-home-alive

Manca ancora qualche giorno alla chiusura del progetto, se volte contribuire, in quanto fans di Paolo o del vinile, il link a cui donare è quello che vedete sopra. Per ciò che concerne le scelte del 2015, l’ottimo Bonfanti mi segnala i concerti dei Los Lobos a Monforte D’Alba e di Mark Knopfler a Lucca.

richard thompon stillmarc ribot young philadelphiansjames mcmurtry complicated game

los lobos gates of golddan penn spooner oldham completesteve earle terraplane

 

Per quanto riguarda gli album: Richard Thompson Still, Marc Ribot & The Young Philadelphians Live In Tokyo (che in alcuni paesi non è stato ancora pubblicato), James McMurtry Complicated Game, Los Lobos Gates Of Gold, Dan Penn & Spooner Oldham Live The Complete Duo Recordings, Steve Earle & The Dukes Terraplane Blues

nina simone at the village gate

Più la ristampa di Nina Simone At The Village Gate pubblicata dalla Hallmark a special price.

 

Fargo A Small World Special Edition

Anche gli amici Fargo da Milano, di cui vedete l’ultimo album A Small World In Black White nella special edition qui sopra, mi hanno inviato le loro scelte e anche una piccola anticipazione del nuovo lavoro in preparazione. Lascio quindi la parola a Massimo Monti, che in qualità di autore dei testi della band ne ha facoltà.

guccini se io avessi previstobeth hart better than homesouthside johnny soultime!

 

eric clapton slowhand at 70 live at royal albert halldrive-by truckers - it's great to be aliveuncle lucius the light

“Io dedicherei il 2015 a coloro che hanno dato e continuano a dare emozioni non sempre con l ultima produzione : Guccini con Se io avessi previsto tutto questo una testimonianza di passione e sensibilita’, Beth Hart con Better than home che svuota il sacco dei suoi dolori dei suoi demoni dei suoi sogni dei suoi incubi, Southside Johnny Soultime! per la carriera che avrebbe potuto fare se non avesse dovuto accettare la parte di Giovanni Battista all arrivo di Gesu’ Bruce, Eric Clapton che torna a casa sua Royal Albert Hall e al primo accordo mette le cose in chiaro e’ ancora luo il numero uno, il disco dal vivo dei Drive-by Truckers  It’s Great To Be Alive, genuino e profondo anche dopo la dipartita di Isbell, prova di maturita’ degli Uncle Lucius che sorprendono per l universalita’ e profondita’ dei temi trattati in un contesto musicale solo apparentemente tradizionale.

I Fargo stanno finendo di lavorare ad un album di 8 pezzi che si calano con forza nella realta’ del mondo conflittuale ingiusto e violento di oggi…testi e musica fanno un giro di orizzonte simbolico dentro e fuori i diversi rapporti umani a volte inumani che ci vedono tutti coinvolti senza eccezione.”

E ora la parola a Fabrizio Fargo Friggione, il frontman, cantante, chitarrista e autore delle musiche che rappresenta l’ala più “modernista” come gusti musicali:

” La musica viaggia attraverso il rock cercando di coglierne le varie sfumature. Ballad, hard rock e un po’ di groove elettronici. Chitarre elettriche e acustiche per accompagnare melodie e parole piu’ incisive e di impatto. Sicuramente il disco piu’ rock fatto fino ad adesso.

Album dell’anno: Keith Richards – Crosseyed Heart, Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly, Yelawolf – Love Story, Selah Sue – Reason, Mumford And Sons – Wilder Mind

 

lowlands live and acoustic

Passiamo ai Lowlands di Ed Abbiati che di recente hanno pubblicato l’eccellente doppio dal vivo CD+DVD a tiratura limitata Live And Acoustic

Il buon Ed mi ha detto che non ha avuto molto tempo per ascoltare durante l’anno, comunque le sue scelte sarebbero orientate sui seguenti:

cheap wine beggar town.

Mary & the Fairy – Cheap Wine
bob dylan shadows in the night
Shadows in the Night – Bob Dylan
rod picott fortune
Fortune – Rod Picott
keith richards crosseyed heart
Crosseyed Heart – Keith Richards
sacri cuori delone
Delone- Sacri Cuori
you ami i porridge
Porridge & Hot Sauce – You Am I (decimo album della band, uscito solo in Australia)
Nel 2016 per la serie Lowlands & Friends, dopo quello a Woody Guthrie è in preparazione un tributo alle canzoni di Townes Van Zandt di cui questa Colorado Girl, regitstrata con i Plastic Pals nel recente concerto di Milano, è una anticipazione https://www.youtube.com/watch?v=iWG-hXvgmso .
Mandolin' Brothers-Full-Band-amenobluesphermine Laboratorio-ElettroAcustico-2
Sempre da Pavia, in rigoroso ordine alfabetico, tocca ai Mandolin’ Brothers di Jimmy Ragazzon e soci che nel 2015 non hanno pubblicato nulla di nuovo ma hanno portato in giro in alcune serate il loro spettacolo dedicato alla ripresa di Highway 61 Revisited di Bob Dylan (ma non solo) e hanno dato vita anche ad un nuovo progetto chiamato Phermine -Laboratorio Elettroacustico + Mandolin’ Brothers, creato e diretto da Chiara Giacobbe (ex violinista dei Lowlands, per la serie corsi e ricorsi)  ed in collaborazione con i Mandolin’ Brothers e la Compagnia Teatrale Stregatti Come dice il loro comunicato stampa  uno spettacolo sul Blues che fonde musica e teatro e racconta le storie, i personaggi e le atmosfere tipiche di questo genere musicale, negli Stati Uniti degli anni ’40.
Sul palco ci saranno tantissimi musicisti e attori:
Direttore: Chiara Giacobbe
Violini: Elisa Traverso, Benedetta Castagnino, Laila Farag, Elena Martini, Greta Prebbenna, Carola Romano, Diana Tizzani, Marta Braga, Laetitia Zito.

Violoncelli: Martina Romano, Letizia Ferrari

Mandolin’ Brothers:

Jimmy Ragazzon – voce, armonica, chitarra acustica

Marco Rovino – voce, chitarre

Joe Barreca – basso

Daniele Negro – batteria

Compagnia Stregatti:

Giusy Barone nel personaggio di Stella Dearmond

Simone Mussi nel personaggio di Jacob Stillwater

 

Nell’anteprima del 7 agosto dello scorso anno, in quel di Casal Cermelli (AL) i brani eseguiti sono stati questi:

Brani:

Key To the Highway (Big Bill Broonzy)

Freak Out Train (A. Ragazzon)

Circus (A. Ragazzon)

Scarlet (A. Ragazzon)

Bad Liver Blues (A. Ragazzon)

I’d Rather Go Blind (E. Jordan)

Insane (A. Ragazzon)

Hey Senorita (M. Rovino – A. Ragazzon)

Nothing You Can Do (A.Ragazzon)

Blind Willie Mc Tell (Bob Dylan)

Still Got Dreams (A. Ragazzon)

bis:

Come On Linda (M.Rovino – A. Ragazzon)

 

Da quello che mi dice Jimmy (che sarebbe Alessandro, lo si deduce da quella A. davanti a Ragazzo, quando si firma come autore): La prima vera e propria sarà il 20 febbraio al Teatro Ambra di Alessandria e, + avanti, all Spazio Teatro 89 di Milano (da confermare).4 MB + 9 violini + 2 violoncelli + 1 Direttore + 2 attori….

 

Ma veniamo alle sue scelte dei migliori del 2015. Dopo averlo stressato un po’ di volte è quello che mi ha dato più soddisfazioni. Ecco la sua lista:

Best of 2015:

bob dylan the cutting edge bootleg series vol.12

Bob Dylan: The Bootleg Series Vol. 12 The Cutting Edge (* NDB secondo voi poteva mancare?)

john coltrane a love supreme the complete masters

John Coltrane: A Love Supreme – The Complete Masters

rhiannon giddens tomorrow is my turn

Rhiannon Giddens: Tomorrow Is My Turn

texas tornados a little bit is better

Texas Tornados: A Little Bit Is Better Then Nada

los lobos gates of gold

Los Lobos: Gates Of Gold

Drive By Truckers: It’s Great To Be Alive!

Keith Richards: Crosseyed Heart

Toots & The Maytals: The Best Of

Kamasi Washington: The Epic

Gang: Sangue e Cenere

De Gregori canta Bob Dylan: Amore e Furto

 DVD:

frank zappa roxy the movie

Frank Zappa: Roxy The Movie

Libro

marlon james breve storia

Marlon James: Breve Storia di 7 Omicidi – Frassinelli (a proposito di Giamaica)

Vuoto Incolmabile:

Allen Toussaint e B.B. King: R.I.P.

*NDB Qui se volete leggere quanto scritto dal sottoscritto sul Blog

http://discoclub.myblog.it/2015/05/17/profeti-sventura-se-ne-andato-anche-b-b-king-1925-2015/

http://discoclub.myblog.it/2015/11/11/se-ne-andata-anche-delle-leggende-new-orleans-morto-77-anni-allen-toussaint-attacco-cuore/

Concerto dell’anno: 

Paul Mc Cartney – Marsiglia, 5 giugno 2015

 

 

max meazza japanese cover

Last But Not Least (sempre per via dell’ordine alfabetico) il cantautore milanese Max Meazza che mi comunica l’uscita anche in Giappone se etichetta P-Vine (lo vedete qui sopra) del suo ultimo album Charlie Parker Loves Me, in Italia distribuito dalla Ird http://discoclub.myblog.it/2015/05/21/la-california-musicale-altro-vista-dallitalia-max-meazza-charlie-parker-loves-me/

Che mi segnala tra le sue scelte dell’anno tre titoli della “sua parrocchia”, come dice lui:

boz scagss a fool to care

A fool to care – Boz Scaggs
stephen bishop bowling in paris
Bowling in Paris Remastered – Stephen Bishop
bill labounty best of
The best of Bill La Bounty – Bill La Bounty
Direi che per oggi sulle liste dei migliori di fine anno è tutto. Ci saranno ancora una sorta di best of the rest con gli altri siti e riviste internazionali che mancavano all’appello e il mio “robusto compendio” con tutti gli altri dischi che non sono rientrati nella prima classifica del sottoscritto, penso tra Natale e Santo Stefano. Da oggi parte anche una piccola rubrica dedicata ai “recuperi e alle sorprese” di fine anno, ovvero quegli album che per vari motivi non sono stati recensiti con Post ad hoc: visto che fino a metà gennaio non esce nulla ci sarà tempo di parlare di vari dischi interessanti.
Bruno Conti

Una Riscoperta Quantomeno Opportuna! Roy Orbison – The MGM Years 1965-1973 & One Of The Lonely Ones

roy orbison mgm years front

Roy Orbison – The MGM Years 1965-1973 – Universal 13CD (14LP) Box Set 

Roy Orbison – One Of The Lonely Ones – Universal CD

Quando si parla di Roy Orbison, una delle più grandi voci rock di sempre, si tende a considerare principalmente la fase iniziale della sua carriera, quando cioè incidendo per la Monument pubblicò tutti i suoi maggiori successi, da Oh, Pretty Woman a Only The Lonely passando per Running Scared, Crying e In Dreams (solo per citare alcune tra le più note), oppure gli ultimi anni prima dell’improvviso decesso, quando era finalmente riuscito a riassaporare il piacere della popolarità, o perché no i suoi esordi presso la Sun Records, ma spesso ci si dimentica che, tra la seconda metà degli anni sessanta ed i primi anni settanta Roy si era accasato presso la MGM ed aveva continuato ad incidere con grande regolarità. Anni difficili per The Big O, sia professionalmente (i tempi e le mode stavano cambiando con rapidità, e c’era poco spazio nelle classifiche per le canzoni romantiche del nostro) sia dal punto di vista della vita privata, in quanto nel giro di poco tempo Roy perse in tragiche circostanze sia la prima moglie Claudette che due dei suoi tre figli (rispettivamente in un incidente stradale ed in un incendio casalingo). Ma Orbison non si diede per vinto, e si rifugiò nella musica più che mai, anche se con esiti commerciali incerti: la qualità delle sue incisioni si manteneva comunque su livelli medio-alti, come testimonia questo prezioso box che riunisce tutti i dischi incisi in quel periodo, aggiungendo una compilation di b-sides e brani apparsi solo su singolo, a cura dei tre figli superstiti di Roy (Wesley, Roy Jr. ed Alex), che si occupano degli archivi del padre dopo la scomparsa nel 2011 di Barbara, seconda moglie ed anche manager del cantante texano. Oltre al box The MGM Years (molto ben fatto e con un esauriente libretto di 65 pagine, anche se non a buon mercato – ma i vari CD sono stati ristampati anche singolarmente) i Roy’s Boys, così si fanno chiamare i tre figli, hanno pubblicato separatamente una vera chicca, cioè un intero disco inciso da Roy nel 1969 e mai messo in commercio, intitolato One Of The Lonely Ones, un album inciso di getto in risposta ai tragici eventi della sua vita. Ma andiamo con ordine.

roy orbison mgm years

 

The MGM Years: come già detto sono presenti gli undici album pubblicati da Roy in quel periodo (There Is Only One Roy Orbison, The Orbison Way, The Classic Roy Orbison, Sings Don Gibson, Cry Softly Lonely One, Roy Orbison’s Many Moods, Hank Williams The Orbison Way, The Big O, Roy Orbison Sings (titoli molto fantasiosi), Memphis e Milestones), rimasterizzati ad arte e presentati in pratiche confezioni simil-LP, una colonna sonora mai realizzata su CD (The Fastest Guitar Alive) ed il già citato B-Sides And Singles. Come già accennato, i dischetti presenti nel box (tutti molto corti e senza bonus tracks, si va da un minimo di 24 minuti ad un massimo di poco più di mezz’ora, a parte la compilation di singoli) sono decisamente godibili, senza particolari differenze di suono e stile tra uno e l’altro: la classe di Roy non la scopriamo certo oggi, ed in più in quegli anni aveva raggiunto una tale potenza e maturità vocale da consentirgli di affrontare con disinvoltura qualsiasi tipo di canzone, un po’ come Elvis negli anni settanta. Roy alterna le sue tipiche canzoni ricche di melodia (molte scritte con i partner abituali Bill Dees e Joe Melson) con altri pezzi più rock’n’roll, un uso degli archi misurato e non pesante e soprattutto la sua formidabile voce a rendere degne di nota anche le canzoni più normali. Qualche titolo sparso (ma potrei citarne il quadruplo): la nota Claudette, dedicata alla moglie quando era ancora in vita https://www.youtube.com/watch?v=tUZBijp0En0 , l’emozionante Crawling Back, Ride Away, la fluida Ain’t No Big Thing, la scintillante Go Away, la trascinante City Life, la drammatica Amy, l’insolita Southbound Jericho Parkway, una mini-suite di sette minuti con elementi psichedelici, non proprio il pane quotidiano per Roy.

Oppure interi album di alto livello, come Cry Softly Lonely One (che ha punte di eccellenza nella romantica She, la fulgida Communication Breakdown https://www.youtube.com/watch?v=5CHygiovJD8 , la classica title track, puro Orbison al massimo della sua espressività vocale, o il gioiellino pop Only Alive), o i tre album di cover (gli omaggi a due leggende della musica country come Don Gibson e Hank Williams, due dischi coi fiocchi, o Memphis, composto interamente di brani rock e country contemporanei). Per non parlare di The Big O, forse il migliore in assoluto tra tutti, un disco roccato e diretto, con un suono elettrico che ricorda le prime incisioni con la Sun, dove spiccano Break My Mind, con un ritornello corale irresistibile, il rifacimento di Down The Line (periodo Sun), dove Roy assomiglia più a Jerry Lee Lewis che a sé stesso https://www.youtube.com/watch?v=_TxtofIPdFg , la magnifica Loving Touch e la gioiosa Penny Arcade.

E poi ci sono le cover sparse, e Roy con la voce che si ritrovava riusciva a far sua qualsiasi canzone: Unchained Melody (da pelle d’oca), Help Me, Rhonda (Beach Boys), I Fought The Law (sempre bellissima), Sweet Caroline (Neil Diamond), Only You (Platters), Land Of 1000 Dances, Words (Bee Gees) solo per citarne alcune https://www.youtube.com/watch?v=RFIKES6yC1Y . Buon ultimo, The Fastest Guitar Alive, colonna sonora di uno strano western interpretato da Roy stesso, in cui il protagonista girava con una chitarra che all’occorrenza si tramutava in fucile: un dischetto curioso, non il migliore di quelli presenti, ma che contiene almeno due perle come la spedita Rollin’ On e la discreta Best Friend, ma anche cose un po’ ingenue come la stereotipata Pistolero, che sentita oggi fa un po’ sorridere.

roy orbison one of the lonely ones

One Of The Lonely Ones: un disco abbastanza in linea con gli standard del periodo, che vede il nostro in ottima forma nonostante i dolorosi fatti privati, anche se con un comprensibile aumento degli elementi malinconici. Dopo un’emozionante rilettura del classico di Rodgers & Hammerstein You’ll Never Walk Alone (un successo per Gerry & The Pacemakers e da sempre inno dei tifosi del Liverpool), con il tipico crescendo di Roy https://www.youtube.com/watch?v=DN9Na5KzRhw , abbiamo una bella serie di ballate ricche di pathos, canzoni mai sentite che finalmente ci vengono svelate, come la tesa Say No More, la deliziosa Laurie (uno come Chris Isaak godrà come un riccio ad ascoltare questi pezzi), la fluida title track, la soul-oriented Little Girl (che voce) o il valzerone countreggiante After Tonight, mentre The Defector è “solo” un buon riempitivo. Ma Roy non tralascia il rock, come la vibrante Child Woman, Woman Child, dal ritmo sostenuto e con diversi punti in comune con Oh, Pretty Woman (poteva diventare un classico) o la mossa Give Up, un rock’n’roll con interessanti cambi di tempo e similitudini con il suono di Buddy Holly. Infine, tre cover, due delle quali di Mickey Newbury (una rilettura pop, ma di gran classe, di Leaving Makes The Rain Come Down e Sweet Memories, che Roy fa sua al 100%) ed una toccante I Will Always ancora di Don Gibson. Peccato per la copertina, una delle più brutte mai viste.

Dopo la fine del contratto con la MGM Roy piomberà nel dimenticatoio per tutto il resto degli anni settanta e la prima metà degli ottanta (solo tre dischi: I’m Still In Love With You, discreto, Regeneration e Laminar Flow, trascurabili), per poi tornare clamorosamente in auge dal 1987 in poi, prima con la compilation di successi reincisi ex novo In Dreams, ma soprattutto con il fantastico A Black And White Night, uno dei migliori live degli anni ottanta (e non solo) https://www.youtube.com/watch?v=_PLq0_7k1jk  e con l’album Volume One ad opera dei Traveling Wilburys. Poi la morte per infarto, improvvisa, nel Novembre del 1988, che non gli ha permesso di vivere il grande successo del suo vero e proprio comeback record Mystery Girl e del singolo You Got It. Ma questa è un’altra storia: intanto godiamoci questi 14 dischetti, ricordandoci che, per parafrasare il titolo del primo CD del box, “di Roy Orbison ce n’è soltanto uno”.

Marco Verdi

P.S: se proprio non volete accaparrarvi il box al completo (in CD, quello in LP ha un costo ridicolmente alto), mi permetto di consigliare i seguenti titoli: The Orbison Way, Crw Softly Lonely One, Hank Williams The Orbison Way, The Big O, Memphis e Milestones. Oltre, ovviamente, a One Of The Lonely Ones.

Una Piccola Enciclopedia Della Soul Music! Back To The River – More Southern Soul Stories 1961-1978

back to the river more southern soul front

Back To The River/More Southern Soul Stories 1961-1978 – 3 CD Kent/Ace

Nove anni fa, a fine 2006, era uscito il primo volume, Take Me To The River, un cofanetto da 3 CD, pubblicato dalla Ace su etichetta Kent, che conteneva un piccolo compendio del meglio della musica soul registrata nel Sud degli Stati Uniti: 75 brani pescati dal repertorio di etichette come Stax, Dial, Fame, Dot, Volt, Goldwax, Cadet e molte altre, con pezzi celebri di William Bell, Otis Redding, Wilson Pickett, Eddie Floyd, James Carr, Aretha Franklin, Sam & Dave, Etta James, Al Green, Johnnie Taylor e diversi altri nomi celebri della musica nera di qualità, quasi tutti nelle versioni originali dei singoli d’epoca, spesso in versione mono, arricchiti, i tre dischi, da molte tracce di artisti sconosciuti ai più se non, forse, agli appassionati di questo genere di sound, oltre a versioni rare ed alternative di pezzi celebri. Ora la stessa etichetta pubblica il secondo capitolo, sempre corredato da un libretto di 64 pagine che racconta vita, morte e miracoli delle canzoni e degli artisti contenuti nel Box, e quindi altrettanto indispensabile come il primo cofanetto.

Non costa pochissimo e non è di facilissima reperibilità, ma leggendo la lista dei brani è un degno confratello del primo capitolo https://www.youtube.com/watch?v=21tuPv5eAnchttps://www.youtube.com/watch?v=oTxVyx-0v1A e https://www.youtube.com/watch?v=olTYKIlT6Wk, che se volete vi potete ascoltare nella sua completezza ai tre link sopra riportati. Questa sotto, viceversa, è la tracking list completa del nuovo box, sempre 75 canzoni, ma con una quota di brani poco noti, ma in ogni caso fantastici, assolutamente superiore, come quota di pezzi poco conosciuti, rispetto alla prima uscita e con materiale che non proviene solo dal Sud degli States, ma anche realizzato nel nord, nell’est e nell’ovest, pur rimanendo sempre influenzati da quell’area geografica:

disc one
1. I WISH I KNEW (HOW IT WOULD FEEL TO BE FREE) – Solomon Burke
2. NEARER TO YOU – Bettye Lavette
3. PRIVATE NUMBER (EXTENDED VERSION) – William Bell and Judy Clay
4. FREE ME (TAKE 1) – Otis Redding
5. A TOUCH OF THE BLUES – Bobby Bland
6. THIS LOVE WON’T RUN OUT – Dee Dee Sharp
7. I GOT EVERYTHING I NEED – Eddie Floyd
8. PLEASE DON’T DESERT ME BABY – Gloria Walker and the Chevelles
9. SUGARMAN (EXTENDED VERSION) – Sam Baker
10. THINK I’LL GO SOMEWHERE AND CRY MYSELF TO SLEEP – Joe Perkins
11. SURE AS SIN – Jeanie Greene
12. WHAT’S THAT YOU GOT – Rudolph Taylor
13. I FOUND WHAT I WANTED – Mary Wells
14. I’VE GOT MEMORIES (DEMO) – Melvin Carter
15. MESSAGE FROM MARIA – Joe Simon
16. PROBLEMS – Mable John
17. I’VE BEEN SEARCHING – O.V. Wright
18. SHE AIN’T GONNA DO RIGHT (DEMO) – Clarence Carter
19. GIVE ME BACK THE MAN I LOVE – Barbara West
20. YOU’RE GONNA WANT ME – Bill Coday
21. I’M JUST LIVIN’ A LIE – Bettye Swann
22. HOME FOR THE SUMMER – Jimmy Braswell
23. TOO WEAK TO FIGHT (EXTENDED VERSION) – Ella Washington
24. EVERYTIME IT RAINS (TEARDROPS FROM MY EYES) – Na Allen
25. YESTERDAY – The Soul Children

disc two
1. THE ONLY GIRL I’VE EVER LOVED – Joe Tex
2. RAINY NIGHT IN GEORGIA – Brook Benton
3. LOVE COMES IN TIME – John Fred and the Playboys
4. SOMEBODY DONE TOOK MY BABY AND GONE – Joey Gilmore
5. I FOUND ALL THESE THINGS – C.P. Love
6. A WOMAN WILL DO WRONG – Helene Smith
7. DEPEND ON ME – Steve Dixon
8. I’M IN LOVE – Esther Phillips
9. EASIER TO SAY THAN DO – Sam Dees
10. WITHOUT LOVE WHAT WOULD LIFE BE – Terrie & Joy LaRoy with the Bill Parker Show Band
11. I’VE GOT TO TELL YOU – Count Willie with LRL and the Dukes
12. YOU NEED ME – Joe Wilson
13. NEARER TO YOU – Joe Medwick
14. YOUR LOVE IS ALL I NEED – Della Humphrey
15. NOTHING TAKES THE PLACE OF YOU – Toussaint McCall
16. HOW SWEET IT WOULD BE – George Perkins
17. DAYDREAMIN’ – Warren Storm
18. NO MORE GHETTOS IN AMERICA – Stanley Winston
19. DO RIGHT MAN – Little Beaver
20. (SOMETIMES) A MAN WILL SHED A FEW TEARS TOO – Johnny Adams
21. ASKING FOR THE TRUTH – Reuben Bell
22. I CAN’T STAND TO SEE YOU GO – Joe Valentine
23. YOU GOT EVERYTHING I NEED – Don Hollinger
24. A SAD SAD SONG – Charles Crawford
25. TELL IT LIKE IT IS – Aaron Neville

disc three
1. GOING BACK HOME – Ground Hog
2. CRY TO ME – Freddie Scott
3. LOOKING FOR A HOME – Little Buster
4. THE GIRLS FROM TEXAS (EXTENDED VERSION) – Jimmy Lewis
5. AIN’T NO WAY – Aretha Franklin
6. I FOUND A MAN IN MY BED – Roy C
7. TAKE YOUR TIME – Clay Hammond
8. JUST A TOUCH OF YOUR HAND – Al Gardner
9. YOU’RE GOOD FOR ME – Don Covay
10. I FOUND THE ONE – Billy Sha-Rae
11. DON’T MAKE ME PAY FOR HIS MISTAKES – ZZ Hill
12. WHAT CAN YOU DO WHEN YOU AIN’T GOT NOBODY- The Soul Brothers Six
13. THAT’S HOW IT IS (WHEN YOU’RE IN LOVE) – Otis Clay
14. GO ON FOOL (EXTENDED VERSION) – Marion Black
15. I WANT EVERYONE TO KNOW – Fontella Bass
16. YOU WANTS TO PLAY – Oscar Weathers
17. (I WANT HER) BY MY SIDE – The Fuller Brothers
18. SHACKIN’ UP – Barbara Mason
19. DON’T BLAME ME – Willie Hightower
20. STOP – Lester Young
21. SOMEONE TO TAKE YOUR PLACE – Bill Locke
22. IF LOVING YOU IS A CRIME (I’LL ALWAYS BE GUILTY) – Lee Moses
23. EASY AS SAYING 1-2-3 – Timmy Willis
24. I DON’T KNOW WHAT YOU GOT BUT IT’S GOT ME PARTS 1 & 2 – Little Richard
25. MARY JANE – Bobby Rush

Il Natale è vicino, ma questo cofanetto è da avere assolutamente, anche dopo, trattasi di goduria suprema!

Bruno Conti

Da Lassù, Country-Rock Natalizio Made In Italy. Piedmont Brothers Band – A Piedmont Christmas

piedmont brothers a piedmont christmas

The Piedmont Brothers Band – A Piedmont Christmas – MRM Records/Appaloosa Ird

Una breve premessa: qualche mese fa, durante l’estate, avrei dovuto recensire l’ultimo album dei Piedmont Brothers Compasses And Maps, poi per vari impegni, sul Buscadero e nel Blog, mi sono ritrovato a rimandare la recensione di quel CD, programmandola per i primi giorni di agosto, fino a che, il 6, purtroppo, gli amici della Ird mi hanno comunicato che Marco Zanzi, il leader della band, era morto dopo una battaglia di circa due anni con un tumore al pancreas. A quel punto non mi sono più sentito di scrivere quella recensione, per timore di fare una sorta di sciacallaggio postumo su un album di unmusicista che se ne era andato. Poi nei mesi successivi, a mente fredda, alcune volte ci ho ripensato, ripromettendomi di parlare comunque della band. Quindi quale occasione migliore che l’uscita di questo CD di canzoni natalizie che era comunque già stato programmato dalla famiglia per una uscita nel periodo invernale. Perché il buon Marco, anche nel periodo più buio della sua malattia, aveva comunque continuato a lavorare e ad incidere nuove canzoni, a dispetto della situazione.

Il disco, e non lo dico per piaggeria, è molto bello e piacevole, quella consueta miscela di country-rock, bluegrass e musica cantautorale, confezionata con gran classe e passione, da Marco Zanzi e Ron Martin, i due co-fondatori di questa band, da sempre coadiuvati da una ampia cerchia di amici, nel corso di sei album (più questi due e compreso un disco di “rarità”) e un paio di Zanzi come solista. Tra gli “amici” gli ultimi a partecipare sono stati Richie Furay, leggendario leader dei Poco, una delle migliori formazioni di country-rock che abbia mai calcato i palcoscenici, e la figlia Jesse Furay Lynch, ma nell’album appaiono anche collaboratori di lunga data. come Katherine Kelly Walczyk, Rosella Cellamaro Doug Rorrer, che si alternano alle voci nei vari brani, con Martin Cecilia Marco Zanzi. Nel disco precedente, Compasses And Map, apparivano alcuni dei grandi luminari del country-rock e del bluegrass, gente come Gene Parsons dei Byrds, Patrick Shanahan della Stone Canyon Band di Ricky Nelson, Rick Roberts dei Firefall e dei Flying Burrito Brothers, alle prese con brani originali e riprese di classici come Tequila Sunrise degli Eagles, Sweet Baby James di James Taylor, Indian Summer di Paul Cotton, dei già citati Poco, It Doesn’t Matter dei mitici Manassas di Stephen Stills Chris Hillman, Teach Your Children di Graham Nash Here Without You di Gene Clark, tutte in versioni brillanti e ricche di verve, in grado di rinverdire i fasti di gente come i citati Poco, Flying Burrito Brothers, Byrds, Eagles, ma anche dei Dillards, grazie al banjo a 5 corde di cui Zanzi era un vero virtuoso, agli impasti tra voci maschili e femminili, e alla perizia strumentale dei vari musicisti impegnati: del vero country-rock made in Italy. Un disco assolutamente da avere per gli appassionati del genere, come pure il disco di Natale, A Piedmont Christmas.

Sono dieci brani, alcuni scritti per l’occasione, altri pescati dalla tradizione, altri ancora firmati da autori non notissimi ma assolutamente validi nell’ambito country e dintorni, forse l’unico autore noto, ma soprattutto tra gli appassionati, è Steve Goodman, di cui viene ripresa una deliziosa e delicata Colorado Christmas, che non a caso è proprio il brano cantato dalla inconfondibile voce di Richie Furay (https://www.youtube.com/watch?v=x1obUh4bqe0, con le armonie vocali della figlia Jesse, e un bellissimo intreccio strumentale creato dal violino di Anna Satta e dal mandolino, dal banjo e dalle chitarre a 6 e 12 corde, del bravissimo pluristrumentista Marco Zanzi. Jesse Furay Lynch canta la più tipicamente natalizia Beautiful Star Of Betlehem, un valzerone country dove la voce alla Emmylou Harris della Lynch ben si intreccia con le armonie vocali di Marco e con svolazzi di chitarra, violino e pedal steel. Altrove, come nella iniziale, vorticosa, Christmastime In The Blue Ridge, cantata da Ron Martin, sembra di ascoltare il bluegrass dei vecchi Dillards o dei Seldom Scene, grazie anche gli inserti di dobro di Alessandro Grisostolo che ben si amalgamano con il picking degli altri musicisti, tra cui Zanzi, qui al mandolino. La “tradizionale” The Holly And The Ivy, cantata da  Katherine Kelly Walczyk, ha degli agganci con la musica tradizionale celtica, grazie alle sue melodie ariose e coinvolgenti ed alla bella voce della Walczyk.

Mary Did You Know, ancora con il violino della Satta in bella evidenza, grazie al sue testo che richiama la natività è uno dei brani più tipicamente natalizi, sempre godibile ed intenso al contempo. The Shepherd’s Dream, un’altra favola stagionale, cantata con voce appassionata da Ron Martin e scritta dallo stesso Marco Zanzi, che la guida con il suo banjo, è un altro eccellente esempio di quel bluegrass-country che è sempre stato il marchio di fabbrica dei Piedmont Brothers, gruppo del tutto all’altezza delle sue controparti americane, il break della solista elettrica di Marco avrebbe fatto il suo figurone nei dischi di tutte le band che abbiamo citato fino ad ora. Notevole anche uno strumentale d’atmosfera come The Goodliest Land, dove i vari solisti si alternano alla guida del pezzo. Rosella Cellamaro canta con voce squillante un’altro brano tipicamente natalizio come la dolce ballata Mother Mary’s Cradle Song Doug Rorrer è la voce solista nel bluegrass scatenato con uso di banjo Back Home (On Christmas Eve) Martin e la Walczyk si alternano come voci soliste nella quasi cameristica There’s A New Kid In Town, una cover di un vecchio brano di Keith Whitley, altro nome noto soprattutto agli appassionati, ma che si ricorda nella versione della Nitty Gritty Dirty Band, altro nume tutelare dei Piedmont. Che altro aggiungere? Se volete fare o farvi un bel regalo, diverso dal solito, siete ancora in tempo ad acquistare questo A Piedmont Christmas che sicuramente negli scaffali dei negozi non farà concorrenza a Michael Bublé o Mario Biondi, ma vi darà più soddisfazioni, se amate questa musica. Se volete saperne di più il sito della band è sempre attivo http://www.piedmontbrothersband.com/home.

Bruno Conti

Best Of 2015: Siti Internazionali Vari. American Songwriter, NPR Music, Paste, Pitchfork + Billboard

american songwriter best 2015

Dopo le riviste internazionali è il momento delle classifiche di fine anno di alcuni siti (il più interessante per chi scrive è il primo che leggerete, American Songwriter, quello più vicino ai gusti del nostro Blog): naturalmente le liste dei migliori sono sempre molto più lunghe, qui sopra, come vedete dal logo, si arriva a 50, ma alcune riportano anche 80 o 100 posizioni, che il sottoscritto sintetizza nei primi 10, o nel caso di alcune classifiche che sono in ordine alfabetico segnalo i titoli che reputo più interessanti.

 American Songwriter : Top 50 Albums of 2015

chris stapleton traveller

  1. Chris Stapleton – Traveller
  2. Torres – Sprinter
  3. Jason Isbell – Something More Than Free
  4. Courtney Barnett – Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit
  5. James McMurtry – Complicated Game
  6. John Moreland – High on Tulsa Heat
  7. Wilco – Star Wars
  8. Craig Finn – Faith In the Future
  9. Natalie Prass – Natalie Prass
  10. Sufjan Stevens – Carrie & Lowell

Come vedete non c’è l’onnipresente Kendrick Lamar (che però è all’11° posto): ho anche provato ad ascoltarlo per documentarmi, ma come dicono con finezza gli inglesi “it’s not my cup of tea”, o se preferite, più esplicitamente, non mi piace proprio!

torres sprinter

Vi segnalo Sprinter di Torres, che è un CD interessante https://www.youtube.com/watch?v=Ol61WOSzLF8 , mai segnalato sul Blog e neppure, fino ad ora, nelle varie classifiche riportate (anche se, con qualche eccezione, non nei primi 10, appare anche nelle liste di Mojo, Uncut, Billboard, Rolling Stone e in altri 11 elenchi dei Top dell’anno).

craig finn faith in the future

Ottimo anche il secondo album solista del leader degli Hold Steady, Craig Finn, Faith In The Future (di cui avevo recensito sul Blog il precedente, ma, per i soliti motivi di tempo, non avevo parlato, se non brevemente, di questo). Al 13° posto ci sono gli Houndmouth, al 14° Kurt Vile, al 17° i Dawes http://discoclub.myblog.it/2015/06/03/from-los-angeles-california-the-dawes-all-your-favourite-bands/ e al 19° Patty Griffin, http://discoclub.myblog.it/2015/09/17/che-meraviglia-dei-dischi-dellanno-patty-griffin-servant-of-love/, entrambi recensiti dal sottoscritto sul Blog e che sono entrati, o entreranno (nella seconda lista) tra i dischi dell’anno di chi scrive (come peraltro James McMurtry Chris Stapleton), e ce ne sono molti altri che mi piacciono, da Iris Dement Dave Rawlings Machine, passando per Josh Ritter, Steve Earle, Deslondes, Emmylou Harris & Rodney Crowell, Lucero Dwight Yoakam. Potete controllare qui http://americansongwriter.com/2015/11/american-songwriters-top-50-albums-2015-presented-daddario/

npr music

NPR Music’s 10 Favorite Albums Of 2015

In questa lista sono in ordine alfabetico, quindi ne scelgo io 10:

alabama shakes sound & color

Alabama Shakes – Sound & Color

brandi carlile the firewatcher's daughter

Brandi Carlile – The Firewatcher’s Daughter

chris stapleton traveller

Chris Stapleton – Traveller

courtney barnett sometimes i sit

Coutney Barnett – Sometimes I Sit And Think…

jason isbell something more than free

Jason Isbell – Something More Than Free

joan shelley over and even

Joan Shelley – Over And Even (Questa è un’altra delle piacevoli sorprese del 2015), sentire prego https://www.youtube.com/watch?v=HcR2bin7dsU, nella grande tradizione folk, già una che nomina Sandy Denny nella presentazione di un suo brano in concerto (vedi, e ascolta, sotto) è promossa a prescindere, se poi la musica è la voce sono anche molto buone, ancora meglio!

joanna newsom divers

Joanna Newson – Divers

patty griffin servant of love

Patty Griffin – Servant Of Love

rhiannon giddens tomorrow is my turn

Rhiannon Giddens – Tomorrow Is My Turn

torres sprinter

 

paste best-albums

The 10 Best Albums of 2015 by Paste

father john misty - i love you

1. Father John Misty – I Love You Honeybear

2. Kenrick Lamar – To Pimp A Butterfly

3.Courtney BarnettSometimes I Sit and Think and Sometimes I Just Sit

4. Sleater-Kinney -No Cities To Love

hop along

5. Hop Along – Painted Shut

6. Sufjan Stevens – Carrie & Lovell

7. Natalie Prass – Natalie Prass

8. Tame Impala – Currents

9. Leon Bridges – Coming Home

10. Deer Hunter – Fading Frontier

Pitchfork 50 BestAlbums

Pitchfork Top 10 Albums of the Year. Dal 10° al 1°.

kamasi washington the epic

10. Kamasi Washington – The Epic (questa è l’unica apparizione nelle varie liste di fine anno, mi pare, di un disco di jazz, sia pure contaminato da funky, R&B e Fusion: sotto trovate il video completo della serata in cui il disco è stato presentato). Sicuramente un disco diverso e nonostante la lunghezza, si tratta di un box di 3 CD, molto piacevole)

9. Courtney Barnett – Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit

8. Miguel – Wildheart

7. D’Angelo and the Vanguard – Black Messiah

6. Sufjan Stevens – Carrie & Lowell

5. Tame Impala – Currents

4. Vince Staples – Summertime ’06

3. Grimes – Art Angels

2. Jamie xx – In Colour

1. Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly

 

best-album-2015-billboard-650

E per finire questo giro, aggiungo la lista dei migliori dell’anno di Billboard che quando avevo postato quelle delle riviste musicali americane non era stata ancora pubblicata. Anche in questo caso countdown dalla posizione n°10 alla n°1.

Billboard Top 10 2015

jason isbell something more than free

10) Jason Isbell – Something More Than Free

9) Father John Misty – I Love You Honeybar

8) D’Angelo & The Vanguard – Black Messiah

7) Alabama Shakes – Sound And Color (mi è piaciuto meno del precedente, ma non posso negare che sia un buon disco)

6) Jamie xx – In Colour

5) Adele – 25

vince staples summertime '06

4) Vince Staples – Summertime ’06

Art-Angels-best-albums-2015-billboard-1500

3) Grimes – Art Angels

2) Original Broadway Cast – Hamilton

1) Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly 

Diciamo che le prime quattro posizioni non sono proprio il massimo dei miei sogni musicali, per usare un eufemismo (e aggiungerei un bel bah!), comunque la “bibbia” delle riviste americane, attraverso i suoi critici, ha così parlato, e uno è libero di non condividere, anche se nelle altre varie liste odierne qualche titolo interessante, che non avevo considerato, sono riuscito a scovarlo comunque per portarlo alla vostra attenzione, in fondo anche a questo servono queste “year end lists”. La prossima volta ancora altre classifiche dalle fonti più disparate, più o meno quello che è restato fuori. Per concludere, entro fine anno, la mia seconda lista a compendio e qualche scelta fattami pervenire da alcuni musicisti italiani che frequentano il blog in quanto “italiani per caso”.

Blog che comunque prosegue anche la sua programmazione abituale, con recensioni, anticipazioni e notizie varie.

Bruno Conti

Catalogare Sotto Jam Band, Ma Di Quelle Anomale. ALO – Tangle Of Time

alo tangle of time

ALO – Tangle Of Time – Brushfire/Universal Records 

Gli ALO (Animal Liberation Orchestra) sono una jam band anomala, fin dalla discografia: secondo alcuni questo è il nono album di studio della band (più una quantità incredibile di EP e alcune antologie e Live), contando anche i primi titoli pubblicati nel periodo “indipendente” del gruppo californiano e forse conteggiando per due volte Fly Between Falls, uscito prima per la loro etichetta Lagmusic Records e poi ristampato, con aggiunte, dalla Brushfire di Jack Johnson. Proprio con il compagno di etichetta e corregionale californiano, gli ALO condividono la passione per un rock piacevole, solare, con melodie scorrevoli, a tratti influenzate dalla musica caraibica, ma anche dal country e quella patina da jam band, che li avvicina ai Phish più leggeri, agli String Cheese Incident, i primi Rusted Root, ma anche la musica dei cantautori westcoastiani più disincantati e dallo spirito blue-eyed soul. L’attitudine jam viene estrinsecata soprattutto dal vivo, ma anche nei dischi in studio, a turno, i vari musicisti: Zach Gill, leader indiscusso, tastierista, ma pure a banjo, ukulele, fisarmonica (e una pletora di altri strumenti), Dan Lebowitz, alle prese con tutti i tipi di chitarra, e la sezione ritmica di Steve Adams e Dave Brogan, che oltre ai loro strumenti, basso e batteria, sono impegnati parimenti con tastiere e percussioni inusuali, tutti costoro si prendono i loro spazi di improvvisazione, all’interno di canzoni che però raramente superano i cinque minuti di durata, in questo Tangle Of Time, solo tre pezzi, Simple Times, Coast To Coast e The Fire I Kept, superano di poco quel limite.

Però l’idea è quella: per esempio The Ticket, la più lunga, con le sue chitarrine choppate e i suoi ritmi ha un qualcosa del Paul Simon “sudafricano”, ma anche del pop più commerciale dei Vampire Weeekend, raffinato e da classifica, con ampi strati di tastiere, piacevoli melodie e tratti di light funky, per esempio nell’uso di piano elettrico, synth e chitarre “trattate”, nella lunga coda strumentale che potrebbe ricordare anche i Talking Heads più leggeri. Altrove, per esempio in Coast To Coast, firmata dal batterista Dave Brogan, sembra di ascoltare gli Steely Dan anni ’70 o lo Stevie Winwood più scanzonato, mentre nell’iniziale There Was A Time fa capolino quel sound caraibico evocato prima, miscelato con sprazzi di musica della Louisiana, grazie alla fisa di Zach Gill che poi lascia spazio pure alla chitarra di Lebowitz che ci regala ficcanti e limpidi licks di stampo californiano, per poi salire al proscenio in Push, il brano che porta la sua firma e che è un brillante pop-rock dal suono avvolgente, grazie anche alle raffinate armonie vocali del gruppo.

Not Old Yet del bassista Steve Adams, che se la canta, è un’altra confezione sonora ben arrangiata, vagamente bluesy e sudista e Sugar On Your Tongue, sempre con l’accordion di Gill in evidenza, mescola leggeri sapori e tempi zydeco con solari armonie da cantautore alla Jimmy Buffett e spruzzate di chitarra che possono ricordare i Grateful Dead o i Phish di studio, quelli più rifiniti e meno improvvisati, per quanto…Non manca la ballata romantica, molto sunny California, come nel caso di Simple Times, dove si apprezza la bella voce di Zach Gill, che non fa rimpiangere certe cose degli Eagles o del James Taylor di metà carriera, con un pianino insinuante che guida le danze e una pedal steel che si “lamenta” sullo sfondo. Keep On, di nuovo di Adams, è molto leggerina e vagamente danzereccia e trascurabile, con Undertow che viaggia su un blue-eyed soul scuola Boz Scaggs, Marc Jordan, Bill LaBounty, Robbie Dupree, lo stesso Donald Fagen, “pigro” e raffinato, mentre A Fire I Kept è una ulteriore variazione su questi temi musicali, giocati in punta di strumenti, forse poca sostanza ma notevole classe ed eleganza formale. Chiude la breve, acustica e sognante Strange Days, altra confezione sonora apprezzabile per la sua complessità, tra dobro e tastiere che ben si amalgamano con il resto della strumentazione e che piacerà agli amanti del pop e del rock più raffinato, come peraltro tutto il resto del disco.

Bruno Conti    

Un Concept Autobiografico? Forse Sì, Ma Pur Sempre Ottimo Country-Rock Texano! Josh Abbott Band – Front Row Seat

josh abbott band front row seat

Josh Abbott Band – Front Row Seat – Pretty Damn Tough/Thirty Tigers CD

Josh Abbott è la quintessenza del country-rocker texano. Proveniente da Lubbock, Josh e la sua solida band (Preston Wait, chitarre e violino, Austin Davis, banjo, Caleb Keeter, chitarra solista, Eddie Villanueva, batteria e James Hertless, basso) sono attivi dal 2008, periodo nel quale non hanno pubblicato molto, solo tre album, ma con un livello qualitativo medio-alto. In particolare l’ultimo Small Town Family Dream ha saputo coniugare buona musica ed ottime vendite, arrivando fino al numero 5 della Hot 100 country di Billboard, quasi un miracolo per un gruppo che non ha un contratto con una major.Questo a dimostrazione che la qualità ed il duro lavoro (sono abituati a suonare parecchie date durante l’anno) ogni tanto pagano: Josh e i suoi non hanno mai avuto la tentazione di arrotondare il suono per fare l’ultimo salto in alto nelle vendite, ma sono rimasti fedeli al loro country-rock duro e puro, chitarristico e vibrante, un suono perfetto per i brani scritti dal leader, canzoni che narrano della vita di tutti i giorni delle persone normali, con i suoi alti e bassi ed i suoi problemi.

Front Row Seat è il nuovo album della JAB, ed è certamente il disco più personale a livello di testi, in quanto è una sorta di concept che narra dei problemi coniugali di Josh, culminati con la separazione dalla moglie: ma non abbiate paura, non è il classico disco intimista, ed alla lunga noioso, del cantautore depresso per la fine di una storia sentimentale, in quanto il suono non è cambiato di una virgola, cioè pura e sana country music texana elettrica e roccata. L’album è abbastanza lungo (sedici brani, una cinquantina di minuti) ed è diviso in cinque atti, come se fosse un’opera teatrale, in cui Abbott è lo spettatore privilegiato (seduto metaforicamente sul Front Row Seat del titolo). I dubbi che Josh e i suoi potessero avere un calo sono subito fugati da While I’m Young, un country-rock potente e vigoroso, con chitarre e banjo sugli scudi ed un refrain molto godibile, al quale fa subito seguito I’ve Been Known, un saltellante brano elettroacustico con tripudio di steel, banjo e violini.

Live It While You Got It, ancora elettrica, è puro rockin’ country texano: se i testi possono essere tristi la musica non lo è di certo; Wasn’t That Drunk vede Josh duettare con Carly Pearce, ed il brano non ha cedimenti di ritmo, anche se i toni sono appena un filo più malinconici. La fluida e limpida Kiss You Good è un altro esempio dello stile del nostro, country elettrico suonato con grinta da rock’n’roll band, mentre If It Makes You Feel Good rallenta un po’ il ritmo, anche se il ritornello non perde un’oncia della sua potenza emotiva, il tutto corredato da un breve ma incisivo assolo di Keeter. Crazy Things è puro country, mentre Front Row Seat è una solida ballata dal retrogusto amaro, sempre sostenuta da una strumentazione potente; Kisses We Steal è una delle migliori del disco, una rock ballad aperta e sinuosa, con un bel riff di violino ed un motivo particolarmente riuscto.Born to Break Your Heart è lenta ma sempre intensa, mentre la cupa Ghosts ha uno sviluppo attendista ed arpeggi chitarristici di valore; This Isn’t Easy è un’oasi particolarmente gradita, anche se dopo un minuto si elettrifica e diventa una rock ballad a tutto tondo. La strana A Loss Of Memory è piena di effetti sonori poco immediati, ma subito corretti dalla bella Amnesia, una delle più scorrevoli del CD, per chiudere con la dolce Autumn e la malinconica Anonymity.

Josh Abbott in questo disco dimostra di essere un texano dalla pelle dura, che neppure le vicissitudini personali riescono a scalfire, e porta a termine un altro buon disco di sano rockin’ country d’autore.

Marco Verdi

Best Of 2015, Riviste Americane: Rolling Stone, SPIN, Newsweek, TIME

rolling stone best of 2015

Proseguiamo con la disamina dei migliori dischi del 2015 secondo la stampa internazionale, vediamo cosa hanno detto le riviste americane (due musicali e due no, manca Billboard, non ho ancora visto la loro lista, mi riservo di aggiungerla in un secondo momento). Non è che qui si vada molto meglio rispetto ai gusti del Blog, ma per documentazione ecco i Top 10 di quattro riviste (di più non ne reggo). Partiamo con Rolling Stone, ogni tanto mi scappa qualche momento!

Rolling Stone Top 10 2015

endrick lamar to pimp a butterfly

1) Kendrick Lamar – To Pimp A Butterfly

adele 25

2) Adele – 25 

drake if you're reading

3) Drake – If You’re Reading This It’s Too Late

d'angelo and the vaguard - black messiah

4) D’Angelo & The Vanguard – Black Messiah (anche questo sarebbe del 2014, uscito il 15 dicembre), ma visto che non è male

5) The Weeknd – Beauty Behind The Madness

courtney barnett sometimes i sit 

6) Courtney Barnett – Sometimes I Sit And Think, And Sometimes I Just Sit

jason isbell something more than free

7) Jason Isbell – Something More Than Free (gran bel disco)

8) Lin-Manuel -Miranda – Hamilton An American Musical (Original Broadway Cast Recording) (mai sentito, e da quello che ho letto forse è meglio, in Europa uscirà solo a febbraio del 2016, un musical doppio tra pop e hip-hop, uhm…)

the arcs yours dreamily

9) The Arcs – Yours, Dreamily (questo devo risentirlo attentamente, perché non mi sembra male)!

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10) Blur – The Magic Whip

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La classifica di Rolling Stone è meno peggio di quello che mi aspettavo, passiamo a Spin: qui ovviamente siamo nell’alternative più spinto (con una eccezione), posizioni dalla 10 alla 1.

10. Alex G – Beach Music

9. Shamir – Ratchet

kacey musgraves pageant material

8. Kacey Musgraves – Pageant Material (questo lo abbiamo pure recensito sul blog http://discoclub.myblog.it/2015/09/18/ultimi-ripassi-fine-estate-bella-brava-texana-kacey-musgraves-pageant-material/

deerhunter fading frontier

7. Deerhunter – Fading Frontier

6. Waxahatchee – Ivy Tripp

5. Vince Staples – Summertime ’06

tame impala currents

4. Tame Impala – Currents

jamie xx in clour

3. Jamie xx – In Colour

courtney barnett sometimes i sit
2. Courtney Barnett – Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit

endrick lamar to pimp a butterfly
1. Kendrick Lamar – To Pimp a Butterfly

Passiamo a due riviste storiche, non nell’ambito musicale, vediamo cosa dicono Newsweek e TIME.

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Ecco la Top 10 di Newsweek:

the amazing picture you

1. The Amazing, Picture You (Partisan) (Non sapevo che la band svedese avesse fatto un nuovo album, ero rimasto a quello del 2012 http://discoclub.myblog.it/2012/01/02/dopo-jonathan-wilson-continua-la-rivincita-della-psichedelia/, bellissimo, quindi queste liste di fine anno sono sempre utili, ora indagherò ulteriormente, ma a un primo ascolto mi pare eccellente, grande psichedelia e West Coast dalla Svezia, alla pari delle migliori cose di Jonathan Wilson)!

courtney barnett sometimes i sit

2. Courtney Barnett, Sometimes I Sit and Think, and Sometimes I Just Sit (Mom + Pop)

leon bridges coming home

3. Leon Bridges, Coming Home (Columbia) (E bravi quelli di Newsweek, tre album su tre veramente belli, l’anno scorso la classifica non era così interessante, anche questo di Leon Bridges lo avevo notato e non avevo approfondito, invece merita, sentire per credere, eccellente soul music nella migliore tradizione del genere).

car seat headrest teens

4. Car Seat Headrest, Teens of Style (Matador)

5. Dead Ghosts, Love and Death and All the Rest (Burger Records) (dei canadesi che fanno psych rock-garage anni ’60, interessanti anche questi)

6. Dilly Dally, Sore (Partisan) (non è che mi piace tutto, se no avrei chiesto di lavorare per Newsweek, potevo anche fare a meno del ritorno del grunge).

7. Drenge, Undertow (Infectious Music)

father john misty - i love you

8. Father John Misty, I Love You, Honeybear (Sub Pop)

9. Carly Rae Jepsen, E•MO•TION (School Boy/Interscope)

10. Lady Lamb, After (Mom + Pop)

Confesso che sono andato a curiosare anche nel resto della classifica, ma non è così interessante, comunque la migliore classifica che ho visto fino ad ora. Vediamo ora quella di TIME, molto meno “interessante”, almeno per me.

TIME Top 10

miguel wildheart

1. Wildheart, Miguel

sleater-kinney no cities to loves

2. No Cities to Love, Sleater-Kinney

endrick lamar to pimp a butterfly

3. To Pimp a Butterfly, Kendrick Lamar

4. E•MO•TION, Carly Rae Jepsen

girl-band

5. Holding Hands With Jamie, Girl Band

6. Pageant Material, Kacey Musgraves

7. Sometimes I Sit and Think, And Sometimes I Just Sit, Courtney Barnett

8. Break Stuff, Vijay Iyer Trio

9. In Colour, Jamie xx

ashley-monroe the blade

10. The Blade, Ashley Monroe

Direi che anche per oggi è tutto, alle prossime classifiche.

Bruno Conti

Puro Rock Americano Anni ’80! Michael Stanley Band – Live At The Ritz NYC 1983

michael stanley band - live at the ritz

Michael Stanley Band – Live At The Ritz NYC 1983 – 2 CD  Line Level/Classic Music Vault 

Rock americano anni ’80, croce e delizia degli appassionati: come direbbero negli States “big drums, big guitars, a lot of keyboards” e non sempre l’abbondanza è sinonimo di qualità! Siamo negli anni che preludono allo Springsteen di Born In The Usa, ma sono anche gli anni di John Mellencamp quando era ancora Cougar, del cosiddetto “Heartland rock”, quello anche di Tom Petty e Bob Seger, ma qui stiamo citando gli esempi più virtuosi, al filone si facevano risalire anche gli Iron City Houserockers di Joe Grushecky, ma pure gente come Eddie Money o i paladini di certo AOR, come Foreigner, REO Speedwagon, Journey e via discorrendo. In mezzo ai due guadi si trovava Michael Stanley con la sua band, d’ora in poi la MSB. Confesso che alcuni titoli in LP all’epoca li avevo, Heartland e North Coast non erano neppure male, ma certi inserti di tastiere e sax, pur con le produzioni di Eddie Kramer e Bob Clearmountain, sentiti oggi, come direbbe qualche comico di cabaret, “fanno accapponare i capelli”!

Anche se al sax nei dischi in studio c’era Clarence Clemons e il cuore della band di Cleveland, Ohio, batteva dal lato giusto della strada https://www.youtube.com/watch?v=G50CZ5lw2CQ . Nel 1983 pubblicano quello che sarà il loro ultimo disco per una major, You Can’t Fight Fashion, e il 4 ottobre sono al Ritz di New York, per registrare un broadcast radiofonico che sarà trasmesso da una emittente locale: particolarità quasi unica, come si desume anche dagli annunci captati nell’etere, è quella che il concerto si tiene alle dieci di mattina(?!). Della formazione originale oltre a Stanley è rimasto solo il batterista Tommy Dobeck, maestro delle lunghe rullate che imperavano all’epoca, ma anche valido trascinatore, mentre le doppie tastiere di Pelander e Raleigh non sempre si digeriscono con facilità e Danny Powers, il nuovo chitarrista, è un buon solista ma di quelli “esagerati”, diciamo più Eddie Money che Springsteen, Mellencamp o Seger, completa la line-up Ricky Bell, sassofonista funzionale ma nulla più in questa matinée a NY. Il concerto è anche piacevole (inedito fino ad oggi): si parte con Working Again, un bel pezzo rock che ha più di una parentela con il Billy Joel rocker dell’epoca, incrociato con Springsteen e Mellencamp, con la voce maschia di Stanley in bella evidenza; In The Heartland, anche se con chitarre fumiganti, è del buon blue-collar rock.

I’ll Never Need Anyone More è pari pari il John Cougar di Ain’t Even Done With The Night, mentre High Life, testo sui personaggi della vita notturna californiana, fa molto Pat Benatar di quegli anni o la primissima Melissa Etheridge, ancora da venire, con eccessi di sax e tastiere, ma c’era in giro molto di peggio (e ne sarebbe arrivato, tipo l’hair metal o la dance wave britannica). How Can You Call This Love è abbastanza “molliccia”, nonostante l’andatura rock, Hard Time, con un basso incalzante potrebbe essere una via di mezzo tra i Police e il rock fin qui descritto, e pure In Between The Lines, buona invece una ballatona come Spanish Nights e anche My Town, il loro ultimo singolo di classifica nel 1983, ha la giusta grinta. Fire In the Hole ha una intro alla Van Halen, ma il resto è meno tamarro (non troppo), Someone Like You, uno dei pezzi scritti e cantati dal tastierista Kevin Raleigh è molto AOR. Insomma ci siamo capiti, buon rock quello della MSB, ma niente per cui strapparsi i capelli. Il secondo CD bonus riporta invece un concerto realizzato per la BBC nel 1981, Bell al sax è molto più motivato  e il chitarrista era ancora Gary Markasky, il tutto è registrato a Cleveland, e anche se il repertorio in parte coincide, il suono e la resa casalinga mi sembrano decisamente più convincenti, basta sentire la sequenza In The Heartland e I’ll Never Need Anyone More (che qui sembra più Dancing In the Dark) https://www.youtube.com/watch?v=YLoNhMJFGvU  che raffigura molto meglio il gruppo che ricordavo ai tempi, chitarre ruggenti, voce pimpante e ritmi tirati, Working Again,è una schioppettata di energia, Somewhere In the Night, Don’t Stop The Music e He Can’t Love You, ribollono di sano rock, anche springsteeniano, Lover è una buona ballata notturna, per quanto un filo ruffiana https://www.youtube.com/watch?v=7m6wRBNLJnM . Insomma mi pare che il CD “giusto” sia questo, anche qui senza fare la lista di tutti i brani e senza gridare al miracolo, del buon rock anni ’80.

Bruno Conti     

I Segreti Di Un Capolavoro! Bruce Springsteen – The Ties That Bind: The River Collection

bruce springsteen the ties that bind cover

Bruce Springsteen – The Ties That Bind: The River Collection – Columbia/Sony 4CD + 3DVD – 4CD + 2BluRay

Per il sottoscritto The River non è solo il disco più bello di Bruce Springsteen, ma, se non fosse per Highway 61 Revisited di Bob Dylan, sarebbe anche il mio disco preferito in assoluto di tutti i tempi: un doppio album leggendario, che veniva al termine di un periodo di incredibile creatività (sembra che il Boss avesse scritto qualcosa come 75 canzoni nuove) e a due anni da quello che già all’epoca sembrava una vetta difficile da superare, cioè Darkness On The Edge Of Town. A 35 anni da quel capolavoro esce finalmente, dopo che era sembrato imminente più di una volta, The Ties That Bind (che oltre alla canzone di apertura di The River era anche il suo titolo originario), un cofanetto che prosegue il discorso di ristampe deluxe del nostro dopo quelle di Born To Run (un tantino deludente) e del già citato Darkness (splendida): un sontuoso box che, oltre ad un bellissimo libro con foto rare di Bruce e della sua E Street Band, contiene i due CD del disco originale (che spero tutti conoscerete, altrimenti che ci fate qui?), la versione che sarebbe dovuta uscire singola nel 1979 (poi fortunatamente annullata in favore del doppio che tutti conosciamo), ed un CD di outtakes delle stesse sessions (22 brani, metà dei quali completamente inediti, altri usciti all’epoca su Tracks e sul terzo dischetto della Essential Collection), oltre a tre DVD (o due BluRay) con un documentario di un’ora scarsa in cui il Boss di oggi racconta in maniera assolutamente rilassata la genesi di quel fondamentale disco, accennandone anche diversi brani con la chitarra acustica, e soprattutto un grandissimo concerto tenutosi a Tempe, Arizona, nel 1980.

bruce springsteen the ties that bind

Un’operazione scintillante dunque, che però non ha mancato di attirare diverse critiche, principalmente per il fatto che il CD di outtakes è composto per metà di brani già noti (ma a mio parere risentirli nel giusto contesto ha perfettamente senso) e anche perché la performance sulla parte video è incompleta (ma in questo caso sono state utilizzate solo le immagini effettivamente girate, e poi sono pur sempre due ore e quaranta di concerto): in questo post non mi metterò certo a ricostruire la storia di The River o la sua importanza nel contesto dell’epoca, per quello ci sono Wikipedia ed altre ottime analisi online fatte da altri e poi chi legge abitualmente questo blog credo che conosca a menadito quel disco, ma mi limiterò ad esaminare brevemente le parti inedite del cofanetto.

CD 3 – The Single Album: il disco originale, con dieci canzoni, era già pronto ad essere messo in commercio con il titolo di The Ties That Bind, ma grazie al cielo Bruce ebbe più di un dubbio sulla sua unitarietà e ritornò in studio per rifarlo da capo a piedi. Non che così fosse un brutto disco (anzi), ma, sapendo cosa sarebbe poi stato The River, risulta effettivamente monco ed in un certo senso inferiore anche a Darkness On The Edge Of Town, anche se comunque l’ascolto è assolutamente gratificante. Quattro dei dieci brani sono le stesse versioni finite poi sul doppio definitivo (Hungry Heart, The River, I Wanna Marry You e The Price You Pay), altri due sono usciti su Tracks (Be True e Loose Ends, quest’ultima incomprensibilmente esclusa da The River, essendo al livello di quelle pubblicate e nettamente superiore a, per esempio, Crush On You), due diverse takes di The Ties That Bind, praticamente identica a quella conosciuta, e di Stolen Car, che preferisco a quella pur bellissima uscita su The River, meno lenta e con una fisarmonica che le dona un sapore più roots. I due inediti assoluti sono la deliziosa Cindy, una pop song urbana molto anni sessanta che sa parecchio di Dion & The Belmonts, ed una You Can Look (But You Better Not Touch) molto diversa da quella nota, meno urgente ma più festosa e rock’n’roll, anch’essa con il suo bel perché.

CD 4 – River Outtakes: come già detto da più parti, le prime undici canzoni delle ventidue totali sono inedite anche per i collezionisti più incalliti, e se forse nessuna di esse è superiore a quelle poi finite sul disco definitivo (con l’eccezione a mio parere della già citata Crush On You e forse anche di I’m A Rocker), almeno quattro-cinque di esse non avrebbero certo sfigurato. Meet Me In The City è una veloce ed ariosa rock song tipica del nostro, con il piano di Roy Bittan a guidare la melodia, ritmo alto e chitarre ruspanti (anche se la voce mi sembra quella di oggi, infatti pare che in alcuni brani ci siano sovraincisioni sia vocali che strumentali). La spedita The Man Who Got Away ha un deciso feeling urbano ed un tocco errebi, graziosa ma non al livello delle migliori, mentre la guizzante Little White Lies è decisamente bella, ancora con il piano che comanda ed un motivo che cattura al primo ascolto; The Time That Never Was ha un piede negli anni ’60 e risente dell’influenza di Phil Spector, ma il suono è tipicamente E-Street, mentre Night Fire (cioè le due parole più frequenti nei titoli di Bruce) è un highlight assoluto, una rock ballad sontuosa che non ha paura di quelle finite su The River, potente, lucida, dall’andatura maestosa. Whitetown è un gradevole pezzo che ci mostra la versione più pop del Boss, e sarebbe potuta essere un ottimo singolo anche se la melodia è abbastanza atipica per il nostro, Chain Lightning è un potente boogie di quelli che Bruce scrive quando decide di divertirsi, anche se è indubbiamente una canzone di secondo piano; Party Lights è sulla stessa lunghezza d’onda, ma decisamente meglio, uno di quei rock’n’roll che dal vivo fanno scintille, ed anche questa è un mistero come non sia finita sul disco originale (ma forse alla fine sarebbe diventato un album triplo), Paradise By The “C” la conoscevamo già (era sul box Live 1975/1985), uno strumentale costruito intorno al sax di Clarence Clemons, divertente ma leggerino. Le ultime due outtakes inedite sono Stray Bullet, un lento notturno e pianistico con tanto di clarinetto, un brano dal pathos notevole che Bruce non avrebbe dovuto dimenticare in un cassetto, e Mr. Outside, praticamente un demo voce e chitarra, un po’ grezzo e tutto sommato trascurabile. Poi, come detto, altre undici canzoni già pubblicate in passato (tutte molto rock’n’roll), che però in questo contesto funzionano benissimo.

DVD/BluRay – Live In Tempe, AZ: un concerto straordinario (peccato sia monco), registrato la sera dopo l’elezione di Ronald Reagan a Presidente degli USA (e da un commento che fa Bruce non mi sembrava granché entusiasta), con una qualità di immagine più che discreta visto che stiamo parlando del 1980 ed un suono eccellente. In quel periodo Bruce e la E Street Band erano all’apice della forma: i concerti del biennio 1980-1981 sono quasi unanimemente considerati come lo zenith del Boss, sono ancora grandissimi oggi per carità, ma assomigliano più ad una big band, con tutti quei fiati e coristi, mentre allora erano “solo” in sette (neppure Nils Lofgren e Patti Scialfa facevano ancora parte del gruppo) ed avevano un suono più compatto e puro. Dei 24 pezzi presenti (più altri cinque tratti da un soundcheck) Bruce e compagni affrontano diversi brani da The River, ma anche highlights dai due album precedenti (mentre i primi due lavori sono rappresentati solo da Rosalita, festosa come sempre), per concludere più di due ore di grandissimo rock’n’roll (ma anche di superbe ballate, su tutte Drive All Night ed una epica Jungleland) con l’imperdibile Detroit Medley. Gli E-Streeters girano veramente a mille, Clarence Clemons non era ancora il paracarro degli ultimi anni, Little Steven una valida spalla e non la presenza folcloristica di oggi (mentre Max Weinberg, Roy Bittan e Garry Tallent sono ancora immensi adesso, come sono convinto sarebbe anche il povero Danny Federici, se fosse ancora tra noi), ma la differenza più sostanziale è proprio in Bruce: ai giorni nostri è ormai un artista maturo ed esperto, in pace con sé stesso, che suona ancora dal vivo perché si diverte a farlo, ed ogni suo concerto è una sorta di celebrazione con i fans, ma a Tempe si notano la fame e gli occhi della tigre, come se la sua carriera futura dipendesse dall’esito di quello show. CD di outtakes a parte, un concerto che vale il prezzo del cofanetto.

Marco Verdi

P.S: ecco le tracklist complete del CD di outtakes e del BluRay/DVD:

[CD4 – The River: Outtakes]
1. Meet Me In The City
2. The Man Who Got Away
3. Little White Lies
4. The Time That Never Was
5. Night Fire
6. Whitetown
7. Chain Lightning
8. Party Lights
9. Paradise By The C
10. Stray Bullet
11. Mr. Outside
12. Roulette
13. Restless Nights
14. Where The Bands Are
15. Dollhouse
16. Living On The Edge Of The World
17. Take ‘em As They Come
18. Ricky Wants A Man Of Her Own
19. I Wanna Be With You
20. Mary Lou
21. Held Up Without A Gun
22. From Small Things (Big Things One Day Come)

DVD 2
The River Tour, Tempe 1980 Part 1
“Born to Run”
“Prove It All Night”
“Tenth Avenue Freeze-Out”
“Jackson Cage”
“Two Hearts”
“The Promised Land”
“Out in the Street”
“The River”
“Badlands”
“Thunder Road”
“No Money Down”
“Cadillac Ranch”
“Hungry Heart”
“Fire”
“Sherry Darling”
“I Wanna Marry You”
“Crush on You”
“Ramrod”
“You Can Look (But You Better Not Touch)”

DVD 3
The River Tour, Tempe 1980 Part 2
“Drive All Night”
“Rosalita (Come Out Tonight)”
“I’m a Rocker”
“Jungleland”
“Detroit Medley”
“Where the Bands Are” (Credits)

Bonus: The River Tour Rehersals
“Ramrod”
“Cadillac Ranch”
“Fire”
“Crush on You”
“Sherry Darling”