Il “Solito” Popa Chubby, E Basta -The Catfish

popa chubby the catfish

Popa Chubby – The Catfish – earMUSIC/Edel

Il “Pesce gatto” in un certo senso è il re dei pesci di acqua dolce, soprattutto dei fiumi e dei laghi americani, ma è anche una delle figure ricorrenti in alcune delle iconografie classiche del Blues, e per Popa Chubby che si è autoproclamato “The King Of The New York City Blues” era quasi inevitabile che prima o poi si arrivasse a questo titolo. E il nostro amico Ted Horowitz lo fa in quello che è il suo esordio per una nuova etichetta discografica, la earMUSIC, che si avvicenda alla Dixiefrog e alla Blind Pig, oltre alla Provogue che per un paio di album aveva distribuito i prodotti dell’artista americano. The Catfish arriva dopo il buon doppio dal vivo dello scorso anno Big, Bad and Beautiful ed il precedente I’m Feelin’ Lucky (The Blues According To Popa Chubby), un album dai risultati altalenanti almeno per il sottoscritto, dopo le buone prove per la Provogue. Devo dire che ad un primo ascolto questo album non mi aveva convinto del tutto, ma poi risentito a volumi consoni, cioè alti, tutto comincia, almeno nella prima parte, ad assumere un senso: dalla scarica di adrenalina del vigoroso funky-blues-rock dell’iniziale Going Downtown, con wah-wah a tutta manetta e la sezione ritmica Matt Lapham, basso e Dave Moore, batteria che ci dà dentro di brutto, all’altrettanto virulenta Good Thing che qualcuno ha voluto accostare al funky di Prince, ma secondo chi scrive si avvicina più a quello classico di Sly & Family Stone o al limite dei Parliament/Funkadelic, con decise galoppate della solista del Popa che maltratta di gusto la sua chitarra, ben coadiuvato anche dal piano del bravo tastierista Dave Keyes.

Anche la versione reggae e strumentale del famoso classico degli Everly BrothersBye Bye Love al primo giro non mi aveva acchiappato subito, mi era parsa pacchiana, ma ai giusti volumi si gusta il suono rotondo e corposo del basso, le accelerazioni della batteria e soprattutto della solista di Popa Chubby che si diverte un mondo a rifare questa piccola perla del primo rock. Cry Till It’s A Dull Ache ha qualche retrogusto del suono Muscle Shoals che usciva dai dischi soul della Memphis dell’epoca dorata, mista alle solite energiche folate del blues chitarristico del musicista newyorkese, ben sostenuto anche dalle tastiere di Keyes che in tutto il disco aggiungono piccole coloriture extra al solito sound da power trio. In Wes Is More il nostro amico addirittura si cimenta con il jazz after hours del grande Wes Montgomery, in un brano felpato ed inconsueto dove si apprezza tutta la perizia tecnica di Chubby e soci. Motorhead Saved My Life è un brano “duretto” anziché no (anche se non come potrebbe far pensare il titolo) dove Horowitz rende omaggio ad uno degli “eroi” musicali” della sua formazione musicale giovanile, Lemmy, già coverizzato in passato con una versione di Ace Of Spades che era su The Fight Is On, e qui trattato con un impeto più garage che metal, per quanto energico.

Il brano migliore di questo The Catfish è probabilmente un intenso slow intitolato Blues For Charlie, dove Popa Chubby rende omaggio alle vittime degli attentati di Parigi, capitale di quella che è ormai diventata la sua seconda patria, la Francia, il pezzo è splendido, uno strumentale intenso e lancinante, dove il nostro amico esplora con grande tecnica e feeling il manico delle sue chitarre (qui raddoppiate) per una delle migliori performances della sua carriera discografica, veramente un grande blues. Dirty Diesel è un onesto pezzo rock con qualche deriva hendrixiana, quello più selvaggio dei singoli iniziali, anche se da quelle parti eravamo su un altro pianeta, ma l’amico si impegna e poi ci stupisce in uno strano urban jazz quasi Davisiano, dove la figlia Tipitina è impegnata alla tromba con la sordina, in quello che è un esperimento riuscito a metà, una fusione tra hip-hop e jazz che non mi convince del tutto. Last Time Blues è un piacevole blues con uso di organo, che non resterà negli annali della storia del genere, mentre la title-track racconta la storia del re del fiume, il Pesce gatto, con un brano dal vago sentore southern, anche in questo caso buono ma non memorabile. Il finale è affidato ad una cover acustica di C’Mon In My Kitchen, dove Popa Chubby si esibisce al dobro, ben supportato dal piano di Keyes buona versione ma anche in questo caso niente per cui strapparsi le vesti. Insomma, per riassumere, il disco parte molto bene, ha alcune punte di eccellenza e poi si smorza un po’ nel finale, ma nel complesso è onesto e positivo, il “solito Popa Chubby (vedasi titolo del Post sugli Stones)!

Bruno Conti

Il “Solito” Popa Chubby, E Basta -The Catfishultima modifica: 2016-11-19T00:08:33+01:00da bruno_conti
Reposta per primo quest’articolo