Occhio Alle “Fregature”, Ma Questi Non C’erano Già? Alcune Ristampe Future Sospette: Gene Clark, Byrds, Johnny Jenkins, Kris Kristofferson, Roy Orbison, Steve Earle, Neko Case, Blue Oyster Cult, Richie Furay Band, Chicago

gene clark lost studio sessions

Oltre a segnalarvi le uscite discografiche più interessanti, imminenti e più lontane nel tempo, cerco comunque sempre di arricchirle con qualche veloce dettaglio e giudizio, anche relativo ad eventuali precedenti versioni, dato che spesso sia le riviste specializzate che i Blog di musica tralasciano e che invece è importante sapere (anche per i portafogli di chi acquista). Proprio per evitare le “fregature” quest’oggi ci concentriamo su una serie di ristampe (croce e delizia degli appassionati per il quasi compulsivo parossismo che si è impadronito di etichette piccole e grandi, nuove e vecchie, che ormai ripubblicano a ciclo continuo, ripetutamente, gli stessi titoli, che quindi si trovano in circolazione in innumerevoli edizioni): vediamo quelle che sono previste in uscita nelle prossime settimane e che mi lasciano dubbioso per vari motivi. La prima e l’ultima per motivi diversi dalle altre, ma vediamo di capire perché.

In teoria (e anche in pratica) questo CD di Gene Clark The Lost Studio Sessions 1964-1982 è interessantissimo: ricco di materiale rarissimo ed inedito, però quello che lascia perplessi è la presentazione che ne ha fatto la Sierra Records, l’etichetta che lo ha pubblicato: all’atto pratico si tratta di un SACD ibrido che però nelle note di lancio del disco è stato descritto così –  24 tracks-Two CDs worth of music. Playable on both standard CD and SACD players, 36 page booklet – e fin qui nulla di male, però molti hanno pensato che si trattasse di un CD doppio e così lo presentano molti siti di vendita. Ma avendolo tra le mani vi posso assicurare che si tratta di un CD singolo, il problema o la “fregatura” è il prezzo, che oscilla, almeno in Europa, tra i 44 e i 58 euro. francamente per un dischetto singolo mi sembra eccessivo. Poi il contenuto è notevole e di grande interesse, come potete leggere qui sotto:
Track 1 The Way I Am
Track 2 I’d Feel Better
Track 3 That Girl
Track 4 A Worried Heart
Track 5 If There’s No Love

Recorded Spring 1964, World Pacific Studios, Produced by Jim Dickson; Original source: Scotch 201, 1/2″ 3-track analog master, 15 ips; solo with 12-string guitar.

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Track 6 Back Street Mirror
Track 7 Don’t Let It Fall Through

Recorded January 26, 1967, Sound Recorders, Produced by Jim Dickson; Arranger, Leon Russell; Horn Section, Hugh Masekela; Mixer, Armin Steiner; Recorder, Cal Frisk; Original Source: Scotch 203, 8-track, 1″ 8-track analog master, 15 ips; Full Band.

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Track 8 Back To The Earth Again
Track 9 The Lighthouse
Track 10 The Awakening Within
Track 11 Sweet Adrienne
Track 12 Walking Through This Lifetime
Track 13 The Sparrow
Track 14 Only Yesterday’s Gone

Recorded 1968-1970, Liberty/UA Recording Studios, Produced by Jim Dickson; Original Source: Scotch 150, 1/4″ full track mono, analog master, 15 ips; solo with acoustic guitar.

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Track 15 She Darked the Sun

Recorded Spring 1970, Sound Factory, Produced by Jim Dickson: Original source: Scotch 206, 1/4″ 2-track analog master, 15 ips; with the “The Burrito Deluxe – Flying Burrito Bros”.

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Track 16 Roll in My Sweet Baby’s Arms
Track 17 She Don’t Care About Time
Track 18 Don’t This Road Look Rough and Rocky
Track 19 Bars Have Made a Prisoner Out Of Me

Recorded July – September 1972, Wally Heider Studio 4, Produced by Chris Hinshaw and Terry Melcher: Original source: Ampex 631, 1/4″ 2-track analog master, 15 ips; with Clarence White, Eric White Sr., Sneaky Pete Kleinow, Spooner Oldham, Byron Berline, Michael Clarke, Claudia Lennear and friends.

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NYTEFLYTE – Gene Clark, Chris Hillman, Herb Pedersen, Al Perkins, Michael Clarke

Track 20 One Hundred Years From Now
Track 21 (The) Letter
Track 22 Still Feeling Blue
Track 23 No Memories Hangin’ Round
Track 24 I’ll Feel A Whole Lot Better

Recorded July 10, 1982, Criterion Recorders, Produced by Jim Dickson: Engineer, Captain Echo; Original source: Agfa PEM 408, 2″ 16-track analog master, 15 ips.

Io vi ho reso edotti poi fate voi.

byrds - live at the fillmore february 1969

Passiamo alle uscite future e visto che abbiamo parlato di Gene Clark, ecco la ristampa di un disco dei Byrds (ma senza Clark): parlo di “ristampa” anche se quando venne pubblicato in CD per la prima volta, nel 2000, nell’ambito delle ripubblicazioni di tutto il catalogo dei Byrds da parte della Sony Legacy, questo Live At The Fillmore February 1969, allora in effetti era un concerto inedito. Ora (o meglio al 31 marzo) l’etichetta inglese Floating World lo presenta di nuovo, ma occhio perché è pari pari lo stesso CD e la “vecchia” edizione è tuttora in catalogo.

Tracklist
1. Nashville West
2. You’re Still On My Mind
3. Pretty Boy Floyd
4. Drug Store Truck Driving Man
5. MEDLEY Turn Turn Turn, Mr Tambourine Man, Eight Miles High
6. Close Up The Honky Tonks
7. Buckaroo
8. The Christian Life
9. Time Between
10. King Apathy III
11. Bad Night At The Whiskey
12. This Wheel’s On Fire
13. Sing Me Back Home
14. So You Want To Be A Rock ‘N’ Roll Star
15. He Was A Friend Of Mine
16. Chimes Of Freedom

 

johnny jenkins blessed blues

Stesso discorso, più o meno, anche per questo Blessed Blues di Johnny Jenkins: data prevista della ristampa Floating World sempre il 31 marzo, diverso il pregresso. Il CD uscì la prima volta nel 1996 per la Capricorn Records, circa 25 anni dopo (26 per la precisione) quello che viene considerato il suo piccolo capolavoro “perduto”, Ton Ton Macoute, il disco del 1970 dove suonavano Duane Allman, Berry Oakley, Butch Trucks degli Allman, oltre a Eddie Hinton, Pete Carr, Paul Hornsby e Johnny Sandlin, che era anche il produttore.

Ottimo comunque anche il disco del 1996, che vede la presenza di David Hood e Billy Stewart come sezione ritmica, Jack Pearson alla chitarra, Chuck Leavell alle tastiere e Randall Bramblett al sax. Quindi controllate se non lo possedete già e poi fateci un pensierino, merita.

kris kristofferson the austin sessions

Anche questo Kris Kristofferson The Austin Sessions ovviamente era già uscito in CD: nel 1999 venne pubblicato dalla Atlantic e conteneva registrazioni del 1997, in cui Kris, accompagnato da una serie di ottimi musicisti, tra cui Stephen Bruton, Jim Cox, Mike Baird, Paul Franklin, John Spivey e altri, tra i quali anche Mark Knopfler, aveva registrato nuove versioni di molti suoi classici del passato. Altra particolarità è la presenza imponente di colleghi impegnati come seconde voci in diversi brani: Jackson Btowne, Steve Earle, Vince Gill, Matraca Berg, Marc Cohn, Alison Krauss, Catie Curtis e lo stesso Knopfler. La “fregatura”, se lo avete già, è in che nuova edizione Warner/Rhino in uscita il prossimo 10 febbraio sono state aggiunte due bonus tracks, con la tracking list completa della edizione potenziata che è la seguente.

1. Me And Bobby McGee (Remastered)
2. Sunday Morning Coming Down (Remastered)
3. For The Good Times (Remastered)
4. The Silver Tongued Devil And I (Remastered)
5. Help Me Make It Through The Night (Remastered)
6. Loving Her Was Easier (Than Anything I’ll Ever Do Again) [Remastered]
7. To Beat The Devil (Remastered)
8. Who’s To Bless And Who’s To Blame (Remastered)
9. Why Me (Remastered)
10. Nobody Wins (Remastered)
11. The Pilgrim: Chapter 33 (Remastered)
12. Please Don’t Tell Me How The Story Ends (Remastered)
Bonus Tracks:
13. Best Of All Possible Worlds
14. Jody And The Kid

roy orbison black and white night

Per questo disco, CD, DVD, Blu-Ray, per non parlare di VHS e Laserdic, si configura chiaramente un caso di circonvenzione di incapace: il concerto, peraltro bellissimo, nel corso degli anni, è uscito in una miriade di versioni. Va bene, quest’anno ricorre il 30° Anniversario dalla data del concerto (sempre stiracchiata, visto che il concerto si tenne il 30 settembre del 1987, ma venne trasmesso in TV il 3 gennaio del 1988 e pubblicato il 3 febbraio del 1989. Poi, nelle varie edizioni che si sono susseguite negli anni, è stato aggiunto un pezzo qui, un altro là, per arrivare fino ad un totale di 18 brani ( tre non furono compresi nel broadcast originale). Ora la Sony Legacy pubblica questa versione “definitiva”  in CD/DVD o CD/Blu-Ray, prevista in uscita per il 24 febbraio p.v., che conterrà 24 brani, i 18 conosciuti, una alternate di Oh, Pretty Woman, più cinque tracce con versioni alternative registrate in un “concerto segreto” tenuto dopo l’evento, che però in versione audio saranno disponibili solo come download digitale, previo acquisto della confezione che conterrà un codice all’interno del CD per lo scarico dei suddetti brani (complicato?).

Il tutto sarà curato dai due figli di Roy Orbison.

1. Only The Lonely
2. Leah
3. In Dreams
4. Crying
5. Uptown
6. The Comedians
7. Blue Angel
8. It’s Over
9. Running Scared
10. Dream Baby (How Long Must I Dream)
11. Mean Woman Blues
12. Candy Man
13. Ooby Dooby
14. Blue Bayou
15. Go Go Go (Down The Line)
16. (All I Can Do Is) Dream You
17. Claudette
18. Oh, Pretty Woman (Alt Version)*
19. Oh, Pretty Woman
Secret Post-concert alternate versions (offered as a digital download within the CD):
20. (All I Can Do Is) Dream You*
21. Comedians*
22. Candy Man*
23. Claudette*
24. Uptown*

*= Previously unreleased

In più nelle parti video sarà incluso un documentario di 33 minuti con interviste e materiale registrato durante le prove (ovviamente non versioni complete, anche se leggendo le anticipazioni dell’uscita di parla di 40 tracce complessive nel secondo dischetto (ma alcune sono interviste, altri spezzoni di prove, interviste, siparietti, tipo quello di Springsteen, foto, ancora più complicato?). Il concerto è splendido, le canzoni pure, poi basta guardare chi c’è sul palco,il prezzo annunciato non mi pare proibitivo, speriamo che poi non esca l’edizione ancora più definitiva!

steve earle live from austin texas 1986 neko case live from austin city limits

In questo caso, sempre che non vi manchino, possiamo tranquillamente parlare di “fregatura”: si tratta di due concerti, peraltro splendidi, della serie Live Form Austin TX, pubblicata negli scorsi anni dalla New West. Peccato che i due titoli erano già usciti, e sono tuttora in circolazione, come CD e DVD divisi, ma ora è possibile acquistare le nuove confezioni CD+DVD. Non dico nulla per non usare il turpiloquio.

Il primo doppio contiene il concerto di Steve Earle del settembre 1986, subito dopo il successo strepitoso di Guitar Town (ne esiste anche un secondo, nella stessa serie, relativo al concerto del novembre 2000).

Il concerto di Neko Case è del 9 agosto 2003, pubblicato in DVD nel 2006 e in CD nel 2007, ora disponibile in questa versione “nuova” doppia (entrambi sono previsti in uscita per il prossimo 10 marzo). La bravissima Neko Case (al sottoscritto piace moltissimo) ha suonato nuovamente a Austin City Limits nel 2013, ma per il momento non è stato pubblicato nulla.

blue oyster cult some enchanted evevning

Questo Some Enchanted Evening dei Blue Oyster Cult è uno dei dischi che vanta il maggior numero di ristampe nel corso degli anni. e molte sono tuttora in produzione (il sito Discogs ne cita 41 diverse). Uno splendido concerto dal vivo, registrato nel corso del tour del 1978 (meno un pezzo dallo show di fine anno del 1977), uscì in vinile, purtroppo, solo come singolo album, poi stampato, sempre come singolo, in CD, nel 1995, ed infine in una Deluxe Edition CD+DVD della serie Legacy della Sony, nel 2007, con sette bonus nella versione audio, più un DVD, registrato sempre nella stessa tournée, 11 brani al Capital Centre di Largo nel Maryland. In seguito, nel 2013, la Culture Factory ne ha pubblicata una ennesima ristampa, ed ora, al 24 marzo uscirà anche la versione della inglese Talking Elephant. Tutte regolarmente in catalogo (meno, purtroppo, quella doppia, che si trova ancora, ma solo a prezzi diciamo “carucci”.

La versione Talking Elephant torna alla edizione standard con 7 brani:

1. R.U. Ready To Rock
2. E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence)
3. Astronomy
4. Kick Out The Jams
5. Godzilla
6. (Don’t Fear) The Reaper
7. We Gotta Get Out Of This Place

Grande concerto comunque.

richie furay band alive deluxe

Diciamo che questa è una “mini fregatura” nel formato, il CD rimane doppio, con tre bonus tracks in studio, aggiunte alle fine del secondo disco, ma maxi nel prezzo, in quanto le ristampe della Friday Music sono sempre molto costose (vedasi anche il recente doppio con i primi due dischi di Ron Wood). Oltre a tutto considerando che questa è una ristampa della ristampa, in quanto la versione con i 3 brani in più era già uscita, per la stessa etichetta nel 2009, e verrà ristampata nuovamente il 3 marzo. La prima versione era uscita nel 2008 e vede l’ex leader dei Poco rivisitare con gusto e classe parecchi brani sia dal repertorio del suo vecchio gruppo, sia come solista, e anche dei Buffalo Springfield.

[CD1]
1. When It All Began
2. Pickin’ Up The Pieces
3. Medley #1
Flying On The Ground Is Wrong
– Do I Have To Come Right Out And Say It
– Nowadays Clancy Can’t Even Sing
4. Forever With You
5. Go And Say Goodbye
6. Child’s Claim To Fame
7. So Far To Go
8. Satisfied
9. Through It All
10. Kind Woman
11. Just For Me And You
12. A Good Feelin’ To Know

[CD2]
1. Sad Memory
2. Heartbeat Of Love
3. Make Me A Smile
4. You Better Think Twice
5. Baby Why
6. Rise Up
7. Believe Me
8. Just In Case It Happens
9. Medley #2
– And Settlin’ Down
– Hurry Up
– Fallin’ In Love
– C’Mon
10. Callin’ Out Your Name
11. Let’s Dance Tonight
12. In My Father’s House
Bonus Studio Tracks:
13. Wake Up My Soul
14. With My Whole Heart
15. Real Love

chicago chicago II

Ultimo della lista, ma primo a uscire, il prossimo 27 gennaio, questo è lo Steve Wilson Remix di Chicago II dei Chicago, in origine uscito come doppio vinile nel gennaio 1970, ha poi avuto varie ristampe In CD, la prima come doppio CD per la Columbia nel 1986, poi dopo varie edizioni, ne è stata pubblicata una definita Deluxe dalla Rhino, pubblicata nel 2002, come CD singolo, anche se con 2 bonus delle single versions di due canzoni, perché il disco, vista la sua durata, ci sta comodamente in un unico dischetto. cosa che è stata fatta saggiamente anche per questa versione targata 2017.

1. Movin’ In
2. The Road
3. Poem For The People
4. In The Country
5. Wake Up Sunshine
6. Make Me Smile
7. So Much To Say, So Much To Give
8. Anxiety’s Moment
9. West Virginia Fantasies
10. Colour My World
11. To Be Free
12. Now More Than Ever
13. Fancy Colours
14. 25 Or 6 To 4
15. Prelude
16. A.M. Mourning
17. P.M. Mourning
18. Memories Of Love
19. It Better End Soon (1st Movement)
20. It Better End Soon (2nd Movement)
21. It Better End Soon (3rd Movement)
22. It Better End Soon (4th Movement)
23. Where Do We Go From Here

Solo uno stereo remix per migliorare il sound, e il compact esce pure a mid-price, che volere di più. Questo in effetti non è una “fregatura”, su molti degli altri inclusi in questo post ho seri dubbi.

Alla prossima.

Bruno Conti

E Purtroppo Ci Ha Lasciato Anche Maggie Roche, La “Piccola” Grande Cantante Newyorkese, Aveva 65 Anni (E Anche Altri Due Lutti)

maggie roche the roches

Sabato 21 gennaio 2017 se ne è andata anche Maggie Roche, brillante cantante newyorkese, a lungo con le Roches, il trio della Grande Mela “famoso” per le loro armonie vocali che lasciavano senza respiro. La cantante era nata appunto a New York il 26 ottobre del 1951 ed era la maggiore di tre sorelle, le altre due erano Terre, e la più giovane Suzzy. Nel 1973 Maggie e Terre avevano cominciato la loro attività nel campo musicale cantando come background vocalist in There Goes Rhymin’ Simon, il disco di Paul Simon che le aveva fatte conoscere al grande pubblico.

Poi nel 1975 hanno pubblicato per la Columbia l’unico album come duo a nome Maggie & Terre Roche Seductive Reasoning, e in seguito è entrata nel gruppo anche Suzzy Roche, portando all’esordio come The Roches del 1979, pubblicato dalla Warner e prodotto da Robert Fripp, un piccolo gioiellino di equilibri sonori, tra lo splendido contralto di Maggie, il soprano di Terre e Suzzy che stava nel mezzo a fare da collante per le loro celestiali armonie vocali https://www.youtube.com/watch?v=6-LJX9IXiio, un disco che ancora oggi non risente del trascorrere del tempo, e che spero venga in futuro ristampato in CD, come ha fatto la Real Gone nel 2012 per il disco del 1975.

maggie and terre roche seductive reasoning the roches the roches

Poi le tre sorelle hanno pubblicato una serie di album, nove in tutto, compreso uno natalizio (tra i più belli nello specifico argomento) fino al 1995 in cui è uscito Can We Go Home Now l’ultimo album come trio della prima fase, visto che nel 1997 hanno messo la loro carriera come gruppo in pausa a tempo indeterminato. Anche se nel 2003 la Warner/Rhino ha pubblicato una eccellente antologia The Collected Works Of The Roches, e le sorelle, da sole o in duo, hanno continuato a pubblicare dischi, magari solo per la gioia dei fans più accaniti e degli appassionati della bella musica! Poi nel 2007, a sorpresa, è uscito un disco Moonswept, ancora a nome Roches, che ha rinnovato la magia di questo splendido gruppo familiare.

Ma a parte un breve tour l’avventura è finita quasi subito. Nel corso degli ultimi anni le tre sorelle hanno spesso collaborato con Amos Lee, le Indigo Girls e tutta la famiglia allargata McGarrigle/Wainwright, visto che Suzzy è stata la seconda moglie di Loudon Wainwright III e mamma di Lucy Wainwright Roche, altra promettente cantautrice.

E sabato, dopo una lunga lotta con il cancro, si è spenta la stella di Maggie Roche. Nell’augurio che anche lei Riposi In Pace, colgo l’occasione per rimarcare che anche se questi tributi postumi sono forse le uniche occasioni in cui si parla di artisti ed artiste che meriterebbero ben altro spazio, comunque su questo Blog i nomi che avete letto in questo Post non fanno la loro apparizione per la prima volta, visto che cerchiamo sempre di parlare anche dei nomi cosiddetti “minori”, magari non sempre riuscendoci.

A questo proposito, purtroppo ancora, vi segnalo che ieri, a seguito delle complicazioni di una polmonite, è morto anche Jaki Liebezeit, il batterista dei mitici Can. aveva 78 anni. 

Bruno Conti

P.s. Per la serie le disgrazie non vengono mai da sole, soprattutto ultimamente, e in tutti i campi, apprendo solo ora che ieri, domenica 22 gennaio, all’età di 69 anni è deceduto anche Overend Watts, lo storico bassista dei Mott The Hoople (e British Lions), anche lui affetto da qualche tempo da una grave forma di tumore alla gola, e a cui qualche tempo la band americana dei Mambo Suns aveva dedicato una canzone.

Sperando che per oggi non succeda altro!

Esce In Questi Giorni: Forse L’Ultimo Cofanetto. Bert Jansch – Living In The Shadows

bert jansch living in the shadows

Nel corso del 2016 sono uscite varie ristampe relative alla produzione di Bert Jansch: il più recente il bellissimo http://discoclub.myblog.it/2016/11/06/supplemento-della-domenica-lultimo-atto-straordinaria-carriera-pentangle-finale/, ma prima sempre durante lo stesso anno era uscito anche il sorprendente box dedicato alla compagna di Jansch, Loren Auerbach Colours Are Fading Fast. Sempre durante erano uscite, pubblicate sempre dalla Earth, le riedizioni di Avocet e From The Outside. In questi giorni l’etichetta inglese pubblica anche questo box Living In The Shadows, un cofanetto che raccoglie i tre dischi degli anni ’90 di Jansch The Ornament Tree, When The Circus Comes To Town e Toy Balloon, più un quarto CD di materiale inedito, con brani strumentali, versioni alternative, demo e perfino un duetto con John Renbourn, presente in due versioni, sempre registrato in quel periodo. Il tutto corredato da un bellissimo libretto, con note firmate dal giornalista Colin Harper, che tracciano l’intera carriera del grande musicista folk britannico. Il cofanetto esce anche in versione limitata in vinile.

Ecco la lista completa dei contenuti del box.

[CD1]
1. The Ornament Tree
2. The Banks O’Sicily
3. The Rambling Boys of Pleasure
4. The Rocky Road to Dublin
5. Three Dreamers
6. The Mountain Streams
7. The Blackbirds of Mullamore
8. Ladyfair
9. The Road Tae Dundee
10. Tramps and Hawkers
11. The January Man
12. Dobbin’s Flowery Vale
[CD2]
1. Walk Quietly By
2. Open Road
3. Back Home
4. On One Around
5. Step Around
6. Step Back
7. When the Circus Comes to Town
8. Summer Heat
9. Just a Dream
10. Lady Doctor from Ashington
11. Steal the Night Away
12. Honey Don’t You Understand
13. Born With the Blues
14. Morning Brings Peace of Mind
15. Living in the Shadows

[CD3]
1. Carnival
2. She Moved Through the Fair
3. All I Got
4. Bett’s Dance
5. Toy Balloon
6. Waitin’ & Wonderin’
7. Hey Doc
8. Sweet Talking Lady
9. Paper House
10. Born and Bred in Old Ireland
11. How It All Came Down
12. Just a Simple Soul

[CD4]
1. Morning Brings Sweet Peace of Mind
2. Back Home
3. Just a Dream
4. Untitled Instrumental
5. When the Circus Comes to Town
6. No-one Around
7. Lily of the West
8. Fool’s Mate
9. Paper Houses
10. Another Star
11. Little Max
12. Merry Priest
13. Untitled Instrumental 2 (Early Attempt With John Renbourn)
14. Untitled Instrumental 2 (With John Renbourn)

Forse l’ultima perla di una carriera inarrivabile.

Bruno Conti

L’Integrale Di Uno Dei (Pochi) Grandi Musicisti Italiani! Francesco De Gregori – Backpack Seconda Parte

de gregori canzoni d'amore de gregori il bandito e il campione de gregori bootleg

Ed eccoci alla seconda ed ultima parte dell’articolo.

Canzoni D’Amore (1992): il disco preferito dal sottoscritto, un lavoro ispirato, prodotto e suonato alla grande, dal suono ancora più rock di Miramare, e con un De Gregori in forma strepitosa e più arrabbiato che mai. Infatti il titolo è volutamente fuorviante, in quanto, a parte la tenera Bellamore, le canzoni parlano di attualità, con, per la prima volta, riferimenti precisi a personalità politiche (La Ballata Dell’Uomo Ragno, con la sua strofa in cui fa a pezzi Bettino Craxi) e non (la stupenda Vecchi Amici – la sua Positively 4th Street – in cui letteralmente distrugge qualcuno, alcuni dicono Venditti anche se Francesco non ha mai confermato). Sangue Su Sangue è un rock’n’roll con le contropalle, Adelante! Adelante! è una sontuosa ballata elettrica, la fluida Viaggi e Miraggi ha un testo bellissimo. E poi c’è la straordinaria Povero Me, una rock ballad superba, con un lungo ed ispirato assolo chitarristico finale.

Il Bandito E Il Campione (1993): forse il miglior disco dal vivo di De Gregori, nel quale il nostro rockeggia (Sangue Su Sangue, Vecchi Amici) e dylaneggia (Rimmel, Buonanotte Fiorellino) alla grande, supportato da una band coi fiocchi (Lucio Bardi e Vincenzo Mancuso alle chitarre fanno sfracelli). La title track, unica incisa in studio, è un ruspante country & western scritto dal fratello di Francesco, Luigi Grechi, anche se somiglia un po’ troppo a Billy The Kid di Charlie Daniels. In conclusione, una sorprendente live version di Vita Spericolata di Vasco Rossi, chiaramente migliore dell’originale.

Bootleg (1994): a meno di un anno da Il Bandito E Il Campione De Gregori pubblica un altro live, totalmente senza aggiustamenti o correzioni e con il minimo sindacale di missaggio. Un disco quindi ancora più roccato e diretto del precedente, con il quale ha qualche pezzo in comune, ed una sontuosa Viva L’Italia, oltre all’inedita Mannaggia Alla Musica, un pezzo scritto in origine per Ron.

de gregori prendere e lasciarede gregori la valigia dell'attorede gregori amore nel pomeriggio

Prendere E Lasciare (1996): un album controverso, con una produzione troppo pop e radiofonica, poco adatta al nostro (ad opera di Corrado Rustici), che in parte rovina diversi brani che avrebbero figurato meglio senza troppi orpelli (e le future rese dal vivo di alcuni di essi lo confermeranno). La canzone di punta, L’Agnello Di Dio, ha un arrangiamento che la fa sembrare un pezzo di Zucchero, e buone cose come Rosa Rosae e Stelutis Alpinis, oltre alla splendida Un Guanto (la migliore del lavoro) avrebbero richiesto una mano più leggera. Gli unici due brani che vanno bene così sono la folkeggiante Fine Di Un Killer (con Francesco al banjo) ed una Battere E Levare voce e chitarra inserita come ghost track. Il disco è l’unico del nostro ad essere stato completamente inciso all’estero, per la precisione a Berkeley, sobborgo universitario di San Francisco popolarissimo durante la Summer Of Love.

La Valigia Dell’Attore (1997): doppio CD dal vivo, che ha qua e là delle sonorità un po’ rotonde e mainstream, risentendo in parte dei problemi di Prendere E Lasciare, anche se le canzoni incluse sono talmente belle che dopo un po’ non ci si fa caso. Ci sono anche tre inediti in studio: la maestosa title track, la roccata Dammi Da Mangiare (un brano minore), e soprattutto la splendida Non Dirle Che Non E’ Così, fedele e riuscita traduzione di If You See Her, Say Hello di Bob Dylan.

Amore Nel Pomeriggio (2001): De Gregori inaugura il nuovo millennio con un grande album (è nella mia Top 3 con Canzoni D’Amore e Rimmel), dai suoni stavolta “giusti” e con un mood roots-rock che è un piacere per le orecchie. Non mancano ovviamente le belle canzoni, come l’affascinante Caldo E Scuro, la gustosa country ballad Cartello Alla Porta, l’intensissima ballata pianistica Sempre E Per Sempre, il commosso omaggio a De Andrè con la riproposizione di Canzone Per L’Estate (scritta a quattro mani dai due ed incisa dal cantautore genovese negli anni settanta). Ed i due brani migliori: la fluida ballata rock Condannato A Morte (ispirata a Salman Rushdie) e la discussa, e per qualcuno revisionista, Il Cuoco Di Salò, dalla struttura melodica strepitosa e con la produzione di Franco Battiato.

de gregori fuoco amico de gregori giovanna marini il fischio del vapore de gregori pezzi

Fuoco Amico (2002): altro live, e forse il più bello insieme a Il Bandito E Il Campione. Di sicuro il più rock, con vere e proprie rivisitazioni chitarristiche del repertorio del nostro (solo Generale è voce e chitarra, ma la chitarra è elettrica); Bambini Venite Parvulos è quasi irriconoscibile, Un Guanto è una meraviglia, Condannato A Morte è anche meglio che in studio, c’è perfino l’inatteso recupero di La Casa Di Hilde, in puro stile Americana. Ma potrei citarle tutte.

Il Fischio Del Vapore (2003): sorprendente album in duo con la folksinger Giovanna Marini, nel quale il nostro ripesca vecchi brani della tradizione popolare (molti sono canti di lavoro) e li ripropone a volte con una veste elettrica, altre in maniera forse fin troppo filologica (e un po’ pesantina): canzoni come Sacco E Vanzetti, Il Feroce Monarchico Bava, Nina Ti Te Ricordi, Saluteremo Il Signor Padrone, Bella Ciao (nella versione originale delle mondine). Un’operazione che sarà anche meritoria e lodevole, ma a me questo disco non piace.

Pezzi (2005): Francesco torna a fare ciò che sa fare meglio, e pubblica uno dei suoi album più rock e dal suono più americano. Pezzi contiene una bella serie di canzoni, ancora una volta ispirate dall’attualità, come il singolo portante, la potente e frenetica Vai In Africa, Celestino! Ma c’è anche un rock-blues purissimo (Numeri Da Scaricare), una ballata di rara intensità (Gambadilegno A Parigi), un rock’n’roll trascinante (Tempo Reale), oltre alla splendida Il Panorama Di Betlemme, forse la migliore del lotto.

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Calypsos (2006): a meno di un anno di distanza da Pezzi, ecco a sorpresa un altro album di studio, un disco forse minore ma non privo di motivi di interesse, con un suono molto diverso dal predecessore, e canzoni più melodiche e meditate (l’unico vero rock è la rootsy Mayday), come la pianistica e dolcissima (nonostante il titolo) Cardiologia, l’eterea L’Angelo, la potente ballata anni sessanta La Linea Della Vita (con una struttura ed un botta e risposta voce-coro femminile che a me ricorda non poco certe cose di Leonard Cohen) e la conclusiva e saltellante Tre Stelle, forse in assoluto il brano più disimpegnato dell’intera carriera del nostro.

Left & Right (2007): ennesimo disco dal vivo, ed anche questo va inserito di diritto tra i più godibili di De Gregori, che ormai ha alle spalle una vera e propria rock band, tra le migliori in circolazione in Italia. Il suono è ancora ruspante e vigoroso, e la scaletta predilige gli episodi più recenti, con una strepitosa Numeri Da Scaricare posta in apertura (più di sei minuti di tostissimo blues elettrico), una Mayday decisamente dylaniana, la sempre bellissima Un Guanto, qui in versione country ballad, una Caldo E Scuro che è pura Americana, ed una rilettura quasi hard rock di L’Agnello Di Dio. Gli unici classici sono una rigorosa La Leva Calcistica Della Classe ’68, La Donna Cannone solo voce e piano, ed un arrangiamento di Buonanotte Fiorellino che la trasforma in un saltellante rock-blues.

Per Brevità Chiamato Artista (2008): altro ottimo disco, meno rock e più da songwriter, ma sempre con sonorità molto “americane”: la poetica ed ironica title track ha un arrangiamento ancora degno di Cohen, Finestre Rotte è un blues ricco di swing, le belle Ogni Giorno Di Pioggia Che Dio Manda In Terra e L’Angelo Di Lyon (traduzione fatta dal fratello Luigi di The Angel Of Lyon di Tom Russell) sono puro folk. E poi c’è il brano che fa più discutere, Celebrazione (nel quale il nostro prende decisamente le distanze dal ’68 e dai suoi significati, proprio nel quarantennale), proposto con una scintillante veste folk-rock byrdsiana.

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Pubs & Clubs (2012): ancora un live, ad oggi l’ultimo (ma il 3 Febbraio, tra pochi giorni dunque, uscirà Sotto Il Vulcano, un doppio CD registrato lo scorso Agosto a Taormina), inciso al The Place, un locale di Roma di appena cento posti. La scaletta è un mix equilibrato tra classici e brani più recenti, e le cose migliori sono una roboante e splendida Il Panorama Di Betlemme, Alice che diventa una deliziosa ballata folk, Battere E Levare trasformato in un trascinante bluegrass elettrico, e per la prima volta in un disco dal vivo la toccante Bellamore. Le chicche sono una rilettura in chiave blues elettrico di A Chi (grande successo di Fausto Leali) ed una Buonanotte Fiorellino suonata con la stessa base di Rainy Day Women # 12 & 35 di Bob Dylan.

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Sulla Strada (2012): ad oggi l’ultimo album di Francesco composto da brani inediti, ed a mio parere un passo indietro rispetto agli ultimi lavori, anche se comunque stiamo parlando di un buon disco. Di rock ce n’è poco (la title track, che non è certo tra le sue cose migliori, e la potente La Guerra, con un suggestivo ritornello corale) e si torna ad atmosfere più “italiane” ed anni settanta (Omero Al Cantagiro, Belle Epoque), ma con l’ispirazione abbastanza in calo. Il pezzo migliore è posto alla fine, la fluida ed avvolgente ballata Falso Movimento. (* NDB Nel 2013 è uscita una nuova limited edition, con diversa copertina e due brani in più. un libro fotografico, oltre a un DVD del backstage).

Vivavoce (2014): De Gregori fa un disco di cover di sé stesso, reincidendo 28 brani (è un doppio CD) più o meno famosi, ma attualizzando il suono ed il più delle volte cambiando gli arrangiamenti, come è solito fare dal vivo: i classici ci sono tutti (tranne Rimmel), ma anche diverse chicche. Ed il disco è splendido, con molti highlights: una toccante Alice eseguita in coppia con Ligabue, due voci e due chitarre, la potente Un Guanto nella sua miglior versione di sempre, Finestre Rotte che diventa un irresistibile rock’n’roll, una Natale ricca di swing, Niente Da Capire con il riff fischiettato (da un’idea di Lucio Dalla), una Vai In Africa, Celestino! che da rock song si trasforma in una sorprendente ballata, ed una Viva L’Italia molto più folk, con un arrangiamento che avrebbe dovuto essere quello originale. Non ci sono brani nuovi, ma trova posto una stupenda Il Futuro, traduzione ad opera del nostro dell’apocalittica The Future di Leonard Cohen.

De Gregori Canta Bob Dylan – Amore E Furto (2015): storia recente, il Principe che rifà il Menestrello (non avevo ancora usato nessun cliché…), anche se Francesco non sceglie la via più facile ed evita i superclassici, preferendo una selezione più personale. Ma per questo CD vi rimando alla mia recensione dell’epoca http://discoclub.myblog.it/2015/11/02/secondo-me-approverebbe-anche-bob-francesco-de-gregori-amore-furto-de-gregori-canta-dylan/

E’ chiaro che se avete già tutti gli album di Francesco De Gregori questo Backpack per voi è superfluo (anche perché, come ho già detto, non ve lo regalano), in caso contrario l’acquisto è quasi d’obbligo, in quanto verreste in possesso in un colpo solo di uno dei songbook migliori in circolazione, e non soltanto in Italia: l’unica pecca grave, visto di chi si sta parlando, è la totale assenza di testi all’interno della confezione.

Marco Verdi

L’Integrale Di Uno Dei (Pochi) Grandi Musicisti Italiani! Francesco De Gregori – Backpack Prima Parte

de gregori backpack open

Francesco De Gregori – Backpack – RCA Box Set 34CD

Qualche cantante famoso all’estero lo abbiamo anche in Italia, ma sono perlopiù nomi che su questo blog non leggerete mai (Laura Pausini, Il Volo, Andrea Bocelli, Zucchero), di bravi ne abbiamo tanti (due nomi a caso: Massimo Bubola e Fiorella Mannoia), ma, a mio parere, nel nostro paese abbiamo avuto negli anni ben pochi musicisti, tra quelli famosi, che potessero essere messi sullo stesso livello delle grandi star internazionali, anzi direi che si possono contare sulle dita di una mano: Fabrizio De Andrè, Franco Battiato (che però spesso parte per la tangente), Paolo Conte e quello che considero il migliore di tutti (su De Andrè di poco però), cioè Francesco De Gregori (e no, non ho dimenticato Lucio Battisti, semplicemente non mi ha mai fatto impazzire).

de gregori backpack front

Il musicista romano oggetto del post odierno è, sempre a mio parere, il miglior cantautore nostrano degli ultimi 45 anni: De Gregori infatti, dopo gli inizi incerti tra folk e pop, ha subito maturato un suo stile ben preciso (anche se l’influenza di Bob Dylan è sempre stata ben presente, e spesso Francesco su questo ci ha giocato), fatto di canzoni profondamente diverse dal solito cliché voce-chitarra-armonica, ma introducendo sin dai primi anni sonorità e ritmiche molto poco italiane, guardando spesso oltreoceano, e scrivendo testi talvolta ermetici, talvolta poetici, qualche volta politici, altre volte profondamente sarcastici, ma mai banali o risaputi, arrivando a poco a poco (verso la fine degli anni ottanta) ad introdurre suoni decisamente rock, specie dal vivo, dove spesso cambia anche gli arrangiamenti delle sue canzoni più note, rinnovandole di volta in volta.

L’occasione di parlare della discografia del Principe (il suo soprannome “ufficiale”) mi è data dalla pubblicazione, giusto prima del Natale scorso, di questo sontuoso cofanetto, piccolo e compatto nel formato ma ricco nei contenuti: il titolo è Backpack, e contiene l’opera omnia del nostro, 32 album tra studio e live (due sono doppi), completamente rimasterizzati (ma senza bonus tracks) ed in pratiche confezioni in simil-LP, accompagnati da uno splendido libro a cura di Enrico Deregibus, che narra disco per disco la storia di Francesco, corredando il tutto con diverse foto rare (NDM: il sottotitolo del box è Le Registrazioni Originali 1970-2015, e sinceramente non capisco perché, dato che il primo album incluso è del 1972). Un’opera importante (anche nel prezzo), che di solito le case discografiche dedicano solo ai loro artisti di punta: gli album ci sono proprio tutti, ad eccezione del live del 2010 con Lucio Dalla Work In Progress (ma c’è lo storico Banana Republic), il collettivo In Tour (con Pino Daniele, la Mannoia e Ron) ed il semi-antologico, ma con diversi inediti anche dal vivo, Mix del 2003. Procederei dunque ad una (rapida?) disamina.

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Theorius Campus (1972): album inciso in duo con Antonello Venditti, ci mostra un De Gregori ancora acerbo ed indeciso su quale direzione prendere, con diversi elementi pop alla Donovan che non ritroveremo in seguito, un brano in inglese (Little Snoring Willy) e la bella Signora Aquilone, che pur con qualche ingenuità ci fa intravedere il talento del nostro. Andrà meglio al socio e concittadino Venditti, dato che il disco contiene la famosissima Roma Capoccia.

Alice Non Lo Sa (1973): l’enigmatica quasi-title track (nel senso che si intitola solo Alice) è ancora oggi uno dei brani più popolari di Francesco, ma il resto del disco non ha lo stesso impatto e qualcuno comincia ad accusare il nostro di eccessivo ermetismo, anche se La Casa Di Hilde e la toccante 1940 sono due canzoni di ottimo livello.

Francesco De Gregori (1974): meglio conosciuto come “La Pecora” per via della copertina, questo album si apre con un uno-due magistrale costituito da Niente Da Capire (in cui il nostro si fa beffe di chi tenta di decifrargli i testi) e Cercando Un Altro Egitto, ma il resto, pur non sfigurando, è inferiore e tradisce ancora qualche ingenuità, proseguendo talvolta sulla strada dell’ermetismo (Informazioni Di Vincent è una delle canzoni più incomprensibili del songbook degregoriano). Forse l’album meno amato dal suo autore.

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Rimmel (1975): al quarto disco, il nostro sfonda: Rimmel è uno dei dischi più di successo di Francesco, e per molti ancora oggi è il suo album migliore, con brani magnifici come la splendida title track, una delle più belle canzoni italiane di sempre, il valzer folk Buonanotte Fiorellino, la struggente Pablo (scritta con Dalla), le bellissime Pezzi di Vetro e Piccola Mela, nella quale De Gregori dimostra anche di cavarsela benissimo anche come cantante. (*NDB E Le Storie Di Ieri?)

Bufalo Bill (1976): altro bel disco, che però non ottiene il successo del precedente. La title track ha una struttura decisamente complessa, quasi fosse una mini-suite di quattro minuti, ed è ancora oggi molto apprezzata, ma gli altri brani sono conosciuti solo tra i fans più assidui, pezzi come Ninetto E La Colonia, L’Uccisione Di Babbo Natale, Santa Lucia e Festival, dedicata a Luigi Tenco. Per anni De Gregori stesso indicherà questo album come il suo preferito.

De Gregori (1978): un disco breve ma bello, che inizia con la classica Generale, uno dei due-tre pezzi del nostro che conoscono tutti, ma che comprende anche il country di Natale, due versioni molto diverse di Renoir e l’autobiografica Il ’56.

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Banana Republic (1979): primo e per molto tempo unico live album del Principe (che però dagli anni novanta assumerà cadenze degne dei Grateful Dead o di Joe Bonamassa), per di più condiviso con Lucio Dalla. Gli highlights sono senz’altro la guizzante title track, traduzione di un pezzo di Steve Goodman, una cover scanzonata di Un Gelato Al Limon (di Paolo Conte), e la hit dell’epoca del duo, Ma Come Fanno I Marinai.

Viva L’Italia (1979): bellissimo disco, curatissimo nei suoni, la cui produzione viene affidata addirittura ad Andrew Loog Oldham, noto per i suoi lavori anni sessanta coi Rolling Stones, e con all’interno musicisti inglesi: la title track è un bellissimo atto d’amore di Francesco verso il nostro paese (pur con tutte le sue contraddizioni), ma nell’album trovano posto anche gemme come Gesù Bambino, Stella Stellina e la lunga Capo D’Africa.

Titanic (1982): tre anni di pausa, ma ne valeva la pena: Titanic non è un vero e proprio concept, ma almeno tre brani girano intorno al famoso transatlantico (e comunque il mare è un argomento che ricorre spesso nei testi di De Gregori), e cioè l’allegra title track e le intense I Muscoli Del Capitano (tra le più amate dal suo autore) e L’Abbigliamento Di Un Fuochista. L’album ha un grande successo, anche per la presenza della splendida La Leva Calcistica Della Classe ’68, una parabola della vita che è anche tra le ballate più note del nostro. Detto anche del quasi rock’n’roll di Rollo & His Jets, l’unica cosa davvero brutta è la copertina.

de gregori la donna cannone

La Donna Cannone (1983): primo ed unico EP (all’epoca chiamato QDisc) della discografia degregoriana, inciso dietro la richiesta di musiche per il film Flirt con Monica Vitti. Cinque pezzi in tutto, due strumentali di poco conto e due canzoni di cui non si ricorda nessuno (ma La Ragazza E La Miniera è bella), perché la scena se la ruba tutta la title track, ancora oggi la più celebre canzone di De Gregori, una ballata pianistica di straordinario impianto melodico ed eseguita alla grande (anche se con qualche etto di melassa di troppo), un brano che è diventato un vero e proprio standard della musica italiana. Inutile dire che le vendite andranno alle stelle.

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Scacchi E Tarocchi (1985): tanto languido nei suoni era l’EP La Donna Cannone, quanto tignoso è questo nuovo album, con due brani prodotti da Ivano Fossati e, in altri due, la sezione ritmica più “in” dell’epoca, formata dai giamaicani Sly Dunbar e Robbie Shakespeare (e si sentono). Un disco solido e ben costruito, anche se poco commerciale: il classico è la ballata La Storia (della quale Francesco include il demo, che giudica perfetto così com’è), ma poi ci sono anche la commossa A Pa’ (dedicata a Pasolini), la ritmata Sotto Le Stelle Del Messico A Trapanar e la spigolosa title track. In questo disco si inaugura anche la lunga collaborazione tra Francesco ed il bassista Guido Guglielminetti, ancora oggi direttore musicale della live band del cantautore romano.

Terra Di Nessuno (1987): uno dei dischi meno considerati del nostro, ed uno di quelli che hanno venduto meno, risentito oggi si rivela un lavoro solido e compatto, a cui manca forse il brano di punta (ma la potente Il Canto Delle Sirene è tra le sue più belle degli ultimi anni), ma contiene ottime cose come Capataz, I Matti e l’intensa Pane E Castagne.

Miramare 19.4.89 (1989): uno dei migliori dischi degregoriani, ed il primo ad avere una decisa impronta rock, con uno spostamento abbastanza netto verso testi di scottante attualità (e densi di sarcasmo): la splendida Bambini Venite Parvulos maschera la durezza delle parole dietro uno scintillante arrangiamento folk-rock, la caustica Dr. Dobermann è addirittura reggae, mentre Pentathlon, Carne Di Pappagallo e 300.000.000 Di Topi sono gli altri highlights di un disco di un artista in grande spolvero.

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Catcher In The Sky, Niente Da Capire, Musica Leggera (1990): con una mossa rivoluzionaria (e criticatissima), De Gregori pubblica tre distinti album dal vivo contemporaneamente, con esiti eccellenti. Non sono tre dischi a tema, ed a parte La Storia le canzoni non si ripetono (tranne Alice e Viva L’Italia c’è tutto il meglio del barbuto songwriter): è qui che Francesco inizia a modificare gli arrangiamenti originali ed a rivestire i brani di una patina rock che negli anni si farà sempre più marcata: basti sentire la strepitosa resa di Cercando Un Altro Egitto (praticamente un’altra canzone), ma anche le più recenti Bambini Venite Parvulos ed Il Canto Delle Sirene ne escono rinvigorite.

Fine Prima Parte.

Marco Verdi

Novità Di Gennaio Parte V. Michael Chapman, Dale Watson & Ray Benson, Infamous Stringdusters, Flo Morrissey & Matthew E. White

michael chapman 50

Per completare definitivamente la lista delle uscite che sono previste tra il 13 e 20 gennaio ecco alcuni altri titoli interessanti che erano sfuggiti nei precedenti Post.

Prima di tutto il nuovo album di Michael Chapman: il grande cantautore e chitarrista inglese festeggia cinquanta anni di carriera appunto con 50, disco del mese per la rivista dove scrive anche il sottoscritto, il Buscadero, e pubblicato, a macchia di leopardo in tutto il mondo, dalla etichetta Paradise Of Bachelors, tra il 20 e il 27 gennaio a seconda dei vari paesi. Ho perso il conto degli album che Chapman ha pubblicato, ma antologie escluse dovrebbero essere ben più di 40: anche lui, come altri, sta usufruendo di questo desiderio di riscoprire i cosiddetti artisti di culto che sta attraversando le frange estreme della musica di qualità.

Oltre a Thurston Moore dei Sonic Youth, che però non è coinvolto in questo nuovo disco, hanno collaborato con Chapman alcuni dei suoi più fedeli discepoli, fautori di questo stile che sta tra folk, canzone d’autore, “rock” d’avanguardia, diciamo di improvvisazione, e musica strumentale: alla chitarra e produttore del disco Steve Gunn, poi il pluristrumentista Nathan Bowles, di solito banjoista, ma che per l’occasione suona anche piano, organo, batteria e percussioni, Jimmy Seitang, del trio sperimentale Rhyton, l’altro chitarrista, oltre a Gunn e Chapman stesso, James Elkington, e un’altra veterana della scena folk britannica (anche lei ha superato le 70 primavere, come Michael) Bridget St. John, alle armonie vocali Il risultato è un album particolare che ha avuto critiche unanimemente eccellenti ( 4 stellette Mojo, 8/10 da Uncut e Record Collector, per citarne alcune), ma che pur non essendo di facile ascolto, ha vari agganci con la grande musica del passato, tra echi West-coastiani, ballate folk-rock, talkin’ blues, echi di psichedelia, virtuosismi chitarristici e momenti bucolici e pastorali. Questo è il contenuto.

1. A Spanish Incident (Ramón And Durango)
2. Sometimes You Just Drive
3. The Mallard
4. Memphis In Winter
5. The Prospector
6. Falling From Grace
7. Money Trouble
8. That Time Of Night
9. Rosh Pina
10. Navigation

dale watson ray benson

Una accoppiata inattesa, ma in fondo di spiriti affini, è quella che si è creata per il disco di Dale Watson e Ray Benson Dale And Ray, uscito il 13 gennaio per la Mailboat (l’etichetta di Jimmy Buffett). Dale Watson, cantante country per eccellenza, e ultimamente alquanto prolifico http://discoclub.myblog.it/2016/11/25/ecco-altro-che-dischi-ne-fa-pochini-dale-watson-under-the-influence/, unisce le forze con il re del western swing moderno, nonché fondatore e leader degli Asleep At The Wheel, per un omaggio alla grande musica country texana, anche se vengono uno da Birmingham, Alabama e l’altro da Philadelphia, sono entrambi residenti a Austin.

1. The Ballad Of Dale And Ray
2. Feelin’ Haggard
3. I Wish You Knew
4. Bus’ Breakdown
5. Write Your Own Songs
6. Cryin’ To Cryin’ Time Again
7. Forget About Tomorrow Today
8. A Hangover Ago
9. Nobody’s Ever Down In Texas
10. Sittin’ And Thinkin’ About You

 

infamous stringdusters laws of gravity

Altra band di impianto country, ma molto più orientati verso il bluegrass, sono gli Infamous Stringdusters, che sempre il 13 gennaio, per la Compass Records, hanno pubblicato il loro ottavo album, Laws Of Gravity. Disco che li conferma come una delle formazioni più interessanti della nuova scena americana nell’ambito bluegrass, sia vocale che strumentale, dove sono stati anche candidati al Grammy nel 2011 (sono in pista dal 2006, anche se il primo album è uscito l’anno successivo): il gruppo è formato da Andy Hall (dobro), Andy Falco (guitar), Chris Pandolfi (banjo), Jeremy Garrett (fiddle), e Travis Book (upright bass). E questi sono i titoli dei brani del nuovo CD.

1. Freedom
2. Gravity
3. A Hard Life Makes A Good Song
4. Vertigo
5. Maxwell
6. Black Elk
7. This Ol’ Building
8. Soul Searching
9. 1901: A Canyon Odyssey
10. Sirens
11. Back Home
12. Let Me Know
13. Run To You

flo morrissey matthew e white gentlewoman ruby man

Last but not least, un’altra coppia, formata dalla cantautrice inglese Flo Morrissey, all’esordio nel 2015 con l’album Tomorrow Will Be Beautiful, e il boss della sua etichetta Spacebomb, nonché cantante, autore e produttore di pregio, innamorato della musica anni ’60 e ’70 Matthew E. White, autore di un paio di eccellenti album nel 2012 e 2015. Entrambi grandi appassionati di Lee Hazlewood, hanno unito le forze per questo Gentlewoman, Ruby Man, un disco di cover pubblicato sempre lo scorso 13 gennaio per la Caroline/Universal. I brani provengono sia dal passato che da anni più recenti: Suazanne di Leonard Cohen, Govindam di George Harrison, Everybody Loves The Sunshine di Roy Ayers, Sunday Morning dei Velvet Underground, ma anche Grease (ebbene si) oltre a pezzi di James  Blake e Frank Ocean. Comunque il disco è sfizioso e piacevole, per cui ve lo segnalo.

Direi che è tutto, alla prossima.

Bruno Conti

Confermo Ancora Una Volta, Il Talento E La Classe Non Mancano! JW-Jones – High Temperature

jw-jones high temperature

JW-Jones – High Temperature – Solid Blues Records             

JW-Jones, canadese di Ottawa, è praticamente abbonato  alle candidature ai Maple Leaf e Juno Awards, spesso li vince anche, ma è molto popolare pure oltre i confini canadesi, in quanto da qualche anno registra i suoi dischi in quel di Nashville, Tennesse. Nel 2014 per la produzione dell’ottimo Belmont Boulveard si era avvalso del lavoro di Tom Hambrdige, per questo nuovo High Temperature sul cadreghino del produttore siede il connazionale Colin Linden (Blackie And The Rodeo Kings, ma a lungo con Bruce Cockburn): i musicisti utilizzati sono in parte quelli della band di Jones, oppure pescati, come per l’album precedente http://discoclub.myblog.it/2014/12/13/proposito-bluesmen-classe-jw-jones-belmont-boulevard/ ,non solo dall’area blues specifica, ma anche in un ambito roots music, il batterista Bryan Owings (Emmylou Harris), il tastierista Kevin McKendree (a lungo con Delbert McClinton), lo stesso Linden alla seconda chitarra. Il risultato è un tipico disco di JW-Jones: molto raffinato e stiloso a tratti, con la Gibson del titolare che è in grado di tirare alcuni assoli di grande sostanza e grinta, ma anche lavorare in punta di fioretto, come ho detto in passato forse più Jimmie che Stevie Ray Vaughan, se vogliamo tracciare un parallelo con i fratelli texani.

Ci sono anche elementi di Clapton, o più ancora Robert Cray, profumi di jump e swing, ma anche sonorità più ruvide e tirate, per quanto la voce non memorabile, diciamo “adeguata”, non lo proietta tra i grandi del Blues. La distribuzione dei suoi dischi poi non è capillare, questo nuovo esce per la piccola etichetta canadese Solid Blues Records,  ma superate le difficoltà quello che andiamo ad esaminare è comunque un disco sopra la media dei prodotti blues in circolazione: ogni tanto scatta comunque quel quid che distingue l’artista che fa il compitino in modo compunto e le altre categorie, quella degli “esagerati” a tutti i costi, sopra le righe e fiammeggianti a tutti i costi, e quelli che si sono autoeletti portatori della tradizione, ma spesso sono solo noiosi e senza nerbo. Prendiamo la traccia iniziale, una Price You Pay decisamente energica, con la solista di JW-Jones che oscilla tra un timbro claptoniano e un tocco più raffinato alla Robben Ford, il blues è presente ma lo spirito del brano è decisamente rock, il nostro non ha una voce che infiamma, ma ci mette impegno e la chitarra disegna linee taglienti, mentre il resto della band, dal piano di McKendree ad una sezione ritmica in spolvero, regala una prestazione d’assieme di sicuro valore. Anche il secondo brano How Many Hearts ha questo spirito rock, grazie alla presenza della seconda voce di Jada Dreyer, cantante country canadese trapiantata anche lei a Nashville, qui grintosa e bluesata quanto basta per dare “stamina” ad un altro pezzo dal sicuro appeal. La title track High Temperature è uno shuffle più vicino alla tradizione delle 12 battute, ma la grinta non manca, il piano di McKendree è perfetto contrappunto alla solista di Jones, che si ritaglia brevi soli pungenti e di ottima tecnica.

Murder In My Heart For The Judge era un vecchio pezzo dei Moby Grape, su Wow/Grape Jam, ancora con gli elementi rock, quasi psych in questo caso, che vanno a braccetto con un blues comunque solido dove la chitarra viaggia fluida, spedita e sicura, sopra le evoluzioni della sezione ritmica, insomma si capisce che non siamo di fronte ad un Carneade qualsiasi. Who I Am è il classico slow blues con uso di organo dove di solito uno come Robert Cray eccelle, ma anche il nostro JW sa come costruire un insieme sonoro di grande presa, grazie alla sua solista dal feeling ineccepibile, e per l’occasione canta pure bene; Away Too Long ha un tocco quasi country (togliete il quasi), gradevole ed accattivante, con le armonie vocali di Liam Russell che sono perfette per il mood del brano. Same Mistakes è un altro solido blues-rock con una bella melodia facile da memorizzare, e organo e chitarra che si scambiano licks con grande fluidità e pure Leave Me Out ha quegli elementi piacevoli da ballata roots, con leggere velleità radiofoniche. che non guastano, e un sapido solo di slide che dà il tocco di classe.

Midnight Blues è una cover di un brano di Charlie Rich, uno che sapeva mescolare swing, rock, country e blues, come fa JW-Jones nella sua grintosa rilettura, prima di andare a ripescare un brano a firma Leon Russell, Out In The Woods, che diventa una sorta di tributo al recentemente scomparso pianista americano, un brano tratto da Carney, che fonde di nuovo rock, blues e R&B, in una versione veramente grintosa. Already Know è un’altra ballata morbida e melliflua che svela questo lato più da cantautore di JW-Jones, a cui forse manca la grinta ma non un gusto sopraffino; grinta che torna per Where Do You Think I Was, altro rock-blues di sicuro valore con chitarra in evidenza, come nella conclusiva Wham, il poderoso strumentale di Lonnie Mack, che è uno dei capisaldi del blues misto a R’n’R, e con la solista che viaggia che è un piacere. Insomma il talento non manca.

Bruno Conti

Novità Di Gennaio Parte IV. Mike Oldfield, Bash & Pop, David “Honeyboy” Edwards, Lee Hazlewood, Ronnie Baker Brooks

mike oldfield return to ommadawn

Completiamo la disamina delle altre novità discografiche previste in uscita tra il 13 e il 20 gennaio. Cominciano con il nuovo Mike Oldfield che, dopo una serie di uscite dedicate ai vari seguiti di Tubular Bells, questa volta  si dedica ad un altro dei suoi classici assoluti, con Back To Ommadawn, 41 anni dopo l’originale Oldfield torna sul luogo del delitto con un nuovo album che lo riporta anche ad un suono più acustico e meno lavorato, migliore rispetto agli ultimi lavori. Il CD è diviso in due lunghe suites di oltre 20 minuti ciascuna ed esce il 20 gennaio per la EMI/Virgin del gruppo Universal, anche un versione CD+DVD con il secondo dischetto che contiene la versione 5.1 dell’album.

bash & pop anything could happen

Per certi versi è un ritorno anche il nuovo disco dei Bash & Pop. Si tratta del gruppo che Tommy Stinson, vecchio bassista dei Replacements, fondò dopo lo scioglimento della sua prima band. Ora, dopo la breve reunion della vecchia band nel 2015, che non ha portato a nuove prove discografiche, come pareva dovesse essere, Stinson ha riunito un gruppo di musicisti nel suo studio casalingo a Hudson NY, Luther Dickinson, Frank Ferrer, Cat Popper, Steve Selvidge, e Joe “The Kid” Sirois, e visto che il disco era riuscito bene ha deciso di utilizzare la vecchia ragione sociale. Anche l’etichetta che pubblica l’album Anything Could Happen, la Fat Possum, ogni tanto riappare. Uscita prevista il 20 gennaio p.v.

Lo scorso venerdì 13 è uscito un “nuovo” album di David “Honeyboy” Edwards,  I’m Gonna Tell You Somethin’ That I Know: Live At The G Spot. In effetti si tratta dell’ultimo concerto tenuto da uno dei grandi del Blues, attivo sino dagli anni ’30, Edwards nel 2010, alla tenera età di 95 anni ha registrato questo ultimo concerto che ora la Omninore Records, specializzata in ristampe e album di materiale raro od inedito, pubblica in versione CD+DVD, con il seguente contenuto. Il musicista è poi scomparso nel 2011.

[CD]

  1. Ride With Me Tonight
  2. That’s Alright
  3. Little Boy Blue
  4. You’re The One
  5. Goin’ Down Slow
  6. Country Boy
  7. Catfish Blues
  8. Apron Strings
  9. Sweet Home Chicago

Bonus Track:

  1. That’s Alright

 [DVD]

  1. Ride With Me Tonight
  2. That’s Alright
  3. Little Boy Blue
  4. You’re The One
  5. Goin’ Down Slow
  6. Country Boy
  7. Catfish Blues
  8. Apron Strings
  9. Sweet Home Chicago

Bonus Feature:

  1. Honeyboy Tells You Something That He Knows

lee hazlewood 13

Un’altra etichetta specializzata in ristampe è la Light In The Attic, che il 13 gennaio ha pubblicato la ristampa dell’album 13 di Lee Hazlewood, una delle leggende della musica pop country e strumentale del secolo scorso, un personaggio che ha iniziato a fare musica negli anni ’50 come produttore per Duane Eddy, di cui ha arrangiato, firmato o prodotto varie hit, a partire da Peter Gunn; poi ha iniziato a lavorare con Nancy Sinatra, e le loro canzoni più famose sono state These Boots Are Made For Walking e Some Velvet Morning, quest’ultima celeberrima anche in una versione “spaziale” psych-rock dei Vanilla Fudge, arrivata ai primi posti delle classifiche italiane nel 1969 e vincitrice della Gondola D’Oro alla Mostra Internazionale della Musica Leggera di Venezia.

Nel 1972, quando uscì questo album Hazlewood si era già trasferito in Svezia, e l’album è ancora più “strano” di altri suoi dischi, una fusione di funky, blues, soul e pop, con elementi country e un ampio uso dei fiati. Il tutto cantato con il suo tipico baritono. La ristampa della Light In Attic comprende 4 bonus tracks.

1. You Look Like A Lady
2. Tulsa Sunday
3. Ten Or 11 Towns Ago
4. Toocie And The River
5. She Comes Running
6. Rosacoke Street
7. I Move Around
8. And I Loved You Then
9. Hej, Me I’m Riding
Bonus Tracks:
10. Cold Hard Times
11. Drums
12. The Start
13. Suzie

ronnie baker brooks times have changed

Viceversa il 20 gennaio uscirà il nuovo album di Ronnie Baker Brooks, di cui avete già letto la recensione sul Busca del collega Mauro “Zambo” Zambellini, che sottoscrivo. Il bluesman americano, aveva già pubblicato tre dischi a livello indipendente tra il 1998 e il 2006, ma questo è il sue esordio per la Mascot/Provogue. Il CD è stato registrato a Memphis nei famosi Royal Studios, quelli per intenderci dove Willie Mitchell produceva gli album di Al Green: e infatti nel disco di Brooks suonano anche molti dei musicisti della rinomata Hi-Records. Michael Toles e i fratelli Hodges, oltre a Steve Cropper e ad una delle ultime apparizioni di Bobby “Blue” Bland, scomparso nel 2013. Nel sound del disco, Times Have Changed,  confluiscono rock, soul, R&B e naturalmente molto blues, il tutto con la produzione di Steve Jordan, che suona anche la batteria nell’album, e tra gli altri ospiti presenti ci sono anche i Memphis Horns, Al Kapone, Big Head Todd,  Angie Stone, Lee Roy Parnell e Felix Cavaliere. Oltre al babbo di Ronnie, il grande Lonnie Brooks, uno dei chitarristi e cantanti più rappresentativi del blues elettrico di Chicago, autore di moltissimi CD per la  Alligator e ancora in ottima forma a 83 anni per questo duetto a fianco del figlio.

Questa comunque è la lista dei brani con relativi ospiti.

1. Show Me (feat. Steve Cropper)
2. Doing Too Much (feat. ‘Big Head’ Todd Mohr)
3. Twine Time (feat. Lonnie Brooks)
4. Times Have Changed (feat. Al Kapone)
5. Long Story Short
6. Give Me Your Love (Love Song) [feat. Angie Stone]
7. Give The Baby Anything The Baby Wants (feat. ‘Big Head’ Todd Mohr & Eddie Willis)
8. Old Love (feat. Bobby “Blue” Bland)
9. Come On Up (feat. Felix Cavaliere & Lee Roy Parnell)
10. Wham Bam Thank You Sam
11. When I Was We

Direi che anche per oggi è tutto.

Bruno Conti

P.s Come avrete notato, nel Blog ultimamente ci sono dei problemi tecnici che spero si risolvano al più presto.

Un’Altra Band Sudista? Ebbene Sì! C.C. Rocktrain – Fast Way of Living

c.c. rocktrain fast way of living

C.C. Rocktrain – Fast Way of Living – C.C. Rocktrain                    

Nell’immenso mercato discografico Americano, anche quello più o meno indipendente, c’è sempre stato, e c’è tuttora, tutto un sottobosco di band genuine che fanno rock, spesso con spiccate tendenze sudiste, ma anche più semplicemente con il vecchio classico hard-rock nel cuore: alcune di quelle “nuove” sudiste tipo Whiskey Myers, Blackberry Smoke e molte altre che non citiamo per brevità, si uniscono a quelle classiche, dai Lynyrd Skynyrd ai Blackfoot agli Outlaws, nel farsi portabandiera di quel movimento southern rock che, con alti e bassi, è una costante della scena musicale americana dagli anni ’70. Poi c’è tutto un filone di band diciamo più “durette”, mi vengono mente quelle del roster della Grooveyard Records (sempre per non fare nomi Black Mountain Prophet, Blindside Blues Band, i Janeys, babbo e figlio, l’hendrixiano Randy Hansen), ma anche quelle a guida femminile come Blues Pills o No Sinner, che introducono nel loro stile, a fianco degli elementi sudisti, anche tratti blues, oltre all’immancabile hard rock targato 70’s, senza dimenticare gente come Rival Sons, Supersonic Blues Machine, Apocalypse Blues Revue, o quelli più raffinati tipo SIMO, Marcus King Band, The Record Company.

Alcune band sono più caciarone di altre, ma il tratto distintivo di quasi tutti è “chitarre, chitarre e poi ancora chitarre” che potrebbe essere il loro motto. I C.C. Rocktrain arrivano dalla Carolina del Nord, e quindi fanno del southern rock per definizione di provenienza, però sono più vicini al sound degli ultimi Lynyrd Skynyrd, dei Blackfoot o dei Molly Hatchet, quindi abbastanza hard e tirati, anche se in questo Fast Way Of Living, il loro esordio, già in circolazione da un paio di anni, sono in grado comunque di proporre un sound a tratti più rilassato e ricercato, vicino a quello di gruppi come la Marshall Tucker Band o gli Outlaws. Quando è stato pubblicato il disco in formazione c’erano il chitarrista Tommy “T” Tessneer e il bassista Charlie Gossett, sostituiti nel frattempo rispettivamente da Jeff Gates e Billy Hedgepeth. Rimangono i due leader, il fondatore della band nel 2011, voce e chitarra solista, nonché autore dei brani Rob “Feet” Crawford , oltre al batterista, entrato in formazione nel 2013, il roccioso Bruce “Thunderfoot” Camp (spesso i nomignoli sono più esplicativi di mille descrizioni tecniche).

Tra le influenze che il gruppo cita, oltre ai canonici Blackfoot, Molly Hatchet e Lynyrd Skynyrd, il “lato oscuro della forza” southern, ci sono anche Eric Clapton (per chi scrive non pervenuto), Judas Priest (!), Bad Company e ZZ Top. Detto che non siamo di fronte a un dischetto imprescindibile, gli appassionati dei vari generi ricordati, soprattutto southern e ’hard guitar rock. si potranno comunque sparare tre quarti d’ora di vecchio sano rock. A partire dalla poderosa sfuriata boogie-rock dell’iniziale These Guitar Strings, con l’ottima voce di Crawford in evidenza, oltre a chitarre e batteria che picchiano di gusto, subito seguita dalla più raffinata Just Wanting You, una tipica southern song in classico stile Marshall Tucker, con chitarre in punta di dita e una bella melodia in evidenza. Movin’ On Man è decisamente più dura, incisione ruspante e basica, hard-rock a forte densità appunto rock, scuola Molly Hatchet e Blackfoot, mentre No Big Deal non si discosta molto dal copione, quindi vai di chitarre!

E anche Fast Way Of Living, con un timido organo sullo sfondo, fa parte della scuola sudista degli ZZ Top più cattivi, della serie un assolo tira l’altro. Senza tregua poi arriva Bad Love, molto hard-rock seventies, mentre Rock And Roll Satisfaction, nonostante il titolo, è più lenta e cadenzata, con un pianino alla Lynyrd Skynyrd dei primi tempi e il vecchio Sud che risorge ancora una volta, con una chitarra lirica ed ispirata. I brani sono quasi tutti intorno ai 4 minuti, con l’eccezione del brano appeno citato e di Crazy Over You, l’unica oltre i sei minuti, altro esempio dei C.C Rocktrain più raffinati, un mid-tempo molto bluesato, degno di nuovo della migliore Marshall Tucker Band, con una bella coda strumentale. Prima e dopo troviamo di nuovo il boogie-rock fischiettante (alla Molly Hatchet) della gagliarda Whiskey In The Pail e i quasi sei minuti in crescendo dell’ottima Don’t Want You Around, molto alla Skynryd ma anche Outlaws, con i classici intrecci chitarristici tesi al solito gran finale che in un brano come questo non può mancare.

Bruno Conti

Il 2017 Riparte Come Era Finito il 2016. E’ Morto Anche Greg Trooper, Aveva 61 Anni!

greg trrooper

Il 15 gennaio ci ha lasciato anche Greg Trooper, quindi il 2017 ricomincia come era finito il 2016, con un’altra scomparsa,per alcuni non certo eccellente, forse non molti ne parleranno, ma mi sembra giusto ricordare questo bravo cantautore del New Jersey con un breve ricordo. Essendo nato il 13 gennaio del 1956 a Neptune, New Jersey, Trooper aveva da pochi giorni compiuto 61 anni, ma, anche se aveva continuato a lavorare praticamente fino quasi alla fine, era gravemente ammalato di un tumore al pancreas dall’estate del 2015. In quel periodo era uscito anche il suo ultimo album Live At The Rock Room, poi ripubblicato nel 2016 dalla Appaloosa con una bonus track. Armato del suo immancabile cappellino Greg aveva deliziato le platee sparse in tutto il mondo, in locali sempre più piccoli e sperduti, ma agli inizi era stato una delle grandi speranze del cantautorato di qualità , prima a livello locale sino dagli anni ’70, e negli anni ’80 aveva fondato la Greg Trooper Band, dove il chitarrista era Larry Campbell, e aveva pubblicato un primo album We Won’t Dance.

Poi negli anni ’90 si era trasferito a Nashville. dove aveva pubblicato l’ottimo Everywhere, prodotto da Stewart Lerman, e l’altrettanto bello Noises In The Hallway, prodotto da Garry W Tallent, completando il trittico degli anni ’90 con Popular Demons, dove alla guida delle operazioni c’era Buddy Miller. In quegli anni aveva stretto amicizie e collaborazioni anche con Steve Earle, che aveva inciso la sua Little Sister e con Billy Bragg, oltre ad avere collaborato anche con Tom Russell e Dan Penn, e anche Vince Gill, Robert Earl Keen, Maura O’Connell Lucky Kaplansky avevano inciso le sue canzoni. Anche negli anni 2000 aveva continuato a pubblicare dischi di notevole valore, Straight Down Rain del 2001 e il suo primo disco dal vivo Between A House and a Hard Place – Live at Pine Hill Farm, con Eric Ambel ai controlli. Proseguendo fino all’ottimo Incident On Willow Street del 2013, pubblicato anche questo in Italia dalla Appaloosa, con libretto dei testi con traduzione in italiano accluso. Fino ad arrivare alla pubblicazione del suo ultimo disco dal vivo, di cui vi avevamo riferito su questo Blog (a dimostrazione che non parliamo di questi artisti solo in occasione della loro morte) e che potete andare a rileggervi qui http://discoclub.myblog.it/2015/07/15/greg-trooper-rivisita-la-anima-intimistica-concerto-live-at-the-rock-room/. All’interno del Post trovate anche la recensione del precedente album del 2013

Quindi lo salutiamo per una ultima volta e che anche lui Riposi In Pace, insieme ai suoi numerosi colleghi che in tempi recenti lo hanno preceduto nel Paradiso Dei Musicisti (sperando che esista)!

Bruno Conti