Aggiorniamo Purtroppo Il Bollettino Delle Scomparse: Domenica 19 Febbraio Se Ne E’ Andato Anche Larry Coryell, L’Inventore Della Jazz Fusion?

larry coryell now

Purtroppo la lista dei musicisti scomparsi deve essere aggiornata con un’altra morte illustre: quella di Larry Coryell, avvenuta domenica 19 febbraio a New York in una camera d’albergo, dopo un concerto all’Iridium di NY; il decesso viene attribuito a cause naturali ed avvenuto durante il sonno. Però il chitarrista texano aveva avuto in passato molti problemi con le droghe, tanto che all’inizio del 1980 dovette essere sostituito nel Guitar Trio da lui fondato l’anno prima con John McLaughlin e Paco De Lucia, da Al Di Meola, poi autori del famoso Live Friday Night In San Francisco l’anno successivo.

Ma il progetto iniziale veniva dalla mente di Coryell, che già alla fine degli anni ’60 viene accreditato della nascita della jazz fusion. anche se l’attribuzione è controversa in virtù del fatto che sia Bitches Brew, l’album della cosiddetta svolta elettrica di Miles Davis, quanto Spaces, l’album di Larry Coryell, vennero entrambi pubblicati nel 1970, pur essendo stati registrati durante il 1969, e in tutti e due i dischi suonavano Billy Cobham alla batteria, John McLaughlin alla chitarra e Chick Corea alle tastiere, la differenza era data dalla presenza in Spaces di Miroslav Vitous al basso, da lì a poco nei Weather Report. Quindi venne prima l’uovo e la gallina? Magari in modo diverso ci arrivarono entrambi, anche se ovviamente Davis rimane un gigante del jazz mentre Coryell fu “solo” un eccellente chitarrista, benché tra i migliori di sempre e vero virtuoso dello strumento!

larry coryell spaces lplarry coryell spaces cd

Larry, scomparso all’età di 73 anni, lascia due figli, entrambi chitarristi come lui, Julian e Murali Coryell, il primo in ambito jazz, il secondo blues e rock. La prima moglie Julie Nathanson, a lungo musa di Larry, il cui primo album solista si intitolava Lady Coryell, fu una attrice e scrittrice che apparve spesso anche sulle copertine dei dischi del marito (saltuariamente anche come cantante) e fu autrice di un libro di interviste dedicato ai musicisti jazz-rock, tra cui John Abercrombie e Jaco Pastorius. Tra gli amori successivi di Larry Coryell, dopo il divorzio da Julie nel 1986, anche Emily Remler, altra chitarrista jazz con cui registrò l’album Together e che scomparve nel 1990 in Australia per una overdose da eroina (!!). Larry Coryell nella sua carriera ha registrato moltissimi album, tra cui in ambito jazz-rock vale la pena ricordare lo scoppiettante Introducing The Eleventh House With Larry Coryell, dove alla batteria c’era Alphonse Mouzon, alla tromba Randy Brecker e alle tastiere Mike Mandel, anche questo inciso nel 1972 ma pubblicato solo nel 1974, e più o meno contemporaneo degli album della Mahavishnu Orchestra di McLaughlin e dei Return To Forever di Corea, Di Meola e Stanley Clarke.

larry coryell eleventh house

Per quanto i primi in assoluto in questo ambito musicale furono probabilmente quelli del Tony Williams Lifetime, sempre con McLaughlin alla chitarra, oltre a Williams alla batteria e Larry Young all’organo. Tornando a Coryell, il chitarrista americano, tra i tanti, ha registrato anche alcuni album in coppia con il belga Phillip Catherine, ma nei suoi dischi, nel corso degli anni, hanno suonato gli Oregon, Billy Cobham, Steve Khan, Stephane Grappelly, Chet Baker, Ron Carter, Hubert Laws, in anni recenti ed in versione acustica John Abercrombie e Badi Assad, ed in quella elettrica Victor Bailey e Lenny White. Ad inizio carriera ha suonato pure nel gruppo di Gary Burton, dove poi sarebbe arrivato Pat Metheny.

Forse l’ultima apparizione è stata nel 2016 nel disco del contrabbassista e cellista Dylan Taylor, intitolato One In Mind, e comunque nella notte in cui è scomparso aveva appena tenuto, come detto, due concerti nel corso del weekend all’Iridium Jazz Club di New York. Tra gli album che ci piace ricordare anche l’eccellente Coryell, il suo secondo album da solista, proprio di recente pubblicato per la prima volta in CD dalla Real Gone Music.

Quindi porgiamo con questo breve ricordo l’ultimo saluto ad un altro dei grandi musicisti la cui scomparsa ha funestato questo breve scorcio del mese di febbraio, e che Riposi In Pace anche lui.

Bruno Conti

Anticipazione Nuovo Album: Il 24 Febbraio Esce Eric Gales – Middle Of The Road

eric gales middle of the road

Eric Gales – Middle Of The Road – Mascot/Provogue

Eric Gales è stato uno dei primi “ragazzi prodigio” della chitarra, agli inizi degli anni ’90: prima di Bonamassa, Jonny Lang, Kenny Wayne Shepherd e tutti quelli che sono venuti dopo, venne Eric Gales. Con il fratello Eugene, nel 1991 pubblicò per la Elektra il primo disco Eric Gales Band, quando aveva compiuto da poco 16 anni: la stella di famiglia sembrava agli inizi il fratello maggiore Emanuel Lynn Gates, in arte Little Jimmy King, un nome che rendeva omaggio a Jimi Hendrix e ai grandi King della storia del blues, e forse il mancino di Memphis, scomparso prematuramente nel 2002, a soli 27 anni (quindi anche lui colpito dalla “maledizione” del club”), era il vero talento della famiglia. Ma per onestà bisogna riconoscere che pure Eric Gales è un chitarrista dalla tecnica prodigiosa: anche lui cresciuto a pane, Hendrix e blues, viene portato in palmo di mano dai suoi colleghi che ne hanno cantato spesso le lodi. Sempre da prendere con le molle le loro dichiarazioni, che sono molto da cartella stampa, ma Joe Bonamassa lo ha definito “Uno dei migliori, se non il miglior chitarrista del mondo”, anche Santana e altri lo hanno definito “incredibile”, però la sua carriera ha sempre vissuto di alti e bassi, per questo suo dualismo tra l’amore per il rock e il blues e il desiderio, legittimo, di una carriera nella musica mainstream, quella più commerciale, tra pop, R&B “moderno”, anche capatine nell’hard rock e nel lite metal, con i soci “virtuosisti” Pinnick & Pridgen http://discoclub.myblog.it/2014/09/12/fenomeni-nuovo-capitolo-pinnick-gales-pridgen-pgp-2/ .

Di recente qualche disco per la Cleopatra, tra cui un buon doppio Live e quattro anni fa un CD+DVD dal vivo per la Blues Bureau/Shrapnel http://discoclub.myblog.it/2012/10/10/tra-mancini-ci-si-intende-eric-gales-live/ , ed ora il ritorno alla Mascot/Provogue, con cui aveva già pubblicato quattro album, per questo Middle Of The Road, che non è un album di canzoncine pop leggere (come potrebbe far presumere il titolo, per quanto…), ma, come dice lo stesso Eric nella presentazione del disco, vuole essere una sorta di viaggio al centro della strada, che è il posto ideale per concentrarsi e dare il meglio di sé. Dopo questo sfoggio parafilosofico il buon Gales si è scelto come produttore Fabrizio Grossi dei Supersonic Blues Machine e come musicisti compagni di viaggio, Aaron Haggerty, il batterista che si divide tra la band di Eric e quelle di Chris Duarte e Stoney Curtis, Dylan Wiggins all’organo Hammond B3 e la moglie LaDonna Gales, armonie vocali in tutto il disco, oltre a Maxwell ‘Wizard’ Drummey al mellotron in Repetition, con lo stesso Eric Gales, voce solista, chitarra e basso. E alcuni ospiti che vedremo nei rispettivi brani: Good Times è costruita su un ripetuto riff di chitarra e batteria, un brano funky semplice e breve, ma anche abbastanza irrisolto, la solista non viene mai scatenata. Change In Me (The Rebirth) viceversa è un classico brano alla Gales, influenzato da Hendrix, tra rock e blues, con la chitarra in bella evidenza, e qui il “tocco” di classe non manca; Carry Yourself, scritta insieme a Raphael Saadiq, è una via di mezzo tra il “nu soul” del co-autore e le derive rock del nostro, impegnato in questo caso al wah-wah, come succede spesso, buono ma non entusiasmante, la Band Of Gypsys di Hendrix era un’altra più storia, quasi 50 anni fa, ma molto più innovativa.

Altro discorso per la cover di Boogie Man, una rilettura del brano di Freddie King dove Eric duetta con Gary Clark Jr., pezzo fluido, anche “moderno” nella sua realizzazione, ma le chitarre comunque si godono. Been So Long, scritta con Lauryn Hill, è un reggae-soul-pop che cerca per l’ennesima volta di insinuarsi nel circuito mainstream, a chi piace, l’assolo è comunque godibile! Mentre in Help Yourself Gales ci introduce ai talenti di tale Christone ‘Kingsfish’ Ingram, nuovo fenomeno della chitarra 16enne, che viene da Clarksdale, Mississippi, e come era stato per Eric ad inizio carriera, in questo brano, firmato con Lance Lopez, il blues cerca di tornare a farsi sentire, anche se l’idea di “filtrare” la voce nella parte iniziale è trita e ritrita, poi quando parlano le chitarre molto meglio, anche se c’è sempre questo “modernismo” a tutti i costi nel sound, fattore che spesso risulta fastidioso nei suoi dischi, almeno per il sottoscritto.

Di nuovo voce filtrata per I’ve Been Deceived, suono molto carico per un funky-rock pseudo-futuribile, che neppure la chitarra fiammeggiante riesce a salvare del tutto. Repetition, scritta con il fratello bassista Manuel Gales, vecchio mentore ad inizio carriera, è uno strano esperimento semi-futuribile e ricercato, ma non mi entusiasma,anche se al solito la chitarra viaggia. Se vi mancava un brano scritto con un “music therapist” lo trovate in questo CD: una ballata gentile per chitarra acustica e tastiere, si chiama Help Me Let Go. Per I Don’t Know nel commento mi adeguerei al titolo, non l’ho capita molto, solito funky-rock-soul; per fortuna come ultimo brano Eric Gales inserisce uno strumentale Swamp, un pezzo rock bello carico e potente, con batteria e chitarra a manetta. Per il resto del disco direi anch’io un bel “I Dont Know”,  quindi in definitiva il talento c’è, l’album ha i suoi momenti, ma per il risultato finale un bel “mah, non saprei” mi pare d’obbligo!

Bruno Conti

40 Anni (E Oltre) Fa Succedeva In Italia, E Oggi Splendidamente Di Nuovo! Gang – Calibro 77

L’gang calibro 77

Gang – Calibro 77 – Rumbe Beat/Sony Bmg – 24-2-2017

Questa settimana, venerdì prossimo 24 febbraio per la precisione, esce attraverso i canali tradizionali il nuovo album dei Gang Calibro 77: chi ha partecipato alla operazione di crowdfunding (che la band dei fratelli Severini, ha utilizzato con successo, mi pare per la seconda volta, anche il precedente Sangue E Cenere era stato finanziato con la stessa formula), lo ha già ricevuto o lo sta ricevendo in questi giorni, con l’aggiunta di Scarti Di Lato, un ulteriore disco di outtakes riservato, come premio, a chi ha partecipato al finanziamento Per tutti gli altri che sono ancora indecisi, vediamo di cercare di convincerli all’acquisto: come cerco di spiegare nel titolo del Post il disco vuole essere una sorta di rivisitazione della musica e degli umori della società italiana negli anni ’70, attraverso la riproposta di una serie di canzoni che non vengono solo dal 1977, ma da tutta la decade in oggetto. Per fare tutto ciò si sono affidati ancora una volta, in fase di produzione, a Jono Manson, che ha rivestito, come è sua consuetudine, l’album con una patina di suoni tipicamente americani, utilizzando i soliti musicisti delle sue produzioni nei pressi di Santa Fè nel New Mexico, ai Kitchen Sink Studios di Chupadero, ovvero Michael Jude, John Michel (Hall And Oates / Brothers Keeper), Craig Dreyer, Clark Gayton (E Street Band/Levon Helm Midnight Ramble), John Popper (Blues Traveler), Jason Crosby, Jeff Kievit, Wally Ingram, Rob Eaton Jr, Ben Wright, Jeremy Bleich, John Egenes, Robby Rothschild, Char Rothschild, Jay Boy Adams, Scott Rednor, Jerry Weimer, Stefano Barotti Tutti nomi “locali” di grande abilità, come si vede, con una eccezione, a cui si aggiungono le chitarre di Sandro Severini e la voce di Marino Severini, per un tuffo nella canzone d’autore italiana degli anni ’70, rivista con affetto, ma anche, a tratti con lo spirito barricadero e punk che è sempre stato nel DNA della band rock marchigiana, senza dimenticare la maturità e la saggezza acquisita con lo scorrere del tempo.

Non voglio tuffarmi nell’esame complesso e specifico dei significati politici e sociali dei testi (c’è chi lo ho fatto o lo farà meglio di me), che essendo per una volta in italiano è di facile decifrazione e soggetto comunque all’interpretazione personale di chi ascolterà questo Calibro 77, ma preferisco soffermarmi sui contenuti delle singole canzoni, che in ogni caso riflettono anche in modo incidentale i significati di cui sopra. L’album si apre con Sulla Strada, un pezzo di Eugenio Finardi che era su Sugo, il disco del 1976 che conteneva anche Musica Ribelle (presente in Scarti Di Lato), il brano del cantautore milanese subisce un trattamento che non ne snatura lo spirito tipicamente rock all’italiana, anzi, forse lo accentua, aggiungendo un drive insistente che sta tra Bo Diddley e gli Stones, con le chitarre di Severini, Manson e Wright, che allargano ulteriormente lo spettro sonoro che ai tempi era fornito da Camerini e Tofani, senza dimenticare l’eccellente lavoro all’organo di Jason Crosby, vero maestro dell’Hammond. Nel testo c’è anche una licenza poetica, il ” vada a ranare” lombardo viene sostituito da un sonoro  “vada a cagare”, ma il significato rimane lo stesso. Il secondo brano è Io Ti Racconto, canzone che si trovava sul secondo album di Claudio Lolli, quel Un Uomo In Crisi del 1974, che come sottotitolo riportava Canzoni di Morte, Canzoni Di Vita, un  pezzo molto pessimista e triste, quasi lugubre nella versione di Lolli, che non era certo un allegrone, nella versione dei Gang il brano diventa una sorta di valzerone rock, splendido, con mandolino e piano che si uniscono all’organo per confermare questo sound da grande canzone americana, tra Dylan e il miglior rock a stelle e strisce, pur mantenendo una specificità da cantautore all’italiana.

Cercando Un Altro Egitto era sul terzo album omonimo del 1974 di Francesco De Gregori, quello “con la pecora”, e al Principe l’amore per la musica d’Oltreoceano non è certo mai mancato, quindi il pezzo si adatta perfettamente al trattamento rigoglioso cucitogli addosso da Jono Manson, che per l’occasione abbonda in trombe, sax, flauto e trombone, oltre all’immancabile organo, percussioni latineggianti che alleggeriscono il testo ermetico del brano, ma nella parte centrale non manca un breve assolo di chitarra tagliente e ficcante, poi ribadito da quello del sax, mentre Marino Severini lo canta con una “leggerezza” deliziosa, quasi noncurante. E niente male pure la lunga coda strumentale dove chitarre e fiati si scatenano in una bella jam. Questa Casa Non La Mollerò era già a sua volta una cover di Six Days On The Road dei Flying Burrito Brothers (che a loro volta l’avevano ripresa dalla tradizione country), fatta da Ricky Gianco su un 45 giri del 1978, e nella versione della Gang viene accentuato lo spirito R&R e country-rock del brano , con il piano scintillante di Crosby e chitarre (anche la pedal steel di John Egenes) in bella evidenza, mentre la voce di Marino mi ricorda quella del primo Giorgio Gaber, il periodo Due Corsari con Jannacci. Poteva mancare un brano di Fabrizio De André in un excursus sulla canzone italiana degli anni ’70? Ovviamente no, e il prescelto è Canzone Di Maggio, tratto da Storia di Un Impiegato del 1973, resa come una ballata quasi soul, con il sax di Craig Dreyer a duettare con l’organo, mentre la ritmica prende un pigro Groove che accompagna la canzone. Poi è la volta di Sebastiano, di nuovo a tempo di country’n’roll , un brano di Ivan Della Mea, tratto da Sudadio Giudabestia del 1979 (quindi coe Gianco, oltre il fatidico 1977), e che in questa veste sonora si faticherebbe immaginarla, ma funziona alla grande, con il testo intenso che viene reso più leggero dallo spirito dylaniano della musica, che a chi scrive ricorda anche Edoardo Bennato, di cui tra un attimo. ottimo John Popper all’armonica e il solito lavoro di fino delle chitarre

Ma prima troviamo Uguaglianza di Paolo Pietrangeli, l’unico brano non concepito negli anni ’70, visto che è del 1969, ma lo spirito della canzone è comunque già quello, pur se l’esecuzione vira su un folk conciso e laconico, due chitarre acustiche, una batteria spazzolata e poco altro, che più che a Dylan si ispirano allo Springsteen più crudo di Nebraska o Tom Joad, anche per gli argomenti trattati, visti però da un’ottica italiana. Si diceva di Bennato, del suo songbook viene affrontata Venderò, che era su La Torre Di Babele del 1976, un pezzo lontano dagli episodi più rock del cantautore napoletano (70 anni portati bene), e il cui testo portava la firma del fratello Eugenio Bennato: con fisarmonica, mandolino, violino e banjo, diventa un brano dal taglio bluegrass-country, sempre comunque con il piano delizioso di Crosby a guidare le danze, e un’aria spensierata che cerca di cancellare la malinconia del testo, riuscendoci in pieno.

Un Altro Giorno E’ Andato è di un altro “pezzo grosso” degli anni ’70, Francesco Guccini, il disco originale era L’Isola Non Trovata, proprio del 1970: un brano che ai tempi era una sorta di talkin’ blues all’italiana, e all’inizio, con una chitarra acustica arpeggiata, piano, una chitarra elettrica slide, lo spirito viene rispettato, ma poi il brano prende un bel crescendo, entra la ritmica, l’organo, il ritmo accelera e sembra di ascoltare un pezzo del Jackson Browne anni ’70, con David Lindley alla chitarra, bellissima (e qui sospetto lo zampino di Jay Boy Adams, citato nei credits, grande epigono browniano). Più distaccata e ironica la divertente Ma Non E’ Una Malattia, targata 1976, e che ci porta tra le strade di New Orleans, con ritmi soul e dixie, tra fiati che impazzano e l’immancabile pianino che si insinua ovunque. Per terminare l’Opera (con la O maiuscola, perché il CD è veramente bello) non si poteva scegliere meglio de i I Reduci di Giorgio Gaber, canzone simbolo di quegli anni ’70. tratta da Libertà Obbligatoria, uscito nel 1976, e con Marino Severini che in questo brano (ma a me personalmente pare in tutto l’album) ricorda in modo impressionante, per la voce e l’impeto l’inventore del genere “teatro canzone”. La versione di questa canzone è splendida, con l’uso magnifico della doppia tastiera e delle chitarre, e un arrangiamento che ancora una volta fonde l’italianità dei testi e lo spirito Americano della musica.

Tanto di cappello, grande disco.

Bruno Conti

Ristampe Recenti 2: Golden Earring, Il Cofanetto Dell’Opera Omnia – The Complete Studio Recordings

golden earring the complete studio recordings

Golden Earring – The Complete Studio Recording – 29 CD – Unversal

Lo scorso 17 febbraio è stato pubblicato anche questo box che raccoglie l’opera completa dei Golden Earring, eccellente band olandese in attività dal 1965, famosi, come i connazionali Shocking Blue, quelli di Venus, soprattutto per un unico grande successo, Radar Love (che nel 1973 arrivò ai primi posti nelle classifiche di tutto il mondo, e suonata nel corso degli anni, fra i tanti, anche da Santana, R.e.m. e U2), ma con una consistente discografia di 26 album e moltissimi singoli.

Questo è il titolo dei dischi contenuti nel cofanetto:

Just Ear-rings (1965)
Winter Harvest (1967)
Miracle Mirror (1968)
On The Double (1969)
Eight Miles High (1969)
Golden Earring (1970)
Seven Tears (1971)
Together (1972)
Moontan (1973)
Switch (1975)
To The Hilt (1976)
Contraband (1976)
Grab It For A Second (1978)
No Promises … No Debts (1979)
Prisoner Of The Night (1980)
Cut (1982)
N.E.W.S. (1983)
The Hole (1986)
Keeper Of The Flame (1989)
Bloody Buccaneers (1991)
Face It (1994)
Love Sweat (1995)
Paradise In Distress (1999)
Millbrook U.S.A. (2003)
Tits’ n Ass (2012)
The Hague (2015)
Non-album tracks 1 (1965 – 1969)
Non-album tracks 2 (1969 – 1980)
Non-album tracks 3 (1982 – 2003)

E questi sono i titoli delle canzoni raccolte nei tre CD di rarità:

Disc 27: Non-album tracks 1 (1965-1969) *

Chunk of Steel (B-side to “Please Go” – Polydor S 1181 (NL), 1965)
That Day (single A-side – Polydor 421 023 (NL), 1966)
The Words I Need (single B-side – Polydor 421 023 (NL), 1966)
If You Leave Me (single A-side – Polydor 421 036 (NL), 1966)
Waiting for You (single B-side – Polydor 421 036 (NL), 1966)
Things Go Better (single A-side – Coca-Cola SL 3004 (NL), 1966)
Rum and Coca-Cola (single B-side – Coca-Cola SL 3004 (NL), 1966)
Daddy Buy Me a Girl (single A-side – Polydor 421 050 (NL), 1966)
What You Gonna Tell (single B-side – Polydor 421 050 (NL), 1966)
Don’t Run Too Far (single A-side – Polydor 421 056 (NL), 1966)
Wings (single B-side – Polydor 421 056 (NL), 1966)
Sound of the Screaming Day (single A-side – Polydor S 1244 (NL), 1967)
She Won’t Come to Me (single B-side – Polydor S 1244 (NL), 1967)
Together We Live, Together We Love (single A-side – Polydor S 1250 (NL), 1967)
Dong-Dong-Di-Ki-Di-Gi-Dong (single A-side – Polydor S 1277 (NL), 1968)
Wake Up – Breakfast (single B-side – Polydor S 1277 (NL), 1968)
Where Will I Be (single A-side – Polydor S 1315 (NL), 1969)
It’s Alright But I Admit It Could Be Better (single B-side – Polydor S 1315 (NL), 1969)

Disc 28: Non-album tracks 2 (1969-1980)

Another 45 Miles (single A-side – Polydor S 1336 (NL), 1969)
I Can’t Get a Hold on Her (single B-side – Polydor S 1336 (NL), 1969)
Holy Holy Life (single A-side – Polydor 2001 135 (NL), 1971)
Jessica (single B-side – Polydor 2001 135 (NL), 1971)
Stand By Me (single A-side – Polydor 2050 216 (NL), 1972)
The Song is Over (B-side to “Radar Love” – Polydor 2050 262 (NL), 1973)
Instant Poetry (single A-side – Polydor 2001 518 (NL), 1973)
Lucky Number (B-side to “Ce Soir” – Polydor 2050 353 (NL), 1975)
Babylon (B-side to “Sleepwalkin'” – Polydor 2001 626 (NL), 1975)
I Need Love (from Mad Love – MCA Records 2254 (U.S.), 1977)
Can’t Talk Now (B-side to “Movin’ Down Life” – Polydor 2001 824 (NL), 1978)
Only a Matter of Time (B-side to “Weekend Love” – Polydor 2001 886 (NL), 1979)
I Do Rock ‘N Roll (single A-side – Polydor 2001 929 (NL), 1979)
Triple Treat (B-side to “Long Blond Animal” – Polydor 2001 988 (NL), 1980)
Annie (B-side to “No For An Answer” – Polydor 2002 015 (NL), 1980)

Disc 29: Non-album tracks 3 (1982-2003)

King Dark (B-side to “Twilight Zone” – 21 Records 005 (NL), 1982)
Shadow Avenue (B-side to “The Devil Made Me Do It” – 21 Records 012 (NL), 1982)
Something Heavy Going Down (single A-side – 21 Records 032 (NL), 1984)
Gimme a Break (B-side to “Why Do I” – 21 Records 044 (NL), 1986)
You Gun My Love (B-side to “Turn the World Around” – JAWS Records 559 (NL), 1989)
Time Warp (B-side to “Going to the Run” – Columbia 656802 7 (NL), 1991)
Steam Roller (12″ B-side to “Going to the Run” – Columbia 656802 6 (NL), 1991)
Madame Zou Zou (B-side to “Temporary Madness” CD single – Columbia 657283 2 (NL), 1991)
So You Want to Be a Rock ‘N’ Roll Star/L.A. Woman (B-side to “This Wheel’s On Fire” CD single – Columbia 662831 2 (NL), 1995)
Try a Little Tenderness (B-side to “Gotta See Jane” CD single – Columbia 663224 1 (NL), 1996)
Burning Stuntman (single A-side – CNR Music 2003404 (NL), 1997)
Mood Indigo (B-side to “The Devil Made Me Do It (Live)” CD single – CNR Music 2003607 (NL), 1998)
Miles Away from Nowhere (from The Devil Made Us Do It – 35 Years box set – Universal 549 149-2 (NL), 2000)
Yes! We’re On Fire (from The Devil Made Us Do It – 35 Years box set – Universal 549 149-2 (NL), 2000)
Gypsy Rose (B-side to “Albino Moon” CD single – Universal 019 738-2 (NL), 2003)
Adrenaline (B-side to “A Sound I Never Heard” CD single – Universal 019 960-2 (NL), 2003)

Il cofanetto non è costosissimo, il prezzo indicativamente oscilla intorno ai 150 euro, poco più o poco meno.

Alla prossima.

Bruno Conti

Una Doverosa Appendice Al Cofanetto! 2: Francesco De Gregori – Sotto Il Vulcano

de gregori sotto il vulcano

Francesco De Gregori – Sotto Il Vulcano – Caravan/Sony 2CD

Come ho già scritto nel mio lungo post dedicato al box Backpack http://discoclub.myblog.it/2017/01/21/lintegrale-di-uno-dei-pochi-grandi-musicisti-italiani-francesco-de-gregori-backpack/ , Francesco De Gregori negli ultimi 27 anni (cioè dal 1990, quando ne fece uscire tre in un colpo solo) si è messo a pubblicare album dal vivo con una cadenza degna dei Grateful Dead, o di Joe Bonamassa se vogliamo usare un paragone più recente. Per quanto mi riguarda non è un problema, in quanto ci troviamo di fronte ad uno dei migliori cantautori italiani, con un songbook formidabile e che in più ha la buona abitudine di non riproporre gli stessi brani sempre allo stesso modo, viceversa ama cambiare gli arrangiamenti, arrivando talvolta a stravolgerli (un po’ alla maniera di Bob Dylan, tanto per citare la sua più grande influenza) e, negli ultimi anni, a rivestirli di una scorza rock che negli anni settanta non era in lui molto presente. Sotto Il Vulcano è l’unico doppio live della sua discografia insieme a La Valigia Dell’Attore, ma è il primo a presentare un concerto intero, venti canzoni, così come lo ha ascoltato il pubblico quella sera: per l’esattezza stiamo parlando dello scorso 30 Agosto a Taormina al Teatro Antico, una serata che, a detta del nostro, è stata registrata a sua insaputa.

Ed il doppio CD è come al solito ampiamente riuscito, con il nostro che dal punto di vista vocale sembra migliorare con l’età, e con la band che lo accompagna che è ormai tra le migliori nel panorama nazionale: alla guida troviamo come sempre il bassista Guido Guglielminetti, coadiuvato dai due ottimi chitarristi Paolo Giovenchi e Lucio Bardi, da Alessandro Arianti alle tastiere, Stefano Parenti alla batteria, i bravissimi Alessandro Valle alla steel e mandolino ed Elena Cirillo al violino, più una sezione fiati di tre elementi (solo in alcuni brani). Il disco (a proposito, sempre e solo audio, a quando un bel DVD?) è, come già detto, molto bello, anche se i miei live preferiti del Principe restano Il Bandito E Il Campione e Fuoco Amico, maggiormente legati a sonorità rock: in Sotto Il Vulcano forse Francesco si prende pochi rischi nella scelta della scaletta (i successi ci sono praticamente tutti: La Leva Calcistica Della Classe ’68, Alice, Generale, Titanic, Rimmel, La Storia, La Donna Cannone, oltre a Buonanotte Fiorellino con l’ormai consueto arrangiamento costruito su Rainy Day Women # 12 & 35 di Dylan), anche se non mancano diversi classici minori (Pezzi Di Vetro, Caterina, Sempre E Per Sempre, L’Abbigliamento Di Un Fuochista).

La differenza la fanno gli arrangiamenti, e se Pezzi Di Vetro è proposta in una versione per sola voce e chitarra, L’Agnello Di Dio è potente e decisamente rock (anche se l’avrei preferita con meno fiati e più chitarre), Vai In Africa, Celestino! è puro folk-rock, ed è molto diversa dall’originale, mentre Alice diventa uno splendido valzerone country, così come Generale una limpida ballata roots; Il Panorama Di Betlemme è la solita strepitosa rock song, una delle più belle tra le più recenti del nostro, con lo splendido violino della Cirillo in evidenza, Sotto Le Stelle Del Messico A Trapanar è piena di ritmo, suoni e colori, mentre Rimmel (grande versione) è introdotta da una splendida performance alla chitarra acustica di Giovenchi e Bardi. E poi ci sono tre brani tratti da Amore E Furto, l’album di cover dylaniane di due anni fa, proposte una in fila all’altra (Servire Qualcuno/Gotta Serve Somebody, Un Angioletto Come Te/Sweetheart Like You e Come Il Giorno/I Shall Be Released), in versioni abbastanza simili a quelle di studio e, come anticipato un po’ ovunque, una rilettura molto sentita e toccante del classico del vecchio amico Lucio Dalla 4 Marzo 1943. Un altro buon live dunque: sembra che Francesco De Gregori non si stanchi mai di farne, e personalmente io non mi stanco mai di ascoltarne.

Marco Verdi

Ristampe Recenti 1: Un Trittico Per Gli Standells – Dirty Water, Why Pick On Me & Try It

standells dirty water standells why pick on me standells try it

Visto che mi sono accorto che non sempre riesco ad aggiornare la rubrica delle uscite e delle anticipazioni discografiche in breve, presenti e future, provo ad instaurare un nuovo tipo di approccio, ovvero singoli Post caricati a mano a mano che vengono preparati: in alcuni giorni potreste trovarne sul Blog anche più di uno, altre volte solo di tanto in tanto.

Partiamo con le tre ristampe degli album degli Standells a cura della Sundazed: di loro mi ero già occupato nel 2015 con la recensione di un album inedito dal vivo, sempre pubblicato dall’etichetta di New York specializzata in ristampe http://discoclub.myblog.it/2015/03/06/chitarre-acide-vecchi-organetti-the-standells-live-on-tour-1966/. Ora vengono ristampati anche i tre album più famosi della band, editi ai tempi, tra il 1966 e il 1967 dalla Tower Records (nulla a che vedere con la catena di negozi che sarebbe venuta anni dopo, e purtroppo “defunta” da tempo). Al solito qualche precisazione: i tre dischi erano già usciti in CD nel 1994, nella classica versione mono, arricchiti da varie bonus tracks per ogni LP, sempre a cura della Sundazed, e, magari a fatica, ma si trovavano ancora in circolazione.

Comunque nella loro immensa bontà vengono resi disponibili di nuovo, anche in versione vinile, però seguendo un metodo ondivago che non riuscirò mai a comprendere: Dirty Water, che nella prima versione in CD aveva 15 tracce, improvvisamente nella nuova ne ha 14, spariscono due delle bonus ma riappare Sometimes Good Guys Don’t Wear White, presente nel disco originale. Stesso discorso per Why Pick On Me, che nella edizione 1994 aveva 15 brani, nella ristampa 2017 ne riporta 14, cambia l’ordine delle canzoni e “sparisce” la bonus Our Candidate. Perché? Mistero. E anche Try It, l’album del 1967, dai 15 pezzi della edizione 1994, passa a 14, e non c’è più la bonus conclusiva Can You Dig It. La logica di questi cambiamenti mi sfugge, ammesso che ce ne sia una. I tre CD sono usciti ieri 17 febbraio.

Bruno Conti

Un Altro Grande Disco Per La “Randy Newman Al Femminile”! Jude Johnstone – A Woman’s Work

jude johnstone a woman's work

Jude Johnstone – A Woman’s Work – Bojak Records

In questi giorni “post-sanremesi”, mi sembra doveroso e quasi obbligatorio tornare a parlarvi di una “vera” cantante come Jude Johnstone, a distanza di tre anni dal precedente Shatter (13) recensito da chi scrive su queste pagine http://discoclub.myblog.it/2013/06/01/sconosciuta-ma-non-per-tutti-jude-johnstone-shatter/ . La Johnstone piano e voce (arrivata con questo lavoro al settimo album), come sempre si avvale di grandi musicisti, a partire dal chitarrista Charles Duncan, il batterista Darrell Voss, il tastierista Radoslav Lorkovic, il bassista Ken Hustad, con il consueto apporto di “turnisti” del calibro del polistrumentista Bob Liepman, e di Rob Van Durren, Jill Poulos, Linley Hamilton, Larry Klein (ex marito di Joni Mitchell), Danny Frankel, anche lui alla batteria, il tutto sotto la co-produzione di Steve Crimmel e registrato nei famosi Painted Sky Studios di Cambria nella solare California.

A Woman’s Work si apre con la pianistica Never Leave Amsterdam, con la sorprendente voce di Jude accompagnata da una dolce pedal-steel, a cui fa seguito la title track, un valzer su un delicato tessuto di piano, violoncello e archi (sarebbe perfetta nel repertorio di Randy Newman), il raffinato e sofferto blues People Holding Hands, con il notevole assolo di tromba di Linley Hamilton, stesso discorso per The Woman Before Me (che avrebbe impreziosito qualsiasi disco della migliore Carole King), per poi passare ad una leggermente “radiofonica” Little Boy Blue, con una batteria elettronica che detta il ritmo del brano. Il “lavoro” della brava Jude riprende con una deliziosa What Do I Do Now, seguita da una stratosferica lenta ballata dall’aria celtica Road To Rathfriland, solo pianoforte, arpa e viola, un’altra tranquilla “song” per pianoforte e poco altro come I’ll Cry Tomorrow, per poi passare ad una ballata “rhythm and blues” come Turn Me Intro Water (sembra di risentire il favoloso periodo Stax), e affidare la chiusura ad una intima e malinconica Before You, perfetta da cantare su un qualsiasi buio palcoscenico di un Nightclub.

Le canzoni di A Woman’s Work riflettono senza ombra di dubbio l’attuale situazione sentimentale della Johnstone (un recente divorzio dopo un matrimonio durato 28 anni), un lavoro quindi molto intimo, emozionale, con arrangiamenti raffinatissimi eseguiti con strumentisti di assoluto valore, che danno vita ad un disco dal fascino incredibile, un piccolo gioiello fatto certamente con cuore e passione. Jude Johnstone non la scopriamo adesso (già in passato con l’amico Bruno abbiamo avuto modo di parlare dei suoi dischi), in quanto si tratta di una “songwriter” dalla vena poetica e passionale, e le sue canzoni sono state cantate da  artisti come Bonnie Raitt, Emmylou Harris, Stevie Nicks, Bette Midler e altri (ma è nota soprattutto per quella Unchained resa celebre da Johnny Cash).

Il forte sospetto è che questa (giovanile) signora californiana con questo settimo episodio della sua “storia” discografica, passi ancora una volta inosservata e inascoltata come era stato per i precedenti lavori, ed è un vero peccato perché A Woman’s Work resta comunque un ottimo disco di cantautorato al femminile, che piacerà a chi acquistava i dischi di Rickie Lee Jones e Carole King, ma soprattutto è un grande album per gli amanti della musica con forte presenza di pianoforte, e il grande Randy Newman in particolare viene alla mente. Da ascoltare!

Tino Montanari

NDT: Nei prossimi giorni, sempre per guarire dal “contagio sanremese” parleremo anche di un altro personaggio emarginato, ma amato dal Blog: Otis Gibbs !

Non Solo Un Cantautore Da Serie Televisive! Kelly Pardekooper – City At Night

kelly pardekooper city at night

Kelly Pardekooper – City At Night – Leisure Time CD

Kelly Pardekoooper, cantautore e rocker dello Iowa, è attivo da quasi vent’anni, periodo nel quale ha pubblicato otto album (compreso quello di cui mi accingo a parlare): non una grande quantità, diciamo un disco ogni due-tre anni (dal 1998), per un artista che ha quindi sempre privilegiato la qualità alla quantità, proponendo una gustosa miscela di rock, country e blues. Kelly si è sempre mantenuto indipendente (ed a questo punto penso che lo sarà anche in futuro), ma in America è riuscito comunque a raggiungere una discreta popolarità, in quanto alcune sue canzoni sono state inserite in diverse serie TV molto seguite, come True Blood, Cold Case, Sons Of Anarchy, Justified ed altre; ma, a parte queste deviazioni dal percorso, che gli sono servite sicuramente ad incamerare qualche dollaro in più, il nostro ha inciso anche diversi bei dischi: Haymaker Heart innanzitutto, uno dei migliori album di Americana del 2005, ma anche Brand New Bag, Yonder e House Of Mud non erano affatto male.

Pardekooper è un bravo autore (altrimenti i produttori delle serie televisive di cui sopra non si sarebbero accorti di lui) ed un rocker di vaglia, che predilige un suono chitarristico ma sa farsi valere anche nelle ballate, che mantengono sempre e comunque un piglio deciso: City At Night è il suo nuovo lavoro, che arriva a due anni dal parzialmente antologico Milk In Sunshine (CD che conteneva canzoni nuove mescolate con quelle sentite in TV), ed è un disco che ci fa ritrovare un autore un buona forma, un album conciso (dura appena 31 minuti) ma forse anche per questo senza grosse sbavature, suonato in maniera diretta da un manipolo di musicisti tutti originari dell’Indiana (tra cui spiccano il chitarrista Tom Woodard e la sezione ritmica vigorosa, quasi punk in certi momenti, composta da Steve Pruden al basso e Mark Cutsinger alla batteria) e con la produzione sicura e senza fronzoli di Paul Mahern, uno che ha un lungo curriculum di ingegnere del suono per John Mellencamp, Iggy Pop, Lisa Germano e Over The Rhine.

Il CD si apre con 4AM, una suggestiva rock ballad, avvolgente e fluida, caratterizzata da un’atmosfera attendista e dalla voce profonda di Kelly, con una slide che commenta in scioltezza sullo sfondo. Better Than You accelera il ritmo, per un pop-rock chitarristico diretto e godibile, con echi di Tom Petty; molto valida Plain Jane, una tonica rock song dal mood intenso e con i soliti bei fraseggi di chitarra, anche se la melodia di fondo è leggermente ripetitiva. You Don’t Say è più crepuscolare, la ritmica è sempre spedita ma Kelly canta in maniera (volutamente) monocorde, meglio Whisker Brain, insinuante e polverosa, un southern blues con accenni swamp decisamente riuscito e che è perfettamente nelle corde del nostro, mentre la title track è un rock’n’roll urbano dal suono sporco e quasi punkeggiante, un’iniezione di freschezza e vigore.

Least I’m Not Alone cambia completamente registro, in quanto si tratta di un delizioso brano country (con tanto di languida steel in sottofondo), melodia diretta e ritmica veloce anche se leggera; Silver & Gold è ancora chitarristica e piuttosto tignosa, oltre che già sentita, mentre These Boots Are Made For Walikin’, unico brano non originale, è proprio il classico scritto da Lee Hazlewood ed interpretato da Nancy Sinatra, una canzone che conoscono anche i sassi ma che Kelly riprende con un gustoso arrangiamento tra rockabilly e punk, così come l’avrebbero fatta Jason & The Scorchers o John Doe con i suoi X. L’aggressivo rock-blues di stampo roots You’re Gone chiude il disco, una buona conferma per un autore che propone la sua musica in maniera onesta, un album forse un gradino sotto gli episodi migliori della sua discografia, ma che comunque non vi farà rimpiangere i soldi che eventualmente spenderete per acquistarlo (o scaricarlo).

Marco Verdi

Dal Vivo Sono Veramente Bravi! Wild Feathers – Live At The Ryman

wild feathers live at the ryman

The Wild Feathers  – Live At The Ryman – 2 CD Warner/Maverick               

Al primo album, quello omonimo del 2013, non dico che avevo gridato al miracolo http://discoclub.myblog.it/2013/09/15/ho-visto-il-futuro-del-rock-n-roll-e-il-suo-nome-e-the-wild/ , ma mi erano parsi una delle nuove band più fresche ed eccitanti in circolazione, tra quelle che meglio di altre erano state in grado di mischiare il rock classico, con ampie spruzzate country, echi di Stones, Allman, Jayhawks, Ryan Adams, Tom Petty, anche gli Avett Brothers, poi con il secondo album, Lonely Is A Liifetime, prodotto sempre da Joy Joyce, l’asticella del suono si era spostata in parte verso un approccio più bombastico, commerciale, fatto in serie, simile ai passi falsi recenti di formazioni tipo Mumford And Sons, The Head And The Heart (sempre con Joyce dietro la consolle), pur mantenendo comunque alcune caratteristiche del proprio sound, tipo l’approccio R&R, le belle armonie vocali e una capacità di scrivere brani dalle melodie consistenti http://discoclub.myblog.it/2016/05/26/presente-passato-del-rock-and-roll-the-wild-feathers-lonely-is-lifetime/ . Quindi li attendevo con curiosità alla prova del doppio dal vivo, prova quasi infallibile per un artista o una band che vuole dimostrate le proprie qualità e la capacità di stare su un palco (dico quasi, perché per esempio di recente i NEEDTOBREATHE, che nel 2015 avevano pubblicato un ottimo doppio Live From The Woods, lo hanno seguito con una tavanata galattica come il recente Hard Love http://discoclub.myblog.it/2016/11/08/invece-veramente-brutto-needtobreathe-hard-love/ ).

Ma questo rimane nel futuro,  concentriamoci sul presente, ovvero questo doppio CD dal vivo, registrato in uno dei templi riconosciuti e deputati della country music, il mitico Ryman Theatre di Nashvile, che negli ultimi anni ospita spesso anche formazioni rock. Il quartetto texano si presenta sul palco con una ampia selezioni di brani tratti dai due dischi precedenti, diciassette canzoni in tutto: l’apertura è affidata ad una splendida Help Me Out, tratta del recente Lonely Is A Lifetime, con i loro eccellenti incroci vocali, sia a livello armonie, sia delle diverse voci soliste che si intrecciano, mentre il jingle jangle e gli assoli ripetuti delle chitarre fanno dimenticare l’arrangiamento pomposo del disco di studio. Overnight, il brano di apertura del secondo album, ricordava molto il sound dei Jayhawks, e nella dimensione live conferma la sua validità, riff e ritmi coinvolgenti, grande country-rock della vecchia scuola, anche un approccio “antemico”, ma nella migliore accezione del termine, guitar music della più bell’acqua, e pure Backwoods Company, dal primo album,a livello riff non scherza, una via dei mezzo tra Petty e gli Allman, grinta e sostanza. If You Don’t Love è la prima pausa di riflessione nel concerto, una pop ballad molto raffinata, che ricorda i primi U2, mossa e con un ritornello facile da ricordare, seguita da Don’t Ask Me To Change, sempre ricca di sfumature pop-rock di gran classe, mentre Got It Wrong è un’altra tipica canzone del loro repertorio, “cantabile” e con un approccio avvolgente e assai godibile, con i soliti controcanti corali di grande effetto.

Hard Times è uno dei brani oltre i sei minuti dove la band mostra il proprio spirito più R&R, con chitarre e tastiere in libertà, in continuo crescendo, e questi suonano, ragazzi. Sleepers è un altro dei pezzi del secondo album che viene liberato da quel “big sound” fasullo a favore di una maggiore freschezza, poi gli oltre otto minuti di Goodbye Sound, uno dei pezzi migliori dell’ultimo disco, come dicevo nella recensione del CD mi ricorda le cose migliori di Blue Rodeo o Jayhawks, intrecci di chitarre e tastiere, oltre alle voci che armonizzano in modo perfetto, una pedal steel aggiunta e una gran coda strumentale a chiudere il cerchio. Molto piacevoli e consistenti anche Into The Sun e Happy Again, soprattutto la seconda, veramente tirata e con un gran riff; per non parlare di Left My Woman un’altra delle loro classiche ballate elettroacustiche in crescendo.. E siamo solo al terzo brano del secondo CD, a questo punto tocca a American, altro notevole brano dal flavor anni ’70, con chitarre e ritmiche galoppanti quasi stonesiane, poi a Lonely Is A Lifetime, un pezzo solo voci e chitarre acustiche, prima del gran finale che si apre con How, un altro dei brani dell’ultimo album che cresce nella vibrante versione Live, come pure la splendida The Ceiling in una versione monstre di oltre sette minuti, con chitarre e voci che girano a mille, prima di congedarci con la poderosa Hard Wind, altro brano R&R ricco di sostanza ed energia. Per il momento basta e avanza, dal vivo sono veramente bravi, per il futuro vedremo!

Bruno Conti

Fabrizio Poggi & Chicken Mambo, L’Avventura Del Blues Continua. Sabato 18 Febbraio Concerto A Milano E Verso Fine Marzo Nuovo Album Con Guy Davis

WEB-270x278-POGGI

Reduce dalle recenti esibizioni americane tra la fine del mese di gennaio e i primi di febbraio, torna a Milano allo Spazio Teatro 89 di Via F.lli Zoia il 18 febbraio p.v. Fabrizio Poggi, insieme ai suoi Chicken Mambo in formazione leggermente riveduta e corretta, cioè la seguente:

Fabrizio Poggi – armonica e voce

Tino Cappelletti – basso

Denny De Stefani – Chitarra

Claudio Noseda – organo

Gino Carravieri – batteria

Il concerto sarà l’occasione per presentare ancora una volta l’ultimo ottimo album http://discoclub.myblog.it/2016/08/31/piccolo-aiuto-dai-amici-gran-bel-disco-fabrizio-poggi-and-the-amazing-texas-blues-voices/, uscito sul finire dell’estate dello scorso anno, e anche una cavalcata attraverso il repertorio di 20 album incisi in una pluriventennale attività discografica, ricca di collaborazioni e anche di dischi incisi direttamente sul suolo americano, come l’ultimo appena ricordato.

legendary blues cruise 2017 leadbelly fest

Proprio negli States Fabrizio si è esibito, prima alla Legendary Blues Cruise, di cui vedete la locandina autografata qui sopra, la serie di concerti “marinari” in crociera tenutisi tra il 22 e il 29 gennaio scorsi, durante i quali Fabrizio Poggi, in coppia con Guy Davis o da solo, ha partecipato alle decine di eventi e jam spontanee che si tengono sulla nave (ma anche durante il viaggio), occasione puree per innumerevoli incontri con amici vecchi e nuovi, tra i tantissimi presenti citiamo Ruthie Foster, Mitch Woods, JJ Grey & Mofro, Ronnie Baker Brooks, Terrance Simien, Professor Louie, Danielle Nicole, Irma Thomas, Tab Benoit, Nick Moss, Curtis Salgado, Lee Oskar, Billy Branch, Mark Wenner, Otis Taylor, Walter Trout, oltre al grande Taj Mahal.

 

Oltre a partecipare, pochi giorni dopo, sempre con Guy Davis, il 4 febbraio, alla Carnegie Hall di New York alla serata speciale Lead Belly Fest per celebrare la musica di Huddie William Ledbetter detto Leadbelly, con tutti gli ospiti che vedete elencati nell’altra locandina sopra.

guy davis poggi Sonny & Brownie’s last train”

Sempre i due in coppia pubblicheranno per la MC Records il prossimo 24 marzo questo Sonny & Brownie’s Last Train, dedicato alla musica di Sonny Terry & Brownie McGhee, con il seguente contenuto:

1. SONNY AND BROWNIE’S LAST TRAIN
2. LOUISE, LOUISE (4.50)
3. HOORAY, HOORAY THESE WOMEN IS KILLING ME (2.56)
4. SHORTNIN’ BREAD (3.35)
5. BABY PLEASE DON’T GO BACK TO NEW ORLEANS (4.52)
6. TAKE THIS HAMMER (4.08)
7. GOIN’ DOWN SLOW (5:24)
8.FREIGHT TRAIN (3.00)
9. EVIL HEARTED ME (4.13)
10. STEP IT UP AND GO (2.28)
11. WALK ON (2.47)
12. MIDNIGHT SPECIAL (3.40)

Ma questa è un’altra storia e ne parleremo più avanti. Se volete ulteriori informazioni su vita, morte e miracoli di Fabrizio Poggi andate qui http://www.chickenmambo.com/ita/, ma nel frattempo ricordatevi questo sabato 18 febbraio di andare allo Spazio Teatro 89 di Milano per vedere il concerto, mi raccomando, ne vale la pena.

Bruno Conti