Sventagliate Elettriche Come Ai Bei Tempi! The Dream Syndicate – How Did I Find Myself Here?

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The Dream Syndicate – How Did I Find Myself Here? – Anti CD

Quando nel 2012 Steve Wynn aveva riformato per una serie di concerti i Dream Syndicate, gruppo cardine insieme ai Green On Red del cosiddetto movimento Paisley Underground (nato a Los Angeles negli anni ottanta), mi sarei aspettato che prima o poi la band si sarebbe ritrovata in studio per dare un seguito al loro ultimo lavoro, Ghost Stories (1988). Quello che non avevo immaginato è che i quattro (oltre a Steve l’unico altro membro fondatore è il batterista Dennis Duck, mentre il bassista Mark Walton era entrato nel 1986 e Jason Viktor è il chitarrista dei Miracle 3 di Wynn) avessero ancora nelle corde un disco del livello di questo How Did I Find Myself Here? L’album infatti, più che il seguito di Ghost Stories, si ricollega direttamente al leggendario Medicine Show, splendido secondo lavoro dei nostri che aveva seguito l’altrettanto fulminante esordio di The Days Of Wine And Roses: How Did I Find Myself Here? è infatti un disco di una potenza ed energia straordinarie, con la tipica miscela di rock e psichedelia del gruppo portata a livelli molto alti, otto canzoni coi fiocchi suonate alla grande, come se trent’anni non fossero passati.

Stupisce anche la lucidità di Wynn come songwriter, dato che, dopo i promettenti inizi da solista (gli ottimi Kerosene Man e Dazzling Display e lo splendido Fluorescent), negli anni a seguire si era un po’ perso, alternando dischi di discreta fattura ad altri meno brillanti, ma senza più centrare l’album da copertina. Qui invece funziona tutto a dovere (complice anche il contributo determinante alle tastiere di Chris Cacavas, ex Green On Red) ed il disco si rivela tra i migliori album di rock chitarristico da me ascoltati ultimamente: potrei fare un paragone con il sorprendente reunion album dei Sonics di due anni fa (This Is The Sonics http://discoclub.myblog.it/2015/12/23/recuperi-sorprese-fine-anno-1-aiuto-il-lettore-va-fuoco-the-sonics-this-is-the-sonics/ ), non per il genere di musica ma per il fatto che spesso per fare del grande rock è preferibile avere una carta d’identità un po’ ingiallita. Il CD inizia in maniera strepitosa con la potente Filter Me Through You, brano chitarristico e cadenzato dal drumming possente ma anche con un motivo orecchiabile, il tutto nella più perfetta tradizione del quartetto californiano, un vero muro del suono che ci riporta indietro di trent’anni. Glide se possibile è ancora più elettrica e pressante, in contrasto con la voce declamatoria di Wynn, qui messa quasi in secondo piano rispetto alla veemenza chitarristica, mentre Out Of My Head aumenta ancora il ritmo e sfocia quasi nel punk, anche se di gran classe (so che punk e classe nella stessa frase fanno a pugni, ma fidatevi), con qualche traccia anche del Lou Reed più aggressivo: energia allo stato puro, senza dimenticarsi però della sostanza delle canzoni.

Sentite pure la saltellante 80 West, qui siamo forse oltre la forza di Medicine Show, come se gli anni che sono passati avessero accentuato al massimo la furia elettrica dei nostri; Like Mary molla un po’ la presa, spunta anche una chitarra acustica, e Wynn si prende il centro della scena con il suo tipico stile da rocker notturno, ricordandoci anche che quando vuole è un cantautore coi fiocchi. The Circle coniuga ancora alla perfezione potenza (tanta) e fruibilità, un attacco frontale di notevole impatto, mentre la title track è il pezzo centrale del disco: inizio sghembo, con gli strumenti che vanno ognuno per i fatti suoi e dove non è estranea una buona dose di psichedelia, poi Viktor ricuce tutto insieme, Wynn inizia a cantare ed il brano scorre fluido per undici minuti ad alto tasso elettrico. Kendra’s Dream, che chiude il CD, è a sorpresa cantata da Kendra Smith, bassista degli esordi dei Syndicate e poi con gli Opal, un pezzo ipnotico, obliquo, con le chitarre al limite della distorsione e la voce particolare e vissuta in puro stile Marianne Faithfull  della Smith a creare un mix straniante ma di indubbio fascino.

Meno male che c’è in ancora in giro qualche band in grado di fare del rock come Dio comanda, ed i Dream Syndicate fanno senz’altro parte di questo, ahimè, sempre più ristretto gruppo.

Marco Verdi

Sventagliate Elettriche Come Ai Bei Tempi! The Dream Syndicate – How Did I Find Myself Here?ultima modifica: 2017-10-04T00:08:25+02:00da bruno_conti
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