Da Dublino, L’Ultimo Romantico. Glen Hansard – Between Two Shores

glen hansard between two shores

Glen Hansard – Between Two Shores – Anti / Epitaph

Mi sono accorto che da quando esiste questo blog, a parte in breve nelle varie rubriche, non abbiamo mai recensito approfonditamente un disco di Glen Hansard, musicista in un certo senso arrivato alla terza “vita” musicale da artista: dopo l’inizio di carriera come leader dei Frames, una band che resta tuttora un segreto ben custodito dell’ampia scena rock irlandese, che in carriera ha confezionato dischi che sono quasi sempre rimasti a metà del guado (tra il buono e il meno buono), poi sciolto momentaneamente il gruppo (ma nel 2015, hanno pubblicato un eccellente album Longitude) ha formato un sodalizio musicale e sentimentale con la cantante ( ed ex fidanzata) Markèta Irglovà sotto la ragione sociale Swell Season, raggiungendo pure un certo successo con l’Oscar alla canzone Falling Slowly,  ricevuto per il film Once (di cui era anche protagonista), per poi approdare ad una più che solida carriera solista esordendo con Rytthm And Repose (12), seguito dall’ottimo Didn’t He Ramble (15), prima di arrivare a questo nuovo lavoro Between Two Shores (senza dimenticare alcuni EP di spessore), dove il cantautore irlandese apre il proprio cuore e realizza un disco composto da una decina di “torch song” ricche di fascino.

La gestione di questo disco è stata laboriosa, in quanto tutte le canzoni, scritte interamente dal buon Glen, sono il risultato di sei anni di registrazioni effettuate durante i suoi vari tour, fatto che comunque ha portato lo scorso anno Hansard ad affittare i prestigiosi Black Box Studios francesi e, con l’aiuto del suo fidato “pard” nei Frames e co-produttore David Odlum, supportato in sala di registrazione dalla sua band attuale composta da Joseph Doyle al basso, Rob Bochnik alle chitarre, Graham Hopkins alla batteria e percussioni, Justin Carroll alle tastiere, Michael Buckley al flauto e sassofono, Ronan Dooney e Curtis Fowlkes alle trombe, senza dimenticare l’aiuto di ospiti di qualità tra i quali Thomas Bartlett al pianoforte, Brian Blade alla batteria, Brad Albetta al basso, Rob Moose al mandolino, viola e violino, e come “ciliegine sulla torta” la già citata “ex” Markèta Irglovà, Ruth O’Mahony Brady, Dawn Landes alle armonie vocali (e con questa squadra, credetemi, mi sembra abbastanza difficile fare un disco brutto).

Parafrasando il bellissimo titolo dell’album, il marinaio Glen inizia il suo percorso verso l’altra riva con l’elettrica Roll On Slow, canzone con venature fortemente “soul” e sostenuta da una importante sezione fiati, a cui fanno seguito una superba ballata come Why Woman, con un ritornello che ricorda un po’ la “rollingstoniana” Wild Horses, il sincopato “rock’n’soul” di una trascinante Wheels On Fire, per poi ritornare alla tenue malinconia di una dolce Wreckless Heart, dove nella parte finale svetta la tromba jazz di Ronan Dooney, e cimentarsi in una versione che ricorda molto il sommo connazionale Van Morrison (suo idolo), in una spettacolare Movin’ On https://www.youtube.com/watch?v=INEK7vI3jy0 . Siamo a metà della traversata, che prosegue a gonfie vele con le note pianistiche di Setting Forth (mi ricorda certe cose di un altro bravo irlandese, Damien Rice), il folk raffinato di una quasi “dylaniana” Lucky Man, per poi passare ad un’altra ballata quasi “sussurrata” come One Of Us Must Lose, e in vista della riva sprigionare archi e cori nell’arioso folk della intensa Your Heart’s Not It, prima di approdare con le sue “pene d’amore” al pianismo di una ballata languida quale Time Will Be The Healer, che chiude come una dolce carezza un lavoro fermamente in linea con la sua ultima produzione solista.

Nonostante sia sulle scene fin dai primissimi anni ’90, bisogna riconoscere che la carriera del buon “marinaio” Glen è stata complessa, iniziata come “busker” per le strade della bella Dublino, proseguita come interprete nel famoso e bellissimo film di Alan Parker The Commitmens, e come già detto i progetti con Frames e Swell Season, sino a questa ultima fase dove Hansard ha iniziato un percorso diverso mischiando rock e folk, irish music e soul celtico, stile dove la sua voce calda e fascinosa, e il suo indubbio carisma personale, fanno la differenza. Glen Hansard con questo Between Two Shores conferma di essere un’artista capace di regalare emozioni, un “songwriter” raffinatissimo, con canzoni che non lasciano indifferenti, campione indiscusso delle grandi ballate che chiedono soltanto le orecchie giuste per essere ascoltate, come in questo caso, che (per chi scrive) lo certifica come uno dei cantautori più autorevoli della sua generazione. Incantevole!

Tino Montanari

Cielo Grigio Su, Chitarra Rossa Giù… Indigenous – Gray Skies

indigenous gray skies

Indigenous – Gray Skies – Blues Bureau International/InakustikIrd

Mi scuso per l’ardita citazione poetico/canzonettistica nel titolo, ma mi scappava, comunque…

Questo dovrebbe essere l’undicesimo disco degli Indigenous (o 12°, a seconda dei conteggi delle discografie, se si contano forse anche gli EP e i Live), ma escluso il disco fatto in trio, a nome Mato Nanji, con David Hidalgo e Luther Dickinson. Per lui (loro), come per altri, vale il discorso che il meglio di solito esce ad inizio carriera, ma la band guidata dal nativo americano ha comunque creato spesso parecchi motivi di interesse, soprattutto per gli appassionati di rock-blues e di chitarristi in generale, con dischi dove “l’attrezzo musicale” è elemento importante ed imprescindibile del tutto, ma non sempre le canzoni sono all’altezza del contorno. L’ultimo disco del 2014 Time Is Coming, come dicevo all’epoca dell’uscita http://discoclub.myblog.it/2014/07/16/nativo-americano-sempre-piu-rock-indigenous-featuring-mato-nanji-time-is-coming/ , era comunque un buon album, in grado di soddisfare chi da questi dischi cerca grinta, perizia tecnica e tanta chitarra. Direi che anche in questo Gray Skies, per quanto i cieli siano grigi l’orizzonte pare comunque sgombro e ben visibile: la “parrocchia musicale” è sempre quella di Cream, Hendrix, Stevie Ray Vaughan e soci e discendenti, anche se la produzione di Mike Varney, boss della Blues Bureau (e anche della Shrapnel) evidenzia a tratti aspetti più hard ed esagerati nel genere del nostro amico.

Questa volta però il suono mi sembra più bilanciato e raccolto, e quindi sono abbastanza d’accordo con chi trova il nuovo album uno dei suoi migliori in assoluto e un ritorno alla forma dei tempi migliori: Stay Behind è una buona partenza, il groove è abbastanza alla Cream, ma l’uso dell’organo di Tommy Paris, un feeling sudista e una melodia che entra subito in testa permettono di gustare con piacere le evoluzioni della solista di Nanji, sempre brillante e ricca di inventiva, ma pure grintosa e potente, la parte cantata è onesta, pure i riff non mancano. Le canzoni al solito portano la firma di Mato Nanji, aiutato di tanto in tanto dalla moglie Leah Williamson e dallo stesso Varney: I’m Missing You è un buon rock-blues dalle parti di Stevie Ray Vaughan (e per analogia di Hendrix), al solito nobilitato dal lavoro della chitarra, mentre le parti vocali sono più scontate, croce e delizia di questo tipo di dischi (ma neppure SRV era questo gran cantante); Lonely Days è una piacevole rock ballad dal ritmo ondeggiante e con una buona melodia, al solito punteggiata dal timbro piacevole della solista di Mato, mentre Healers è più potente e tirata, anche se al di là del consueto phrasing sempre brillante dello strumento, comunque al centro del sound degli Indigenous, il resto è meno memorabile.

On My Way, sulle ali di un riff trascinante è un altro bel pezzo di classic rock, con un wah-wah veramente scatenato, e non può mancare un classico slow blues di stampo hendrixiano come l’eccellente Hear My Voice, dove la Stratocaster di Nanji, ben sostenuta dall’organo di Paris, costruisce una bella atmosfera sonora, intrigante e sognante, prima di rilasciare un assolo di rara classe e sensibilità, non lontano parente di brani alla Little Wing. Let It Shine è di nuovo dalle parti del blues-rock texano alla SRV, sentito mille volte, ma sempre gradito, come pure la scarica di pura energia della poderosa Don’t Know Where To Go e le 12 battute classiche di Let’s Carry On, cariche di blues, poi reiterate nel vibrante slow blues della lunga Both To Blame, dove la chitarra è sempre protagonista assoluta, grazie alla tecnica sopraffina e al feeling di uno dei migliori chitarristi del genere attualmente in circolazione. Il southern boogie della frizzante e coinvolgente You Broke It, You Bought It  e la frenetica e tiratissima What You Runnin’ From, concludono in bellezza un disco che non mancherà di entusiasmare chi ama questo tipo di musica: file under rock-blues.

Bruno Conti

Uscite Prossime Venture 4. Altri Due Cofanetti, Questi Molto Interessanti. Procol Harum – Still There’ll Be More: An Anthology 1967-2017/Spirit – It Shall Be: The Ode And Epic Recordings 1968-1972

procol harum still there'll be more

Procol Harum – Still There’ll Be More: An Anthology 1967-2017 – 5 CD + 3 DVD Esoteric – 23-03-2018

Ecco due uscite interessanti, per quanto entrambe non siano delle primizie assolute a livello di ripubblicazioni. Partiamo da questa dedicata ai Procol Harum, in occasione del loro 50° Anniversario (che comunque sarebbe stato nel 2017, visto che A Whiter Shade Of Pale era uscito nel 1967, ma queste date per le etichette discografiche sono spesso degli optionals): in effetti già nel 2009, senza particolari ricorrenze, era stato pubblicato un box da 3 CD + 1 DVD All This And More…, edito dalla Union Square Music e distribuito dalla Salvo Records, che era già un compendio piuttosto ricco della della loro produzione, con parecchi brani rari ed inediti ed un bel libretto di 72 pagine. In più la band di Gary Brooker è sempre stata servita piuttosto bene a livello di ristampe, visto che i vari album sono più o meno tutti disponibili in edizione rimasterizzate, spesso doppie o triple, con una messe di materiale extra, e di recente l’uscita dell’ultimo album http://discoclub.myblog.it/2017/05/07/il-ritorno-di-uno-dei-gruppi-simbolo-del-pop-anni-sessanta-procol-harum-novum/ ha rinnovato l’interesse per la band inglese, una delle più sottovalutate nel panorama del rock classico anni ’60-’70.

procol harum still there'll be more front

Still There’ll Be More: An Anthology 1967-2017 uscirà il 23 marzo anche in una versione basica “da poveri” in 2 CD, ma ovviamente quella più interessante è questa da 8 dischetti, che dovrebbe costare indicativamente poco meno di 100 euro, con contenuti assai ricchi, soprattutto nella parte video. Ecco la lista completa dei brani.

DISC ONE
1. A Whiter Shade of Pale
A-side of single – Released in May 1967

2. Homburg
A-side of single – Released in September 1967

3. Cerdes (Outside the Gates of)
4. Salad Days (Are Here Again)
5. Kaleidoscope
6. Repent Walpurgis
Taken from the album “Procol Harum”
Released in September 1967

7. Understandably Blue
Recorded at Olympic Studios, London in July 1967

8. Shine on Brightly
9. Quite Rightly So
10. Skip Softly My Moonbeams
Taken from the album “Shine On Brightly”
Released in September 1968

11. A Salty Dog
12. The Devil Came from Kansas
13. Pilgrim’s Progress
14. The Milk of Human Kindness
Taken from the album “A Salty Dog”
Released in June 1969
15. Long Gone Geek
B-side of single – Released in May 1969

16. Whisky Train
17. Barnyard Story
18. Still There’ll Be More
19. Whaling Stories
Taken from the album “Home”
Released in June 1970

DISC TWO
1. Simple Sister
2. Broken Barricades
3. Luskus Delph
4. Memorial Drive
Taken from the album “Broken Barricades”
Released in July 1971

5. Conquistador
6. In Held ‘Twas in I
comprising:
Glimpses of Nirvana
‘Twas Tea Time at the Circus
In the Autumn of My Madness
Look to Your Soul / Grand Finale
Taken from the album “Live In Concert with the
Edmonton Symphony Orchestra”
Released in April 1972

7. Grand Hotel
8. Robert’s Box
9. For Liquorice John
10. Souvenir of London
11. Fires (Which Burnt Brightly)
Taken from the album “Grand Hotel” – Released in March 1973

12. Nothing But the Truth
13. The Idol
14. The Thin End of the Wedge
Taken from the album “Exotic Birds and Fruit” Released in April 1974

DISC THREE
1. Beyond the Pale
2. As Strong as Samson
Taken from the album “Exotic Birds and Fruit” – Released in April 1974

3. Pandora’s Box
4. The Unquiet Zone
5. Fool’s Gold
6. Typewriter Torment
Taken from the album “Procol’s Ninth” – Released in September 1975

7. Something Magic
8. Skating on Thin Ice
9. Strangers in Space
Taken from the album “Something Magic” – Released in March 1977

10. Perpetual Motion
11. Holding On
Taken from the album “The Prodigal Stranger” Released in August 1991

12. An Old English Dream
13. This World is Rich (For Stephen Maboe)
14. The Emperor’s New Clothes
Taken from the album “The Well’s on Fire” – Released in March 2003

15. Can’t Say That
16. The Only One
Taken from the album “Novum”
Released in April 2017

DISC FOUR
Live at the Hollywood Bowl with the Los Angeles Philharmonic Orchestra & the Roger Wagner Chorale
Recorded 21st September 1973

1. Sanctus
2. Broken Barricades
3. Simple Sister
4. A Christmas Camel
5. Toujours L’Amour
6. Grand Hotel
7. Fires (Which Burnt Brightly)
8. A Salty Dog
9. Conquistador
10. Grand Finale
11. TV Ceasar / Rule Britannia

DISC FIVE
Live at Bournemouth Winter Gardens
17th March 1976

1. The Unquiet Zone
2. Beyond the Pale
3. Whaling Stories
4. All This and More
5. A Salty Dog
6. I Keep Forgetting
7. The Blue Danube
8. I Can’t Help Myself (Sugar Pie, Honey Bunch) / Nothing But the Truth
9. A Whiter Shade of Pale

DISC SIX (DVD)
1. A Whiter Shade of Pale
“Top of the Pops” – BBC TV 26th December 1967

2. Homburg
“Beat Club” – German TV 30th December 1967

3. Quite Rightly So
“Beat Club” – Radio Bremen German TV
22nd June 1968

4. A Salty Dog
“Beat Club” – Radio Bremen German TV
28th June 1969

5. The Devil Came from Kansas
6. Long Gone Geek
“Beat Club” – Radio Bremen German TV
30th August 1969

7. Shine on Brightly
8. In the Wee Small Hours of Sixpence
9. Still There’ll Be More
10. Pilgrim’s Progress
11. Quite Rightly So
12. Magdalene My Regal Zonophone
13. Power Failure
14. A Salty Dog
15. Simple Sister
16. In the Autumn of My Madness
Look to Your Soul
Grand Finale

Complete recording session for “Beat Club Workshop” – Radio Bremen German TV
27th December 1971

DISC SEVEN (DVD)
1. Drunk Again
2. Grand Hotel
3. Conquistador
4. Bringing Home the Bacon
5. Too Much Between Us
6. Toujours L’Amour
7. Whaling Stories
8. Fires (Which Burnt Brightly)
9. Kaleidoscope

Complete recording session for “Musikladen” Radio Bremen German TV – 25th October 1973

DISC EIGHT (DVD)
1. Pandora’s Box
“Top of the Pops” BBC TV –
4th September 1975

2. Something Magic
3. Conquistador
4. Nothing But the Truth
5. Strangers in Space
6. Grand Hotel
7. Pandora’s Box
8. Skating on Thin Ice
9. The Mark of the Claw
10. Wizard Man
11. This Old Dog
12. A Whiter Shade of Pale

“Sight & Sound In Concert” – BBC TV
Recorded at The Hippodrome, Golders Green, London 12th March 1977

Non ho controllato in modo molto approfondito, ma parte del materiale “inedito” e raro è comunque già apparso nelle versioni potenziate dei singoli album, comunque chi vuole avere un bel cofanetto del gruppo, arricchito anche da un bel librone rilegato da 68 pagine ricco di foto e notizie, può farci sicuramente un pensierino.

Spirit It Shall Be The Ode And Epic Recordings 1968-1972

Spirit – It Shall Be: The Ode And Epic Recordings 1968-1972 – 5 CD Esoteric 16-03-2018

La settimana prima, il 16 marzo, sempre la Esoteric pubblica un cofanetto da 5 CD dedicato al periodo d’oro degli Spirit, la band di Randy California, colta nel proprio periodo migliore, quello delle incisioni tra il 1968 (quindi questa volta con i 50 anni ci siamo alla perfezione) e il 1972, in cui il quintetto californiano fu tra i migliori rappresentanti della psichedelia e dell’acid-rock più raffinato, spesso con spunti jazzati forniti dalla batteria di Ed Cassidy e dalle tastiere di John Locke, su cui si innestava la voce di Jay Ferguson e le divagazioni chitarristiche di Randy California, uno dei miglior solisti dell’epoca, che aveva “rischiato” di far parte degli Experience di Jimi Hendrix in una formazione allargata (e di cui è sempre stato uno degli epigoni e degli eredi più validi), ma che in virtù della giovane età si era visto rifiutare dalla madre la possibilità di trasferirsi in Inghilterra per condividere quella avventura con Jimi, ma che poi non possiamo negare abbia fatto assai bene anche in proprio. Anche in questo caso la discografia del gruppo è ben servita da una serie di ristampe, sia da parte della Sony come della Repertoire, anche queste in versione remaster e con parecchie bonus, e di recente alcuni album sono usciti pure in versione SACD per gli audiofili. Ottimo anche il doppio antologico Time Circle 1968-1972, che copre lo stesso periodo di questo cofanetto, e tratta del materiale pubblicato ai tempi dalla Ode e dalla Epic Records, oltre a riportare parecchio materiale inedito ripreso anche in Shall Be: The Ode And Epic Recordings 1968-1972.

Nel nuovo cofanetto, di prossima uscita, tra le rarità troviamo anche la colonna sonora di un film Model Shop, registrata nel 1968, e pubblicata in CD dalla Sundazed solo nel 2005, oltre a vari singoli, outtakes, versioni mono e altre chicche della produzione del gruppo.

Ecco la tracklist completa.

[CD1]
1. Fresh Garbage
2. Uncle Jack
3. Mechanical World
4. Taurus
5. Girl In Your Eye
6. Straight Arrow
7. Topanga Windows
8. Gramophone Man
9. Water Woman
10. The Great Canyon Fire In General
11. Elijah

E’ o non è Stairway To Heaven?

Taken From The Stereo Album “Spirit” Released In 1968

12. I Got A Line On You (Original 1968 Stereo Mix)
13. It Shall Be (Original 1968 Stereo Mix)
14. Poor Richard (Original 1968 Stereo Mix)
15. Silky Sam (Original 1968 Stereo Mix)
16. The Drunkard (Original 1968 Stereo Mix)
17. Darlin’ If (Original 1968 Stereo Mix)
18. All The Same (Original 1968 Stereo Mix)
19. Jewish (Original 1968 Stereo Mix)
20. Dream Within A Dream (Original 1968 Stereo Mix)
21. She Smiled (Original 1968 Stereo Mix)
22. Aren’t You Glad (Original 1968 Stereo Mix)

Taken From The Album “The Family That Plays Together” – Released In 1968

[CD2]
1. The Moving Van
2. Mellow Fellow
3. Now Or Anywhere
4. Fog
5. Green Gorilla
6. Model Shop I
7. Model Shop Ii (Clear)
8. The Rehearsal Theme
9. Song For Lola
10. Eventide
11. Coral
12. Aren’t You Glad (Demo)

Taken From The Film Soundtrack “The Model Shop” – Recorded In 1968

13. Dark Eyed Woman
14. Apple Orchard
15. So Little Time To Fly
16. Ground Hog
17. Cold Wind
18. Policeman’s Ball
19. Ice
20. Give A Life, Take A Life
21. I’m Truckin’
22. Clear
23. Caught
24. New Dope In Town

Taken From The Album “Clear” Released In 1969

[CD3]
1. Prelude – Nothing To Hide
2. Nature’s Way
3. Animal Zoo
4. Love Has Found A Way
5. Why Can’t I Be Free?
6. Mr Skin
7. Sp Ace Child
8. When I Touch You
9. Street Worm
10. Life Has Just Begun
11. Morning Will Come
12. Soldier

Taken From The Album “The Twelve Dreams Of Doctor Sardonicus” – Released In 1970

13. Rougher Road

Recorded In 1970 During Sessions For “The Twelve Dreams Of Doctor Sardonicus”

14. Chelsea Girls
15. Cadillac Cowboys
16. Puesta Del Scam
17. Ripe And Ready
18. Darkness
19. Earth Shaker
20. Mellow Morning
21. Right On Time
22. Trancas Fog-Out
23. Witch

Taken From The Album “Feedback” Released In 1972

[CD4]
1. Fresh Garbage (Mono Mix)
2. Uncle Jack (Mono Mix)
3. Mechanical World (Mono Mix)
4. Taurus (Mono Mix)
5. Girl In Your Eye (Mono Mix)
6. Straight Arrow (Mono Mix)
7. Topanga Windows (Mono Mix)
8. Gramophone Man (Mono Mix)
9. Water Woman (Mono Mix)
10. The Great Canyon Fire In General (Mono Mix)
11. Elijah (Mono Mix)

Taken From The Mono Album “Spirit” Released In 1968 Previously Unreleased On CD

12. Veruska
13. Free Spirit
14. If I Had A Woman
15. Elijah (Alternate Take 2)

Recorded In 1968 During Sessions For “Spirit”

16. I Got A Line On You (“Time Circle” Mix)
17. It Shall Be (“Time Circle” Mix)
18. Poor Richard (“Time Circle” Mix)
19. Silky Sam (“Time Circle” Mix)

Taken From The 1991 Compilation “Time Circle”

[CD5]
1. Scherozode (“Time Circle” Mix)
2. All The Same (“Time Circle” Mix)
3. A Dream Within A Dream (“Time Circle” Mix)
4. Aren’t You Glad (“Time Circle” Mix)
5. Eventide (“Time Circle” Mix)
6. Model Shop Theme (“Time Circle” Mix)
7. Green Gorilla (“Time Circle” Mix)
8. Rehearsal Theme (“Time Circle” Mix)

Taken From The 1991 Compilation “Time Circle”

9. Fog
10. So Little To Say
11. Mellow Fellow
12. Now Or Anywhere
13. Space Chile

Recorded In 1968 During Sessions For “The Family That Plays Together”

14. Fuller Brush Man
15. Coral

Recorded In 1969 During Sessions For “Clear”

16. 1984
17. Sweet Stella Baby

A & B-Sides Of Single – Released In 1970

18. Animal Zoo (Mono Single Version)
19. Red Light Roll On

A & B-Sides Of Single – Released In 1970

20. Morning Will Come (Mono Mix)

Recorded And Mixed In 1970

Nel caso specifico il prezzo previsto, sempre a livello molto indicativo, dovrebbe essere molto interessante, diciamo tra i 35 e i 40 euro, mentre la confezione sarà più spartana di quella dei Procol Harum, per quanto sempre con un libretto inserito nella confezione con un saggio sulla storia del gruppo e interviste con Randy California e Ed Cassidy, che purtroppo non ci sono più. Se non avete nulla, ma anche se avete quasi tutto, un documento molto importante su uno dei gruppi più sfavillanti della storia del rock.

Bruno Conti

(Quasi) Perduto Ma Ottimo. Langhorne Slim – Lost At Last Vol.1

langhorne slim lost al last vol.1

Langhorne Slim – Lost At Last Vol.1 – Dualtone Music Group  

Langhorne Slim è il nome d’arte di Sean Scolnick, nome mutuato dalla piccola cittadina della Pennsylvania da cui viene il nostro, e questa era abbastanza facile (di lui avevo parlato anni fa, quasi agli inizi del Blog, poi lo avevo perso un po’ di vista http://discoclub.myblog.it/2009/11/20/piccoli-gioiellini-dagli-states-langhorne-slim-maldives-e-co/)! Più difficile è inquadrare lo stile musicale in cui incasellarlo: mi sa che ci dovremo rivolgere al generico ma utilissimo Americana Music (odiato da alcuni musicisti, per esempio Dan Stuart non ne vuole sentir parlare) ma assai in voga per descrivere un genere che, a sua volta, ne incorpora molti altri. Se poi, come nel caso di questo Lost At Last Vol.1 anche il suo autore non si attiene rigidamente alle coordinate che lo definiscono, diventa difficile raccapezzarsi: questa volta Langhorne Slim non parrebbe accompagnato dal suo gruppo The Law, ma poi, leggendo i nomi dei musicisti, sono più o meno quelli soliti che suonano con Scolnick, anzi, oltre ai cinque della band abituale, ci sono la bellezza di altri dodici ospiti che appaiono in queste registrazioni.

Eppure, per certi versi, mi sembra che anziché usare il solito “less is more”, si sia utilizzato l’esatto opposto, “more is less”: ovvero, considerando che in tutto nel disco suonano ben 18 musicisti, in molti brani sembra di sentire un suono molto scarno e raccolto, quasi lo-fi, creato da tre/quattro persone al massimo. In quanto al genere si viaggia tra folk rurale, country, roots music, un pizzico di zydeco qui, un tocco di dixieland là, in definitiva un disco molto eclettico. Langhorne Slim ha una voce delicata, sottile, senza tempo, quasi da “antico” cantautore folk classico. Prendete l’iniziale Life Is Confusing, dove un organo, un violino, una chitarra acustica e poco altro, oltre alle voci di Langhorne e Casey Jane, creano un ambiente sonoro delizioso (ri)pescato da qualche vecchio album di folk(rock?) degli anni ’60. Old Things aggiunge un mandolino alla chitarra acustica pizzicata, sempre la seconda voce della Jane, un contrabbasso, per un sound che ricorda degli Avett Brothers o degli Old Crow Medicine Show ancor più minimali (infatti tra gli ospiti c’è Willie Watson, ex OCMS), anche nelle durate delle canzoni,  circa1:45 ed è già finito tutto. House Of My Soul (You Light The Rooms) è più mossa e divertita, con effetti dixieland portati dai fiati, trombone e clarinetto in particolare, un pianino sottotraccia e anche una sezione ritmica, sempre minimale ma presente, per quanto un po’ confusa nel suono volutamente (?) lo-fi del brano https://www.youtube.com/watch?v=p_hgKjdVfks ; Ocean City sembra un pezzo di Paul Simon, folk, musica etnica, un ritmo incalzante, scandito dal basso tuba, un vibrafono, la fisarmonica, delle percussioni appena accennate, con risultati molto piacevoli e coinvolgenti.

Diciamo che anche l’album nel suo insieme è estremamente gradevole, forse un filo frammentario a tratti, ma molti brani meritano più di un ascolto: Private Poverty sembra un pezzo dell’era della Depressione, tipo Woody Guthrie, ma cantato alla Simon & Garfunkel, con una pedal steel e un mandolino che la impreziosiscono, Money Road Shuffle è un intermezzo che pare provenire da un vecchio 78 giri di Jelly Roll Morton, Never Break è una delicata canzone d’amore sotto forma di ballata, tra due persone che cercano, con difficoltà, di… “Let’s fall in love with our telephones off”, Bluebird, un incrocio tra zydeco, bluegrass e old time music, Alligator Girl un intenso blues elettrico con retrogusti gospel and soul quasi à la Ray Charles, Funny Feelin’ (For Jumior Kimbrough And Ted Hawkins), come dice il titolo, è un sentito ed affettuoso omaggio a due personaggi di culto che ci sono molto cari, un country blues elettroacustico caratterizzato dalla particolare voce di Langhorne Slim. Zombie (non quella dei Cranberries) è il singolo/video dell’album, parte come una canzone dei Mamas And Papas per trasformarsi subito in una specie di country-rock “strano” e deragliante, con una pedal steel che cerca di dare una ragione e un senso all’alternative indie folk-rock, tutto molto“alternativo”, del brano; Lost This Time è un altro esempio di folk minimale ed asciutto, con le voci di Langhorne e Casey Jane ad armonizzare https://www.youtube.com/watch?v=0mWlfPb-w8w , mentre la conclusione è affidata a Better Man, una traccia che, arrangiata in modo meno spartano e rustico a livello sonico, sarebbe un piccolo gioiellino, i fiati e gli archi si “intuiscono”, ma il musicista della Pennsylvania lascia intravedere le sue potenzialità già delineate nei precedenti cinque album. Da ascoltare.

Bruno Conti

Lo Springsteen Della Domenica: Divertimento Assicurato! Bruce Springsteen – Fair Grounds Race Course, New Orleans April 30, 2006

bruce springsteen new orleans 2006

Bruce Springsteen – Fair Grounds Race Course, New Orleans April 30, 2006 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Eccoci per il consueto appuntamento con gli archivi live di Bruce Springsteen, che questa volta propongono il primo concerto in assoluto del Boss con la Seeger Sessions Band, quel fantastico ensemble che nel 2006 pubblicò il favoloso We Shall Overcome – The Seeger Sessions, uno strepitoso album nel quale Bruce andava a recuperare una serie di brani della tradizione popolare resi noti in passato dal grande Pete Seeger, arrangiando il tutto in maniera assolutamente coinvolgente, passando con disinvoltura dal folk al country al bluegrass all’old-time music. Questo live, più corto del solito (è “solo” doppio), rappresenta l’esordio assoluto dal vivo del Boss con questa band, soltanto sei giorni dopo l’uscita del disco, al New Orleans Heritage & Jazz Festival. Sul blog collegato al sito che vende in esclusiva i concerti di Bruce questa scelta è stata anche criticata, un po’ perché c’era già una valida testimonianza ufficiale del tour (lo splendido Live In Dublin, anche in DVD), ed anche perché il nostro è uno che entra in “forma Champions” man mano che la tournée procede, mentre all’inizio ci potrebbero essere problemi di rodaggio. Ebbene, all’ascolto di questo doppio album sembra che il gruppo fosse già in giro da mesi, tale è l’affiatamento, e se forse può essere condivisibile il fatto che il concerto di Dublino sia più completo, anche qui la goduria musicale tocca vette altissime: tra l’altro questa serata è sempre stata molto cara al Boss, in quanto la capitale della Louisiana si stava provando a rialzare proprio in quel periodo dopo i devastanti effetti dell’uragano Katrina.

Il concerto è quindi splendido, un concentrato irresistibile di suoni e colori, nel quali il nostro scava a fondo nelle proprie radici, ma lo fa con l’energia e la grinta tipica da rocker: io li avevo visti due volte, a Milano e Torino, e mi ricordo due dei concerti più divertenti di sempre, con il pubblico che cantava a squarciagola canzoni che avevano anche un secolo sulle spalle. Non sto a nominare tutti i componenti della band, ci vorrebbe una recensione a parte (compreso Bruce sono in venti), ma di sicuro non posso non citare la strepitosa sezione fiati di sei elementi guidata da Richie “La Bamba” Rosenberg, il violino di Sam Bardfeld, il banjo di Mark Clifford, il piano ed organo di Charlie Giordano (che di lì a breve sostituirà il povero Danny Federici nella E Street Band), e le vecchie conoscenze Patti Scialfa e Soozie Tyrell alle voci (la Tyrell anche al violino). Il primo CD è occupato quasi completamente dai brani di The Seeger Sessions, dalla scintillante apertura tra gospel e dixieland della straordinaria O Mary Don’t You Weep, perfetta per New Orleans, agli scatenati country-grass Old Dan Tucker, My Oklahoma Home e John Henry, tutti potenziati dai fiati così da creare un formidabile “wall of sound” di stampo roots, alla stupenda Jesse James, che parte come una vivace country song e termina con un suono degno della Preservation Hall Jazz Band. Non mancano le radici irlandesi del nostro, con la drammatica Mrs. McGrath (peccato però per l’assenza di Erie Canal), o il folk appalachiano Eyes On The Prize, davvero emozionante e con uno strepitoso intermezzo dixieland; l’unica canzone appartenente al passato del Boss è Johnny 99, in una strana versione funkeggiante a mio parere non molto riuscita (preferisco quando la suona con gli E Streeters, puro rock’n’roll).

Il primo dischetto si chiude con tre brani di matrice gospel: la maestosa How Can A Man Stand Such Times And Live?, con l’arrangiamento più “rock” della serata, l’irresistibile Jacob’s Ladder, dal crescendo continuo, ed una rilettura lenta e toccante dell’inno We Shall Overcome, il brano più noto dell’intero progetto. Il secondo CD, solo sei canzoni, inizia con una travolgente versione boogie-woogie in stile big band (alla Brian Setzer) di Open All Night, uno degli highlights dello show, con una prestazione monstre della sezione fiati e del pianoforte, subito seguita dalla altrettanto irresistibile Pay Me My Money Down, perfetta per il singalong con il pubblico (me la ricordo ancora al Forum di Assago, ballava anche il servizio d’ordine). Pausa di riflessione con la splendida My City Of Ruins (dedicata a New Orleans), molto vicina all’originale e tra le più applaudite, e poi la festa riprende con il country-dixieland Buffalo Gals, divertimento puro, ed una You Can Look (But You Better Not Touch) quasi irriconoscibile, tra swing e cajun. Essendo nella “Big Easy”, il finale con una commovente e lenta When The Saints Go Marching In, uno degli inni della città, è perfetto, e chiude alla grande un altro episodio imperdibile di questa benemerita serie di concerti.

Già pregusto il prossimo della serie (che dovrei ricevere a giorni), che ci riporterà negli anni settanta, con uno degli show che hanno contribuito a costruire la leggenda di Bruce come performer.

Marco Verdi

Uscite Prossime Venture 3. E Pure Questo E’ Fondamentalmente Inutile: Led Zeppelin – How The West Was Won

led zeppelin how the west was won

Led Zeppelin – How The West Was Won – SuperDeluxe 3CD/4LP/DVD Audio/Libro – 3 CD – 4 LP – Blu-Ray Audio – Atlantic/Rhino 23-03-2018

Ufficialmente ci viene detto che questa messe di edizioni relative a How The West Was Won, fa parte della serie di ristampe dedicata agli album della discografia rimasterizzata da Jimmy Page dei Led Zeppelin, che però si considerava terminata con l’uscita nel 2015 di Coda, con l’appendice delle BBC Sessions l’anno successivo. Anche perché a ottobre di quest’anno, in occasione del 50° Anniversario della band, verrà pubblicato dell’ulteriore materiale inedito, non ancora identificato con precisione. Per il momento la Warner annuncia questa edizione con un nuovo master realizzato da Page per questo Live all’epoca inedito, che era stato pubblicato in origine nel 2003, per il 35esimo del gruppo, una sorta di composito con il meglio delle due date tenute al Los Angeles Forum e alla Long Beach Arena il 25 e 27 giugno 1972, confezionate in modo da costituire una sorta di concerto virtuale. Volendo, se si voleva fare questa nuova edizione, si potevano recuperare i due concerti completi, ma la prossima ristampa propone pari pari lo stesso contenuto della versione di 15 anni fa: almeno le varie altre ristampe, in modo variabile, contenevano comunque tutte del materiale esclusivo.

1. LA Drone
2. Immigrant Song
3. Heartbreaker
4. Black Dog
5. Over The Hills And Far Away
6. Since I’ve Been Loving You
7. Stairway To Heaven
8. Going To California
9. That’s The Way
10. Bron-Yr-Aur Stomp
11. Dazed And Confused
12. What Is And What Should Never Be
13. Dancing Days
14. Moby Dick
15. Whole Lotta Love
16. Rock And Roll
17. The Ocean
18. Bring It On Home

Bellissimi concerti, nettamente superiori a The Song The Remains The Same e forse anche alle BBC Sessions, ma zero materiale inedito, con la versione Super Deluxe, super costosa come sempre, che contiene, come leggete sopra, sia i 3 CD che i quattro vinili, oltre ad un DVD audio con l’edizione in Dolby Digital 5.1, un libro fotografico e una stampa della copertina del disco, numerata nelle prime 30.000 copie. Oppure, se non lo avete già preso, potete acquistare a parte il triplo CD (che comunque circola ancora ad un prezzo più basso delle nuova edizione) o il Box quadruplo degli LP, divisi, come pure un Blu-Ray sempre solo audio.

Direi di aspettare la fine dell’anno per vedere che cosa uscirà effettivamente di “nuovo”. Alla prossima.

Bruno Conti

Un Esordio Fulminante: Garantisce La “Regia” Di Dwight Yoakam! King Leg – Meet King Leg

king leg meet king leg

King Leg – Meet King Leg – Sire/Warner CD

Devo essere sincero: mi sono avvicinato a questo disco solo quando ho visto che il produttore era Dwight Yoakam, cosa resa ancora più interessante dal fatto che colui che io considero il miglior countryman degli ultimi trent’anni solitamente non presta i suoi servizi su album altrui (perfino i suoi ha iniziato a produrli da poco, cioè da quando ha interrotto la sua lunga collaborazione con Pete Anderson). King Leg è una band proveniente da Los Angeles, ma può benissimo essere considerato anche il nome d’arte del suo leader Bryan Joyce, un rocker originario del Nebraska che del gruppo è cantante solista, autore dei brani e chitarrista ritmico (gli altri membri rispondono ai nomi di Stefano Capobianco – dalle chiare origini – alla chitarra solista, Kelly King alla batteria, Daniel Rhine al basso e tastiere e Dylan Durboraw al calliope, una sorta di strano organetto vintage che fa molto Tom Waits). Dopo aver mosso i primi passi a Nashville, Joyce/King Leg si è spostato a L.A., dove è stato notato dal leggendario Lenny Waronker, uno che nella sua carriera credo abbia imparato a riconoscere il talento, che lo ha voluto nei Capitol Studios ad incidere il suo debut album per la Sire, altra etichetta dal glorioso passato.

Ed il disco, Meet King Leg (uscito lo scorso Ottobre) è una piccola bomba, un concentrato davvero stimolante di rock’n’roll, pop, atmosfere vintage ed un vago approccio punk in alcuni brani: la presenza di Yoakam ha garantito il fatto di avere un suono perfetto (ed infatti è davvero scintillante), molto basato sulle chitarre, anche se lo stile di Bryan non è per niente country (tranne che in un pezzo), ma piuttosto una fusione di puro rock californiano alla Tom Petty con atmosfere alla Byrds, qualcosa dei Ramones ed un grande amore per Roy Orbison (anche dal punto di vista vocale ci sono dei riferimenti, ed anche una certa somiglianza con Morrissey, ed infatti a Nashville il nostro per un periodo ha guidato una cover band degli Smiths). Capisco che letti così questi nomi potrebbero fare anche a pugni, ma credetemi se vi dico che, come inserirete il CD nel lettore, tutto si amalgamerà subito alla perfezione: per certi versi questo disco mi fa venire in mente l’esordio degli Shelters (lì il produttore era Petty), la stessa bravura, lo stesso tipo di canzoni dirette (anche se in quel caso erano più rock), la stessa freschezza nella proposta musicale. E Dwight, che non è uno sprovveduto, ha addirittura voluto che Joyce e compagni aprissero i suoi concerti. Apre il CD Great Outdoors (che è anche il primo singolo), un brano tra rock’n’roll e power pop, con un gran ritmo, chitarre jingle-jangle ed un motivo molto diretto, condito dalla caratteristica voce tenorile di Bryan.

Cloud City è una rock ballad decisamente particolare: dopo un inizio acustico ed attendista il suono si elettrifica di brutto, con la sezione ritmica che pesta alla grande ed il nostro che gorgheggia da par suo. La deliziosa Walking Again è un honky-tonk elettrico, unico pezzo vicino al sound di Yoakam, guizzante e chitarristico, mentre Another Man è una ballata gentile e squisita, puro folk cantautorale, che ci fa capire che i nostri hanno parecchie frecce al loro arco. Your Picture è un coinvolgente pop’n’roll ancora con il suono ruspante delle chitarre ben in evidenza (ed un bellissimo ancorché breve assolo di slide), Comfy Chair è uno slow profondo, fluido e toccante, ma con la sua bella dose di rock che entra sottopelle, con una chitarrina molto anni sessanta (in pratica una grande canzone), ed è unita in medley alla tersa A Dream That Never Ends, uno splendido brano in puro stile vintage, alla Orbison, cantato molto bene e col solito bellissimo tappeto di chitarre, una delle migliori e più evocative del CD. Wanted è ritmata, limpida ed orecchiabile ancora tra The Big O e Tom Petty, con una melodia deliziosamente fruibile, Loneliness è un’ottima e solare pop song, anch’essa potenzialmente un singolo di grande presa: più va avanti e più mi sento di metterla tra le meglio riuscite. Il disco si chiude con la cristallina Seeing You Tonight, decisamente pettyiana e con il consueto splendido suono di chitarra, la strepitosa Moaning Lisa Screaming, con il suo bel chitarrone alla Duane Eddy, una rock song strumentale nella quale però Bryan si produce in suggestivi vocalizzi, e con la cover di Running Scared, proprio il classico di Orbison: materia pericolosa, ma Joyce e compagnia se la cavano alla grande, e senza fare il verso al leggendario rocker texano, senza sfigurare neppure nel famoso crescendo finale.

Ci sarà stato anche l’aiutino dalla regia (Dwight Yoakam), ma i King Leg si dimostrano un gruppo coi controfiocchi e Bryan Joyce un frontman con carattere, personalità e talento: alla faccia di chi pensa che il rock’n’roll sia morto o morente.

Marco Verdi

Uscite Prossime Venture 2. Un Altro Hendrix “Nuovo”? Esce Il 9 Marzo. Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky

jimi hendrix both sides of the sky

Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky – Experience/Sony Legacy – 09-03-2018

Terzo capitolo della serie delle ristampe di materiale “inedito” di studio di Hendrix dopo i recenti  Valleys Of Neptune e People, Hell & Angels (e mille altri dal vivo e in studio). Come al solito curato dal lato tecnico dallo storico ingegnere del suono Eddie Kramer, questo Both Sides Of The Sky mi sembra uno dei dischi postumi più interessanti di Hendrix da molti anni a questa parte, e a parte qualche disco Live, tra i migliori in assoluto. Vediamo i contenuti, brano per brano: 13 pezzi, di cui 10 mai pubblicati prima?

1. Mannish Boy La prima registrazione in assoluto in studio del trio Hendrix, Buddy Miles Billy Cox, prima ancora di chiamarsi Band Of Gypsys, alle prese con uno dei grandi classici di Muddy Waters.

2. Lover Man Altro pezzo di studio, registrato due settimane prima degli storici concerti di Capodanno al Fillmore East di New York

3. Hear My Train A Comin’ Questo è uno dei pezzi più famosi di Hendrix, registrato in varie versioni, ma mai apparso in nessun disco ufficiale di studio, se non in dischi postumi

4. Stepping Stone Anche questo pezzo venne eseguito dal vivo nei concerti di Band Of Gypsys, qui presentato in una “rara” versione.

5. $20 Fine Si tratta di un brano scritto da Stephen Stills, che suona l’organo e canta in questa canzone, con Jimi Hendrix che sovraincise diverse parti di chitarra, mentre alla batteria c’era Mitch Mitchell e alle tastiere era presente anche Duane Hitchings dei Buddy Miles Express. Il tutto fu registrato nel settembre del 1969

6. Power Of Soul è una studio session del brano registrata nel gennaio 1970, tre settimane dopo i concerti del Fillmore, un pezzo che venne completato in studio da Hendrix e Kramer agli Electric Lady Studios il 22 Agosto del 1970

7. Jungle Altra rarità:si tratta di una variazione sul tema del Villanova Junction Blues incluso nella colonna sonora di Woodstock. Si dice (non l’ho sentita in questa versione) che in questa canzone ci siano forti influenze dello stile di Curtis Mayfield

8. Things I Used To Do Una rilettura del celebre pezzo di Guitar Slim è l’occasione per ascoltare una delle varie collaborazioni che si vocifera esistano tra Hendrix e Johnny Winter, qui presente alla slide, con Billy Cox al basso (ma Eddie Kramer ha detto che c’era Noel Redding, vedremo) e Dallas Taylor, della band di CSN & Y, alla batteria

 9. Georgia Blues Altra chicca, che segna una sorta di reunion con Lonnie Youngblood, qui alla voce, che era il cantante di Curtis Knight & The Squires, nel periodo pre-Jimi Hendrix Experience

10. Sweet Angel Una versione strumentale di Angel, registrata durante le sessioni per Electric Ladyland, con Jimi alla chitarra, al basso e al vibrafono e Mitch Mitchell alla batteria

11. Woodstock E’ proprio la canzone di Joni Mitchell, che Stephen Stills portò alle jam sessions che stava avendo con Hendrix. Questa versione venne registrata prima di quella con Crosty, Nash & Young: Buddy Miles sedeva alla batteria. Esiste molto materiale registrato dai due, vedremo se uscirà mai in versione ufficiale

.12. Send My Love To Linda Altro pezzo inedito registrato con Billy Cox Buddy Miles per l’ipotetico album di studio dei Band Of Gypsys, mai completato

13. Cherokee Mist Altra improvvisazione chitarristica, con Mitchell alla batteria e Hendrix che suona anche il sitar. Se non ricordo male già apparsa nel quadruplo box Jimi Hendrix Experience, quello con il “vellutino” http://discoclub.myblog.it/2013/08/02/per-la-seconda-volta-ma-sempre-un-classico-rimane-jimi-hendr/ !

Che dire? Molto, molto interessante, questa volta. Esce il 9 marzo.

Bruno Conti

Ennesima Conferma Per Un “Emarginato” Di Lusso Del Cantautorato Americano! Hayward Williams – Pretenders

hayward williams pretenders cd

Hayward Williams – Pretenders – Why River Records

Probabilmente molti di voi, presumo, si chiederanno chi si cela dietro un nome minore come quello di Hayward Williams, americano di Milwaukee con sei album e una carriera decennale alle spalle. Era da The Reef  (14), che non si avevano notizie di Hayward Williams, uno dei migliori talenti delle scena musicale americana (rivelatosi grazie al suo terzo album Haymaker http://discoclub.myblog.it/2013/01/28/non-si-finisce-mai-di-imparare-da-milwaukee-wisconsin-haywar/ ), e per una cerchia forse ristretta di conoscitori sicuramente sinonimo di garanzia. Oggi come ieri per questo nuovo lavoro Pretenders, Williams si porta in studio un manipolo di musicisti e amici che rispondono al nome di Daniel McMahon polistrumentista (chitarre, tastiere e lap steel), Rodrigo Palma al basso, Miles Nielsen alle chitarre, Charles Koltak alla batteria e percussioni, per dieci nuove canzoni come sempre scritte da Hayward (meno una), e co-prodotte insieme al già citato chitarrista McMahon.

hayward williams pretenders 1

La canzone di apertura How You Been richiama subito le atmosfere calme e rilassate del miglior Chris Isaak, con un superbo lavoro di McMahon alla lap steel, a cui fanno seguito le morbide atmosfere a colpi di chitarre “slide” per una tambureggiante Come Undone, una ballata elettrica di spessore come If You Ever Heard Her Name, e l’intrigante melanconico country della dolce Easy Coward. Echi di sano rhythm’n’blues si riscontrano in Only Love, dove l’organo svetta in tutto lo sviluppo del brano, per poi passare alle gioiose note di un allegra e spensierata Because Of You, mentre ammaliano le note di una ballata notturna come Probably Never Maybe Tonight; rallentano i ritmi nel superbo incedere alt-country di In The Fire (firmata da Eddie Vedder) e la parte finale è quasi doverosamente affidata alle armonie della solare Meet Me Halfway, ed alla title track Pretenders, un’altra superba ballata dove il talento di Hayward Williams si manifesta in modo totale, un finale perfetto per un lavoro di spessore.

Le canzoni di Pretenders parlano di problemi di cuore e di relazioni, sviluppate non solo attraverso una voce profonda e vissuta, ma anche da arrangiamenti dove le armonie risuonano in modo sublime, con i brani che crescono ascolto dopo ascolto, tutto ciò fa di Hayward Williams un cantautore molto diverso, particolare, dove chiunque lo senta può paragonarlo, canzone dopo canzone, all’“uno, nessuno, centomila” di “pirandelliana” memoria, accostandolo di volta in volta ad artisti storici come Dylan, Springsteen e Tom Petty, ma anche ad altri contemporanei tra i quali come non citare, magari alla rinfusa, Ray La Montagne, Matthew Ryan, Jason Isbell e Ryan Adams (forse il più accostabile al nostro amico). Il talento e la bravura di questo personaggio le ho potute constatare personalmente qualche anno fa, quando mi capitò di ascoltarlo fa durante un concerto tenuto in un famoso locale di Pavia, dove esibendosi in solitaria solo con una chitarra amplificata (una vecchia Gibson del ’64), presentava il citato Haymaker (che rimane a parere di chi scrive il suo miglior disco), in circa due ore di storie raccontate e cantate con una forte “empatia”, coinvolse il numeroso pubblico in sala, ricevendo in cambio una meritata ovazione. Credetemi, riuscire a far conoscere “outsiders” di tale fatta, un misto tra “folksinger” moderno, musicista “indie-folk”, ma con spiccate doti anche per il blues, il country e la canzone d’autore, è una piccola soddisfazione che rende la giornata migliore. Da scoprire assolutamente, anche se i suoi dischi diventano sempre più difficili da reperire!

Tino Montanari

Uscite Prossime Venture 1. Roxy Music – Roxy Music Ristampa Deluxe 1° Album

roxy music roxy music super deluxe

Roxy Music – Roxy Music – Super Deluxe 3 CD + DVD – 2 CD – LP – Virgin/Universal 02-02-2017

Con il nuovo anno inoltrato riprende la rubrica dedicata alle prossime uscite più interessanti, soprattutto ristampe. Già ieri avete letto della doppia antologia Live  fondamentalmente inutile dedicata ai Grateful Dead, in uscita verso fine marzo. Molto prima, al 2 febbraio è annunciata la ristampa potenziata del 1° album omonimo dei Roxy Music, pubblicato in origine nel giugno 1972, a cui fece seguito, in agosto, il singolo Virginia Plain, il primo estratto dall’album. I Roxy Music furono, soprattutto nella prima fase, una band in bilico tra glam-rock, art-rock e progressive, con una formazione dove brillavano varie stelle: Bryan Ferry, il cantante, pianista, e unico autore delle canzoni, Brian (Peter George St John le Baptiste de la Salle) Eno, impegnato ad uno dei primi modelli di sintetizzatore VCS3 e tape effects, Phil Manzanera alla chitarra, Andy Mackay, a sax e oboe, Paul Thompson alla batteria e Graham Simpson al basso. Il produttore del disco fu Pete Sinfield, il paroliere dei King Crimson, visto che Eno era ancora lungi dal trasformarsi in quel grande alchimista di suoni che sarebbe diventato in futuro: album che al sottoscritto è sempre piaciuto parecchio (come i tre successivi) e che risentito anche oggi fa la sua bella figura e non risente del passare del tempo.

Per realizzare questa ristampa Bryan Ferry e il produttore Rhett Davies si dice siano in azione da quasi sette anni. Per l’album originale si è utilizzata la masterizzazione di Bob Ludwig del 1999. Mentre per il materiale extra i nuovi master sono stati creati dall’ingegnere del suono Frank Arkwright agli studi Abbey Road. In più il grande fan della band Steven Wilson ha preparato la versione DTS Dolby Surround inserita nella parte Audio del DVD. E non è tutto, la confezione, formato LP,  include anche un libro di 136 pagine curato dallo stesso Ferry e stampato su carta speciale. Ovviamente per il prezzo si parla, molto indicativamente, di una cifra tra i 130 e i 150 euro.

Però c’è veramente molto materiale extra, eccolo:

Tracklist
[CD1: The Album]
1. Re-Make/Re-Model
2. Ladytron
3. If There Is Something
4. Virginia Plain
5. 2 H.B.
6. The Bob (Medley)
7. Chance Meeting
8. Would You Believe?
9. Sea Breezes
10. Bitters End

[CD2: Demos & Out-Takes]
Early Demos April/May ’71:
1. Ladytron
2. 2 H.B.
3. Chance Meeting
4. The Bob (Medley)
Album Out-Takes:
5. Instrumental
6. Re-Make/Re-Model
7. Ladytron
8. If There Is Something
9. 2 H.B.
10. The Bob (Medley)
11. Chance Meeting
12. Sea Breezes
13. Bitters End
14. Virginia Plain

[CD3: The BBC Sessions]
1. If There Is Something – John Peel Radio Session, London 1972
2. The Bob (Medley) – John Peel Radio Session, London 1972
3. Would You Believe? – John Peel Radio Session, London 1972
4. Sea Breezes – John Peel Radio Session, London 1972
5. Re-Make/Re-Model – John Peel Radio Session, London 1972
6. 2 H.B. – John Peel Radio Session, London 1972
7. Ladytron – John Peel Radio Session, London 1972
8. Chance Meeting – John Peel Radio Session, London 1972
9. Virginia Plain – John Peel Radio Session, London 1972
10. The Bob (Medley) – Live / BBC “In Concert”, Paris Theatre, London 1972
11. Sea Breezes – Live / BBC “In Concert”, Paris Theatre, London 1972
12. Virginia Plain – Live / BBC “In Concert”, Paris Theatre, London 1972
13. Chance Meeting – Live / BBC “In Concert”, Paris Theatre, London 1972
14. Re-Make/Re-Model – Live / BBC “In Concert”, Paris Theatre, London 1972

[DVD]
Audio:
– The full album remixed in 5.1 by Steven Wilson
Video:
1. Re-Make/Re-Model – The Royal College Of Art, 6/6/72
2. Ladytron – The Old Grey Whistle Test, 20/6/72
3. Virginia Plain – Top Of The Pops, 24/8/72
4. Re-Make/Re-Model – Full House, 25/11/72
5. Ladytron – Full House, 25/11/72
6. Would You Believe – French TV, Bataclan, Paris, 26/11/72
7. If There Is Something – French TV, Bataclan, Paris, 26/11/72
8. Sea Breezes – French TV, Bataclan, Paris, 26/11/72
9. Virginia Plain – French TV, Bataclan, Paris, 26/11/72

L’edizione doppia comprende il 1° e il 3° CD del Box, mentre il vinile singolo riporta solo l’album originale.

Esce il prossimo 2 febbraio.

Alla prossima.

Bruno Conti