Doors – Morrison Hotel. Al 9 Ottobre Altro Box Per Il 50° Anniversario, 2 CD + LP

doors morrison hotel box

The Doors – Morrison Hotel (50th Anniversary Deluxe Edition) – 2CD/1LP set Elektra/Rhino – 09-10-2020

Proseguono le ristampe degli album dei Doors in occasione del 50° Anniversario dalla loro uscita, e ancora una volta la Rhino utilizza questo sistema ibrido di CD + Vinile, cosa che ovviamente fa lievitare i prezzi e che non mi sento di condividere molto. Morrison Hotel è il sesto e penultimo album della loro discografia ufficiale: per tutti quello con il famoso incipit “From Los Angeles, California The Doors” e poi parte Roadhouse Blues. Niente uso di archi e fiati come nel precedente The Soft Parade, ma un ritorno al classico blues-rock della band, un buon disco quindi, non al livello comunque dei primi due e di quello che sarà l’album del commiato L.A. Woman.

Il primo CD è l’album originale rimasterizzato, il secondo, intitolato Mysterious Union, una serie di pezzi da quelle che furono definite Queen Of The Highway Sessions, perchè riporta ben 9 diverse versioni del brano, oltre a 5 di Roadhouse Blues, più due takes di Peace Frog, una in medley con la ballata Blue Sunday, nonché il consueto omaggio a R&R e blues con le cover di Money (That’s What I Want) Rock Me Baby, oltre alla rarità I Will Never Be Untrue. Parecchie delle quali già uscite nella versione singola del CD per il 40° Anniversario, che si trova ancora in rete a meno di 10 euro.

Per cui quasi 60 euro per una manciata di inediti e l’obbligo di acquistare il LP anche per chi non interessato mi sembra troppo, anche con il bel libretto curato dal giornalista David Fricke che racconta gli eventi che portarono alla pubblicazione del disco. Ma è un mio parere: forse un bel doppio CD e il vinile a parte per appassionati del supporto e collezionisti, sarebbe stato molto meglio.

Comunque a seguire ecco la solita tracklist completa dei contenuti.

Tracklist
[CD1: The Original Album]
Hard Rock Cafe:
1. Roadhouse Blues
2. Waiting For The Sun
3. You Make Me Real
4. Peace Frog
5. Blue Sunday
6. Ship Of Fools
Morrison Hotel:
7. Land Ho!
8. The Spy
9. Queen Of The Highway
10. Indian Summer
11. Maggie M’Gill

[CD2: Mysterious Union]
Black Dressed In Leather (Queen Of The Highway Sessions):
First Session (11/15/68)
1. Queen Of The Highway (Take 1, She Was A Princess) *
2. Queen Of The Highway (Various Takes) *
3. Queen Of The Highway (Take 44, He Was A Monster) *
Second Session (1/16/69)
4. Queen Of The Highway (Take 12, No One Could Save Her) *
5. Queen Of The Highway (Take 14, Save The Blind Tiger) *
Third Session (Date Unknown)
6. Queen Of The Highway (Take 1, American Boy – American Girl) *
7. Queen Of The Highway (Takes 5, 6 & 9, Dancing Through The Midnight Whirlpool) *
8. Queen Of The Highway (Take 14, Start It All Over) *
9. I Will Never Be Untrue *
10. Queen Of The Highway (Take Unknown) *
Money Beats Soul (Roadhouse Blues Sessions):
First Session
11. Roadhouse Blues (Take 14, Keep Your Eyes On The Road) *
12. Money (That’s What I Want) *
13. Rock Me Baby *
Second Session
14. Roadhouse Blues (Takes 6 & 7, Your Hands Upon The Wheel) *
15. Roadhouse Blues (Take 8, We’re Goin’ To The Roadhouse) *
Third Session
16. Roadhouse Blues (Takes 1 & 2, We’re Gonna Have A Real Good Time) *
17. Roadhouse Blues (Takes 5, 6 & 14, Let It Roll Baby Roll) *
Dawn’s Highway (Peace Frog/Blue Sunday Session):
18. Peace Frog/Blue Sunday (Take 4) *
19. Peace Frog (Take 12) *

[LP: The Original Album]
Hard Rock Cafe:
1. Roadhouse Blues
2. Waiting For The Sun
3. You Make Me Real
4. Peace Frog
5. Blue Sunday
6. Ship Of Fools
Morrison Hotel:
7. Land Ho!
8. The Spy
9. Queen Of The Highway
10. Indian Summer
11. Maggie M’Gill

* previously unreleased

Esce il 9 ottobre, alla prossima.

Bruno Conti

Terzo Album In 47 Anni Per Una Leggenda Del Songwriting. Dan Penn – Living On Mercy

dan penn living on mercy

Dan Penn – Living On Mercy – The Last Music CD

Nel mondo della “nostra” musica i clamori sono quasi sempre andati giustamente a chi ha fatto la storia davanti ad un microfono o con una chitarra a tracolla (oppure seduto dietro ad una tastiera, o a un drumkit), mentre chi si è “limitato” a dare il suo contributo scrivendo canzoni ha avuto meno riconoscimenti dal punto di vista della popolarità. Tra questi, uno dei nomi più leggendari è sicuramente quello di Dan Penn, songwriter dell’Alabama impiegato ad inizio carriera nei mitici FAME Studios e che è responsabile, da solo o con altri colleghi (tra i quali gente come Chips Moman, Spooner Oldham, Eddie Hinton, Buzz Cason e Donnie Fritts) di alcune tra le più belle canzoni soul degli anni sessanta, brani portati al successo da artisti del calibro di Aretha Franklin, Box Tops, Janis Joplin, James Carr, Percy Sledge, Arthur Conley e Ry Cooder, tanto per citarne qualcuno “abbastanza” famoso.

Anche la lista delle canzoni uscita dalla penna di Penn (nomen omen) è impressionante: The Dark End Of The Street, A Woman Left Lonely, Cry Like A Baby, It Tears Me Up, I’m Your Puppet (della quale una volta Lou Reed disse che, se l’avesse scritta lui, avrebbe poi smesso di comporre in quanto non sarebbe stato in grado di superarla), Do Right Woman Do Right Man, You Left The Water Running, Rainbow Road e molte altre. Nella sua lunga carriera Penn ha anche saltuariamente affiancato l’attività di cantante a quella di songwriter, pubblicando però appena due album dagli anni settanta ad oggi, l’esordio Nobody’s Fool del 1973 ed il bellissimo Do Right Man del 1994, nel quale riprendeva a modo suo alcuni dei suoi capolavori (i successivi Blue Nite Lounge del 1999 e Junkyard Junky del 2008 sono in realtà due collezioni di demo, non incisi originariamente per essere pubblicati). Poche settimane fa Dan si è rifatto vivo alla tenera età di 78 anni (saranno 79 a novembre) con Living On Mercy, terzo “vero” album della sua discografia e nuova eccellente prova d’autore.

Penn ha infatti scritto 13 canzoni nuove di zecca insieme ad alcuni collaboratori storici (Oldham, Cason, Gary Nicholson) ed altri più recenti, eseguendole in perfetto stile blue-eyed soul con una solida ed esperta band che vede Will McFarlane alle chitarre, Clayton Ivey alle tastiere, Michael Rhodes al basso, Milton Sledge alla batteria, una sezione fiati di tre elementi e le backing vocals dello stesso Buzz Cason oltre che di Cindy Walker (che non è ovviamente la celebre songwriter country scomparsa nel 2006) e Marie Lewey. E Living On Mercy, registrato tra Nashville e Sheffield, Alabama, è un signor disco, un album di puro soul ed errebi eseguito da uno di quelli che ha contribuito attivamente allo sviluppo del genere: nonostante gli anni sulle spalle Penn non ha assolutamente perso il tocco per scrivere belle canzoni, ed anche la voce è sorprendentemente profonda ed efficace (personalmente mi ricorda molto quella di Eric Clapton). L’album inizia in modo splendido con la title track, una calda e suadente soul ballad dalla melodia decisamente bella e scorrevole ed un accompagnamento classico che vede piano elettrico ed organo dettare legge. Molto raffinata anche See You In My Dreams, un lento dal sapore errebi suonato in punta di dita e forse un tantino levigato nel suono e nei coretti femminili, ma Penn ha una presenza vocale forte ed il brano si mantiene ampiamente al di sopra del livello di guardia.

Living On Mercy è prevalentemente un disco di ballate, e Dan ce ne offre una di livello superlativo con la pianistica I Do, delizioso pezzo di chiaro stampo sixties dotato di un motivo molto piacevole: probabilmente se fosse stata scritta cinquant’anni fa sarebbe diventata un classico. Bella anche Clean Slate, un blue-eyed soul melodicamente perfetto, suonato con classe e cantato dal nostro con la padronanza ed il carisma che tanti giovani cantanti di “plastic soul” si sognano. What It Takes To Be True è un lento toccante e dal pathos elevato nonostante un synth che scimmiotta una sezione d’archi, I Didn’t Hear That Coming vede aumentare il ritmo e si rivela un pimpante errebi guidato dal piano, anche se nei due bridge il tasso zuccherino si alza leggermente, mentre Down On Music Row fin dalle prime note di piano elettrico si annuncia come una calda e struggente ballata sudista tra soul e gospel, con il suono che ricorda anche certe cose di The Band, soprattutto per l’uso particolare dei fiati: uno dei brani più riusciti del CD.

Ottima e abbondante anche Edge Of Love, con ritmo cadenzato, pianoforte alle spalle e botta e risposta tra fiati e chitarra elettrica (e Dan canta sempre meglio); Leave It Like You Found It non è male specie nella linea melodica (una costante del disco), ma è anche quella più carica di saccarosio, a differenza di Blue Motel che è uno slow cantato col cuore in mano ed uno dei pezzi in cui l’intesa tra voce solista e coro funziona meglio. Il CD termina con Soul Connection, soul-rock immediato e coinvolgente con la chitarra che assume il ruolo di strumento guida, l’elegante Things Happen, con il nostro che fa il romanticone, e One Of These Days, ennesima ballata di grande finezza dotata di un motivo tra i più belli e diretti del lavoro. Chiaramente auguro a Dan Penn una vita ancora lunga e ricca di soddisfazioni, ma non mi stupirei se in ogni caso Living On Mercy fosse il suo ultimo album come artista in proprio: se così sarà, si tratta di un congedo pienamente degno della sua reputazione.

Marco Verdi

Dire Straits – The Studio Albums 1978-1991. A Breve Nei Negozi Il Box Da 6 CD, Al Prezzo Di Poco Più Di Uno

dire straits box set

Dire Straits – The Studio Albums 1978-1991 – 6 CD Mercury UMC – 09-10-2020

Se nelle vostre discoteche avete una lacuna rispetto all’opera omnia dei CD in studio dei Dire Straits questa è l’occasione ideale per colmarla. All’incirca 7 anni fa era già uscita una versione in vinile (che ora verrà replicata, sempre in 6 LP, ma con un costo superiore ai 130 euro), mentre ora, il 9 ottobre la Universal pubblica il cofanetto con tutti i 6 dischetti in studio della band di Mark Knopfler, registrati tra il 1978 e il 1991, quindi mancano il doppio dal vivo Alchemy, On The Night sempre in concerto, come pure il Mini ExtendedancEPlay e le antologie varie. Ma quello che è estremamente interessante è il prezzo: la confezione dovrebbe costare intorno o poco più di 20 euro. Gli album non sono stati rimasterizzati per l’occasione ma portano il remaster fine anni ’90, quindi il secondo e più recente, in più ogni CD, formato bustina vinyl replica, riporta nel foglietto interno i testi degli album e tutte le note dei dischi originali, anche se nessuna bonus track.

Come al solito ecco la lista completa dei contenuti.

[CD1: Dire Straits]
1. Down To The Waterline
2. Water Of Love
3. Setting Me Up
4. Six Blade Knife
5. Southbound Again
6. Sultans Of Swing
7. In The Gallery
8. Wild West End
9. Lions

[CD2: Communiqué]
1. Once Upon A Time In The West
2. News
3. Where Do You Think You’re Going
4. Communiqué
5. Lady Writer
6. Angel Of Mercy
7. Portobello Belle
8. Single Handed Sailor
9. Follow Me Home

[CD3: Making Movies]
1. Tunnel Of Love
2. Romeo And Juliet
3. Skateaway
4. Expresso Love
5. Hand In Hand
6. Solid Rock
7. Les Boys

[CD4: Love Over Gold]
1. Telegraph Road
2. Private Investigations
3. Industrial Disease
4. Love Over Gold
5. It Never Rains

[CD5: Brothers In Arms]
1. So Far Away
2. Money For Nothing
3. Walk Of Life
4. Your Latest Trick
5. Why Worry?
6. Ride Across The River
7. The Man’s Too Strong
8. One World
9. Brothers In Arms

[CD6: On Every Street]
1. Calling Elvis
2. On Every Street
3. When It Comes To You
4. Fade To Black
5. The Bug
6. You And Your Friend
7. Heavy Fuel
8. Iron Hand
9. Ticket To Heaven
10. My Parties
11. Planet Of New Orleans
12. How Long

Per cui se non avete già tutto o volete rinnovare la vostra collezione questa è l’occasione perfetta e a poco prezzo.

Alla prossima.

Bruno Conti

P.S.

Per curiosità questa è la prima versione di Sultans Of Swing pubblicata nel 1977 sull’album Honky Tonk Demos e trasmessa dal DJ Charlie Gillett il 27 luglio di quell’anno, più di un anno prima di quella ufficiale apparsa nell’album omonimo del 1978 e la potete trovare anche in questo CD della ACE Records.

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Un’altra curiosità che non molti conoscono è che il batterista della band Pick Withers aveva iniziato la sua carriera nei Primitives, proprio il gruppo di Mal.

Meglio Tardi Che Mai! Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories

suzanne vega an evening of new york songs and stories

Suzanne Vega – An Evening Of New York Songs And Stories – Cooking Vinyl CD

Mi accingevo a scrivere questa recensione verso la fine del mese di aprile, quando all’improvviso, per gli effetti del lockdown, il disco, che era annunciato in uscita per il primo maggio, venne rinviato a data da destinarsi. Alla fine è stato pubblicato pochi giorni fa, e visto che si tratta di un bel dischetto dal vivo eccoci a parlarne. Suzanne Vega non è certo nuova ai dischi Live. In una carriera che ormai tocca quest’anno i 35 anni di attività discografica, compreso questo An Evenng Of New York Songs And Stories, i dischi registrati in concerto arrivano a quota sei (e solo nove in studio nello stesso periodo). La cantante newyorchese (anche se nativa di Santa Monica, in California) non è forse una performer straordinaria, celebre per i suoi spettacoli turbolenti, ma ha comunque un suo charme e gusto nelle esibizioni dal vivo, mutuato dai suoi studi giovanili in danza moderna e dalle sue frequentazioni, ad inizio carriera, dei locali del Greenwich Village, dove proprio al “celebre” Cornelia Street Cafe ha mosso i primi passi, celebrati nelle pubblicazioni della rivista e nei dischi della serie Fast Folk, grazie ai quali ottenne un contratto con l’etichetta A&M, che pubblicò il suo omonimo album di esordio nel 1985.

In un periodo in cui perlopiù imperava un tipo di musica tra il bombastico e il danzereccio, si segnalò per una sua diafana ed eterea bellezza, anche se poi il suo stile da folksinger voce e chitarra acustica, venne adornato dalla eccellente e ricercata produzione affidata a Lenny Kaye (ex Patti Smith Group) e al chitarrista Steve Addabbo, entrambi presenti anche nel successivo Solitude Standing. Due dischi di grande successo, il primo vendette circa trecentomila copie sia negli Stati Uniti che in in Inghilterra, il secondo un milione di copie in USA e 5 milioni in tutto il mondo, generando anche due singoli di enorme successo come Marlene On The Wall e Luka. Uno potrebbe pensare che le grandi hit vengano riservate per la conclusione del concerto e invece, a sorpresa, sono poste entrambe in apertura di questo CD dal vivo, estrapolato da due serate registrate al Cafe Carlyle di New York il 12 e il 14 marzo del 2019. Accompagnata da un piccolo gruppo, un trio per la precisione, con Jeff Allen al contrabbasso, Jamie Edwards alle tastiere, più vibrafono, archi sintetici e altri strumenti assortiti, e dal chitarrista Gerry Leonard, che si occupa anche della produzione, Suzanne Vega sciorina 24 perle delle sua produzione, tutte con argomento che verte sulla città di New York (una in effetti è Walk On The Wild del suo amico Lou Reed e alcune tracce sono solo degli intermezzi parlati).

Niente uso di batteria, ma le canzoni hanno comunque una “elettricità” latente come quella presente in una limpida e vibrante Marlene On The Wall, raffinata canzone d’amore degna discendente di quelle della Joni Mitchell meno cerebrale e ricercata, anche se il testo è poetico ed intricato, con la chitarra elettrica di Leonard e il piano di Edwards a fornire un elegante supporto alla vocalità delicata ma sicura di Suzanne. Che poi in Luka affronta un tema a lei molto caro, quello della violenza e dell’abuso sui bambini, che forse stride nell’ambiente molto upper class del Carlyle, locale frequentato da un pubblico probabilmente non uso agli argomenti della canzone, ma che ha comunque una affinità con le tematiche rappresentate dalla celebre concittadina, e poi la canzone ha in ogni caso una melodia deliziosa ed irresistibile, non intaccata dallo scorrere del tempo. Preceduta dal piccolo siparietto in cui chiede al pubblico quante persone vengono da fuori città, ecco arrivare la dolce New York Is A Woman, un brano del 2007 che sembra uno standard della canzone americana, per poi raccontare la travagliata storia d’amore di Frank And Ava, ovvero Sinatra e Gardner, il tutto si svolgeva in un appartamento della 59° Strada, e l’arrangiamento è più teso e movimentato per rappresentare le baruffe che avvenivano tra i due.

Senza fare un elenco di tutte le canzoni presentate nella serata, vorrei ricordare il valzer sognante della deliziosa Gypsy, sempre da Solitude Standing, la dura presa di posizione di The Pornographer’s Dream, confezionata però a tempo di bossa nova per contrasto al testo molto intenso. New York My Destination dall’impianto jazzy e rilassato, tratta dall’ultimo album Lover, Beloved: Songs from an Evening with Carson McCullers del 2016, e che ricorda certe cose di Carole King, l’omaggio a Lou Reed in una adorabile ed affettuosa rilettura di Walk On The Wild Side che fa il paio con la versione di Sweet Jane dei Cowboy Junkies , preceduta da un breve ricordo del suo primo incontro con Lou, come spettatrice a un concerto, e con un bellissimo assolo della chitarra elettrica di Leonard, la quasi angosciante e sospesa Ludlow Street, su un amore finito male, Tom’s Diner, con il celebre vocalizzo che poi è stato utilizzato come base di partenza della versione hip-hop del duo DNA e la conclusiva Thin Man, dove l’intervento di una base ritmica, un giro di basso marcato e una chitarra elettrica in evidenza che interagisce con le tastiere, crea una atmosfera sonora più complessa ed elaborata che non sarebbe dispiaciuta a Donald Fagen.

In definitiva un bel dischetto dal vivo per chi ama le emozioni meno forti e più rarefatte e distillate.

Bruno Conti

Il “Mese Delle Pietre” Si Chiude Con Un Altro Splendido Album Dal Vivo. The Rolling Stones – Steel Wheels Live: Atlantic City, New Jersey

Rolling Stones - Steel Wheels Live Atlantic City, New Jersey, 1989 frontRolling Stones - Steel Wheels Live Atlantic City, New Jersey, 1989

The Rolling Stones – Steel Wheels Live: Atlantic City, New Jersey – Eagle Rock/Universal DVD – BluRay – 2CD/DVD – 2CD/BluRay – 4LP – 3CD/2DVD/BluRay Box Set

Nel 1989 i Rolling Stones erano tornati a pubblicare un disco di inediti con Steel Wheels, un lavoro che li riportava tra noi in buona forma dopo un decennio di cocenti delusioni discografiche: sia Emotional Rescue (1979) che soprattutto Undercover (1983) e Dirty Work (1985) non erano di certo da annoverare tra i loro album indimenticabili, e non dimentichiamo che il pur ottimo Tattoo You del 1981 era in realtà una collezione di outtakes degli anni settanta rimaneggiate in studio e con nuove parti vocali. Steel Wheels quindi, pur non essendo un capolavoro, era il miglior disco di nuove canzoni da parte di Mick Jagger e soci da Some Girls in poi, ed i nostri avevano deciso di celebrarlo con una maestosa tournée mondiale della durata di due anni (la più grande da loro tenuta fino a quel momento: da agosto 1989 a febbraio 1990 in Nordamerica e Giappone lo Steel Wheels Tour, e da maggio ad agosto 1990 in Europa l’Urban Jungle Tour), dove per la prima volta si esibivano su un gigantesco palco ipertecnologico con megaschermi e quant’altro.

Da quel tour, che tra l’altro fu l’ultimo con il bassista Bill Wyman all’interno del gruppo, fu tratto un album dal vivo, Flashpoint, piuttosto deludente e per nulla rappresentativo di quei concerti, che avevano visto il ritorno dei nostri in ottima forma dopo ben sette anni passati senza salire su un palco. Oggi la Universal ripara a questa mancanza con una nuova pubblicazione d’archivio (una piacevole abitudine annuale ormai), che se sommiamo alla versione deluxe di Goat Heads Soup uscita circa 25 giorni orsono https://discoclub.myblog.it/2020/09/07/proseguono-le-ristampe-deluxe-random-degli-stones-con-uno-dei-loro-dischi-piu-sottovalutati-the-rolling-stones-goats-head-soup/  fa sì che questo settembre 2020 si possa definire “il mese delle Pietre”: Steel Wheel Live: Atlantic City, New Jersey è un concerto registrato nella “Sin City della East Coast”, alla Convention Center Hall, il 19 dicembre del 1989 e mandato all’epoca in broadcast su pay-per-view, ed oggi esce nella consueta varietà di supporti audio e video, con l’aggiunta per la prima volta di una versione in cofanetto decisamente interessante, che nonostante le solite ripetizioni (il DVD e BluRay dello stesso concerto, oltre ovviamente alla sua contoparte audio su doppio CD) offre un ulteriore CD e DVD esclusivi per questo box, oltre ad un libro di 42 pagine ricco di bellissime foto.

Il concerto è ovviamente inedito (tranne due pezzi usciti nel 1991 su Flashpoint) e vede i nostri in splendida forma intrattenere il numeroso pubblico con due ore e mezza di grande rock’n’roll ed una scaletta più ricca di sorprese rispetto alle altre del tour, con l’accompagnamento da parte dei soliti noti: Chuck Leavell alle tastiere, Bobby Keys al sax, Matt Clifford a percussioni, tastiere e voce, i tre backing vocalist Lisa Fischer, Bernard Fowler e Cindy Mizelle e la sezione fiati degli Uptown Horns. Chiaramente visto che se non si esibiscono in qualche piccolo club i nostri amano andare sul sicuro non mancano le hits planetarie, che sono comunque sempre un bel sentire: l’iniziale Start Me Up (bella versione, sintetica ma tiratissima, che dimostra che i cinque non hanno bisogno di riscaldarsi), un’ottima Tumbling Dice, una Miss You dal ritmo accelerato e più funkeggiante del solito, Honky Tonk Women (splendida anche questa), You Can’t Always Get What You Want, Paint It Black e Sympathy For The Devil, oltre al gran finale che vedremo tra poco. Da Steel Wheels ascoltiamo le coinvolgenti Sad Sad Sad, Rock And A Hard Place e Mixed Emotions, tutte e tre canzoni che verranno riprese saltuariamente anche nei tour successivi, l’annerita e danzereccia Terrifying e, cantata da Keith Richards, la pulsante Can’t Be Seen (e Keef arrotonda la sua partecipazione come lead singer con la nota Happy); siamo ancora negli anni ottanta, e quindi ci dobbiamo “sorbire” anche la non imperdibile Undercover Of The Night seguita da Harlem Shuffle che invece mi è sempre piaciuta, mentre nel reparto adrenalina ci metto anche la scatenata Bitch e la sempre torrida Midnight Rambler.

Tra le chicche, una bellissima rilettura pianistica di Ruby Tuesday, che nonostante sia uno dei loro classici gli Stones non hanno mai suonato moltissimo, e l’inatteso ripescaggio di 2000 Light Years From Home dal loro breve periodo psichedelico. Ma l’highlight di quella serata di dicembre è indubbiamente la presenza sul palco di ospiti speciali: Salt Of The Earth è una delle più belle ballate di sempre delle Pietre, un capolavoro che ho temuto potesse venire rovinato dalla presenza on stage di due Guns’n’Roses, non tanto dal chitarrista Izzy Stradlin quanto da Axl Rose, che con la sua vocalità rozza e sguaiata sarebbe in grado di mandare a puttane qualsiasi canzone, anche se per fortuna qui si trattiene e, forse per sudditanza psicologica o perché il brano è straordinario, riesce a sembrare un cantante e a non fare danni. Per contro, il blues di Willie Dixon Little Red Rooster, che già i nostri sarebbero in grado di suonare alla grande, diventa imperdibile grazie ad Eric Clapton che giganteggia con la sua Fender: al termine, il binomio Stones-Manolenta viene raggiunto dal mitico John Lee Hooker che si lancia nella sua Boogie Chillen per altri cinque minuti (che sono pure pochi…) di grandissimo blues. Essendo questo un concerto degli Stones non può mancare la solita sequenza finale micidiale, con una serie di classici del calibro di Gimme Shelter, It’s Only Rock’n’Roll, Brown Sugar, Satisfaction e Jumpin’ Jack Flash sparati a raffica uno dopo l’altro.

Il terzo CD esclusivo per il box si intitola Rare Reels, e contiente cinque canzoni suonate di rado durante il biennio del tour, le prime due a Toronto e le altre tre a Londra, due emozionanti riletture delle splendide Play With Fire e Dead Flowers, la sinuosa Almost Hear You Sigh (uno dei pezzi migliori di Steel Wheels), un’altra prova da consumati bluesmen con I Just Want To Make Love To You ancora di Dixon, ed il rock’n’roll della famosa Street Fighting Man. (NDM: visto che lo spazio sul CD c’era, non capisco perché non abbiano messo anche gli altri brani eseguiti raramente nel corso del tour. Dopotutto erano solo cinque: Angie, One Hit (To The Body), Before They Make Me Run, Factory Girl e Blinded By Love). Dulcis in fundo, il DVD esclusivo presenta un concerto completo registrato al Tokyo Dome nel corso della “residency” di ben dieci serate consecutive che i nostri tennero nel febbraio del 1990. Ma attenzione, non siamo in presenza della ripetizione dello stesso show già uscito per la serie From The Vault: quello prendeva in esame il concerto del 26, mentre qui abbiamo lo spettacolo del 24, disponibile fino ad oggi solo nel paese del Sol Levante. Non sto a descrivere nel dettaglio il DVD, vi basti pensare che il livello di resa è pari a quello di Atlantic City, con però una setlist più sintetica che vede l’assenza di Undercover Of The Night, Terrifying e dei tre brani con gli ospiti (e l’aggiunta di Almost Hear You Sigh).

Quindi un altro appuntamento da non perdere con i Rolling Stones, anche perché questa volta il cofanetto non costa tantissimo (attorno ai 50 euro): chissà che la loro prossima uscita discografica, a questo punto credo nel 2021, non riguardi il tanto atteso nuovo album di inediti.

Marco Verdi

Torna Lo Springsteen Della Domenica: Una “Calda” Serata Autunnale Londinese! Bruce Springsteen – Wembley Arena, November 11, 2006

bruce springsteen london 2006

Bruce Springsteen – Wembley Arena, November 11, 2006 – live.brucespringsteen.net/nugs.net 2CD – Download

Quando si pensa ai concerti dal vivo di Bruce Springsteen il pensiero va ovviamente alle ben note scorribande con la E Street Band, molte delle quali leggendarie, ma indubbiamente uno dei tour in assoluto più coinvolgenti e divertenti del Boss è stato quello del 2006 con la cosiddetta Sessions Band, un combo numerosissimo nato per accompagnare il nostro nello splendido We Shall Overcome: The Seeger Sessions, album composto da brani della tradizione che avevano il comune denominatore di far parte dell’immenso repertorio del grande folksinger Pete Seeger: io stesso avevo visto due show da quel tour, a Milano e Torino, e mi ero divertito come poche altre volte. La serie di uscite mensili degli archivi live di Bruce fino ad oggi non ha dato molto spazio a questa tournée, pubblicando solo il concerto inaugurale a New Orleans (ma nel 2007 era uscito il bellissimo ufficiale Live In Dublin), ora fortunatamente ci regala un’altra performance anche migliore di quella tenutasi nella metropoli della Louisiana, grazie soprattutto all’intesa migliorata nel corso del tour.

Sto parlando dello show svoltosi l’11 novembre alla Wembley Arena di Londra, un doppio CD che ci presenta il Boss ed il suo esteso gruppo (compreso il leader sul palco sono in 17, e manca Patti Scialfa che era a casa a badare ai figli) intrattenere alla grande il pubblico inglese per due ore e mezza. Le canzoni di We Shall Overcome erano già irresistibili in studio, figuriamoci in queste riletture live gioiose, colorate e trascinanti più che mai, in cui la folta band di musicisti e coristi fornisce una perfetta miscela di folk, country, gospel, old time music, bluegrass e dixieland, con chitarre, banjo, mandolino, violino, fisarmonica e fiati che si rincorrono in ogni brano con assoli a ripetizione ed il pubblico che canta come se fossero classici di Bruce e non canzoni con anche più di cento anni sulle spalle. In questo concerto ascoltiamo quindi versioni entusiasmanti di Old Dan Tucker, Jesse James, Jacob’s Ladder, O Mary Don’t You Weep, Erie Canal, My Oklahoma Home e Pay Me My Money Down, ed altre assolutamente toccanti di Mrs. McGrath, Eyes On The Prize e How Can A Poor Man Stand Such Times And Live?

Ovviamente non possono mancare i brani a firma di Springsteen, ed una particolarità di questo tour era che canzoni più o meno note venivano volutamente rese quasi irriconoscibili da arrangiamenti completamente diversi dagli originali, al limite della riscrittura: così l’iniziale Blinded By The Light diventa un travolgente pezzo di ispirazione klezmer, Atlantic City un folk-grass elettrificato dal ritmo nettamente accelerato, Growin’ Up si trasforma in un sorprendente crossover tra country music e Bob Dylan e Open All Night, uno degli highlights della serata, in un torrido boogie-woogie in stile big band che sembra uscire da una revue di Chicago dei primi anni cinquanta, con Bruce che si lavora il pubblico come solo lui sa fare. Ci sono tre brani dall’allora recente Devils And Dust (la title track, Long Time Comin’ e Jesus Was An Only Son), abbastanza simili agli originali ma suonate con una veste più roots, una swingatissima You Can Look (But You Better Not Touch) che prelude ai bis ed un’anteprima mondiale di Long Walk Home (che uscirà l’anno dopo in Magic), eseguita acustica e rallentata, quasi una sorta di work in progress (con Bruce che la introduce riferendosi ad un concerto di Lucinda Williams al quale aveva assistito la sera prima, nel quale la rockeuse aveva suonato diversi pezzi inediti).

Il finale della serata è introdotto da una versione lenta e decisamente toccante del traditional When The Saints Go Marching In, seguita da una spiritata rilettura del gospel This Little Light Of Mine, dalla contagiosa giga rock American Land (che all’epoca era ancora inedita), per concludere con la filastrocca folk Froggie Went A-Courtin’, uno dei pezzi delle Seeger Sessions suonati più raramente. Concerto quindi divertentissimo, caldo e coinvolgente, e sono sicuro che il livello si manterrà tale anche nella prossima uscita, che documenterà lo Springsteen bombastico del tour di Born In The U.S.A.

Marco Verdi

Altre Due Ristampe, Fondamentalmente (In)Utili: Derek And The Dominos – Layla/David Bowie – Metrobolist

derek and the dominos layladerek and the dominos layla vinile

Entrambe le uscite quest’anno (come molti altri dischi “importanti”) festeggiano il 50° Anniversario dall’uscita, ma iniziamo con Derek And Dominos, Layla, o meglio Layla And Other Assorted Love Songs, per dargli il suo titolo completo, album splendido che, quantomeno, vede una nuova e speciale lussuosa edizione in vinile quadruplo, quella che vedete effigiata qui sopra, ma il disco fu già ristampato più volte, la prima volta nel 1990, con The Layla Sessions 20th Anniversary Edition, pubblicata all’epoca in più versioni, anche in tripla musicassetta (ebbene sì ai tempi si usava ancora), ma soprattutto nel classico box formato 12″ che comprendeva 3 CD: l’album originale rimasterizzato, il secondo dischetto intitolato The Jams, cinque improvvisazioni tra i 12 e i 20 minuti, registrate durante le sessions originali, un paio anche con Duane Allman e una con Dickey Betts, tutte assolutamente strepitose, e infine nel terzo CD, dal titolo esplicativo Alternate Masters, Jams And Outtakes, ulteriore materiale inedito. In più nel box c’era un bel librettino e una busta formato A4 che riportava, foglio per foglio, tutte le informazioni dettagliate relative alle canzoni del disco, estratte dai fogli allegati ai master originali, con i nomi dei musicisti e quali parti musicali e quale strumento aveva suonato ciascuno nelle suddette canzoni, anche chi usava il bottleneck e così via.

derek and the dominos layla 20th

Ovviamente il cofanetto qui sopra è fuori catalogo da tempo, ma nell’ambito dell’usato circola ancora, a prezzi molto variabili, e se vi capita cercatelo e acquistatelo, perché questa è la versione da avere. Poi nel 2011 (sapete che le case discografiche non sempre sono molte precise nelle date delle ripubblcazioni) esce la 40th Anniversary Edition,
doppio CD, con un dischetto in meno di quella del 1990 (ovviamente le jams), ma con un contenuto Bonus Material – Singles, TV, Second Album Sessions, molto differente dal CD omologo della prima ristampa, e quindi molto interessante per i patiti di Eric Clapton, anche se una parte era già uscita nel primo box di Crossroads, e quindi, per dirla con Rino Gaetano, Spendi Spandi Effendi. Però nel 2011 esce anche la Super Deluxe Ultimate Collector’s Edition con aggiunta la edizione potenziata del doppio dal vivo In Concert con molte tracce extra, la versione in doppio vinille del disco originale, un libro rilegato e altro, ma non il dischetto con le jams. Oltre naturalmente alla versione in CD singolo dell’album, che è l’unica tuttora in produzione (sì, il doppio, se vi sbattete un po’, lo trovate ancora).

Ma è inutile perché il prossimo 13 novembre i prodi discografici ripubblicano la versione 2011, quindi sempre senza le jam session, ma anche in versione quadruplo vinile, che vi riporto qui sotto, e vale come contenuti anche per il doppio compact disc (più il brano High, che si trova solo nell’antologia Eric Clapton: Life in 12 Bars del 2018).

LP1/ LP2
Side A
1. I Looked Away
2. Bell Bottom Blues
3. Keep On Growing
4. Nobody Knows You When You’re Down And Out

Side B
1. I Am Yours
2. Anyday
3. Key To The Highway

Side A
1. Tell The Truth
2. Why Does Love Got To Be So Sad?
3. Have You Ever Loved A Woman

Side B
1. Little Wing
2. It’s Too Late
3. Layla
4. Thorn Tree In The Garden

LP3 / LP4 – Bonus Material (*denotes previously unreleased on vinyl)
Side A
1. Mean Old World – Layla Session Out-take
2. Roll It Over – Phil Spector Produced Single B-Side
3. Tell The Truth – Phil Spector Produced Single A-Side

Side B
1. It’s Too Late* – Live On The Johnny Cash TV Show, November 5, 1970
2. Got To Get Better In A Little While* – Live On The Johnny Cash TV Show, November 5, 1970
3. Matchbox with Johnny Cash & Carl Perkins* – Live On The Johnny Cash TV Show, November 5, 1970
4. Blues Power* – Live On The Johnny Cash TV Show, November 5, 1970

Side A
1. Snake Lake Blues* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album
2. Evil* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album
3. Mean Old Frisco* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album
4. One More Chance* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album

Side B
1. High – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album
2. Got To Get Better In A Little While Jam* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album
3. Got To Get Better In A Little While* – From April/May 1971 Sessions For The Dominos’ Second Album

Questo per la cronaca: se non vi ho convinto compratevi Layla per l’ennesima volta, visto che il disco è uno dei capolavori assoluti di Clapton.

david bowie metrobolist

Il 6 di novembe per la Parlophone/Rhino, esce invece David Bowie Metrobolist (The Man Who Sold The World 50th Anniversary Edition), che non è il nome di qualche squadra dell’Est (quello è il Metalist, dall’Ucraina), ma, come dice il sottotitolo della ristampa, il secondo album di Bowie, con il titolo e la copertina che avrebbe dovuto avere ai tempi: giutificazione forse debole, considerando che non ho mai visto riedizioni di Yesterday dei Beatles come Scrambled Eggs, o nell’ambito di Bowie David Bowie (aka Space Oddity)  e infatti i fans di David, costretti a sborsare, se vogliono, nessuno li obbliga, altri soldi (visto che di prodotti di Bowie ne escono a raffica) per una ennesima (in)utile edizione del disco che vedete qui sotto, senza nessuna traccia extra o outtake:va bene, è stato remixato ex novo da Tony Visconti, il produttore del disco originale. Possiamo aggiungere che la copertina è quella della versione americana di The Man Who Sold The World, ma nella grafica gli hanno cambiato il titolo, disco che in effetti in Gran Bretagna era uscito alcuni mesi dopo il 10 aprile del 1971, e non a novembre 1970. Ma quindi dobbiamo attenderci una ulteriore ristampa la prossima primavera? Anche se nel 2015 ne è già uscita una.

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1. The Width Of A Circle
2. All The Madmen
3. Black Country Rock
4. After All
5. Running Gun Blues
6. Saviour Machine
7. She Shook Me Cold
8. The Man Who Sold The World
9. The Supermen

Quindi potrebbero risultare utili solo se non avete questi dischi: chi vivrà vedrà, alla prossima.

Bruno Conti

eric clapton crossroads 2019

P.S. A novembre, il 20, di Eric Clapton (e soci) esce anche questo sopra, ne parliamo prossimamente.

IL Titolo Del Disco Dice Tutto! Tennessee Jet – The Country

tennesse jet

Tennessee Jet – The Country – Tennessee Jet/Thirty Tigers CD

Quando lo scorso anno ho recensito The Wanting https://discoclub.myblog.it/2019/12/01/una-doppia-razione-di-country-rock-come-si-deve-parte-seconda-cody-jinks-the-wanting/ , uno dei due album pubblicati praticamente in contemporanea da Cody Jinks, mi sono imbattuto in un nome, Tennessee Jet (co-autore e voce duettante nella title track), che non avevo mai sentito prima. Poche settimane fa ho poi visto che lo stesso personaggio aveva in uscita un album attorno al quale stavano piovendo critiche più che positive, The Country, e mi ci sono avvicinato pensando fosse il suo esordio: niente di più sbagliato, in quanto il titolare del CD (che in realtà si chiama TJ McFarland) ha già al suo attivo altri due lavori, il debutto omonimo uscito nel 2015 e Reata dell’anno dopo. Tennessee Jet (TJ da qui in poi) è un giovane countryman di Nashville con un aspetto che può ricordare un giovane Johnny Depp, ma la cosa più importante è che la sua musica è di quelle toste, elettriche e decisamente imparentate col rock.

TJ parte dalla lezione dei classici country singers del passato per poi dare alle sue canzoni un taglio moderno e vigoroso, suonato con grinta e cantato con la voce giusta, in alcuni casi rispettando la struttura tipica di un certo tipo di country ed in altri assumendo le sembianze come un vero e proprio rocker: la critica lo ha definito come un incrocio tra Dwight Yoakam ed i White Stripes, ma per la bontà delle composizioni inserite in questo disco (sue all’80%, più due cover di assoluta qualità) mi sento più di paragonarlo al primo dei due nomi, anche se comunque TJ è in possesso di uno stile suo. The Country è autoprodotto, e vede in session una solida band formata dai chitarristi Casey Diiorio e Eugene Edwards, gli steel guitarists Jamison Hollister e Jon Graboff (a lungo con Ryan Adams nei Cardinals) , il grande armonicista Mickey Raphael, i bassisti Scott Lee ed Eric Baines ed i batteristi Matt Pence e Mitch Marine, quest’ultimo per anni dietro i tamburi proprio con Yoakam. L’iniziale Stray Dogs è indicativa del sound del CD, una veloce country song elettrica dal motivo godibile e diretto (e con un riff che ricorda quello di I Want You di Bob Dylan), una parte strumentale guidata alla grande da steel e banjo ed un ritmo coinvolgente.

The Raven & The Dove, scritta con Jinks, è più attendista ma anche qui la melodia viene messa in primo piano, e vedo un’influenza texana tra Willie Nelson e Jerry Jeff Walker: il ritornello è splendido e la steel che ricama alle spalle del leader pure, mentre con Johnny siamo in pieno rockin’ mood, un pezzo duro, chitarristico e cadenzato che fa emergere lato più spigoloso del nostro (e qui qualche somiglianza con gli White Stripes in effetti c’è). Pancho & Lefty è il classico assoluto di Townes Van Zandt ed una delle canzoni più belle di sempre, e TJ intelligentemente non la stravolge ma la riprende in maniera fluida e distesa, lasciando scorrere la melodia immortale ed accompagnando il tutto in modo tradizionale, con la ciliegina della partecipazione vocale in duetto del già citato Cody Jinks oltre che di Elizabeth Cook e Paul Cauthen: Townes da lassù sorride soddisfatto.

Off To War è una struggente ballata acustica con un malinconico violino alle spalle, che dimostra la versatilità del nostro e la sua disinvoltura nello scrivere brani di ogni tipo; con la trascinante Hands On You siamo ancora in pieno trip rock’n’roll, ritmo, chitarre elettriche e slide e feeling formato famiglia (con in più un refrain accattivante), a differenza di Someone To You che è una deliziosa e languida honky-tonk ballad di stampo classico ma suonata con piglio moderno (e qui vedo Yoakam). La delicata ed acustica The Country, altro slow di qualità sopraffina, precede la seconda cover del disco, una splendida, creativa e sorprendente rilettura in puro stile folk-bluegrass elettrificato di She Talks To Angels dei Black Crowes, ancora con ritmo acceso ed il suono guidato da violino, mandolino e dobro. Chiude l’intima e soffusa Sparklin’ Burnin’ Fuse, altra ballata caratterizzata da uno script impeccabile ed ancora dall’ottimo uso della steel. Al momento il disco country dell’anno, almeno per il sottoscritto, è ancora quello di Colter Wall, ma questo terzo lavoro del talentuoso Tennessee Jet potrebbe facilmente entrare tra i primi cinque-sei della categoria.

Marco Verdi

Solo Del Sano Vecchio Blues(Rock). The Nighthawks – Tryin’ To Get To You

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The Nighthawks – Tryin’ To Get To You – Eller Soul Records

Ogni tanto Mark Wenner chiama a raccolta i suoi Falchi Della Notte: da qualche tempo, una decina di anni, il risultato di questi incontri viene pubblicato dalla Eller Soul, piccola ma attiva etichetta della Virginia, uno degli stati degli Usa più antichi, a due passi da Washington, D.C. la base della band. L’etichetta di Richmond ha un roster di artisti che gravitano tra il blues e la roots music, i più famosi sono probabilmente i Nighthawks, ma incidono per loro anche Little Charlie, Mike Henderson, Jason Ricci e altri meno noti, poi sulla reperibilità dei CD non ci metterei la mano sul fuoco. Il nuovo album Tryin’ To Get To You, esce più di 45 anni dopo il fulminante debutto con Rock And Roll del 1976, ma allora c’era ancora Jimmy Thackery alla solista: quello del ruolo del chitarrista è sempre stata la croce e delizia per i fans della band, dal 1986 anno dell’abbandono di Thackery sono passati nella line-up anche Jimmy Nalls e Warren Haynes, da qualche anno sembravano avere trovato la quadra con Paul Bell, alla 6 corde nel precedente All You Gotta Do, uno dei migliori della loro discografia da lunga pezza https://discoclub.myblog.it/2017/10/04/questa-volta-non-si-scherza-bentornati-a-bordo-the-nighthawks-all-you-gotta-do/ .

Ma ecco che nel nuovo album a fianco di Wenner e Mark Stutso alla batteria, arrivano un nuovo bassista Paul Pisciotta e un nuovo chitarrista e cantante Dan Hovey. Il disco è sempre di buona fattura, ma mi sembra che forse manchi quel piccolo quid che aveva aggiunto Bell: nel suono convergono comunque blues, tanto, e tracce di rock, R&B, honky-tonk, country, doo-wop, roots music, gospel, rockabilly, e l’esperienza di 30 album circa (questo dovrebbe essere il n°31) alle loro spalle non è vana, ma ogni tanto, a fronte di grinta, divertimento e passione, ci sono dischi più riusciti ed altri un filo meno, poi ognuno ascolta e si fa il proprio giudizio. Il groove è quello classico, come testimonia subito la cover di Come Love di Jimmy Reed, ritmo ciondolante, begli intrecci vocali, l’armonica in primo piano, il vocione vissuto di Wenner, la divertente e swingata I Know Your Wig Is Gone di T-Bone Walker illustra il loro lato più ludico, con la voce e la solista pulita di Hovey in evidenza, Tell Me What I Did Wrong di James Brown, cantata da Stutso, ricorda i Fabulous Thunderbirds più pimpanti, sempre con le armonie vocali a 4 parti della band ben usate e il soffio pulsante dell’armonica di Wenner mai spento.

La title-track, cantata da Wenner, è un vecchio brano simil country che faceva parte del repertorio di Elvis Presley, dove la band si lancia anche in spericolati cori doo-wop, mentre il leader è sempre impegnato alla mouth harp, Baby It’s You è uno dei brani firmati dal chitarrista Hovey, un sinuoso boogie blues ancorato da un giro di basso di Pisciotta e sempre con Wenner in evidenza, mentre I Hate A Nickel è un solido errebì cantato dal batterista Stutso, che l’ha scritta con Norman Nardini. Rain Down Tears è un vecchio brano del repertorio di Hank Ballard, un bel blues scandito cantato da Hovey che rilascia anche un limpido assolo di chitarra, Somethin’s Cookin’ sempre scritta e cantata da Stutso, quello con la voce più “nera” della band, è un pimpante swing-blues corale, prima di lasciare il microfono a Wenner per un vecchio brano R&B dei Manhattans , Searchin’ For My Baby, una piccola delizia soul dove il gruppo mette a frutto ancora una volta le armonie vocali che sono uno dei loro punti di forza.

Ma il brano migliore del disco è una gagliarda cover di Don’t Worry Baby dei Los Lobos, cantata nuovamente da Hovey e con i Nighthawks che tornano al blues-rock delle origini, con Wenner e Hovey che ci danno dentro di brutto. Luscious, cantata da Mark è uno di quei divertenti siparietti che piacciono al gruppo (e a chi ascolta), pensate a un Louis Prima a cui piaceva il blues, 12 battute in puro Chicago Style che irrompono nella intensa Chairman Of The Board, in origine un pezzo soul ma qui suonata come se accompagnassero Muddy Waters, prima di congedarsi con The Cheap Stuff, un rigoroso blues acustico, scritto e cantato da Hovey. Quindi alla fine missione compiuta, anche questa volta “ci hanno raggiunto”!

Bruno Conti

Dopo Ziggy E Prima Del Duca Bianco C’Era David “L’Americano”. David Bowie – I’m Only Dancing (The Soul Tour 74)

david bowie i'm only dancing the soul tour

David Bowie – I’m Only Dancing (The Soul Tour 74) – Parlophone/Warner Record Store Day 2CD – 2LP

Aldilà del dolore per l’improvvisa scomparsa del loro idolo nel gennaio del 2016, negli ultimi anni i fans di David Bowie hanno avuto di che leccarsi i baffi tra live inediti, i quattro cofanetti retrospettivi con gli album della sua discografia ed anche qualche aggiunta (una serie che però è ferma a Loving The Alien del 2018, che prendeva in esame gli anni ottanta della popstar inglese) ed il bellissimo box quintuplo dello scorso anno Conversation Piece, con le sessions ed i demo casalinghi inerenti all’album del 1969 Space Oddity. Quest’anno si è invece deciso di celebrare (si fa per dire) The Man Who Sold The World, disco del 1970 di Bowie che il sei novembre verrà rimesso sul mercato, remixato ma senza mezza bonus track, con il titolo di Metrobolist (che sembra fosse il nome originale dell’album) e la copertina cambiata con una tra l’altro delle più brutte viste ultimamente: in poche parole, un’iniziativa ridicola.

Gli estimatori del Duca Bianco si possono comunque consolare con un nuovo live inedito uscito a fine agosto in occasione della prima parte del Record Store Day (che quest’anno a causa del Covid è stato diviso in tre), sia in doppio LP che in doppio CD: I’m Only Dancing (The Soul Tour 74) come suggerisce il titolo si occupa di uno show tratto dalla tournée del 1974 per promuovere l’album Diamond Dogs, e precisamente del concerto del 20 ottobre al Michigan Palace di Detroit (al quale manca la parte finale per problemi tecnici, sostituita però da quella registrata al Municipal Auditorium di Nashville il 30 novembre). Non è la prima volta che questo tour, che si svolse esclusivamente tra Canada e Stati Uniti, viene documentato ufficialmente, e la sua particolarità fu quella di essere diviso in tre parti con tre band diverse: il famoso album dal vivo dell’epoca David Live si occupava di un concerto a Philadelphia nel primo periodo (giugno-luglio), la seconda parte (settembre) è stata presa in esame tre anni fa in Cracked Actor, mentre il CD di cui mi occupo oggi è inerente alla terza fase.

Un’altra caratteristica fu che tra il primo e secondo segmento (quindi in agosto) Bowie incise le canzoni che avrebbero formato l’anno seguente l’album Young Americans, un disco con un suono influenzato dal soul ed errebi di Philadelphia, e la restante parte del tour da settembre in poi sarà ispirata da questo tipo di sound: da qui il nomignolo “The Soul Tour” (o anche “The Philly Tour”). I’m Only Dancing vede Bowie in ottima forma (con una voce leggermente arrochita dai molti concerti) accompagnato da un gruppo di prima qualità, cosa normale per il nostro che si è sempre affidato a musicisti formidabili: Earl Slick alla chitarra solista, Carlos Alomar alla ritmica, Mike Garson alle tastiere, la futura star del sax David Sanborn, il noto bassista Willie Weeks, Dennis Davis alla batteria, Pablo Rosario alle percussioni e ben sei backing vocalists, tra i quali spicca l’allora sconosciuto Luther Vandross, anch’egli destinato ad una carriera di grande successo.

Il doppio CD, poco meno di 90 minuti in tutto, è piacevole dalla prima all’ultima canzone grazie ad una miscela accattivante tra rock, soul, errebi e funky, un concerto scoppiettante che inizia con la classica Rebel Rebel e continua con l’altrettanto popolare John, I’m Only Dancing (Again), mettendo in fila in maniera brillante brani la cui fama è arrivata fino ad oggi come Changes, The Jean Genie (dall’arrangiamento quasi blues), Suffragette City, Rock’n’Roll Suicide e Diamond Dogs ed altri meno noti come la funkeggiante 1984, la potente rock ballad Moonage Daydream (con grande assolo finale di Slick), la soulful Rock’n’Roll With Me, che a dispetto del titolo è uno slow, e, vista la location, non poteva mancare la roccata Panic In Detroit.David offre anche in anteprima quattro pezzi da Young Americans: la title track, puro blue-eyed soul, l’elegante ballata Can You Hear Me, l’inedito It’s Gonna Be Me (che uscirà sulle future ristampe), e l’annerita Somebody Up There Likes Me, con Sanborn protagonista. Dulcis in fundo, Bowie si diverte a proporre cover abbastanza eterogenee infilandole qua e là, alcune appena accennate ed altre in medley creati appositamente: ascoltiamo quindi una suadente Sorrow dei McCoys, la celeberrima Knock On Wood di Eddie Floyd, la meno nota Foot Stompin’ (The Flares) ed uno standard jazz degli anni venti intitolato I Wish I Could Shimmy Like My Sister Kate; infine, c’è anche un doppio omaggio a Beatles e Rolling Stones, rispettivamente con Love Me Do e It’s Only Rock’n’Roll (But I Like It).

Un buon live quindi, forse non indispensabile per l’acquirente occasionale (anche perché non costa pochissimo), ma che gli appassionati di David Bowie si saranno probabilmente già accaparrati.

Marco Verdi