E Costui Da Dove Spunta? Ed E’ Anche Bravo! Eliot Bronson – James

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Eliot Bronson – James – Rock Ridge CD

Dave Cobb è sicuramente uno dei produttori del momento, almeno per quanto riguarda la musica che conta per questo blog, ma non è detto che ogni disco che vede lui alla consolle sia da prendere a scatola chiusa: anch’egli tiene famiglia e ha delle bocche da sfamare, altrimenti non si capisce perché talvolta troviamo il suo nome anche su album di gente che vive musicalmente ai suoi antipodi (Rival Sons e Europe, per fare due esempi). Quando però si rimane in ambito roots-Americana, è più che consigliabile buttare un orecchio verso i prodotti che recano il suo “marchio”, ed è il caso nella fattispecie di questo disco, segnalatomi da Bruno in quanto non conoscevo il soggetto, di Eliot Bronson, songwriter originario di Baltimore, Maryland, e con già tre album alle spalle (e l’ultimo di essi, l’omonimo Eliot Bronson del 2014, vedeva già Cobb in cabina di regia). James è il titolo, piuttosto enigmatico, del nuovo CD di Bronson, e devo dire che Bruno ci ha visto giusto anche stavolta, in quanto ci troviamo di fronte ad un ottimo lavoro di puro rock americano classico venato di country, con influenze che vanno da Bob Dylan (non sempre però) a Tom Petty passando per Gram Parsons.

Detto così potrebbe sembrare che Eliot sia uno dei tanti musicisti che spuntano ogni mese, ma devo dire che James si eleva nettamente dalla media, in quanto contiene una serie di canzoni di ottima fattura, suonate in maniera classica da un manipolo ridotto di mani esperte (l’abituale sezione ritmica di Cobb, Brian Allen e Chris Powell, il bravissimo chitarrista Brett Hartley, oltre agli stessi Cobb e Bronson): solo otto canzoni per mezz’ora scarsa di durata, ma quando la qualità è così alta non c’è davvero bisogno di allungare il brodo. Alcuni pezzi sono elettrici, altri più influenzati dal country, altri ancora tipicamente da songwriter, ma con un gusto spiccato per la melodia e per i suoni diretti ed immediati. L’album si apre con Breakdown In G Major, un vibrante blues elettrico sullo stile del Dylan degli anni sessanta, sia come voce che uso della strumentazione (armonica compresa), ritmo sostenuto e svisate di slide che “sporcano” il sound. Un ottimo biglietto da visita, anche se si tratta dell’unico brano in questo stile. Good Enough ha un incipit che ricorda The House Of The Rising Sun, ma solo all’inizio, in quanto la canzone si rivela essere una bellissima ballata crepuscolare dal motivo emozionante, una chitarra elettrica che lavora sottopelle sullo sfondo ed un’atmosfera carica di intensità.

Un’altra slide insinuante apre The Mountain, un pezzo ancora dall’eco “cosmica”, arrangiamento molto anni settanta ed un refrain aperto e di grande impatto; Stranger è tenue, acustica, con una languida steel in lontananza ed una ritmica discreta, un pezzo non banale e da cantautore puro, mentre Rough Ride (dedicata a Freddie Gray, un ragazzo di colore di Baltimore arrestato per possesso illegale di arma da taglio e massacrato di botte fino alla morte dalla polizia durante il trasporto al commissariato) è splendida, con un chitarrone alla Neil Young, una melodia fluida e scorrevole figlia del miglior Tom Petty ed un tempo mosso e coinvolgente: magnifica. Hard Times è una country-rock ballad dal suono classico e puro, molto seventies, ennesimo pezzo di qualità superiore, Rollin’ Down A Line è un folk-rock molto orecchiabile, diretto e piacevole, ancora con Petty in mente, un’altra canzone da annoverare tra le più belle. Finale intimo con la pacata Mercy, intenso momento elettroacustico, un brano delicato nella strumentazione ma solido nello script.

Anche questa volta Dave Cobb non ha sbagliato cavallo, ma il merito va indubbiamente ad Eliot Bronson, uno da tenere decisamente d’occhio.

Marco Verdi

E Costui Da Dove Spunta? Ed E’ Anche Bravo! Eliot Bronson – Jamesultima modifica: 2017-10-20T16:35:41+02:00da bruno_conti
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