E’ Tempo Di “Rockumentari”! Le Colonne Sonore: Parte 1. Eric Clapton – Life In 12 Bars

eric clapton life in 12 bars

Eric Clapton – Life In 12 Bars – Universal 2CD – 4LP

E’ già di qualche mese fa l’uscita al cinema (ed in tempi più recenti in DVD e BluRay *NDB In Italia il 27 giugno) di Life In 12 Bars, bellissimo documentario diretto da Lili Fini Zanuck sulla figura di Eric Clapton, una delle massime icone mondiali della musica rock e blues, nel quale sia Eric stesso sia diverse persone tra colleghi ed amici narrano la vita e la carriera del chitarrista britannico, senza ignorare anche i momenti “scomodi”, come i problemi con le droghe e l’alcool, il “furto” della moglie all’amico di una vita George Harrison ed anche i dolori e le tragedie. Oggi però vorrei parlarvi della colonna sonora di questo film, uscita da pochi giorni in doppio CD (o quadruplo LP), una selezione molto interessante curata da Clapton stesso, con incluso anche del materiale inedito, non molto per la verità, ma quel poco rende l’acquisto dell’album quasi imprescindibile. Una cosa che va subito premessa è che, con la sola eccezione della versione originale della struggente Tears In Heaven (dedicata al figlio Conor, scomparso tragicamente), che comunque risale ormai a 26 anni fa, il materiale inserito in questo doppio si occupa solo della prima parte della carriera di Eric, arrivando fino al 1974, mentre il film porta la narrazione fino ai giorni nostri. Non conosco il motivo di questa scelta, e non penso che ci sarà un secondo volume, certo è che per fare un lavoro completo ed esauriente non sarebbe bastato nemmeno un box quadruplo. Tra l’altro i brani scelti non vedono Clapton sempre protagonista in prima persona, in quanto sono stati messi anche pezzi di grandi del passato che lo hanno influenzato, oltre a canzoni in cui il nostro ha fatto da sessionman, ed anche qui chiaramente è stata fatta una selezione, se no i dischi potevano diventare tranquillamente dieci.

Ecco una rapida carrellata dei contenuti, con una maggior attenzione ai pezzi inediti (sette in tutto, ma a voler essere pignoli solo quattro, però notevoli). Il primo dischetto parte con un brano di Big Bill Broonzy (Backwater Blues) e due di Muddy Waters (My Life Is Ruined, I Got My Mojo Working), due grandi influenze del nostro, anche se non capisco l’assenza di Robert Johnson; poi abbiamo due canzoni del periodo con gli Yardbirds (I Wish You Would, For Your Love) ed altrettante con i Bluesbreakers di John Mayall (Steppin’ Out, All Your Love), in cui il nostro fa già vedere di che pasta è fatto. Detto della presenza di due brani in cui Eric era sideman (Good To Me As I Am To You di Aretha Franklin, magnifica, e la leggendaria partecipazione a While My Guitar Gently Weeps dei Beatles) e dell’inclusione della splendida Presence Of The Lord, unico estratto dal mitico disco dei Blind Faith, il resto del CD è esclusivo appannaggio dei Cream, con ben sette canzoni, sei delle quali un po’ scontate (Sunshine Of Your Love, I Feel Free, Crossroads e White Room dal vivo, Strange Brew e Badge), ma in compenso con una fantasmagorica Spoonful inedita dal vivo nel 1968 a Los Angeles, più di diciassette minuti di rock potentissimo e devastante, che sfiora quasi la psichedelia, con Eric davvero in preda ad un’estasi sonora quasi mistica, ed il duo formato da Jack Bruce e (soprattutto) Ginger Baker che lo segue come un treno. Da sola vale l’acquisto del doppio CD, ma tutto il primo dischetto è formidabile, e d’altronde questo è il periodo in cui Clapton veniva paragonato a Dio.

Il secondo CD paga il suo tributo al Clapton sessionman con una fantastica Comin’ Home di Delaney & Bonnie, tratta dell’edizione espansa del famoso live del duo, e con la celeberrima My Sweet Lord di George Harrison, scelta strana in quanto i due famosi assoli di slide sono di George ed Eric si limita a suonare l’acustica. I due inediti “finti” sono due mix nuovi di zecca, ad opera di Clapton stesso, di After Midnight e Let It Rain, i due pezzi più noti del suo debutto solista Eric Clapton, sempre due grandi canzoni ma le differenze col vecchio mix le sentono solo i maniaci audiofili. Ben sette brani appartengono a Derek And The Dominos, quattro dal loro leggendario Layla And Other Assorted Love Songs (ovviamente la title track, poi Bell Bottom Blues, Nobody Knows You When You’re Down And Out e Thorn Tree In The Garden, quest’ultima cantata da Bobby Whitlock), la versione in studio di Got To Go Better In A Little While presa dal box del quarantennale e Little Wing di Jimi Hendrix dal vivo al Fillmore, rilettura che proviene dagli stessi concerti del 1970 che hanno dato vita all’album In Concert, ma questa è inedita in quanto incisa il 24 Ottobre, mentre quella già uscita era del 23: non che le due versioni differiscano di molto, ma rimane sempre grandissima musica. Dulcis in fundo,udite udite, un inedito assoluto in studio: si tratta di High, tratta dalle sessions dell’abortito secondo album del gruppo, uno strumentale elettroacustico dal ritmo sostenuto, non male ma che sembra più una backing track per delle parole che non verranno mai scritte: comunque una chicca, dato che si pensava che del periodo Clapton/Derek fosse stato pubblicato tutto.

Le ultime quattro canzoni vedono Eric all’opera come solista: la già citata Tears In Heaven, la meno nota Mainline Florida (da 461 Ocean Boulevard), un altro inedito “più o meno”, cioè la versione completa di I Shot The Sheriff, presentata per la prima volta nei suoi quasi sette minuti e con una coda strumentale più lunga (ma è la stessa take di quella uscita anche come singolo) e, per finire, una versione dal vivo questa volta sì mai sentita di Little Queenie di Chuck Berry a Long Beach nel 1974, sei minuti irresistibili di puro rock’n’roll, con Eric in forma scintillante e ben coadiuvato dall’organo di Dick Sims e dalla poderosa sezione ritmica di Carl Radle e Jamie Oldaker. Peccato che il tutto si interrompa qui, in quanto mancano vari momenti anche importanti della vita musicale del nostro: il Live Peace In Toronto con la Plastic Ono Band, Cocaine, Wonderful Tonight e l’album Slowhand, Sign Language con Bob Dylan, i controversi anni ottanta, l’Unplugged di MTV, il ritorno al blues di From The Cradle, il tributo a Robert Johnson, il tour con Steve Winwood, i due album condivisi con B.B King (Riding With The King) e J.J. Cale (The Road To Escondido), altre due sue grandi influenze. Ma come ho già scritto, ci sarebbe voluto un cofanetto.

Alla fine, quindi, questa soundtrack di Life in 12 Bars è una sorta di antologia alternativa del primo periodo della carriera di Eric Clapton, con gli inediti che la rendono succosa anche per chi di Manolenta ha già tutto. E poi, sentito tutto d’un fiato, il doppio CD funziona a meraviglia.

Marco Verdi

E’ Tempo Di “Rockumentari”! Le Colonne Sonore: Parte 1. Eric Clapton – Life In 12 Barsultima modifica: 2018-06-17T13:29:13+02:00da bruno_conti
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