Uno Dei Dischi Cardine Della Psichedelia Californiana Degli Anni Sessanta. Grateful Dead – Anthem Of The Sun 50th Anniversary

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Grateful Dead – Anthem Of The Sun 50th Anniversary – Rhino/Warner 2CD

Prosegue la ristampa della discografia ufficiale dei Grateful Dead in occasione dei cinquantenari dall’uscita degli album originali: dopo la ripubblicazione deluxe del loro esordio omonimo avvenuta lo scorso anno https://discoclub.myblog.it/2017/01/29/ci-mancavano-solo-le-ristampe-dei-cinquantesimi-grateful-dead-50th-anniversary-deluxe-edition/ , un’operazione che ha attirato diverse critiche in quanto dovrebbe terminare nel 2039 con la riedizione di Built To Last (il loro ultimo disco in studio), con il rischio concreto che molti fans della prima ora non possano completare l’opera per motivi anagrafici (ammesso e non concesso che tra 21 anni esisteranno ancora i CD). Anthem Of The Sun, uscito appunto nel 1968, è considerato da molti il primo vero album in cui i Dead introducono il loro suono, in quanto nel debutto di The Grateful Dead, pur essendo presenti diversi futuri classici delle loro esibizioni dal vivo, il gruppo di San Francisco aveva deciso di includere canzoni piuttosto brevi (con l’eccezione di Viola Lee Blues) e con arrangiamenti rock che non avevano ancora del tutto le caratteristiche del suono che li renderà famosi.

Per contro, Anthem Of The Sun è esattamente l’opposto, in quanto presenta soltanto cinque brani, di cui uno solo di breve durata: non solo, ma di tutta la discografia dei Dead è quello in assoluto che si avvicina di più al suono dei loro concerti, grazie soprattutto all’idea, decisamente innovativa per l’epoca, di mischiare incisioni in studio con spezzoni di vari live show, creando una sorta di ibrido. In seguito diventerà la prassi per molti artisti “aggiustare” i dischi dal vivo con incisioni in studio (e quasi mai dichiarandolo), ma il caso di Anthem Of The Sun, cioè un disco in studio viceversa aggiustato con frammenti live, è tuttora abbastanza unico. I cinque brani presenti in questo disco diventeranno tutti dei veri classici del gruppo, e sono ancora oggi considerati uno dei punti più alti della musica psichedelica dell’epoca, con una band in stato di grazia, guidata da un Jerry Garcia ai vertici della sua creatività: in questo album i Dead sono tra l’altro in una formazione a sette elementi che non durerà a lungo, con Tom Constanten che si aggiunge allo zoccolo duro formato da Garcia, Bob Weir, Ron “Pigpen” McKernan (il sui organo è un altro elemento indispensabile nell’economia del suono), Phil Lesh e la doppia batteria di Mickey Hart e Bill Kreutzmann. Questa ristampa deluxe, che esce con la copertina a cui è stato donato uno splendido effetto lenticolare in 3D, presenta nel primo CD l’album originale in due diversi missaggi, quello del 1968 ed il remix del 1971: le differenze sono minime, anche se il secondo sembra meno confuso ed “impastato”, oltre a prolungare la durata di alcuni brani.

I cinque pezzi del disco sono, come ho già detto, tutti molto noti tra i fans dei Dead, a partire dalla straordinaria That’s It For The Other One, una mini-suite in quattro movimenti che lascia ampio spazio alle scorribande dei nostri, con Garcia e Weir che si alternano alle parti vocali soliste: pura psichedelia, con tanto di finale rumoristico ad opera di Constanten. La lenta e sinuosa New Potato Caboose (di Lesh), che vede addirittura spuntare un clavicembalo, ha soluzioni melodiche e strumentali che la avvicinano al pop, anche se la parte centrale dà spazio ad una grande performance di Jerry, mentre Born Cross-Eyed mantiene le atmosfere lisergiche nonostante duri poco più di due minuti. Il disco termina con la rockeggiante Alligator, ancora di Lesh, che è un fluido brano tutto giocato su cambi di ritmo ed improvvisazioni varie, e con Caution (Do Not Stop On Tracks), un rock-blues allucinato che è anche il momento in cui Pigpen si prende il centro della scena (ma Garcia si fa largo a suon di assoli).

Il secondo CD propone un concerto, ovviamente inedito, registrato al Winterland di San Francisco nell’autunno del 1967 (anche la ristampa dello scorso anno prendeva in esame uno show dell’anno precedente). Un concerto bello, potente e lisergico quanto basta, con Garcia ovviamente sugli scudi ma anche il resto della band (ancora senza Constanten) che lo segue con sicurezza, con McKernan in testa. La serata inizia con una vibrante versione dell’apocalittica Morning Dew, molto bella, e prosegue tra momenti di pura psichedelia (New Potato Caboose, con Jerry strepitoso), cover di classici del blues (It Hurts Me Too di Elmore James) e brani dove emergono sia il lato roots della band (Cold Rain And Snow) che quello rock’n’roll (Beat It On Down The Line). Le due canzoni restanti sono anche gli highlights del concerto: una scintillante rilettura di Turn On Your Lovelight di Bobby “Blue” Bland, che diventerà un must dei loro show, ed una spettacolare That’s It For The Other One di 15 minuti, che chiude la serata in deciso crescendo.

Quindi all’anno prossimo, con la ristampa di uno dei lavori dei Dead che preferisco (Aoxomoxoa) e, se la campagna di riedizioni prevede anche i dischi dal vivo, di Live/Dead, uno degli album registrati on stage più importanti di sempre.

Marco Verdi

Uno Dei Dischi Cardine Della Psichedelia Californiana Degli Anni Sessanta. Grateful Dead – Anthem Of The Sun 50th Anniversaryultima modifica: 2018-07-27T01:28:04+02:00da bruno_conti
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