In Quattro Parole: Non Ci Siamo Proprio! O.A.R. – The Mighty

o.a.r. the mighty

O.A.R. – The Mighty – Red Music/Sony CD

Gli O.A.R., quintetto del Maryland guidato dal cantante e chitarrista Marc Roberge (insieme a Richard On, chitarra solista, Chris Culos, batteria, Benj Gershman, basso, e Jerry DePizzo, chitarra e sax), hanno ormai passato la boa dei vent’anni di carriera, celebrati nel 2016 con XX, un bel doppio contenente diverse novità e brani dal vivo. E’ proprio nei concerti che i nostri (il cui nome è l’acronimo di Of A Revolution) hanno negli anni consolidato la loro fama, vista una forte tendenza alla jam ed a rivoltare come calzini i brani degli album di studio creando una stimolante miscela di rock, folk, Americana, blues e reggae: nel corso dei vent’anni di carriera Roberge e compagni hanno pubblicato ben cinque live albums, e non registrati in piccoli club ma in location nelle quali si esibiscono solitamente solo gli artisti più affermati (tipo il Madison Square Garden o il Red Rocks Amphitheatre https://discoclub.myblog.it/2012/12/04/tra-le-rosse-rocce-o-a-r-live-on-red-rocks/ ). The Mighty, il nuovo album degli O.A.R., segna quindi un nuovo punto di partenza, ma a giudicare da quanto ho ascoltato ho paura che i ragazzi abbiano intrapreso un sentiero pericoloso, lo stesso che negli ultimi tempi è stato percorso, tra i tanti, da Mumford & Sons, Arcade Fire e Low Anthem.

Intanto The Mighty è il loro album più corto: infatti, benché gli altri lavori di studio del gruppo servissero in un certo senso come trampolino di lancio per le esibizioni live, non sono mai andati al di sotto dei canonici 45-50 minuti, mentre qui arriviamo a malapena a 36. Ma la brevità in sé non sarebbe un male, se però il resto funzionasse: in realtà The Mighty non parte neanche malissimo, ma nel giro di tre canzoni si perde in un marasma di sonorità finte, canzoncine pop senza spessore, melodie quasi da teen band e, soprattutto, una totale mancanza di chitarre, che in un disco che dovrebbe essere rock è un delitto. Non un riff, non parliamo poi di assoli: solo brani che hanno lo stesso spessore della carta velina, e che non so sinceramente come potranno essere rivitalizzati dal vivo. Gran parte della colpa va di sicuro ai produttori, Gregg Wattemberg e PomPom (?!?), solitamente abituati a suoni pop commerciali di scarsa qualità, ma la responsabilità principale è da accreditare proprio alla scelta degli O.A.R. di spersonalizzare e banalizzare il suono, tra l’altro con una fastidiosa tendenza ad infilare il reggae in almeno metà dei brani presenti. Il disco, come dicevo prima, ha un discreto inizio: Knocking At Your Door è un brano godibile e solare dal bel refrain e di chiaro stampo reggae, un genere che di solito non amo ma qui il connubio tra rock e caraibi è abbastanza riuscito, per quanto sempre molto scontato.

Pure California non è malaccio, ma cominciamo ad essere ai margini del pop, con suoni moderni e zero chitarre, anche se non nascondo che il pezzo è orecchiabile e non privo di attrattiva. Con Free il disco inizia però a mostrare la corda: puro pop da classifica, sonorità un po’ fasulle ed ancora nulla che si possa anche lontanamente paragonare al rock, ed anche le parti vocali suonano un po’ vuote. Miss You All The Time si apre con il suono di una chitarra arpeggiata, che però sparisce quasi subito per lasciare spazio ad altre sonorità decisamente finte e ad un melodia corale piuttosto stucchevole; Oh My! è anche peggio, suoni sintetizzati, coretti insulsi ed un pezzo che mescola pop e dance in maniera censurabile. Anche se il CD è breve faccio fatica a proseguire, e l’inizio tutto sommato positivo è già un ricordo: Turn It Up Slow sembra un synth-pop anni ottanta degno di Level 42 o Howard Jones, All Because Of You è un lento che andrebbe bene per una festa di adolescenti, mentre Be Easy è un po’ meglio, una ballata fresca, abbastanza coinvolgente e con gli strumenti giusti (con un filo di reggae anche qui). Ma è un po’ poco, anche perché nel finale ci si imbatte in Are You For Real, altro slow anonimo e ben poco rappresentativo dello stile passato del gruppo, e nell’acustica Nantucket Is Gone, delicata e gentile ma ancora troppo leccata nei suoni.

Per definire The Mighty potrei usare lo stesso acronimo del gruppo: Opera Alquanto Raccapricciante.

Marco Verdi

In Quattro Parole: Non Ci Siamo Proprio! O.A.R. – The Mightyultima modifica: 2019-05-27T08:57:33+02:00da bruno_conti
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