Non La Sua Prova Migliore Ma Un Disco Comunque Solido E Soddisfacente, La Voce E’ Sempre Splendida. Beth Hart – War In My Mind

beth hart war in my mind deluxe

Beth Hart – War In My Mind – Mascot/Provogue

L’immagine di copertina del nuovo album di Beth Hart War In My Mind, la ritrae seduta al pianoforte con una strano cappellino in testa e un nuvolone temporalesco personale da cui parte un fulmine che la colpisce: è una “foto” per certi versi precisa anche del carattere della cantante americana.  Da sempre alle prese appunto con il suo complesso carattere, influenzato dalla malattia bipolare e dalle vicende variegate della sua vicenda artistica ed umana: come dice sinceramente lei stessa, anche oggi che ha comunque trovato un equilibrio, pure con i suoi problemi con l’alcol, il suo umore è soggetto a sbalzi continui “ le cose sembrano andare bene, poi vanno a puttane, poi di nuovo bene e ancora di merda”. Ed è proprio da questi contesti ambivalenti che nascono le sue canzoni migliori: prendiamo l’iniziale Bad Woman Blues, scritta con Rune Westberg, un brano influenzato da una sorta di gospel moderno, dal ritmo incalzante e con un refrain ricorrente, un misto di rock, blues e qualche elemento pop, come nelle canzoni più accessibili di Beth, un pezzo che potrebbe funzionare perfino nelle radio, grazie al suo coretto un filo ruffiano, sempre sparato a tutta potenza da quella voce incredibile che a 47 anni compiuti pare avere raggiunto la sua piena maturità.

La canzone è in pratica il demo iniziale voce e piano, intorno al quale il nuovo produttore Rob Cavallo, ha costruito un arrangiamento complesso e composito. Anche la storia con Cavallo è curiosa: già nel 2003 i due avevano incrociato le loro strade quando Rob avrebbe dovuto mixare l’album Leave The Light On, ma poi anche per incomprensioni con il suo produttore dell’epoca non se ne fece nulla. Devo dire che non è sia uno che mi faccia impazzire, i suoi trascorsi con Green Day, My Chemical Romance, Goo Goo Dolls non sono proprio in linea con i miei gusti musicali, ma anche Kevin Shirley, prima dei dischi con Bonamassa e la Hart, aveva un pregresso metallaro, pure Cavallo ha lavorato con Dave Matthews, Gary Clark Jr e altri più spendibili. Comunque alla luce del lavoro in questo album direi che si è comportato onorevolmente, senza snaturare troppo la musica di Beth Hart, solo aggiungendo a tratti una patina di “spendibilità” commerciale e radiofonica. Per esempio la title track, la bellissima War In My Mind, rimane una maestosa ballata pianistica che forse vira verso uno sviluppo a tratti fin troppo epico, ma giustificato anche dall’argomento della “salvezza” trattato dalla canzone, ispirata a Beth dai suoi rapporti  con Pastor Kim, una “ministra” della chiesa evangelica che è stata un punto di riferimento per la Hart nella sua lotta con l’alcolismo, comunque che voce ragazzi, lasciatela pure esagerare!

Ma non mancano neppure quei brani jazzy e delicati tipici del suo songbook, come la raffinata Without Words In The Way, introdotta da un contrabbasso e da una batteria spazzolata, con un organo sullo sfondo ed un cantato vissuto ed intenso, di cui la nostra amica non voleva venisse usata questa take, registrata alla fine di una lunga giornata in studio e quindi priva della sua massima potenza vocale a favore di un approccio più spoglio e vulnerabile, che alla fine si rivela perfetto per la canzone; pure Let It Grow, scritta di nuovo con Westberg, utilizza ancora questo timbro vocale “salvifico” nella costruzione sonora, di nuovo con elementi gospel, grazie alla voce sincera e partecipe, priva di acrobazie, ma indubbiamente potente e trascinante, anche nei momenti in cui guida proprio un intero coro gospel .Try A Litte Harder è in pratica una storia vera, una canzone di impianto R&B che racconta la vicenda di suo padre quando era un giocatore d’azzardo a Las Vegas negli anni ’70, con affetto e meraviglia, e un tocco leggiadro quando la canzone rallenta un paio di volte in intermezzi  quasi romantici e sognanti; restando in famiglia l’accorata e splendida ballata Sister Dear ricorda ancora una volta teneramente l’amata sorella maggiore Sharon morta per complicazioni causate dall’AIDS quando Beth aveva 20 anni.

Nell’album, come in generale nei dischi di studio della Hart, prevalgono i brani lenti e le ballate, ma come lascia intuire il titolo Spanish Lullabies, la canzone è una vivace e mossa composizione a tempo di flamenco-rock, mentre la solenne ballata pianistica Rub Me Luck potrebbe essere un brano da colonna sonora di James Blond, come ipotizzato dal produttore Cavallo, lenta ma con quelle aperture sontuose tipiche delle musiche dei film su 007 e un arrangiamento orchestrale magari un filo sopra le righe, ma sfizioso. Sugar Shack è l’unico brano che non mi piace, a tempo di disco-rock si salva giusto per la voce della cantante di L.A https://www.youtube.com/watch?v=uFkJR_plwYw , decisamente meglio Woman Now, un blues misterioso solo per voce e piano, che poi si anima con l’intervento di una chitarra elettrica nella parte centrale e del resto della band nella parte finale in crescendo, mentre uno dei migliori brani del disco risulta essere ancora una magnifica ballata come Thankful, anche questa scritta con Westberg, avvolgente ed emozionante come nella sua migliore tradizione. E pure la conclusiva I Need A Hero, una ulteriore toccante ballata risulta costruita intorno al piano e alla voce superba di Beth Hart, e conferma la  consistenza di questo War In My Mind, che se non raggiunge l’intensità complessiva dei suoi dischi di cover con Bonamassa o degli album dal vivo, è comunque una prova solida e soddisfacente. Esce il 27 settembre e nella versione Deluxe ci sono due bonus tracks dal vivo registrate a Amsterdam, Love Gangster e Fire On The Floor, oltre a cartoline, adesivi e 2 sottobicchieri!

Bruno Conti

Non La Sua Prova Migliore Ma Un Disco Comunque Solido E Soddisfacente, La Voce E’ Sempre Splendida. Beth Hart – War In My Mindultima modifica: 2019-09-23T09:29:31+02:00da bruno_conti
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