Com’è Diventato Vecchio (Ma Bravo)! Lloyd Cole – Broken Record

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Lloyd Cole – Broken Record – Tapete Records Eu/Self-released Usa

Quando escono questi dischi (belli) è come ritrovare un vecchio amico. Ho inizato a frequentare Lloyd Cole quando nel 1984 uscì il primo disco con i Commotions quel Rattlesnakes che ancora oggi fa la sua bella figura, in versione Deluxe, nella mia discoteca. Anzi direi che la conoscenza iniziò con un vecchio vinile 12″, un mix si usava dire, non ricordo se era Perfect Skin o Forest Fire, ma non ha importanza visto che erano entrambe belle canzoni e comunque non li ho più da secoli (problemi di spazio).

Comunque quel disco resiste gagliardamente all’usura del tempo e non è più stato superato da Lloyd Cole e raramente avvicinato a livello qualititivo. Periodicamente ho rinnovato la conoscenza con la sua produzione ma soprattutto negli ultimi anni ho avuto pochi motivi di soddisfazione a parte forse il box di outtakes e rarities Cleaning Out The Ashtrays ma era tutto materiale d’archivio, peraltro ottimo.

Quando ho visto le prime news di questo disco ero piuttosto scettico, le foto ci presentavano un signore ormai quasi 50enne (a gennaio) che da giovane musicalmente sembrava più vecchio di quello che era e che oggi ha raggiunto la parità tra aspetto esteriore ed età anagrafica: ma la musica mi ha convinto pienamente!

Sono solo undici brani, poco più di 35 minuti di musica, ma non c’è una canzone di valore scarso, perfino la stampa inglese che lo ha quasi sempre massacrato gli ha dato quattro stellette come piovesse soprattutto analizzando il contenuto dei suoi testi, ma quelli sono sempre stati e sono rimasti brillanti. L’incipit del primo brano e quindi del disco tutto, quello che recita “Not That I Had That Much Dignity Left Anyway” li ha mandati addirittura in sollucchero.

Ma è la musica che convince. Il suono ritorna quello di un gruppo, con Fred Maher alla batteria, il vecchio pard Blair Cowan che si occupa nuovamente delle tastiere, uno stuolo (va bè ho esagerato, sono 3) di chitarristi tra cui una pedal steel guitar suonata da Bob Hoffnar, che conferma che questo strumento che appare in moltissimi dischi recenti è tornato di moda. E poi c’è Joan Wasser (Joan As A Policewoman per chi la segue con il suo nome d’arte) che si occupa delle deliziose armonie vocali e dei contrappunti vocali femminili nonché di violino, piano e chitarra.

Il risultato, fin dall’iniziale Like A Broken Record, è gioiosamente malinconico (che sembra una contraddizione di termini): la pedal steel e il banjo pizzicato gli conferiscono un suono quasi country,un bel valzerone, ma la voce, che assomiglia moltissimo, tra tanti, al glorioso Al Stewart (non sono stato l’unico a notarlo) ma anche, aggiungo io, a George Harrison (tornato molto in auge tra le influenze attuali dei musicisti), la voce si diceva è tornata sicura e in primo piano con le belle armonie della Wasser. Writers Retreat, con un testo delizioso, ha di nuovo quella perfezione pop dei primi anni, tra mandolini, armoniche e chitarre che si muovono agili su un tessuto sonoro delicato ma forte al tempo stesso (con qualche reminiscenza del suono del primo Rod Stewart, quello di Every picture tells a story).

The Flipside è un’altra stupenda ballata ancora con quelle melodie malinconiche ma solari che erano un marchio di fabbrica del terzo Beatle e che Lloyd Cole fa sue, candidandosi ad ideale erede di quel mondo sonoro. Una più bella dell’altra, Why In The World è un altro bijou sonoro, una perfetta rappresentazione di equlibri sonori, tra canzone d’autore e dolcezze folk-pop. Westchester County jail accelera i tempi e si riavvicina a sonorità più country (ancora la pedal steel) ma di nuovo con quelle fantastiche armonie vocali e una chitarra che sembra provenire da un vecchio disco degli anni ’60 o da un vecchio disco di Lloyd Cole se è per quello, breve ma perfetta.

If I Were A Song dopo un inizio acustico e raccolto si distende di nuovo verso raffinati e complessi arrangiamenti di gran classe e lui canta con una totale nonchalance; in That’s Alright fa la sua comparsa addirittura una certa grinta rock, la batteria arrota i tempi e i musicisti si scompongono un po’, le chitarre ruggiscono, alla Lloyd Cole quindi con la dovuta moderazione, ma in modo comunque trascinante.

Oh Genevieve con la sua saltellante andatura falsamente francese (mais oui) e qualche vocabolo gettato lì con noncuranza è un’altra perfect pop song, la vocina di Joan Wasser si accosta a meraviglia con quella del nostro amico.

Man Overboard si avvicina quasi a stilemi neo-folk da cantautore dei vecchi tempi ma è forse uno dei brani che più ricordano il vecchio Al Stewart che però, soprattutto, nei primi dischi, era molto più bravo in questo genere. (Cercatevi Past, Present and Future che è un disco straordinario).

Infine arriva anche un pezzo di puro country, a partire dal titolo, Rhinestones, con mandolino, banjo e chitarre acustiche che avvolgono la voce di Cole.

Last but not least l’ottima Double Happiness finisce le procedure in gloria. Secondo miglior risultato della sua carriera, per il sottoscritto, forse, poi magari ci ripenso, ma per il momento è così!

Bruno Conti

Com’è Diventato Vecchio (Ma Bravo)! Lloyd Cole – Broken Recordultima modifica: 2010-09-13T19:03:00+02:00da bruno_conti
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