Dopo Una Lunga Assenza Torna La Band Della Florida Con Un Disco Dal Vivo Esplosivo Di Gospel Rock. Lee Boys – Live From The East Coast

lee boys live on the east coast

Lee Boys – Live On The East Coast – M.C. Records

Il “giochetto” di Alvin Lee me lo ero già giocato (scusate la ripetizione) in occasione della pubblicazione del disco precedente dei Lee Boys Testify https://discoclub.myblog.it/2012/12/18/un-altro-alvin-lee-con-fratelli-lee-boys-testify/ , uscito nel lontano 2012 (passa il tempo), quindi forse non dovrei, ma mi scappa di nuovo: in effetti il leader di questa band nera dedita alla cosiddetta “Sacred Steel Music”, ovvero gospel-soul-rock con grande uso di pedal steel, si chiama Alvin Lee, come lo scomparso leader dei Ten Years After, ma per dirla con il nostro amico Silvio è decisamente più abbronzato .Questi Lee Boys vengono da Miami, Florida e sono tre fratelli, Alvin Lee (chitarra), Derrick Lee e Keith Lee (i due vocalist), aiutati da tre nipoti, Alvin Cordy Jr. (basso 7 corde), Earl Walker (batteria) e fino a poco tempo fa, Roosevelt Collier( un fenomeno della Pedal Steel, che se la batteva con Robert Randolph tra i maggiori virtuosi dello strumento). Di recente a sostituirlo è arrivato Chris Johnson, altro provetto suonatore di steel guitar: nel disco nuovo, un eccellente Live On The East Coast, registrato durante il tour della costa orientale del 2018, appaiono undici tracce in tutto, alcune peraltro mai apparse in precedenza nei dischi in studio della band.

Il gruppo canta le preci del Signore, con fervore e grande religiosità, ma non a scapito però delle radici soul, errebi, funky, blues e, perché no, pure rock e southern, presenti in abbondanza nella loro musica, che si esaltano ancor di più nei concerti dal vivo. Sin dalla iniziale In The Morning il funky-soul intricato dei Lee Boys potrebbe rimandare a quello dei Neville Brothers più ingrifati, con la steel suonata in modalità slide e spesso anche con l’impiego del wah-wah, protagonista assoluta del sound della band con le sue folate irresistibili, ma eccellente rimane anche l’impianto vocale; Walk Me Lord è un altro esempio del loro gospel “moderno”, molto ritmato e sinuoso, sempre con brani piuttosto lunghi ed improvvisati, con il basso a 7 corde di Cordy Jr. a dettare il tempo e le voci e le chitarre a dividersi gli spazi del brano. Don’t Let The Devil Ride è un bel boogie blues tiratissimo che non ha nulla da invidiare a degli ZZ Top magari più ispirati e meno laici, con la lap steel di Johnson in modalità slide che continua ad imperversare senza freni, Praise You, di nuovo con Johnson in modalità wah-wah ,è ancora orientata verso un funky-soul  più leggero e disincantato, mentre I’ll Take You There è proprio il classico brano degli Staple Singers, un pezzo dove emergono maggiormente le radici soul e gospel della band, anche se i Lee Boys onestamente non possono competere con la classe del gruppo di Pops e Mavis, benché come sempre la chitarra ci mette del suo in modo vibrante.

Come On Help Me Lift Him accelera i tempi verso velocità supersoniche, nuovamente con l’impronta gospel in primo piano, lasciando a Lord Me Help Me To Hold Out una impronta più blues, anche se la frenesia del basso “slappato” di Cordy Jr. comunque evidenzia sempre il loro gumbo di R&B, soul e funk, con Johnson sempre pronto a salire al proscenio con la sua steel arrapata in alternanza alla solista di Alvin. Il riff inconfondibile di Turn On Your Love Light è incontenibile e trascinante come al solito, con la band veramente alle prese con una versione non lunghissima ma devastante del classico di Bobby “Blue” Bland, seguita dalla loro Testify, la title track del disco del 2012 (dove suonavano anche Warren Haynes e Jimmy Herring come ospiti), un funky poderoso che non ha nulla da invidiare a gente come Funkadelic o Isley Brothers di inizio anni ’70, sempre con la chitarra che impazza alla grande, prima di tornare al gospel più canonico benché sempre intriso di modernità di Walk With Me, prima di chiudere con le frenesie di You Gotta Move, brano che fonde il blues della versione classica di Fred McDowell, grazie ad una armonica malandrina, con la grinta dello spiritual originale e le derive southern rock elettriche e tiratissime a tutta slide decisamente più “moderne” della musica dei Lee Boys.

Bruno Conti

Annunciato Tre Mesi Fa, Esce Solo Ora Al 19 Gennaio. Ten Years After – 1967-1974 Box Set

ten years after 1967-1974

Ten Years After – 1967-1974 – 10 CD Chrysalis Records/Warner – 19-01-2018

Era stato annunciato per il 10 novembre dello scorso anno, ma esce solo in questi giorni, al 19 gennaio 2018.

Dei Ten Years After erano già usciti in passato diversi cofanetti, uno della serie Original Album Series con 5 titoli, una Triple Album Collection con tre dischi, più il cofanetto antologico, sempre triplo, Think About The Times:The Chrysalis Years 1969-1972, pubblicato nel 2010, ma già fuori produzione. In seguito diversi album della discografia, in particolare i primi tre su etichetta Deram, sono stati ripubblicati in versione rimasterizzata e con bonus tracks aggiunte. Inoltre sono usciti svariati Live, oltre al classico Recorded Live anche un ottimo doppio CD Live At The Fillmore East 1970. Per la prima volta viene resa disponibile l’intera discografia di studio (ok, Undead è dal vivo) in un cofanetto che raggruppa sia il materiale Deram che quello Chrysalis, e considerando che la loro discografia è complicata perché molti album negli Stati Uniti sono distribuiti dalla Columbia.. Le versioni, come è caratteristica di questa serie del gruppo Warner, sono quelle originali senza bonus, ma a differenza degli altri cofanetti della serie il prezzo non è proprio budget (ho letto di un prezzo indicativo che oscilla tra i 90 e i 100 euro), forse perché questa edizione limitata avrà una tiratura di sole 1.500 copie per tutto il mondo.

Al solito ecco il contenuto completo del box, che comunque comprende un 10° album, The Cap Ferrat Sessions, che raccoglie registrazioni inedite del 1972.

 CD1: Ten Years After [Mono, 1967]
1. I Want To Know
2. I Can’t Keep From Crying, Sometimes
3. Adventures Of A Young Organ
4. Spoonful
5. Losing The Dogs
6. Feel It For Me
7. Love Until I Die
8. Don’t Want You, Woman
9. Help Me

CD2: Undead [Stereo, 1968]
1. I May Be Wrong, But I Won’t Be Wrong Always
2. (At The) Woodchopper’s Ball
3. Spider In My Web
4. Summertime/Shantung Cabbage
5. I’m Going Home

CD3: Stonedhenge [Stereo, 1969]
1. Going To Try
2. I Can’t Live Without Lydia
3. Woman Trouble
4. Skoobly-Oobly-Doobob
5. Hear Me Calling
6. A Sad Song
7. Three Blind Mice
8. No Title
9. Faro
10. Speed Kills

CD4: Ssssh [Stereo, 1969]
1. Bad Scene
2. Two Time Mama
3. Stoned Woman
4. Good Morning Little Schoolgirl
5. If You Should Love Me
6. I Don’t Know That You Don’t Know My Name
7. The Stomp
8. I Woke Up This Morning

CD5: Cricklewood Green [Stereo, 1970]
1. Sugar The Road
2. Working On The Road
3. 50,000 Miles Beneath My Brain
4. Year 3,000 Blues
5. Me And My Baby
6. Love Like A Man
7. Circles
8. As The Sun Still Burns Away

CD6: Watt [Stereo, 1970]
1. I’m Coming On
2. My Baby Left Me
3. Think About The Times
4. I Say Yeah
5. The Band With No Name
6. Gonna Run
7. She Lies In The Morning
8. Sweet Little Sixteen

CD7: A Space In Time [Stereo, 1971]
1. One Of These Days
2. Here They Come
3. I’d Love To Change The World
4. Over The Hill
5. Baby Won’t You Let Me Rock ‘N Roll You
6. Once There Was A Time
7. Let The Sky Fall
8. Hard Monkeys
9. I’ve Been There Too
10. Uncle Jam

CD8: Rock & Music To The World [Stereo, 1972]
1. You Give Me Loving
2. Convention Prevention
3. Turned Off T.V. Blues
4. Standing At The Station
5. You Can’t Win Them All
6. Religion
7. Choo Choo Mama
8. Tomorrow I’ll Be Out Of Town
9. Rock & Roll Music To The World

CD9: Positive Vibrations [Stereo, 1974]
1. Nowhere To Run
2. Positive Vibrations
3. Stone Me
4. Without You
5. Going Back To Birmingham
6. It’s Getting Harder
7. You’re Driving Me Crazy
8. Look Into My Life
9. Look Me Straight Into The Eyes
10. I Wanted To Boogie

CD10: The Cap Ferrat Sessions 2017
1. Look At Yourself
2. Running Around
3. There’s Somebody Calling Me
4. There’s A Feeling
5. Holy Shit
Recorded in 1972, mixed in 2017

Se non li possedete già varrebbe la pena di farci un pensierino considerando che i Ten Years After di Alvin Lee sono stati una delle migliori formazioni di blues-rock di quell’epoca.

Bruno Conti

Non E’ Male, Ma Manca “Qualcuno”! Ten Years After – A Sting In The Tale

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Ten Years After  – A Sting In The Tale – Ten Years After/Butler Records

Oibò, un nuovo Ten Years After! Ma non era morto Alvin Lee? Ve lo chiederete voi e me lo sono chiesto anch’io. Ma poi mi sono visto recapitare sul mio desco questo A Sting In The Tale e ho dovuto in parte ricredermi. Per la verità, e per voler essere sinceri sino in fondo, già dal 2003 gli altri membri del gruppo, con un colpo di mano, avevano rimpiazzato Alvin Lee con tale Joe Gooch e pubblicato un nuovo disco di studio Now, poi seguito da un doppio Live e da un altro disco di studio, Evolution, nel 2008. Poi nel 2014 anche Gooch e il bassista originale Leo Lyons hanno lasciato la formazione ( o sono stati fatti fuori), e a fianco di Ric Lee, il batterista e Chick Churchill, il tastierista, sono arrivati il nuovo chitarrista e cantante Marcus Bonfanti, e un’altra vecchia gloria del british blues, il grande bassista Colin Hodgkinson, già con Alexis Korner e soprattutto i gloriosi Back Door, dove svolgeva il ruolo di basso solista e leader del gruppo (in una formazione particolare jazz-rock dove non c’era un chitarrista https://www.youtube.com/watch?v=QJODInAKn4k ): quasi meglio di Dynasty (che non casualmente è tornata in TV nel 2017, con nuovi protagonisti).

Ammetto che non è il disastro che uno potrebbe attendersi, tipo i Creedence senza Fogerty, i Doors senza Jim Morrison, oppure la Band senza Robbie Robertson (ma lì i restanti membri erano grandissimi musicisti comunque), però comunque i TYA sono sempre stati Alvin Lee & Co., che era pure il titolo di una loro compilation di inediti del 1972. I quattro della nuova formazione vanno d’amore e d’accordo, tanto che hanno firmato collettivamente i 12 brani del  nuovo album, già portato in tour questa estate, dove veniva venduto pure il CD. Il leader è Marcus Bonfanti, discreto cantante, armonicista e chitarrista inglese, con quattro album solisti nel carnet e una buona reputazione alle spalle: e in fondo, volendo, non è che anche i dischi della band con Alvin Lee degli ultimi 40 anni (pochi conunque, due o tre, dopo lo scioglimento del 1974) fossero memorabili, a parte i Live. Come pure i dischi solisti di Alvin, con l’eccezione dell’ultimo Still On The Road To Freedom http://discoclub.myblog.it/2012/09/02/quasi-forty-years-after-alvin-lee-still-on-the-road-to-freed/ . Quindi pollice verso? No, non del tutto, la “posta in gioco non ci riserva una brutta sorpresa” (doppio gioco verbale con il significato del titolo), i quattro sanno ancora fare del buon rock (blues) stile 70’s: ripeto, chi paventava la tavanata galattica, come il sottoscritto, si trova di fronte un disco onesto, a tratti solido, con due o tre brani che ricordano il sound e gli arrangiamenti della vecchia band.

L’attacco di Land Of The Vandals, ricorda vagamente One Of These Days su A Space In Time, con I suoi incroci di organo e chitarra, un buon groove della sezione ritmica di Lee e Hodgkinson, subito un lavoro fluido della solista, e la voce di Marcus Bonfanti che ricorda curiosamente quella di Stan Webb, leader dei Chicken Shack, grandi rivali dei TYA ai tempi del british blues; buona partenza ribadita nella cadenzata Iron Horse, sempre del discreto rock-blues made in Britain, vivace e movimentato e anche in Miss Constable, dove l’organo di Churchill è co-protagonista dell’arrangiamento che comunque ruota sempre attorno alle evoluzioni della chitarra di Marcus. Up In Smoke, il brano più lungo, con i suoi oltre sei minuti, introduce l’uso di una chitarra acustica che rimanda nuovamente ai TYA del periodo americano, ma l’arrangiamento sospeso ed elettroacustico, è talmente sospeso che non decolla mai, al di là del buon lavoro delle tastiere, ci fosse stato Alvin avrebbe scatenato uno dei suoi celebri soli. Retired Hurt ha un riff che fa molto Love Like A Man, poi lo svolgimento è meno travolgente, ma qualche sprazzo delle vecchia classe c’è, nel buon lavoro della solista di Bonfanti.

Anche Suranne Suranne utilizza il vecchio sound, per poi arrivare a Stoned Alone, una buona ballata, introdotta da chitarra acustica e organo, che anche in questo caso alla fine rimane un po’ irrisolta. Ancora sound elettroacustico per Two Lost Souls, che introduce l’uso dell’armonica di Bonfanti, per un brano più bluesato e provvisto di maggior nerbo. Diamond In the Girl parte come I’d Love To Change The World (lo so, insisto a mettere il disco nella piaga), ma poi lo svolgimento non è proprio alla pari, con Last Night Of The Battle che ci riporta “vibrazioni positive” (sono crudele) ma l’originale era un’altra cosa. Titolare che viene omaggiato, credo, con Guitar Hero, dove la solista finalmente viaggia come si deve e tutta la band “rolla” di gusto, prima di salutarci con un buon boogie-rock con elementi R&R, Silverspoon Lady, come prediligeva il buon vecchio Alvin Lee. Nel caso meglio rivolgersi qui http://discoclub.myblog.it/2017/09/16/cofanetti-per-lautunno-2-ten-years-after-1967-1974-box-set/

Bruno Conti