I Luoghi Del Cuore Sono Sempre Quelli. Max Meazza – La Californie

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Max Meazza – La Californie – La Californie Records/Ird

Ogni tanto Max mi chiama (oppure mi manda una mail) dicendomi” “Bruno, guarda che ho preparato un nuovo album”, e il sottoscritto con impegno (e un pizzico di conflitto di interessi, visto che ci conosciamo da tanti anni) decide di parlarne su questo Blog, e spesso anche sul Buscadero, dove nel corso del tempo, dai lontani anni ’80, molte volte le mie recensioni sui suoi dischi sono apparse, agli inizi erano anche musicassette (vi giuro che esistevano) prima ancora LP e poi CD, che escono tuttora anche negli States e in Giappone http://discoclub.myblog.it/2015/05/21/la-california-musicale-altro-vista-dallitalia-max-meazza-charlie-parker-loves-me/ . Agli inizi furono i Pueblo, con Claudio Bazzari (ancora oggi uno dei più bravi e rispettati chitarristi italiani), poi una carriera solista che parte dagli anni ’80 e prosegue fino ai giorni nostri, sostenuta, credo, dalla passione, più che dai risultati economici. La passione (e le influenze) girano soprattutto intorno a quella parola “La California”, che questa volta viene declinata alla francese La Californie (oui), che è anche un famoso locale francese sulla Costa Azzurra, a Cannes, e sta a significare questo amore per una musica raffinata, solare e notturna al contempo, con spruzzate di jazz, un solido amore per il rock (ogni tanto le chitarre ruggiscono) ma soprattutto la West Coast e L.A., evocate ogni tanto nei titoli, come pure il rock americano, quello che si definisce AOR, e anche il blue eyed soul, senza dimenticare il pallino personale di Max per John Martyn, passione per questo cantautore che ci accomuna. Forse l’ho scritto altre volte, comunque, tanto per non fare nomi, siamo dalle parti di Mark Jordan, Michael Franks, Bill LaBounty, James Taylor e gli altri fratelli, gli Steely Dan, Michael McDonald, Ben Sidran Mark Winkler: alcuni di questi di tanto in tanto presenti nei suoi dischi, sia a livello fisico sia come autori di citazioni e commenti. E’ ovvio che tutte queste influenze e rimandi magari sono presenti in modo minimo e impercettibile, in altri casi in maniera più evidente, ma serve per inquadrare la musica di Max Meazza, dove non mancano anche momenti più rock e tirati.

Anche nel caso di La Californie il menu è sempre quello: il nostro amico si produce, scrive testi e musiche, inserisce questa volta ben 6 cover, e si fa aiutare da un manipolo di musicisti, alcuni in Italia, come Nicola Demontis (un giovane chitarrista e polistrumentista sardo, di stanza a Milano, diplomato al Conservatorio, ma anche “allievo” di Bazzari, viene un po’ dalla famiglia Lukather, Gambale e soci) e Enrico Panicucci al basso, altri a Nashville nello studio di Leonard Wolf, produttore, ingegnere del suono e musicista dell’area country-rock, qui impiegato alle tastiere in tre brani. Nei dischi solisti di Max degli ultimi anni ogni tanto prevale un tipo di “sound” sintetico che lui sa non amo particolarmente, ma il gusto per la melodia, anche per la canzone d’amore e la ballata non manca mai. Mark Winkler parlando di questo disco ha detto che la voce di Meazza sembra quasi quella di qualcuno che ha fatto dei gargarismi con le lamette, e l’immagine mi piace, tradotto vuole dire che con il passare degli anni la voce si è arrochita, è diventata più bassa e vissuta, e quindi quando viene spinta su traiettorie più mosse e spinte si ottiene quel risultato sonoro. Come evidenzia il brano d’apertura To Live And Die In L.A.https://www.youtube.com/watch?v=AlzDXtLwQuw (preceduta da un breve preludio strumentale, La Californie, dove si apprezza il suono sempre affascinante del Fender Rhodes, suonato da Neil Cody, ammetto di non conoscere), ma la canzone è proprio quella dei Wang Chung, devo dire non tra i miei preferiti, quel tipico sound pop-rock anni ’80, incalzante e da colonna sonora di Miami Vice e dintorni, la chitarra di Demontis è ficcante, ma le tastiere di Wolf e l’uso del synth sono troppo preminenti per i miei gusti, anche se ad altri piacerà, meglio Dark Stars, scritta da Max, una di quelle sue ballate romantiche, avvolgenti ed evocative, che ricordano la California https://www.youtube.com/watch?v=jt8kySmqlLk , ma anche il blue eyed soul e il John Martyn “elettrico” , con un bel piano appunto elettrico, una chitarra lirica e che colora deliziosamente il suono, mentre paesaggi americani scorrono sullo sfondo, da sentire magari in macchina su una highway, ma va bene anche su una delle nostre autostrade tra Brianza e i laghi lombardi, in qualche bella giornata soleggiata.

Mitsubishi Boy, scritta da Ben Sidran, ha quell’appeal funky-rock-jazz, mellifluo ed insinuante, tipico del pianista americano, con un assolo di synth vecchia scuola che in questo caso ci sta benissimo, ma poi quando entra il piano acustico l’atmosfera si fa più ricercata e definita, anche con un bel assolo di chitarra di Demontis (che si raddoppia alla solista) quasi alla Steely Dan, bel suono, nitido e rotondo. Present At My Door è ancora più blue eyed soul, grazie all’uso di una piccola sezione fiati, Martina e Filippo Daga, a sax e tromba, e qui potete andarvi a ripassare i nomi citati all’inizio, le coordinate sonore sono quelle, il groove è scandito e con tocchi jazz fini e raffinati e qualche rimando ancora agli SD.. Insensitive è un altro di quei pezzi malinconici e delicati che sono nel DNA del suo autore, un brano che scivola sul lavoro di una insinuante chitarra solista che punteggia la melodia della canzone, molto adatta allo spirito autunnale della stagione che stiamo vivendo. Poi arrivano un altro paio di cover: la prima, scritta da David Michael Tyson, Our World Our Times, è un vecchio pezzo di Alannah Myles (quella di Black Velvet), un pezzo rock a tutto riff, con tanto di chitarra con wah-wah, e con la voce solista di Amber Sweeney, bel timbro vocale, anche se non il genere che prediligo, però la grinta non manca e la chitarra si fa sentire nuovamente. Molto più vicina ai miei gusti, anzi è una delle canzoni che più mi piacciono in assoluto, tra quelle degli artisti considerati “minori e perdenti” è Loving Arms di Toms Jans, una delle ballate più belle e struggenti scritte negli anni ’70 https://www.youtube.com/watch?v=c42zPWLAocg  (interpretata da decine di cantanti, da Elvis Kris Kristofferson Rita Coolidge, passando per quelle soul di Dobie Gray, Etta James splendida https://www.youtube.com/watch?v=NT1_V_z22SI  e una altrettanto bella di Irma Thomas su I Believe To My Soul): so che a Max piace, perché me lo ha detto, quella di Livingston Taylor Leah Kunkel, comunque la canzone è talmente bella che come la metti non puoi fare a meno di goderla, anche questa versione molto blue eyed soul cantata in coppia con la giovane Shannon Callihan è deliziosa, mi ha ricordato certe cose molto ricercate quasi à la Anita Baker. 

Sad Clown, l’ultimo pezzo originale della raccolta è un altro pezzo dai sapori westcoastiani e rock, non lontanissimi dagli inizi con i Pueblo, sempre cantata con l’attuale voce scartavetrata di Max, che prova anche qualche breve ed ardito falsetto e con la chitarra di Demontis che cesella alcuni frasi armoniche coinvolgenti; Picture Postcards From L.A: scritta da Joshua Kadison, altro cantautore e pianista originario della Città degli Angeli e tratta dal suo lavoro di esordio del 1993, ha quelle volute soft -rock (non avevamo ancora usato il termine?) tipiche del rock californiano morbido, belle melodie e un ritornello accattivante, oltre ad un bel intreccio di chitarre acustiche ed elettriche, senza dimenticare le onnipresenti tastiere. A chiudere il CD un’altra cover, Devil In You Son, un brano scritto da Gary Hill, tratto da un “oscuro” album in vinile della metà anni ’70, Mountain Man uscito comunque per la Capitol (e che ai tempi possedevo e di cui ammetto di avere vaghissimi ricordi, ma rientrava in quello stile country-rock- west coast che andava per la maggiore ai tempi): nella versione attuale di Max Meazza troviamo Ben Babylon al Fender Rhodes, un musicista giovanissimo, noto forse più per essere il figlio di Guy Babylon, a lungo tastierista nella Elton John Band, forse non in uno dei periodi migliori dell’occhialuto cantante britannico, e la canzone diventa una sorta di ballata notturna, costruita attorno al suono liquido del piano elettrico e con un eccellente break della solista di Demontis che si conferma chitarrista dal tocco vellutato, comunque sempre con quella vena malinconica tipica di certi brani di Max Meazza, con il John Martyn anni ’80 nel cuore https://www.youtube.com/watch?v=H0-UHXPJwqU . Per la serie i “piaceri proibiti”, il genere di questo La Californie non è quello tipico di cui leggete su questo Blog, ma anche al sottoscritto, come ad altri, piace spaziare nei generi più disparati, diciamo che escludendo le canzoni dei Pigmei e in genere lo stile Afro e il reggae, a chi scrive piace ascoltare un po’ di tutto purché sia buona musica e nell’album in questione ne trovate abbastanza, per cui se volete regalarvi o regalare a qualcuno che potrebbe apprezzarlo, un “piccolo dischetto” da macchina, ma anche da pomeriggi e pigre serate in città, questo album potrebbe fare al caso vostro. Scusate se mi sono dilungato, sfiorando il conflitto di interessi.

Bruno Conti