Carole King, The Queen Of Classic Pop: Una Breve Cronistoria, Prima Parte.

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Carole Joan Klein, nasce a New York, anzi proprio a Manhattan, da una famiglia di origini ebree, il 9 febbraio del 1942: durante gli anni al Queens College (un nome, un destino) incontra Gerry Goffin, che nell’agosto del 1959 sposerà a Long Island in una cerimonia ebraica, in quanto Carole era già incinta della prima figlia Louise. Nel frattempo i due avevano iniziato a scrivere canzoni insieme, in serata, quando erano terminati gli impegni di lavoro, avendo entrambi abbandonato il college per intraprendere la vita coniugale. Ma la King era una predestinata, aveva già frequentato il mondo musicale, quando era alle scuole superiori uno dei suoi primi fidanzati dell’epoca era stato Neil Sedaka, che proprio nel 1959 ebbe un clamoroso successo con Oh, Carol, per il quale Goffin, sulla stessa melodia, scrisse una canzone di risposta (ai tempi usava) Oh Neil,  cantata dalla King, che però non fu un successo, come neppure il lato B scritto insieme, A Very Special Boy, il secondo singolo ad uscire. I due ci misero poco ad aggiustare l’intesa musicale e già nel 1960 scrissero insieme (lei la musica e lui i testi, questa la formula) Will You Still Love Me Tomorrow?, un mega successo per le Shirelles, il primo brano di un gruppo femminile nero ad arrivare al n°1 delle classifiche, con il risultato che entrambi lasciarono il loro lavoro giornaliero per dedicarsi a tempo pieno alla musica, diventando una delle coppie di maggior successo durante

Gli Anni Del Brill Building 1960-1968

I brani scritti in coppia come Goffin-King, tra il 1960 e il 1968, anno in cui si lasceranno e divorzieranno, furono una infinità, ma almeno una cinquantina entrarono nella top 100 (e per Carole KIng, da sola o in coppia, fino al 1999, furono addirittura 118! Per cui il titolo dell’articolo è più che giustificato). Vediamo alcuni dei titoli più celebri o significativi scegliendo anche tra quelli più belli, magari incisi in seguito anche dalla nostra amica: Some Kind Of Wonderful, sempre del 1960, per i Drifters, ma poi anche in una bellissima versione di Marvin Gaye fu incisa pure da Carole King, come sarà per Will You Still Love Me Tomorrow. Nel 1961 Chains per i Cookies, ma anche i Beatles nel 1963 e la sua versione nel 1980; The Loco-Motion per Little Eva, e nell’album Pearls,  appunto del 1980. Nel 1962 Up On The Roof ancora con per i Drifters, poi su Writer il debutto solista del 1970 e incisa anche dalla “rivale” Laura Nyro lo stesso anno. Nel 1963 Hey Girl per Freddie Scott, ma soprattutto One Fine Day per le Chiffons, entrambe riprese nel disco del 1980. Nel 1965 Goffin e King scrivono anche alcuni brani con Phil Spector e lo stesso anno la splendida Don’t Bring Me Down per gli Animals (la faceva anche Tom Petty). Goin’ Back del 1966 per Dusty Springfield, ma come dimenticare la versione dei Byrds, e la stessa Carole l’ha incisa due volte, la stupenda (You Make Me Feel Like) A Natural Woman, insuperata nella versione di Aretha Franklin, e poi apparsa su Tapestry

e infine nel 1968 I Wasn’t Born to Follow per i Byrds, che apparirà anche nel disco dei

The City –  Now That Everything’s Been Said – 1968 Ode – ***1/2

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Un trio con il futuro secondo marito, il bassista Charles Larkey e con Danny Kortchmar alla chitarra, oltre naturalmente a Carole King alle tastiere e alla voce, e con “l’ospite” Jim Gordon alla batteria. Un disco che non ebbe successo, sia per la riluttanza della King ad andare in tour, sia perché l’album andò fuori catalogo velocemente a causa di un cambio di distribuzione. Ma comunque giustamente rivalutato quando è stato pubblicato in CD, prima nel 1999 e poi dalla Light In The Attic nel 2015: molti dei brani portano ancora la firma Goffin e King, ma al di là della bellissima I Wasn’t Born To Follow è tutto l’album nell’insieme che per certi versi anticipa l’avvento della musica Westcoastiana. Anche perché nel frattempo Carole, nel 1967, si era trasferita a Los Angeles, nella zona del Laurel Canyon, dove aveva incontrato i primi praticanti di quello stile, altri spiriti affini, e alcune canzoni  del disco furono incise dai Monkees (la deliziosa A Man Without A Dream cantata da “Kootch” Kortchmar) , Blood, Sweat & Tears (la bellissima Hi-De-Ho)-, American Spring (la mossa title track, puro Carole King sound) e il brano dei Byrds fu usato anche nella colonna sonora di Easy Rider.

Lei, che anche in seguito non è mai stata considera una grande cantante, usa comunque alla perfezione quella sua voce unica e particolare, che l’ha resa una delle più grandi cantautrici americane di tutti i tempi. Pezzi come Snow Queen, una bellissima pop ballad o un paio di duetti con Kortchmar mostrano già il suo stile perfettamente formato e fanno da prodromo alla imminente carriera solista, che come in molti altri casi raggiungerà le sue vette nei primi cinque o sei album, quelli usciti tra il 1970 e il 1974.

The  Ode Years 1970-1974

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Writer – 1970 Ode/Epic – ***1/2

Pubblicato nel maggio del 1970, Writer presenta 12 brani, ancora tutti a firma Goffin/King, a parte due canzoni con i testi di Toni Stern, e ci sono le nuove versioni ricordate poc’anzi di Goin’ Back e Up On The Roof. Il disco è prodotto da John Fishbach,  ingegnere e musicista, che suona anche il moog nell’album; Charles Larkey, marito di Carole e Danny Kortchmar, rimangono rispettivamente a basso e chitarra come nel disco dei The City.  James Taylor è presente alla chitarra acustica e alle armonie vocali, mentre Joel O’Brien alla batteria e Ralph Schuckett all’organo completano l’organico. Come per Now That Everything’s Been Said siamo di fronte ad un ottimo album, che precede di pochi mesi quello che sarà un capolavoro assoluto del “rock”.

Lo stile del disco, che poi rimarrà costante per la intera carriera della King, sta in quel giusto equilibrio tra soft rock e pop raffinato, come esplicato nella vibrante Spaceship Races, nella splendida ballata errebì No Easy Down, in un’altra piano ballad come Child Of Mine, nel country-rock delicato in puro stile West Coast di To Love o in What Have You Got To Lose dove le chitarre acustiche si inseguono e il gusto di Carole per le melodie e le intricate armonie vocali regna sovrano., ma niente male anche la jazzata Raspberry Jam e il gospel-rock di Sweet Sweetheart. Se poi non avesse sette/otto mesi  dopo pubblicato il suo capolavoro, sarebbe ricordato comunque come un ottimo album, quale è.

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Tapestry – 1971 Ode/Epic – *****

Registrato a gennaio agli A&M Studios di Hollywood, pubblicato a Febbraio, con la produzione di Lou Adler, l’uomo alle spalle della carriera dei Mamas And Papas, che chiama a raccolta la crema della musica californiana: sono della partita Joni Mitchell e di nuovo James Taylor, le coriste Merry Clayton e Julia Tillman, con Larkey, Schuckett, O’Brien e Kootch Kortchmar sempre al loro posto più bravi che mai, con l’aggiunta di Russ Kunkel alla batteria e di Curtis Amy, Terry King e Barry Socher ai fiati, oltre ad un quartetto di archi. Ci sarà un motivo se il disco ha vinto 4 Grammy l’anno successivo tra cui Album dell’Anno, ha venduto complessivamente 10 milioni di copie negli USA e 25 nel mondo? Si, perché è praticamente perfetto: una sequenza di brani magnifici, uno in fila all’altro, che sentiti ancora oggi a quasi 50 anni dall’uscita non hanno perduto un briciolo della loro magnificenza.

Una ispiratissima Carole King questa volta firma da sola (quindi parole e musica) quasi tutte le canzoni, con l’eccezione di Will You Love Me Tomorrow, il famoso pazzo scritto con il marito Gerry per le Shirelles, bellissima anche nella versione di Carole, e Smackwater Jack un’altra composizione Goffin/King che sarà il secondo singolo estratto dall’album, una sorta si shuffle uptempo, mosso e coinvolgente, con un grande lavoro del dancing bass di Larkey, grande musicista sottovalutato rispetto agli ottimi Schuckett e Kortchmar, e splendidi gli interscambi vocali con Merry Clayton. (You Make Me Feel Like) A Natural Woman scritta da Goffin e King insieme a Jerry Wexler per Aretha Franklin è una ballata pianistica talmente bella che non si poteva evitare di inserirla nel disco, la versione della Queen Of Soul è insuperabile, ma anche Carole King a livello emotivo e pianistico ci mette del suo e il risultato è superbo.

Saltando qui e là ci sono altre due canzoni scritte con Toni Stern: It’s Too Late che raggiunse il primo posto delle classifiche dei singoli nell’aprile 1971 è un’altra di quelle ballate dolenti in cui eccelle la nostra amica, un ritornello cantabile e un lavoro eccellente di tutta la band con l’interscambio delizioso tra la chitarre di Kortchmar e il sax di Curtis Amy, senza dimenticare il piano, l’altro brano firmato con la Stern è Where You Lead, sempre ricca di nuances tra soul e R&B con le avvolgenti armonie di Clayton e Tillman a decorare la voce partecipe della King, in grande spolvero. Rimangono le sette canzoni scritte in solitaria dalla King e sono una più bella dell’altra:

I Feel The Earth Move dà proprio l’impressione, con la sua andatura incalzante e quel pianoforte dal ritmo pressante, di un terremoto sonoro in arrivo, grande brano, e che dire di So Far Away, altra ballata sublime, con la chitarra acustica di James Taylor, e il flauto di Amy a sottolineare l’interpretazione superba della King, sia a livello vocale che per il lavoro del piano, senza dimenticare Kunkel alla batteria e Larkey al basso. Home Again è un’altra perla intima del songbook della cantante newyorchese, un altro brano splendido con il piano a cesellare le note, mentre acustica e ritmica pensano a colorare il suono, Beautiful è viceversa uno dei brani ottimisti e gioiosi, in questa alternanza di temi sonori e tempi musicali, comunque bellissima, seguita giustamente da una canzone più intima e raccolta come Way Over Yonder, con qualche retrogusto jazzato grazie al solito lavoro sofisticato delle “coriste” (anche se è riduttivo chiamarle così) e all’assolo di sax di Amy.

You’ve Got A Friend è uno degli inni universali dedicati all’amicizia più famosi di tutti i tempi, ha pure una bellissima melodia, con gli archi incombenti, il pianoforte accarezzato voluttuosamente, e le armonie vocali di Joni Mitchell e James Taylor, che pubblicherà la sua versione appena un paio di mesi dopo su Mud Slide Slim. Aggiungiamo la title track Tapestry un’altra sontuosa ballata pianistica che certifica le bellezza di questo album impeccabile. Che in CD è uscito in molte versioni: se trovate quella Legacy doppia uscita nel 2008 avete fatto tombola, nel secondo dischetto ci sono versioni dal vivo registrate tra il 1973 e il 1976 di tutti i brani di Tapestry meno uno. Imperdibile, non si può non avere!

Fine prima parte.

Bruno Conti

The Queen Of Soul Aretha Franklin Ci Ha Lasciato Oggi! 1942 – 2018, Aveva 76 Anni Quella Che E’ Stata Forse La Più Grande Cantante Dell’Era Moderna.

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Aretha Louise Franklin nata a Memphis, Tennessee il 25 marzo 1942, e morta a Detroit, Michigan, oggi 16 agosto 2018, quindi la sua esistenza iniziata e finita in due delle città americane più importanti per la storia della musica moderna:dai bagliori del R&R e del R&B, cresciuta a pane e gospel da babbo C.L. Franklin, un predicatore Battista itinerante, nativo della zona del Mississippi,  poi protagonista della grande epopea soul degli anni ’60, una delle voci più pure, limpide, potenti, espressive e mirabolanti che abbia mai graziato questo pianeta. Il suo periodo musicale fu fulgido è stato quello coperto dalle registrazioni per l’etichetta Atlantic, negli anni che vanno dal 1967 al 1979, durante i quali la sua voce inarrivabile ci ha regalato una serie di canzoni formidabili che sono state raccolte e preservate per i posteri nello splendido cofanetto che vedete qui sotto e di cui recupero le parole (firmate dall’amico Marco Verdi) e anche le immagini dei video di alcune sue canzoni e concerti (il resto è aria fritta), per tracciare la storia degli anni migliori di questa formidabile cantante (e pianista) attraverso la cosa più importante che ci ha lasciato: la sua musica.

aretha franklin new york

La Regina del Soul, una delle più grandi cantanti i tutti i tempi (lo hanno detto in tanti e noi non possiamo che ribadirlo) è stata una vera icona della Black America, ora Riposa In Pace.

Bruno Conti

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Aretha Franklin – The Atlantic Albums Collection – Rhino 19CD Box Set

Quando nel 1967 Otis Redding, forse il più grande cantante soul vivente dell’epoca (io preferisco Sam Cooke, ma se n’era già andato da tre anni, e poi comunque ci sarebbe anche un certo Ray Charles che però va oltre la definizione di soul), morì tragicamente in un incidente aereo, passò idealmente il testimone ad Aretha Franklin, che aveva esordito proprio quell’anno per la Atlantic con gli album I Never Loved A Man The Way I Love You e Aretha Arrives, dopo una prima parte di carriera (sette anni circa) alla Columbia, dove era riuscita solo ad ottenere qualche successo minore.

Il problema era che gli executives della Columbia non avevano capito le potenzialità di Aretha, e cercarono di farne una cantante pop da classifica (con grande disappunto del suo scopritore John Hammond, forse il più grande talent scout della storia), mentre all’Atlantic c’era quel genio di Ahmet Ertegun, che mandò subito la Franklin ad incidere ai leggendari Fame Studios a Muscle Shoals, Alabama: da quel momento Aretha mise in fila una serie eccezionale di album e singoli che le valsero il meritato soprannome di Queen Of Soul, album che trovano posto in questo bellissimo cofanetto targato Rhino, che ha il solo difetto di non avere all’interno alcun libretto, ma il grande pregio di avere un costo assolutamente abbordabile.

I suoi più grandi successi, Respect (scritta proprio da Otis), Chain Of Fools e Think fanno proprio parte del primo periodo alla Atlantic, ma tutti i dischi incisi dal 1967 al 1976 presenti in questo box sono meritevoli di stare in qualsiasi collezione che si rispetti (con qualche piccola eccezione negli anni più recenti, dove cominceranno ad intravedersi quelle tentazioni easy listening che poi saranno la prassi negli anni ottanta e novanta con la Arista). Avrete poi notato che dal titolo del box manca la parola “Complete”, dato che cinque album del contratto Atlantic (With Everything I Feel In Me, You, Sweet Passion, Almighty Fire e La Diva) sono di proprietà della stessa Aretha (ma sono tra i meno interessanti). Questo comunque l’elenco completo dei dischi presenti nel cofanetto, alcuni (ma non tutti) con qualche bonus track che sono perlopiù delle single versions:

    1. I Never Loved A Man The Way I Love You
    2. Aretha Arrives
    3. Aretha Now
    4. Lady Soul
    5. Aretha In Paris
    6. Soul ’69
    7. This Girl’s In Love With You
    8. Spirit In The Dark
    9. Live At Fillmore West [Deluxe]
    10. Young, Gifted And Black
    11. Amazing Grace: The Complete Recordings
    12. Let Me In Your Life
    13. Hey Now Hey (The Other Side Of The Sky)
    14. Sparkle
    15. Rare & Unreleased Recordings From The Golden Reign Of The Queen Of Soul
    16. Oh Me Oh My: Aretha Live In Philly, 1972

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Come già accennato, sono i dischi dal 1967 fino almeno al 1972/73 che rendono questo box imperdibile, una serie di  album che non hanno grandissime differenze stilistiche l’uno dall’altro, un po’ come nel recente box MGM di Roy Orbison, con la differenza che qui il livello medio è nettamente più alto (Roy aveva sparato le cartucce migliori alla Monument).

Basta leggere il nome dei produttori che si avvicendano in questi album per avere un’idea: Arif Mardin, Tom Dowd e Jerry Wexler sono tre autentiche leggende della musica del Sud (in seguito ci sarà anche Quincy Jones), ed il tipico, classico, caldo suono dei Muscle Shoals Studios nasce proprio in questi lavori; e poi non ho ancora parlato di chi su questi dischi ci suona, un vero e proprio parterre de rois, un elenco che solo a leggerlo c’è da leccarsi i baffi: Jimmy Johnson, Chips Moman, Joe South, Spooner Oldham, King Curtis (grandissimo virtuoso del sax), Bobby Womack, David Newman (a lungo con Ray Charles), Joe Zawinul (futuro Weather Report), Barry Beckett, il grande Eddie Hinton, Jim Dickinson, Mike Utley (futuro sideman di Jimmy Buffett), Dr. John e Billy Preston. E, come ciliegina sulla torta, Eric Clapton alla solista nel brano Good To Me As I Am To You (da Lady Soul) e addirittura Duane Allman in tutti i brani di This Girl’s In Love With You (che, sarà un caso, ma è uno degli LP migliori) e in un pezzo tratto da Spirit In The Dark.

E poi, naturalmente, ci sono le canzoni, una serie incredibile di classici della musica mondiale (oltre alle tre hits citate più sopra), reinterpretate in maniera magnifica da Aretha, davvero con l’anima, da Do Right Woman, Do Right Man (Dan Penn) a A Change Is Gonna Come (Sam Cooke), da Satisfaction (devo dire di chi è?) ad una splendida Night Life (Willie Nelson), passando per (You Make Me Feel Like) A Natural Woman (Goffin-King), Gentle On My Mind (John Hartford), Son Of A Preacher Man (che fu scritta per Aretha, la quale però la rifiutò facendo la fortuna di Dusty Springfield, e poi incidendola in un secondo tempo), The Dark End Of The Street (ancora Penn, forse la sua signature song), Let It Be (devo dire di chi è? Part 2), The Weight (The Band, of course, qui trasformata in un eccezionale canto gospel), Border Song (Elton John, ancora gospel deluxe) e molte altre.

Ma vi sbagliate se pensate che la nostra fosse solo un’interprete (all’inizio lo pensavo anch’io), in quanto troverete molti brani a sua firma, e devo dire che l’esito è indubbiamente egregio, pur non raggiungendo il livello dei pezzi citati sopra (e ci mancherebbe).

Completano il box tre album live dell’epoca in versione espansa (tra cui il bellissimo Amazing Grace, registrato a Los Angeles nel 1972 ed interamente a tema gospel), Sparkle, una colonna sonora con brani composti da Curtis Mayfield, e due album che la Rhino realizzò nel 2007, il live a Philadelphia del 1972 Oh Me, Oh My e l’eccellente doppio Rare & Unreleased Recordings, tutto basato su demo ed outtakes di studio del periodo, con sontuose versioni di The Letter (Box Tops), Pledging My Love (Johnny Ace), My Way (il classico di Frank Sinatra, scritto come saprete da Paul Anka), At Last (Etta James) e Suzanne (Leonard Cohen).

Se siete dei neofiti (ma anche se non lo siete), un cofanetto indispensabile, per avere un’idea (e che idea) di cosa vuol dire veramente fare della musica soul, gospel e rhythm’n’blues, non quel pop plastificato di oggi che spacciano per errebi.

Marco Verdi

Uno Dei Dischi Più Belli Della Storia Della Musica Rock, Anche In Versione Dal Vivo. Carole King – Tapestry: Live At Hyde Park

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Carole King – Tapestry: Live At Hyde Park – Sony Legacy CD/DVD CD/Blu-ray

Carole King è stata una delle quattro o cinque, facciamo tre, più grandi cantautrici della storia della musica rock. Insieme al marito Gerry Goffin, nell’ambito del Brill Building negli anni ’60, ha scritto alcune delle più belle e durature canzoni pop di tutti i tempi. Nel 1971 ha realizzato Tapestry, uno dei dischi più venduti e più belli di sempre. Unite questi fatti e arriviamo a questo Tapestry:Live At Hyde Park, la registrazione di un concerto tenutosi il 3 luglio del 2016 a Londra di fronte a 65.000, dove per la prima volta veniva riproposto, dal vivo e nella sua interezza, questo album epocale. Dal 1971 a oggi sono successe molte cose: in estrema sintesi, la King ha continuato, negli anni ’70 e agli inizi degli anni ’80 a pubblicare ancora dischi la cui qualità, per quanto progressivamente calante, avevano ancora il tocco e la leggiadria della grande autrice. Poi gli anni ’80 e ’90 sono stati poco produttivi e alcuni dei dischi usciti erano francamente anche brutti. Un buon disco nel 2001 Love Makes The World e uno natalizio nel 2011, ma anche alcuni album di materiale d’archivio e un paio di Live di buona qualità, con una punta di eccellenza nel Live At The Troubadour con James Taylor. Nel corso degli anni il suo capolavoro Tapestry, un disco che contiene solo belle canzoni, senza riempitivi, è stato ristampato più volte, la versione doppia Legacy Edition del 2008 è quella da avere.

Nel frattempo le sue canzoni sono diventate anche un musical, Beautiful: The Carole King Musical, fino a che nel 2016, nell’ambito dei concerti dell’estate londinese sul palco di Hyde Park arriva il momento della rivisitazione del suo album più celebre, ma anche di molti altri brani del suo immenso songbook: e quindi in una stranamente calda e soleggiata serata inglese, sul far del sera, Carole King si è presentata sul palco, accompagnata da una band dove spiccavano due veterani, il chitarrista Danny Kortchmar, che suonava nel disco originale e il bassista Zev Katz, oltre a Shawn Pelton alla batteria, Robbie Kondor alle tastiere aggiunte e direttore musicale e Dillon Kondor alla seconda chitarra, a completare una formazione solida. La King forse non è mai stata una grandissima cantante, ma la sua voce leggermente roca e particolare, affascinante anche a 75 anni, pur con qualche cedimento, regge ancora bene lo scorrere del tempo, e poi le canzoni sono sempre formidabili. Si parte con I Feel The Earth Move (con ottimo assolo di Kortchmar incluso) e So Far Away, una accoppiata iniziale che pochi album possono vantare, eseguite entrambe alla perfezione. A seguire la bellissima It’s Too Late, altro esempio di quel pop & soul raffinato e perfetto, che ai tempi venne definito soft-rock, dove accanto ad una scrittura di immacolate melodie non mancava l’uso di voci di supporto per creare quell’effetto soul che aveva incantato anche Aretha Franklin, e viene ripetuto con l’uso di due coriste anche in questa serata. Home Again è una ballata pianistica di grande bellezza (una di quelle che hanno affascinato il collega Elton John che in quegli anni percorreva lo stesso percorso musicale, e che all’inizio del DVD, narrato nella parte iniziale da Tom Hanks, appare a rendere omaggio, insieme al produttore originale Lou Adler, a Crosby & Nash, James Taylor, Korchmar, la coppia Barry Mann & Cynthia Weill, poi per il resto il DVD o il Blu-ray sono identici, al CD e quindi magari godetevi il concerto nella versione video).

Concerto che prosegue con la ritmata Beautiful, altro brano di grande fascino, e dove il piano della King fluisce con una ammirevole tecnica. Way Over Yonder non è forse conosciutissima, ma è un’altra canzone di una bellezza cristallina e anche se la voce ogni tanto si spezza, si gode comunque grazie alle due coriste che la sostengono. Poi è il momento singalong, con tutti i 65.000 presenti che intonano le note della immortale You’ve Got A Friend, riconosciuta fin dal primo accordo; a questo punto sale sul palco la figlia Louise Goffin, per cantare con la mamma, prima una brillante Where You Lead e poi il classico Will You Love Me Tomorrow? scritto in origine per le Shirelles, e che qui torna una ballata pianistica in puro stile Carole King. Poi sia la King che la Goffin imbracciano due chitarre elettriche per una versione a 4 chitarre di una potente Smackwater Jack dove tutti si divertono. Ancora Tapestry ennesima canzone di gran fascino, e poi un’altra delle più belle canzoni di tutti i tempi, (You Make Feel Like) A Natural Woman, con due Carole King a confronto, quella giovane dell’epoca e l’attuale. A questo punto finisce la riproposta di Tapestry, ma non il concerto, che continua con un medley di alcuni successi anni ’60, prima da sola al piano e poi accompagnata dalla band e a seguire, in una sequenza memorabile, suonate e cantate con grande grinta e classe, Hey Girl, Chains, Jazzman, Up On The Roof, The Locomotion, prima del gran finale che prevede la ripresa di I Feel The Earth Move accompagnata dal cast del musical Beautiful e un’altra versione in solitaria di You’ve Got A Friend. Come dicono gli inglesi, “Oh What A Night”, titoli di coda e saluti.

Bruno Conti  

Adesso Iniziano Anche Con Quelli Ancora Vivi? Ora E’ Il Turno Di Aretha!

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Adesso Iniziano Anche Con Quelli Ancora Vivi? Ora E’ Il Turno Di Aretha!

Il 10 Novembre la Rhino pubblicherà A Brand New Me: Aretha Franklin With The Royal Philarmonic Orchestra, che non è il nuovo album della grande cantante di colore (che comunque dovrebbe pubblicarne uno nei primi mesi del 2018, anche se è da troppi anni che di dischi belli non ne fa più), ma un’operazione commerciale dello stesso genere delle due di Elvis Presley (If I Can Dream e The Wonder Of You) e di quella già annunciata ed in uscita sempre a Novembre di Roy Orbison, A Love So Beautiful http://discoclub.myblog.it/2017/05/26/non-ci-posso-credere-lo-hanno-fatto-pure-con-lui-anche-peggio-di-elvis-il-3-novembre-esce-a-love-so-beautiful-roy-orbison-with-the-royal-philarmonic-orchestra/ . Si tratta quindi di un’altra discutibile, per non dire di peggio, iniziativa che consiste nel prendere 14 tracce vocali originali di Aretha (il periodo è quello Atlantic, il suo migliore) ed appiccicargli addosso altrettanti accompagnamenti incisi ex novo da un’orchestra filarmonica, operazione kitsch e di dubbio gusto di cui ho già detto quello che pensavo sia per Elvis che per Roy. La novità in questo caso è che Aretha è ancora tra noi, anche se la forma non è quella dei bei tempi, ed è un precedente pericoloso che potrebbe dare il via a decine di azioni simili per altri artisti che, per dirla con Massimo Bubola, sono ancora “da questa parte del cielo”.

Per dovere di cronaca, riporto la tracklist:

1. Think
2. Don’t Play That Song (You Lied)
3. I Say A Little Prayer
4. Until You Come Back To Me (That’s What I’m Gonna Do)
5. A Brand New Me
6. A Natural Woman (You Make Me Feel Like)
7. Angel
8. Border Song (Holy Moses)
9. Let It Be
10. People Get Ready
11. Oh Me Oh My (I’m A Fool For You Baby)
12. You’re All I Need To Get By
13. Son Of A Preacher Man
14. Respect

Io, se fossi in voi, mi terrei alla larga.

Marco Verdi

*NDB Aggiungo che, per la serie non c’é fine al peggio, alle registrazioni verranno aggiunti nuovi backing vocals guidati da Patti Austin. Una domanda sorge spontanea, ma a questo punto non era il caso di fare incidere ex novo tutti i brani dalla stessa Aretha Franklin? Cattivo gusto per cattivo gusto almeno erano nuove versioni (e comunque a giudicare dal video postato sopra, e registrato al Kennedy Center nel 2015, di fronte ad una stupefatta Carole King e ad un Obama con lacrimuccia, Aretha ha ancora una voce della Madonna), ma forse è anche perché la Franklin non è più sotto contratto con il gruppo Warner!

Un Album Di Gospel-Soul Ed Una Voce Semplicemente Straordinari! CeCe Winans – Let Them Fall In Love

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CeCe Winans  – Let Them Fall In Love – Pure Springs Gospel/Thirty Tigers

Come fare un grande disco di gospel. Lezione numero uno: prendete un album di “contemporary gospel”, estraete le parti con batteria elettronica, sintetizzatori sibilanti, ritmi sintetici e agitati rappers sullo sfondo, le raccogliete, alzate la tazza del WC e le gettate all’interno. Lezione numero due: questa necessita la presenza di una cantante, con una voce vera, magari un soprano naturale, un nome a caso, CeCe Winans (comunque anche lei, in passato, autrice di qualche piccola nefandezza di tipo “nu soul”), poi le affiancate qualcuno, magari il marito Alvin Love (un nome, un programma), che le scriva una serie di canzoni che elevano le loro preci al Signore e all’amore universale, senza esagerare con lo zucchero, anche se il genere esige questo approccio. Lezione numero tre: affiancate al suddetto marito, che svolge anche la funzione di produttore, un secondo coordinatore musicale, Tommy Sims (anche lui in precedenza ha peccato con gente come Michael Bolton, Kelly Clarkson, Michelle Williams delle Destiny’s Child, ma è stato anche il bassista di Springsteen nel periodo della Other Band, ok non la migliore, ma se confrontata con il resto…e ha collaborato con Clapton, Bonnie Raitt, Susan Tedeschi), e li chiudete in un paio di studi di registrazione, tra New York e Nashville, insieme a una decina di musicisti di vaglia, alcune coriste, tra cui spiccano Wendy Moten, Bekka Bramlett (la figlia di Delaney & Bonnie) e Crystal Taliefero (esatto, quella di Mellencamp, Springsteen e ora con Billy Joel), magari aggiungete una sezione di archi e di fiati, veri!

Poi prendete il tutto, lo frullate con forza, e il risultato è questo Let Them Fall In Love, uno dei migliori dischi di gospel che mi sia capitato di sentire da lunga pezza (anche se cercando con attenzione nel sottobosco della musica americana si trovano solisti e formazioni di sicura classe, ma oggi parliamo di questo)! CeCe, all’anagrafe Priscilla Marie, fa parte di una dinastia, quella dei Winans, le cui origini risalgono a circa 30-35 anni fa, ma prima c’erano anche Mom & Pop, con una serie di fratelli, dieci per la precisione, che in diverse combinazioni, hanno percorso le strade del soul, del R&B e del gospel: quella di miglior successo è stata l’accoppiata BeBe e CeCe Winans, in azione tra il 1982 e il 1996, poi una reunion nel 2009, 3 Grammy, svariati milioni di dischi venduti, poi CeCe ha proseguito da sola, vincendo ancora nove Grammy e vendendo altri 12 milioni di dischi. Però anche lei dal 2010 sembrava ferma, l’etichetta Pure Springs Gospel formata con il marito pareva non trovare una adeguata distribuzione sul territorio degli States. Ed ecco arrivare la Thirty Tigers, che se c’è da distribuire della buona musica, di qualsiasi genere, è subito pronta.

Il risultato, come si diceva poc’anzi, è questo Let Them Fall In Love, dieci splendide canzoni di puro gospel, coniugate nelle migliori forme della musica soul (e non solo soul): si parte con He’s Never Failed Me Yet, splendida canzone che unisce un incipit voce e piano, dove si gusta la voce della Winans (pensate a Whitney Houston giovane o alla mamma Cissy, ma anche la prima Dionne Warwick) poi entrano basso, batteria, percussioni, la sezione di archi, i fiati, le coriste fiammeggianti, in un crescendo spectoriano che lascia senza fiato, una meraviglia di purezza e musica senza tempo. Ma pure la seconda canzone non scherza, Run To Him, altro inno al signore di una bellezza incredibile, un ritmo latineggiante, tra “Girls Group Sound” e gli arrangiamenti di Bacharach per Dionne Warwick, con percussioni deliziose, tamburelli e castanets (nomi desueti), voci celestiali (visto l’argomento) per il call and response d’obbligo, e poi lei che canta come posseduta, pardon, infusa dalla grazia divina, questo non è “solo” gospel, è grande musica. E se si vuole sconfiggere la tentazione, in Hey Devil! si chiamano le Clark Sisters, si dice loro di cantare come le Raelettes e si costruisce un arrangiamento degno del Ray Charles dei tempi d’oro (con tanto di citazione di Hit The Road Jack sul fade della canzone ), che era comunque uno che dalla chiese aveva tratto più di un motivo di ispirazione ( e CeCe Winans e il marito Alvin Love sono entrambi pastori della loro chiesa evangelica in quel di Nashville).

Dopo i primi tre brani straordinari, il resto dell’album è “soltanto” bello, ma ci accontentiamo: Peace From The God è una serena ballata di grande intensità, Why Me è la versione del brano di Kris Kristofferson, altra ballata sontuosa, impreziosita anche dall’intervento di una pedal  steel suonata da Russ Pahl, la Winans canta sempre con il suo timbro cristallino. Lowly è un trascinante gospel-rock che rimanda al suono dei dischi di Delaney & Bonnie o Joe Cocker, corale e splendida ancora una volta. Comincio a pensare, se amate le valutazioni, che questo forse è addirittura un disco da 4 stellette; impressione confermata dalla pianistica Never Have To Be Alone che ricorda le canzoni di Carly Simon o Carole King, oppure dalla travolgente Dancing In The Spirit cantata con l’Hezekiah Walker’s Love Fellowship Choir che pare uscire da qualcuno dei dischi gospel di Aretha Franklin, con il dancing bass di Tommy Sims in grande evidenza. Scende la pace di nuovo con la spirituale (anche nelle altre, ma in questa più di tutte) Marvelous e radiosa pure la conclusiva Let Them Fall In Love, altra notevole ballata con uno sfarzoso arrangiamento di archi e un coro quasi esagerato. Un “articolo” quasi in estinzione, assolutamente consigliato a tutti, da fare sentire a grandi e piccini.

Bruno Conti

Nuovi Talenti Da Scoprire! Annika Chambers – Wild And Free

annika chambers wild and free

Annika Chambers – Wild And Free – Oarfin Records

Per quanto si cerchi di tenerci sempre informati su eventuali nuovi talenti da “scoprire” (uno dei piaceri dell’appassionato della buona musica), ogni tanto sbucano fuori dal nulla dei nomi mai sentiti, soprattutto nell’immenso panorama della scena indipendente americana. In Texas in particolare ce ne sono moltissimi: l’ultimo arrivo, almeno per me, è Annika Chambers, giovane blues woman nera da Houston https://www.youtube.com/watch?v=WtKzcfz788M  (non a caso il gruppo che l’accompagnava nel primo CD del 2014, Making My Mark, era quello delle Houston All-Stars). Il termine giovane nell’ambito blues è sempre opinabile, visto che si esordisce spesso abbastanza avanti negli anni, ma a occhio, a giudicare dalla copertina, dovrebbe avere una trentina di anni (la biografia, essendo una signora, non lo dice): già una vita ricca di eventi, una passione giovanile per la musica, ma anche il desiderio di entrare nell’Esercito, dove ha passato 7 anni e mezzo prima di tornare al suo primo amore, il blues, che come sapete non lo richiede espressamente, ma se succede è meglio, narra di grandi e piccoli disastri, e in effetti la nostra amica qualche vicissitudine l’ha passata. Prima una lunga separazione dal padre, poi qualche guaio durante il periodo nell’esercito, che, proprio recentemente, l’ha portata a passare sei mesi in prigione per corruzione (una storia di mazzette quando aveva 23 anni) e anche problemi di dipendenza, ora pare risolti.

E quindi dopo il disco del 2014 che le aveva fatto vincere vari riconoscimenti come Talento Emergente, e la sparizione improvvisa per qualche mese, ora Annika Chambers è pronta a lanciare questo nuovo Wild And Free, dove con lei collaborano, sia come autori che come musicisti, alcuni ottimi talenti locali, a partire dal bassista e co-produttore Larry Fulcher, a lungo con Taj Mahal e nella Phantom Blues Band e Richard Cagle, l’altro produttore e ingegnere del suono, tra i nomi coinvolti i più noti sono il batterista Tony Braunagel e il tastierista David Delagarza, ma anche gli altri contribuiscono alla riuscita di questo solido album di blues elettrico, con qualche venatura funky e anche molto soul, siamo dalle parti di Shemekia Copeland, Joanna Connor, senza dimenticare grandi del passato come Koko Taylor, Tina Turner, Etta James o “sorelle bianche” come Beth Hart e Dana Fuchs. Lo stile è abbastanza grintoso e chitarristico, almeno nella parte iniziale dell’album, come evidenzia la poderosa apertura di Ragged And Dirty, anche basata sulla sua vicenda personale, le soliste e l’organo viaggiano, il basso pompa e la batteria è precisa e pulita, tutto al proprio posto come si conviene, la voce è duttile e vissuta, insomma il talento c’è. City In The Sky è un notevole mid-tempo corposo, dove si apprezzano anche gli ottimi interventi delle voci di supporto e una bella slide d’atmosfera.

Better Things To Do accelera di nuovo i tempi, il suono ha anche una decisa connotazione rock contemporanea, come pure Give Up Myself, sempre vivace e pulsante, mentre Six Nights And Day è un funky blues gagliardo che ricorda appunto le citate Copeland e Koko Taylor, con la voce che ha qualche lontana parentela con la grande Aretha Franklin, grazie all’arrangiamento gospel con tanto di call and response con i vocalist aggiunti. Put The Sugar To Bed è la prima ballata dell’album, un bel brano dagli evidenti spunti soul, sempre con la voce in evidenza, e anche Reality evidenzia il lato più riflessivo della musica della Chambers, con piano elettrico e organo a guidare le danze. Don’t Try And Stop The Rain è  ottimo deep soul di pura matrice sudista, con il basso sinuoso di Fulcher a dettare I tempi e la voce che è tutta da gustare anche in questa versione più morbida e meno grintosa. Why Me, di nuovo tra blues e soul, è più attendista e sospesa, ma si apre a piacevoli inserti ricchi di melodia, dove la voce scivola naturale per il puro piacere dell’ascoltatore. I Prefer You ricorda ancora la prima Aretha (quella dei vecchi tempi) o Etta James, sempre fatte le dovute proporzioni, con Piece By Piece, notturna, jazzy e raffinata, con il piano e una chitarra acustica a sottolineare il bel timbro vocale sfoggiato dalla brava Annika Chambers per l’occasione. Love God, posta in conclusione, è uno splendido gospel cantato a piena ugola da questa giovane cantante che si rivela come uno dei nomi da tenere d’occhio nel panorama della musica nera, ma anche in generale.

Gran voce.

Bruno Conti

Una Piccola Enciclopedia Della Soul Music! Back To The River – More Southern Soul Stories 1961-1978

back to the river more southern soul front

Back To The River/More Southern Soul Stories 1961-1978 – 3 CD Kent/Ace

Nove anni fa, a fine 2006, era uscito il primo volume, Take Me To The River, un cofanetto da 3 CD, pubblicato dalla Ace su etichetta Kent, che conteneva un piccolo compendio del meglio della musica soul registrata nel Sud degli Stati Uniti: 75 brani pescati dal repertorio di etichette come Stax, Dial, Fame, Dot, Volt, Goldwax, Cadet e molte altre, con pezzi celebri di William Bell, Otis Redding, Wilson Pickett, Eddie Floyd, James Carr, Aretha Franklin, Sam & Dave, Etta James, Al Green, Johnnie Taylor e diversi altri nomi celebri della musica nera di qualità, quasi tutti nelle versioni originali dei singoli d’epoca, spesso in versione mono, arricchiti, i tre dischi, da molte tracce di artisti sconosciuti ai più se non, forse, agli appassionati di questo genere di sound, oltre a versioni rare ed alternative di pezzi celebri. Ora la stessa etichetta pubblica il secondo capitolo, sempre corredato da un libretto di 64 pagine che racconta vita, morte e miracoli delle canzoni e degli artisti contenuti nel Box, e quindi altrettanto indispensabile come il primo cofanetto.

Non costa pochissimo e non è di facilissima reperibilità, ma leggendo la lista dei brani è un degno confratello del primo capitolo https://www.youtube.com/watch?v=21tuPv5eAnchttps://www.youtube.com/watch?v=oTxVyx-0v1A e https://www.youtube.com/watch?v=olTYKIlT6Wk, che se volete vi potete ascoltare nella sua completezza ai tre link sopra riportati. Questa sotto, viceversa, è la tracking list completa del nuovo box, sempre 75 canzoni, ma con una quota di brani poco noti, ma in ogni caso fantastici, assolutamente superiore, come quota di pezzi poco conosciuti, rispetto alla prima uscita e con materiale che non proviene solo dal Sud degli States, ma anche realizzato nel nord, nell’est e nell’ovest, pur rimanendo sempre influenzati da quell’area geografica:

disc one
1. I WISH I KNEW (HOW IT WOULD FEEL TO BE FREE) – Solomon Burke
2. NEARER TO YOU – Bettye Lavette
3. PRIVATE NUMBER (EXTENDED VERSION) – William Bell and Judy Clay
4. FREE ME (TAKE 1) – Otis Redding
5. A TOUCH OF THE BLUES – Bobby Bland
6. THIS LOVE WON’T RUN OUT – Dee Dee Sharp
7. I GOT EVERYTHING I NEED – Eddie Floyd
8. PLEASE DON’T DESERT ME BABY – Gloria Walker and the Chevelles
9. SUGARMAN (EXTENDED VERSION) – Sam Baker
10. THINK I’LL GO SOMEWHERE AND CRY MYSELF TO SLEEP – Joe Perkins
11. SURE AS SIN – Jeanie Greene
12. WHAT’S THAT YOU GOT – Rudolph Taylor
13. I FOUND WHAT I WANTED – Mary Wells
14. I’VE GOT MEMORIES (DEMO) – Melvin Carter
15. MESSAGE FROM MARIA – Joe Simon
16. PROBLEMS – Mable John
17. I’VE BEEN SEARCHING – O.V. Wright
18. SHE AIN’T GONNA DO RIGHT (DEMO) – Clarence Carter
19. GIVE ME BACK THE MAN I LOVE – Barbara West
20. YOU’RE GONNA WANT ME – Bill Coday
21. I’M JUST LIVIN’ A LIE – Bettye Swann
22. HOME FOR THE SUMMER – Jimmy Braswell
23. TOO WEAK TO FIGHT (EXTENDED VERSION) – Ella Washington
24. EVERYTIME IT RAINS (TEARDROPS FROM MY EYES) – Na Allen
25. YESTERDAY – The Soul Children

disc two
1. THE ONLY GIRL I’VE EVER LOVED – Joe Tex
2. RAINY NIGHT IN GEORGIA – Brook Benton
3. LOVE COMES IN TIME – John Fred and the Playboys
4. SOMEBODY DONE TOOK MY BABY AND GONE – Joey Gilmore
5. I FOUND ALL THESE THINGS – C.P. Love
6. A WOMAN WILL DO WRONG – Helene Smith
7. DEPEND ON ME – Steve Dixon
8. I’M IN LOVE – Esther Phillips
9. EASIER TO SAY THAN DO – Sam Dees
10. WITHOUT LOVE WHAT WOULD LIFE BE – Terrie & Joy LaRoy with the Bill Parker Show Band
11. I’VE GOT TO TELL YOU – Count Willie with LRL and the Dukes
12. YOU NEED ME – Joe Wilson
13. NEARER TO YOU – Joe Medwick
14. YOUR LOVE IS ALL I NEED – Della Humphrey
15. NOTHING TAKES THE PLACE OF YOU – Toussaint McCall
16. HOW SWEET IT WOULD BE – George Perkins
17. DAYDREAMIN’ – Warren Storm
18. NO MORE GHETTOS IN AMERICA – Stanley Winston
19. DO RIGHT MAN – Little Beaver
20. (SOMETIMES) A MAN WILL SHED A FEW TEARS TOO – Johnny Adams
21. ASKING FOR THE TRUTH – Reuben Bell
22. I CAN’T STAND TO SEE YOU GO – Joe Valentine
23. YOU GOT EVERYTHING I NEED – Don Hollinger
24. A SAD SAD SONG – Charles Crawford
25. TELL IT LIKE IT IS – Aaron Neville

disc three
1. GOING BACK HOME – Ground Hog
2. CRY TO ME – Freddie Scott
3. LOOKING FOR A HOME – Little Buster
4. THE GIRLS FROM TEXAS (EXTENDED VERSION) – Jimmy Lewis
5. AIN’T NO WAY – Aretha Franklin
6. I FOUND A MAN IN MY BED – Roy C
7. TAKE YOUR TIME – Clay Hammond
8. JUST A TOUCH OF YOUR HAND – Al Gardner
9. YOU’RE GOOD FOR ME – Don Covay
10. I FOUND THE ONE – Billy Sha-Rae
11. DON’T MAKE ME PAY FOR HIS MISTAKES – ZZ Hill
12. WHAT CAN YOU DO WHEN YOU AIN’T GOT NOBODY- The Soul Brothers Six
13. THAT’S HOW IT IS (WHEN YOU’RE IN LOVE) – Otis Clay
14. GO ON FOOL (EXTENDED VERSION) – Marion Black
15. I WANT EVERYONE TO KNOW – Fontella Bass
16. YOU WANTS TO PLAY – Oscar Weathers
17. (I WANT HER) BY MY SIDE – The Fuller Brothers
18. SHACKIN’ UP – Barbara Mason
19. DON’T BLAME ME – Willie Hightower
20. STOP – Lester Young
21. SOMEONE TO TAKE YOUR PLACE – Bill Locke
22. IF LOVING YOU IS A CRIME (I’LL ALWAYS BE GUILTY) – Lee Moses
23. EASY AS SAYING 1-2-3 – Timmy Willis
24. I DON’T KNOW WHAT YOU GOT BUT IT’S GOT ME PARTS 1 & 2 – Little Richard
25. MARY JANE – Bobby Rush

Il Natale è vicino, ma questo cofanetto è da avere assolutamente, anche dopo, trattasi di goduria suprema!

Bruno Conti