Uno, Anzi Due, Degli Ultimi Grandi Concerti Della Sua Carriera. Jimi Hendrix – Live In Maui

jimi hendrix live maui front

Jimi Hendrix Experience – Live In Maui – 2CD/Blu-Ray Experience Hendrix/Sony Legacy

*NDB Quando ho scritto questa recensione ho lavorato su una anteprima, quindi non avevo ancora tutte le informazione precise, ma visto che mi pare sia venuta bene, ho preferito lasciarla così. Buona lettura.

Nell’estate del 1970 Michael Jeffery, il manager che aveva sostituito Chas Chandler alla guida della carriera di Jimi Hendrix (con risultati peraltro disastrosi, si dice facendo sparire quantità prodigiose di denaro, per farle confluire sui propri conti correnti, e forse, ma non è mai stato provato, coinvolto anche nella morte di Hendrix, l’argomento è stato dibattuto in vari libri e mai risolto, anche perché Jeffery morì anche lui in un disastro aereo in Francia nel 1973, ma in questa recensione non c’è lo spazio per parlarne, solo per inquadrarlo nel contesto), aveva seri problemi di liquidità e quindi contatta la Reprise Records del gruppo Warner, con l’idea di un film “giovanile”, offrendo come contropartita la colonna sonora di quel film, con musica di Jimi Hendrix. Poi si vedrà come Rainbow Bridge il disco, uscito postumo dopo la morte di Jimi nel 1971, avrebbe contenuto materiale raffazzonato, preso da registrazioni di studio del 1968/69 e ‘70, con un solo brano dal vivo, ma registrato a Berkeley nel maggio del 1970.

jimi hendrix live maui box

Mentre il film, anche questo uscito postumo nei cinema sempre nel 1971, doveva essere incentrato sulla vicenda di un surfer che girava per Maui, una delle isole Hawaii, poi sostituito da una modella Pat Hartley, sempre in vagabondaggio per l’isola alla ricerca di personaggi della controcultura dei tempi, alcuni che affermavano di venire da Venere ed a un certo punto sbucano a Olinda, una zona vulcanica ex zona di pascolo, dove è radunata una piccola folla per assistere ad un concerto gratuito, di quello che è l’unico vero extraterrestre, tale Jimi Hendrix, accompagnato dai suoi nuovi Experience, ovvero Billy Cox al basso e Mitch Mitchell alla batteria, in quella che sarà la sua penultima esibizione in terra americana (alla quale le Hawaii appartengono), nell’ambito del Cry Of Love Tour. Nel film poi vennero utilizzati solo 17 minuti dei due set completi ciascuno di 50 minuti eseguiti per l’occasione. Nel nuovo Live In Maui, troviamo il nuovo documentario Music, Money, Madness . . . Jimi Hendrix In Maui, estrapolato dal girato del regista originale Chuck Wein (solo in Blu-Ray, peccato niente DVD) e con la regia di John McDermott, che contiene anche i due concerti completi, presenti poi nella parte audio nei due CD: visto che sto scrivendo molto prima dell’uscita prevista per il 20 novembre, non so dirvi del contenuto video, se non per alcuni spezzoni in rete che testimoniamo comunque dell’eccellente qualità delle immagini restaurate, con l’aggiunta di molti commenti aggiunti da parte di Billy Cox e del produttore storico Eddie Kramer, che ha poi rimasterizzato e rimixato i nastri originali con risultati prodigiosi.

E di questo, che sto ascoltando ora, vi posso parlare: a dispetto di quanto a posteriori hanno affermato alcuni, anche a causa di uscite postume non impeccabili di quel genio di Alan Douglas, Jimi Hendrix a quei tempi suonava ancora alla grande, e in attesa di mettere su nastro quanto stava concependo, eseguiva anche molto materiale in anteprima. Chuck Wein, dopo una breve esibizione degli Hare Krishna, annuncia la Jimi Hendrix Experience, la sequenza non è esattamente la stessa dei CD e del Blu-Ray in uscita, seguo quella che ho io e si parte con una strepitosa Voodoo Child (Slight Return) con il mancino di Seattle che Cry baby inserito comincia ad imperversare con il pedale del wah-wah, in uno dei suoi capolavori assoluti , Villanova Junction, gia eseguita a Woodstock, è una jam blues di durate variabili, qui sono circa sei minuti di pura improvvisazione strumentale dove Hendrix estrae dalla sua chitarra le consuete, per lui, sonorità impossibili e inventate all’impronta, anche su scale modali orientaleggianti, Straight Ahead, uno dei brani di Cry Of Love, è un pezzo rock tipico del suo canone sonoro, mentre Stone Free recuperata dal lato B del primo singolo Hey Joe, (che viene appunto citata brevemente nel finale della canzone) contiene riff e ritornello che sono l’epitome del pensiero musicale futuribile di Jimi, con un assolo acido e devastante, anche in questa versione sempre superbo, brano che chiude il concerto.

Spanish Castle Magic, in origine sul Axis: Bold As Love, con quel suo incipit classico, che era in pratica il finale di una qualsiasi canzone di altri musicisti, per tutti ma non per Hendrix, che stava capovolgendo i canoni abituali delle canzoni rock, sempre con un lavoro formidabile della solista, che poi parte per la stratosfera delle 12 battute in una versione stranamente concisa ma sempre formidabile di Red House, seguita nel mio streaming da Purple Haze, sempre con baci al cielo, e uno dei riff circolari e ripetuti più celebri della storia del rock, versione robusta e turbolenta con citazione dello Star Spangled Banner, poi arriva Message To Love, che in effetti chiude il primo CD ed è uno dei brani tipici dei Band Of Gypsys, un messaggio d’amore funky all’Universo, Lover Man uscirà postuma parecchi anni dopo, uno dei vorticosi brani tipici del suo repertorio, veloce e scalpitante con la band che lo segue precisa mentre scava dal suo wah-wah altri torrenti di note, Jam Back To The House, come da titolo, è una improvvisazione, e in quanto tale, diversa da quella eseguita al Festival di Woodstock, con la chitarra free form e anche batteria e basso liberi di vagare tra le note.

In From The Storm sarà su Cry Of Love e questa a Maui è una delle prime apparizioni nel tour del 1970, brano veemente e tirato, che poi sarà eseguito anche all’Isola di Wight, eccellente versione. Hey Baby (New Rising Sun) è l’unico pezzo che viene suonato in entrambi i concerti, altra canzone nuova, che nella versione di studio apparirà nel disco Rainbow Bridge, forse un pezzo minore, ma comunque affascinante e Hendrix ci stava lavorando ancora sopra, tanto che nella seconda esibizione, strumentale, e più convincente, appare insieme a Midnight Lightning. Bellissime versioni pure di Hear My Train A-Coming, ancora il blues spaziale “according to Jimi”, con accelerazione finale potentissima, Freedom, anche quella inedita nell’estate 1970, e l’immancabile rito di Foxey Lady e la scarica di energia di una selvaggia Fire. In coda al mio ascolto, ma posizionate altrove nella sequenza ufficiale troviamo anche altri due “nuovi” brani, almeno per l’epoca: Ezy Rider, altro brano veemente e con ampio uso di wah-wah, e Dolly Dagger, incisa in studio nell’estate e pubblicata sempre su Rainbow Bridge, forse non tra i migliori di Hendrix, con qualche riciclo di sé stesso, ma “Hey, era pur sempre Jimi Hendrix”. Beati quelli c’erano e noi che lo possiamo ascoltare 50 anni dopo.

Esce domani.

Bruno Conti

Cofanetti Autunno-Inverno 11. Dopo Quasi 50 Anni Le Due Strepitose Serate Della “Banda Degli Zingari” Al Completo. Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts

jimi hendrix songs for groovy children front

Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts – 5 CD Sony Legacy Boxset

La storia di questi quattro concerti è una delle più travagliate del percorso musicale di Jimi Hendrix. I Band Of Gypsys sono in un certo senso la prosecuzione dei Gypsy Sun and Rainbows, la band che Jimi aveva assemblato per partecipare al Festival di Woodstock, dopo lo scioglimento degli Experience, reso effettivo nei primi mesi del 1969. Nel gruppo che suonò a Woodstock c’era il vecchio amico Billy Cox al basso: una amicizia nata durante il servizio militare e poi coltivata anche con saltuarie collaborazioni musicali, che approdano, dopo Woodstock, nell’idea di formare un nuovo ensemble, i Band Of Gypsys, che avrebbe permesso a Hendrix di coltivare anche la sua passione per la musica “nera” senza abbandonare l’idea di sperimentare, sempre presente nella sua visione della musica, e quindi viene approcciato Buddy Miles, già batterista degli Electric Flag e leader di un proprio gruppo Buddy Miles Express, che nel 1968 aveva pubblicato un disco Expressway To Your Skull, che nelle note di copertina riportava un breve poema di Jimi, che poi produsse il disco successivo Electric Church, in entrambi gli album Miles era anche il cantante.

Quindi sia affinità elettive, tutti e tre erano neri, che musicali, l’amore per  il soul, il funky, ma anche il rock, come anche di amicizia: un altro fattore importante nella nascita di questa nuova formazione era anche il fatto che Jimi Hendrix doveva un disco alla Capitol per quel contratto incautamente firmato ad inizio carriera, e quindi decise di organizzare una serie di concerti al Fillmore East di New York, registrarli e poi estrarre dai risultati un disco dal vivo da presentare alla Capitol per soddisfare le clausole del contratto. Cosa che venne fatta, ma essendo Hendrix un grande perfezionista, il tutto venne organizzato in pompa magna, anche per presentare una serie di nuove canzoni che stava creando in quel periodo, oltre a tre canzoni previste per Buddy, e alcune cover e vecchi cavalli di battaglia rivisti nella nuova ottica black della formazione, il tutto venne forgiato in una lunga serie di prove che durarono dalle 12 alle 18 ore ogni giorno nella settimana che precedette i concerti.

jimi hendrix songs for groovy children box

Quindi il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio del 1970 si tennero quattro concerti al Fillmore East di New York, da cui venne estrapolato un LP singolo con 6 canzoni, pubblicato il 25 marzo del 1970, quando la band si era peraltro già sciolta, anche a seguito del concerto del 28 gennaio al Madison Square Garden, quando Hendrix litigò con una donna nel pubblico e il gruppo dopo due sole canzoni lasciò il palco. Comunque di  questi concerti nel corso degli anni sono uscite varie edizioni: il primo Band Of Gypsys aveva 6 canzoni (9 nella edizione in CD), Band Of Gypsys 2 altre sei, Live At the Fillmore East il doppio CD pubblicato nel 1999, un totale di 16 brani, e infine Machine Gun The Fillmore East First Show, uscito nel 2016, ne riportava 11. Questo nuovo cofanetto Songs For Groovy Children contiene un totale di 43 pezzi, nella sequenza originale dei 4 concerti, con 26 tracce “inedite”; alcune apparse nella versione video, altre eliminate da precedenti versioni, e rimixate per la nuova edizione da Eddie Kramer, l’ingegnere del suono del disco originale, altre ancora da cui erano state tolte nell’editing le presentazioni oppure versioni più lunghe e ancora altre già apparse in box e ristampe varie più recenti, e infine 7 brani mai pubblicati prima in nessun formato. Forse è la ristampa migliore delle tantissime uscite nel corso degli anni a cura della Famiglia Hendrix, e comunque la testimonianza di un artista ancora al culmine del suo periodo più ispirato, colto in uno degli aspetti che preferiva, quello dei concerti dal vivo. Vediamo il contenuto, ricordando che nella recensione del CD di Machine Gun del 2016 così scrivevo: “Però quel First Show nel titolo fa presupporre che nel tempo ci saranno sicuramente dei seguiti, prima che fra qualche anno esca un cofanetto The Complete Fillmore Shows che conterrà l’integrale delle due serate, garantito!” Meglio di Nostradamus o facile profeta?

Il primo CD riporta esattamente le 11 canzoni appunto del primo concerto del 31 dicembre: all’epoca  tutte mai pubblicate prima in nessuno disco di Jimi Hendrix: Power Of Soul è subito una esplosione di funky-rock-soul spaziale con Jimi impegnato ad estrarre dal  wah-wah le sue solite sonorità impossibili, mentre le parti vocali sono affidate alla accoppiata Hendrix e Buddy Miles, che ha anche un gran daffare alla batteria, mentre Cox con il suo stile impeccabile al basso tiene ancorato il ritmo, ottima anche la guizzante Lover Man, ancora con wah-wah a manetta, poi le cose si fanno serie con una lunga e potentissima Hear My Train A Comin’, ovvero il blues secondo Hendrix, inarrivabile ed inarrestabile con la sua chitarra sempre impegnata in traiettorie quasi impossibili per gli altri axemen dell’epoca: l’assolo, manco a dirlo è formidabile. Changes il primo brano di Buddy Miles, è la futura Them Changes (celebre anche nella versione dal vivo con Santana del 1972), introduce il funky-rock più carnale ed immediato del batterista vicino alla soul music, ma ovviamente con Hendrix in formazione che imperversa con la sua Fender tra un verso e l’altro e poi parte per la tangente, comunque mai scontato.

Izabella è uno dei brani di Hendrix contro la guerra, futuro singolo per la Reprise nell’aprile 1970, classico brano rock del canone hendrixiano, mentre Machine Gun, canzone che nasce come appendice delle improvvisazioni sullo Star Spangled Banner a Woodstock, diventa uno dei classici assoluti di Jimi, con la chitarra in modalità wah-wah che parte subito per l’iperspazio sostenuta dalle scariche ferine della batteria di Buddy Miles, anche questa con un testo di protesta contro la guerra del Vietnam, brano che veniva già eseguito dall’estate 1969, per la prima volta a Berkeley, presente in tutti i quattro set delle due giornate, con la canzone che si dipana in un crescendo inarrestabile, quasi lavico, della magica solista del mancino di Seattle.

Stop, scritta da Ragovoy e Shuman, era apparsa per la prima volta in un disco di Howard Tate (uno dei grandi “incompresi” della soul music) in un disco del 1967, veicolo ideale per l’accoppiata Buddy Miles e uno stranamente infervorato Hendrix che in un call and response vigoroso  la prendono di petto con una veemenza che l’originale di Tate non aveva, mentre Parliament/Funkadelic,Eddie Hazel, Isley Brothers futuri e molti altri prendono nota. Ezy Rider uscirà solo l’anno dopo nel postumo The Cry of Love, un altro brano dall’andatura vorticosa, con un eccellente lavoro anche di Miles alla batteria e la furiosa scarica di chitarra di un ispiratissimo Jimi, alla faccia di alcune critiche dell’epoca che non parlarono particolarmente bene del LP (uscito però solo con sei brani), anche se poi nel corso degli anni è stato giustamente considerato uno dei migliori concerti live all-time. Come ribadisce il primo slow blues della serata, una sinuosa e raffinatissima cover del brano di Elmore James Bleeding Heart, che Hendrix aveva già inciso nell’era pre-Experience con Curtis Knight, e poi eseguita nel concerto alla Royal Albert del febbraio 1969, e registrata in alcune versioni di studio pubblicate in diversi CD postumi; anche Earth Blues rimarrà inedita per moltissimi anni, prima di venire pubblicata negli anni 2000, un gagliardo brano tra R&B e rock psichedelico nella migliore tradizione delle canzoni di Hendrix, che chiude il primo set con Burning Desire, altro brano inedito che avrebbe dovuto forse apparire nel disco di studio mai completato dei Band Of Gypsys, Jimi saluta, ringrazia e augura Buon Anno al pubblico presente con questa ulteriore perla del suo songbook, quasi 10 minuti di un brano che ricorda molto il suono degli Experience dei primi due dischi, vibrante e sempre pronto a trasformarsi in jam furiose e ricche di continui cambi di tempo ed improvvisazioni  da lasciare senza fiato.

Per il secondo set, quello destinato a portarli nel nuovo anno, ci sono molte aggiunte al menu della serata: si parte con il conto alla rovescia del pubblico, e poi con una versione di Auld Lang Syne, il celebre brano che si eseguiva nelle festività, fatto ovviamente alla Jimi Hendrix, poi arriva subito Who Knows, un altro dei brani nuovi, forse il più tipizzante di quella fusione tra soul e rock, destinato ad aprire la prima facciata del vinile del 1970, con il tipico interscambio vocale tra i due e un ritmo scandito che lo rende quasi irresistibile nel suo dipanarsi, grazie al lavoro eccellente del basso di Cox che alza la quota funky alle stelle, mentre Hendrix maltratta la sua Telecaster come solo lui sapeva fare in un flusso solista di grande intensità, poi ribadito in una tiratissima Fire, uno dei riff più devastanti della storia del rock, e grande empatia tra Miles, Cox e Hendrix che timbra un altro assolo di quelli da sballo, segue Ezy Rider e poi una versione eccelsa di Machine Gun, se non sbaglio l’unico brano, insieme a Changes, presente in tutti i quattro set delle due serate, quasi 14 minuti devastanti che rendono ancora più acido e sperimentale il pezzo,  e che precede una versione colossale e pantagruelica di Stone Free, riconosciuta dal pubblico alla prima nota, parte forte subito e poi accelera in maniera quasi parossistica, prima di entrare nei regni della pura improvvisazione con una lunghissima sezione strumentale che prevede anche assoli di basso e batteria, forse appena prolissa a tratti, ma è sempre un bel sentire. Poi arriva una nuova versione di Them Changes, come la presenta Jimi, più lunga e con gli elementi soul più evidenti, anche se Hendrix si prende i giusti spazi da par suo; Message To Love è un altro dei brani nuovi che andrà sull’album in uscita a marzo, altro brano dal riff circolare molto marcato, non particolarmente memorabile, decisamente migliore la seconda versione di Stop, ancora più grintosa di quella del primo set e a chiudere la nottata una veemente ed impetuosa Foxey Lady, sempre uno dei brani più amati ed eseguiti dal mancino.

Nel terzo set, datato 1° gennaio 1970, dopo la presentazione dei protagonisti, si riparte con una eccellente Who Knows sempre scandita dal favoloso groove del basso di Billy Cox e poi lasciata all’estro di Jimi, sempre inesauribile nelle sue continue improvvisazioni alla chitarra, con wah-wah in grande spolvero e la band saldamente legata, come conferma un’altra versione formidabile di Machine Gun, che è un poco la Voodoo Chile della serata con la sua atmosfera tesa e quasi inquietante. Changes e Power Of Soul precedono Stepping Stone, un altro brano presentato per la prima volta nel corso del concerto e poi uscito come singolo ad aprile, un’altra delle tipiche canzoni ascendenti del canone hendrixiano, veloce e frenetica, benché non tra le sue migliori. Tornano anche Foxey Lady più psichedelica che mai, Stop, Earth Blues e Burning Desire, che chiude il terzo set. Per nel quarto e ultimo set, il più lungo con i suoi 13 brani, Jimi Hendrix regala al pubblico presente molti dei suoi cavalli di battaglia: si parte con Stone Free, più breve ma decisamente più fremente di quella del giorno prima, poi quasi tutte le canzoni vengono presentate in versioni più lunghe ed improvvisate, da una solidissima Power Of Soul a Changes che si allunga ad ogni nuova apparizione nei concerti, una Message To Love più convinta, stranamente la sola Machine Gun appare in una versione più breve, “appena” 11 minuti e 52 secondi, comunque sempre viscerali e quasi disperati nella loro efficacia. Anche Lover Man, dedicata al pubblico femminile presente, fa il suo debutto, altro brano breve e compatto, che precede Steal Away, altra canzone “inedita” del soulman Jimmy Hughes, affidata alla voce di Buddy Miles, si trasforma in un blues lento ed appassionato che precede Earth Blues, altra canzone molto eseguita nei quattro concerti:

JimiHendrix_SongsForGroovyChildren_LPbox_pshot_r2

Poi partono i bis e qui iniziano i fuochi di artificio (ma nel corso dei concerti Jimi aveva anche inserito brevi citazioni di Third Stone From the Sun e The Wind Cries Mary, a voi scoprirle): in sequenza appaiono Voodoo Child (Slight Return) quella vera, presentata come il loro inno nazionale, una orgia di wah-wah impazziti, magnifica come al solito, We Gotta Live Together, è l’ultimo brano inedito affidato alla voce di Buddy Miles, che ne è anche l’autore e cerca il singalong del pubblico presente, in questo ulteriore esempio del psychedelic soul  che avrebbe dovuto essere la cifra stilistica della band, se avesse proseguito nella propria avventura. Altro riff memorabile, che ci riporta ai fasti dell’inizio di carriera di Hendrix a Monterey, è una poderosa Wild Thing, come non potevano neppure mancare il primo singolo Hey Joe, altra canzone epocale e per finire in gloria, una impetuosa Purple Haze, con il suo verso che illustra in poche parole una intera carriera “Excuse me while I kiss the sky”.

Cofanetto magnifico, una delle più belle ristampe in un anno ricco di uscite importanti.

Bruno Conti

Che Natale Sarebbe Senza Un “Nuovo” Jimi Hendrix? Il 22 Novembre Esce Il Box Songs For Groovy Children: The Fillmore East Concerts

jimi hendrix songs for groovy children frontjimi hendrix songs for groovy children box

Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children: The Fillmore East Concerts – 5 CD Box Set Sony Legacy – 22-11-2019

Lo scorso anno, naturalmente sempre più o meno nel periodo natalizio, era stato pubblicato https://discoclub.myblog.it/2018/12/03/correva-lanno-1968-2-jimi-hendrix-experience-electric-ladyland-deluxe-edition-50th-anniversary-box/ , l’anno prossimo che cadrà il cinquantesimo anniversario della morte di Jimi Hendrix non oso pensare a cosa penserà la famiglia per l’evento (spero comunque in qualcosa di interessante), ma per il momento occupiamoci di questo cofanetto di 5 CD che raccoglie l’integrale dei quattro concerti che Hendrix tenne con i Band Of Gypsys a cavallo tra il 31 dicembre 1969 e il 1° gennaio del 1970, due set per ogni giorno, per un totale 43 canzoni eseguite, tra cui almeno due dozzine mai pubblicate prima nelle varie edizioni discografiche che si sono succedute nel corso degli anni: leggete che cosa scrivevo nella mia recensione del 2016 a Machine Gun: The Fillmore East First Show 12/31/1969 ” Però quel First Show nel titolo fa presupporre che nel tempo ci saranno sicuramente dei seguiti, prima che fra qualche anno esca un cofanetto The Complete Fillmore Shows che conterrà l’integrale delle due serate, garantito!”. Sono stato quindi facile profeta, ma facciamo una breve cronistoria delle varie edizioni: nel marzo del 1970 esce il vinile di Band Of Gypsys con sole 6 canzoni, poi ampliato a nove per la prima edizione in CD del 1991, nel frattempo nel 1986 era uscito un vinile Band Of Gypsys 2 con altri 6 pezzi, curato da Alan Douglas, nel 1999 viene pubblicato Live At The Fillmore East, un doppio CD con 16 brani, sempre estratti dai quattro concerti e infine nel 2016 quel Machine Gun citato poc’anzi.

Ma la storia di questi concerti leggendari inizia molto prima nel tempo: infatti nel 1965 Hendrix, allora sconosciuto, firma un contratto con la PPX per la pubblicazione di un album di studio e poi per tre anni di esclusiva dei suoi servigi discografici(vicenda che si concluse molti anni dopo, con la pubblicazione di un album di cui vi ho parlato in questo Post https://discoclub.myblog.it/2015/04/04/puoi-usare-il-nome-il-cognome-si-curtis-knight-the-squires-featuring-jimi-hendrix-you-cant-use-my-name/ ), ma nel frattempo si era fatta viva anche la Capitol che avrebbe avuto diritto alla distribuzione di un album (in deroga al contratto con la Polydor/Track in Inghilterra e la Warner negli USA) e per evitare ulteriori beghe legali Jimi decise di consegnare un album dal vivo, forse meno laborioso da essere realizzato di uno di studio. Ma essendo Jimi Hendrix, il più grande chitarrista del mondo, decise di organizzare due serate al Fillmore East di New York per un totale di 4 concerti, tutti registrati con apparecchiature professionali, il massimo che consentiva la tecnica dell’epoca, da cui vennero estratti i miserrimi 6 pezzi che costituirono Band Of Gypsys. La band con Billy Cox al basso e Buddy Miles alla batteria era comunque formidabile e nel corso delle perfromances vennero eseguiti, come detto, ben 43 brani in totale, tra cui cui moltissime chicche, canzoni rare, cover e molto altro.

Vediamo le cose più interessanti che saranno presenti nel box in uscita il prossimo 22 novembre: Intanto Izabella, Ezy Ryder e Burning Desire, erano canzoni ancora inedite; altri brani mai eseguiti prima (credo, controllerò per la recensione al momento dell’uscita) c’erano anche Earth Blues e Stepping Stone. Non mancano versioni straordinarie di Machine Gun, Foxey Lady, Voodoo Child (Slight Return),Wild Thing,Hey Joe e Purple Haze, oltre ad alcune chicche assolute, queste mai uscite, a parte forse nei bootleg, di Stop di Howard Tate Steal Away di Jimmy Hughes, due grandi brani soul, oltre ad una rara Bleeding Heart di Elmore James, in una delle tipiche fiammeggianti versioni del mancino di Seattle. Il tutto sarà corredato da un libretto fotografico con scatti d’epoca di Amalie Rothschild, Jan Blom e Marc Franklin, mentre nelle note ci sarà anche un breve saggio dell’autore e filmmaker Nelson George, oltre alle reminiscenze di Billy Cox.  Per la parte tecnica all’opera Eddie Kramer e John McDermott  Come al solito qui sotto potete leggere la lista completa dei brani contenuti nel cofanetto.

 [CD1]
1. Power of Soul
2. Lover Man
3. Hear My Train a Comin’
4. Changes
5. Izabella
6. Machine Gun
7. Stop
8. Ezy Ryder
9. Bleeding Heart
10. Earth Blues
11. Burning Desire

[CD2]
1. Auld Lang Syne
2. Who Knows
3. Fire
4. Ezy Ryder
5. Machine Gun
6. Stone Free
7. Changes
8. Message to Love
9. Stop
10. Foxey Lady

[CD3]
1. Who Knows
2. Machine Gun
3. Changes
4. Power of Soul
5. Stepping Stone
6. Foxey Lady
7. Stop
8. Earth Blues
9. Burning Desire

[CD4]
1. Stone Free
2. Power of Soul
3. Changes
4. Message To Love
5. Machine Gun
6. Lover Man
7. Steal Away
8. Earth Blues

[CD5]
1. Voodoo Child (Slight Return)
2. We Gotta Live Together
3. Wild Thing
4. Hey Joe
5. Purple Haze

Appuntamento a fine novembre.

Bruno Conti

In Studio O Dal Vivo, Non Ne Sbaglia Uno. Tommy Castro And The Painkillers – Killin’ It Live

tommy castro killin' it live

Tommy Castro And The Painkillers – Killin’ It Live – Alligator/Ird

Tommy Castro viene da San Jose, California, dove è nato nel 1955, ma è sempre in giro per gli Stati Uniti (e ogni tanto anche in Europa) a proporre la propria musica dal vivo, anche se nella sua carriera solista iniziata negli anni ’90 (prima suonava con i Dynatones), questo Killin’ It è già il suo terzo disco dal vivo. Il quarto CD registrato con i Painkillers, in una discografia che conta su una quindicina di album, più un paio di EP: da alcuni anni si è accasato con la Alligator, etichetta che ormai da un po’ di anni non sbaglia un disco, e anche questo CD non fa eccezione. Se amate del blues robusto, a forte componente rock, con elementi soul  e southern, non vi potete esimere, anche questa nuova prova di Castro centra l’obiettivo. Registrato nel tour del 2018 Tommy ha pescato da registrazioni effettuate con il suo quartetto tra New York, Michigan, California e in Texas, al leggendario Antone’s: niente ospiti per l’occasione,  solo il bassista Randy McDonald, il batterista Bowen Brown e il tastierista Michael Emerson, che sono diventati uno delle formazioni più gagliarde in circolazione. La scelta del repertorio spazia un po’ in tutta la sua produzione, con due cover, Leaving Trunk di Sleepy John Estes, cavallo di battaglia di Taj Mahal, ma suonata spesso anche da Derek Trucks e Gov’t Mule, nonché Them Changes di Buddy Miles, il celebre brano presente anche nel Live con Santana ed estratto da Stompin’ Ground  l’ultimo album del nostro amico https://discoclub.myblog.it/2017/10/09/delaney-bonnie-e-pure-eric-clapton-avrebbero-approvato-tommy-castro-the-painkillers-stompin-ground/ .

Quindi niente fiati questa volta, ma l’impressione da blues and soul revue è tipica sempre nelle produzioni di Tommy Castro, fin dall’annuncio iniziale “Party Time, It’s Saturday Night Everybody”, l’atmosfera è subito gioiosa e spumeggiante, con una Make It Back To Memphis che sta giusto a metà strada tra il sound della J. Geils Band (anche senza l’armonica di Magic Dick) e il Texas sound di un pimpante Delbert McClinton, grazie ad un ritmo ondeggiante, alla bellissima voce di Castro e al pianino debordante di Emerson, poi nel finale entra la chitarra di Tommy e non ce n’è più per nessuno, il divertimento è assicurato. Can’t Keep A Good Man Down tratta dall’omonimo album del 1997 non è da meno, con una pulsante sezione ritmica e la solista che comincia a  lanciare traccianti rock-blues sul pubblico presente, si capisce perché il musicista californiano è considerato uno dei migliori chitarristi in circolazione, come viene ribadito nelle volute funky di Leaving Trunk, che nella versione di Taj Mahal aveva Ry Cooder e Jesse Ed Davis alle chitarre, ma il nostro amico fa di tutto per non farli rimpiangere, con il suo timbro grasso e pungente, mentre Emerson passato all’organo lo sostiene con brio.

Lose Lose era un brano scritto con Joe Louis Walker presente nel disco del 2015, uno slow blues di quelli tiratissimi e lancinanti dove la chitarra di Castro fa i numeri in un fluentissimo assolo ricco di una forza e una tecnica strabilianti, notevole anche il vibrante shuffle Calling San Francisco, tratto da un vecchio album del 1999, sempre cantato e suonato in grande spinta da tutta le band, che poi accelera vorticosamente a tempo quasi di rock and roll per una potente Shakin ‘The Hard Times Loose dove impazza il batterista Bowen Brown e sembra di sentire appunto una rock’n’soul revue devastante. Un attimo di quiete per godere della bella ballata soul Anytime Soon, che anche vocalmente ricorda il miglior McClinton, con breve solo di grande finezza in punta di dita, She Wanted To Give It To Me è tratta dal disco del 2014 con i Painkillers The Devil You Know, un brano scritto con Narada Michael Walden dal groove funky accentuato, chitarra dal suono nuovamente “grasso” e pungente e ottimo lavoro dell’organo, ancora con quell’aria da party music che spesso trasuda dai brani di Castro; ottima anche Two Hearts altro blues up-tempo con retrogusto soul e il “solito” assolo furioso della Gibson del nostro amico, che per chiudere sceglie Them Changes, un classico del rock-blues, che oltre che con Carlos Santana Buddy Miles era solito suonare nella Band Of Gypsys di Hendrix, versione gagliarda, con lungo assolo di organo nella parte centrale e la solista di Castro che imperversa nel resto del  brano, e spazio anche per i classici assoli di basso e batteria, come in tutti i Live che si rispettano, e questo lo è!

Bruno Conti

Se Fosse Uscito Nel 1970 Sarebbe Stato Un Gran Disco, Ma Pure Oggi Non Scherza! Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky

jimi hendrix both sides of the sky

Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky – Experience/Sony Legacy

Poco meno di due mesi fa, nella rubrica delle anticipazioni discografiche, avevo pubblicato un Post http://discoclub.myblog.it/2018/01/26/uscite-prossime-venture-2-un-altro-hendrix-nuovo-esce-il-9-marzo-jimi-hendrix-both-end-of-the-sky/  dedicato a questo ennesimo “nuovo” album di Jimi Hendrix Both Sides Of The Sky. Devo dire che di tutto il materiale e dei dischi postumi, anche box, che si sono succeduti nel corso degli anni dedicati al mancino di Seattle, e ne sono usciti alcuni veramente belli, questo ultimo è uno dei più interessanti in assoluto, curato come al solito da Eddie Kramer.

Per cui riprendo quanto scritto all’epoca e lo rielaboro alla luce dell’ascolto che ho potuto fare del materiale contenuto nel CD. Vediamo, brano per brano le tredici canzoni, 65 minuti di musica in tutto:

:1. Mannish Boy La prima registrazione in assoluto in studio del trio Hendrix, Buddy Miles Billy Cox, prima ancora di chiamarsi Band Of Gypsys, alle prese con uno dei grandi brani di Muddy Waters.  Uno dei classici blues psichedelici di Jimi: nel corso dei suoi concerti eseguiva periodicamente anche (I’m Your) Hoochie Coochie Man, in effetti lo troviamo nelle BBC Sessions. Il brano, registrato ai Record Plant Studios di New York il 22 Aprile 1969, ha il classico sound delle prime registrazioni con gli Experience, anche se è suonato con una diversa sezione ritmica, classico suono hendrixiano con scat voce-chitarra tipico del suo solismo ma senza particolari acrobazie sonore, si fa per dire, visto che si parla di Hendrix, comunque un brano solido e completamente rifinito.

2. Lover Man Altro pezzo di studio, registrato due settimane prima degli storici concerti di Capodanno al Fillmore East di New York. Il brano, pubblicato anche in un singolo in vinile a tiratura limitata, uscito sempre in questi giorni. Si trova in vari dischi postumi, da quello all’Isola di Wight a Hendrix In The West, come anche nel box quadruplo, quello in vellutino del 2000 per intenderci, versione non molto diversa da questa, anche se c’è Mitch Mitchell alla batteria, mentre in questa ci sono le velocissime scariche percussive di Buddy Miles. Altra classica canzone del songbook del mancino di Seattle, con i suoi inconfondibili riff e quelle accelerazioni chitarristiche che hanno influenzato generazioni di musicisti. Bella versione comunque, molto funky-rock.

 3. Hear My Train A Comin’  Questo è uno dei pezzi più famosi di Hendrix tra quelli non “ufficiali”, registrato in varie versioni, ma mai apparso in nessun disco ufficiale di studio, solo in dischi postumi dal vivo: la colonna sonora di Jimi Hendrix, Rainbow Bridge, Jimi Hendrix Concerts, il solito “vellutino”, ma anche l’altro box West Coast Seattle Boy. La versione presente in Both Sides Of The Sky è una delle ultime registrazioni in studio dei Jimi Hendrix Experience con Noel Redding Mitch Mitchell, 9 aprile 1969. Versione spettacolare che non ha nulla da invidiare a quelle dal vivo, con Hendrix in grande forma e la sua chitarra che rilascia una serie di assoli lancinanti con il wah-wah a manetta innestato, come solo il nostro amico sapeva fare nei momenti più ispirati, cioè quasi sempre, detto per inciso, grande anche il lavoro della sezione ritmica, come nei brani migliori di Electric Ladyland, forse la vetta assoluta della sua purtroppo troppo breve carriera.

4. Stepping Stone Anche questo pezzo venne eseguito dal vivo nei concerti al Fillmore della Band Of Gypsysqui presentato in una “rara” versione, diversa da quella che fu anche brevemente pubblicata come singolo all’epoca, prima di essere subito ritirata. Classico pezzo rock molto tirato, anche se non una delle vette dell’opera del nostro amico, comunque un’altra gradita aggiunta alla sua opera ominia

5. $20 Fine Si tratta di un brano scritto da Stephen Stills, che suona l’organo e canta in questa canzone, con Jimi Hendrix che sovraincise diverse parti di chitarra, mentre alla batteria c’era Mitch Mitchell e al piano  era presente anche Duane Hitchings dei Buddy Miles Express. Il tutto fu registrato nel settembre del 1969 e fa parte delle diverse collaborazioni che i due musicisti ebbero in quegli anni. Il pezzo è cantato da Stills e ricorda molto quelli che poi sarebbero usciti sul suo primo disco solo: classico brano rock del musicista di CSN&Y impreziosito dalle trame soliste di Hendrix e con lo stesso  Stephen Stills che fa molto lo Steve Winwood della situazione,

6. Power Of Soul è una studio session del brano registrata nel gennaio 1970, tre settimane dopo i concerti del Fillmore, un pezzo che venne completato in studio da Hendrix e Eddie Kramer agli Electric Lady Studios il 22 Agosto del 1970. Un altro dei brani che facevano parte dei concerti al Fillmore East della Band Of Gypsys, in questa versione estesa ci sono decine di chitarre sovraincise, come era tipico delle tracce in lavorazione all’epoca, con Jimi che sfruttava fino in fondo le possibilità degli studi di registrazione e lo stile che risente del suono funky/R&B usato nel periodo con Cox e Miles.

7. Jungle Altra rarità,:si tratta di una variazione sul tema del Villanova Junction Blues incluso nella colonna sonora di Woodstock: uscita in svariati bootleg, questa è una delle versioni più compiute pubblicate. Un pezzo strumentale, solo Jimi e Buddy Miles, di cui prima dell’uscita di Both Sides Of The Sky si diceva che ci fossero forti influenze dello stile di Curtis Mayfield,  cosa che peraltro non mi sembra di avere percepito. Forse uno dei brani meno interessanti del CD, non brutto, perché non c’è nulla di brutto nell’album, ma non esiziale.

8. Things I Used To Do Una rilettura del celebre pezzo di Guitar Slim è l’occasione per ascoltare una delle varie collaborazioni che si vocifera esistano tra Hendrix e Johnny Winter, qui presente alla slide, con Billy Cox al basso e Dallas Taylor, della band di CSN & Y, alla batteria. Anche questa traccia nel corso degli anni è apparsa in vari bootleg e illustra ancora una volta il grande amore di Hendrix per il blues classico, con un Jimi stranamente misurato alla chitarra e Winter che imperversa con la sua solita verve alla slide, molto bello.

 9. Georgia Blues Altra chicca, uno slow blues di quelli magnetici e magnifici, che segna una sorta di reunion con Lonnie Youngblood, qui alla voce, che era il cantante di Curtis Knight & The Squires, già nel periodo pre-Jimi Hendrix Experience. Youngblood suona anche il sax in un lungo solo durante la parte strumentale e John Winfield appare all’organo, assieme a Jimmy Mayes alla batteria e Hank Anderson al basso, registrazione del marzo 1969.. Quasi otto minuti di pura magia sonora con Hendrix che lavora di fino alla solista come solo lui sapeva fare, unico ed inimitabile. Anche questo brano è parente stretto dei brani più jam apparsi nelle facciate centrali del vinile di Electric Ladyland

10. Sweet Angel Una deliziosa versione strumentale di Angel, registrata durante le sessioni per Electric Ladyland nel gennaio 1968 agli Olympic Studios di Londra, con Jimi alla chitarra, al basso e al vibrafono e Mitch Mitchell alla batteria, la melodia del brano è presente in modo completo, ma l’arrangiamento è più complesso senza stravolgerlo troppo rispetto alle “edizioni” già conosciute, diciamo una alternative version affascinante per i fan più accaniti.

11. Woodstock E’ proprio la canzone di Joni Mitchell, che Stephen Stills, qui sempre all’organo, portò alle jam sessions che stava avendo con Hendrix in quel periodo, 30 settembre 1969. Questa versione venne registrata prima di quella con Crosty, Stills, Nash & Young: Buddy Miles sedeva alla batteria e la canzone ricorda moltissimo quella poi incisa da C.S.N. & .Y con Jimi al basso: comunque il pezzo è molto bello e valeva la pena di sentirlo. Pare che esista molto altro materiale registrato dai due, vedremo se uscirà mai in versione ufficiale

.12. Send My Love To Linda  Altro pezzo inedito registrato con Billy Cox Buddy Miles per l’ipotetico album di studio dei Band Of Gypsys, mai completato e neppure questa volta mi pare, visto che si tratta di vari segmenti di diverse takes, registrate nel gennaio 1970, unite assieme non dico a caso, ma quasi. Oltre a tutto inizia solo voce e chitarra e poi nella parte finale, quella strumentale, arrivano anche il basso e la batteria e qui il brano si fa veramente interessante con notevoli improvvisazioni della solista che ne giustificano la presenza in questo CD.

13. Cherokee Mist  Altra improvvisazione chitarristica, quasi otto minuti, con Mitchell alla batteria e Hendrix che suona anche il sitar guitar ed imperversa con il suo feedback avvolgente in tutto il brano. Se non ricordo male già apparsa nel quadruplo box Jimi Hendrix Experience, quello con il “vellutino” http://discoclub.myblog.it/2013/08/02/per-la-seconda-volta-ma-sempre-un-classico-rimane-jimi-hendr/ ! Anche se la versione qui presente, del maggio 1968 ai Record Plant. oltre ad essere una delle tracce più interessanti della raccolta, pura psichedelia sonora come solo Jimi Hendrix sapeva fare, è anche uno dei brani più indicativi di quella che sarebbe potuta divenire la musica del mancino di Seattle nell’immediato futuro, ma non lo sapremo mai.

Come al solito qualcuno potrà obiettare che stiamo scavando sempre più a fondo nel barile della musica di Hendrix, ed è vero, ma fin che i risultati sono questi apprezziamo e consigliamo: come detto nel titolo del Post, se fosse uscito nel 1970 sarebbe stato un bel disco, ma pure oggi fa la sua porca figura, non solo per fan accaniti.

Bruno Conti

Uscite Prossime Venture 2. Un Altro Hendrix “Nuovo”? Esce Il 9 Marzo. Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky

jimi hendrix both sides of the sky

Jimi Hendrix – Both Sides Of The Sky – Experience/Sony Legacy – 09-03-2018

Terzo capitolo della serie delle ristampe di materiale “inedito” di studio di Hendrix dopo i recenti  Valleys Of Neptune e People, Hell & Angels (e mille altri dal vivo e in studio). Come al solito curato dal lato tecnico dallo storico ingegnere del suono Eddie Kramer, questo Both Sides Of The Sky mi sembra uno dei dischi postumi più interessanti di Hendrix da molti anni a questa parte, e a parte qualche disco Live, tra i migliori in assoluto. Vediamo i contenuti, brano per brano: 13 pezzi, di cui 10 mai pubblicati prima?

1. Mannish Boy La prima registrazione in assoluto in studio del trio Hendrix, Buddy Miles Billy Cox, prima ancora di chiamarsi Band Of Gypsys, alle prese con uno dei grandi classici di Muddy Waters.

2. Lover Man Altro pezzo di studio, registrato due settimane prima degli storici concerti di Capodanno al Fillmore East di New York

3. Hear My Train A Comin’ Questo è uno dei pezzi più famosi di Hendrix, registrato in varie versioni, ma mai apparso in nessun disco ufficiale di studio, se non in dischi postumi

4. Stepping Stone Anche questo pezzo venne eseguito dal vivo nei concerti di Band Of Gypsys, qui presentato in una “rara” versione.

5. $20 Fine Si tratta di un brano scritto da Stephen Stills, che suona l’organo e canta in questa canzone, con Jimi Hendrix che sovraincise diverse parti di chitarra, mentre alla batteria c’era Mitch Mitchell e alle tastiere era presente anche Duane Hitchings dei Buddy Miles Express. Il tutto fu registrato nel settembre del 1969

6. Power Of Soul è una studio session del brano registrata nel gennaio 1970, tre settimane dopo i concerti del Fillmore, un pezzo che venne completato in studio da Hendrix e Kramer agli Electric Lady Studios il 22 Agosto del 1970

7. Jungle Altra rarità:si tratta di una variazione sul tema del Villanova Junction Blues incluso nella colonna sonora di Woodstock. Si dice (non l’ho sentita in questa versione) che in questa canzone ci siano forti influenze dello stile di Curtis Mayfield

8. Things I Used To Do Una rilettura del celebre pezzo di Guitar Slim è l’occasione per ascoltare una delle varie collaborazioni che si vocifera esistano tra Hendrix e Johnny Winter, qui presente alla slide, con Billy Cox al basso (ma Eddie Kramer ha detto che c’era Noel Redding, vedremo) e Dallas Taylor, della band di CSN & Y, alla batteria

 9. Georgia Blues Altra chicca, che segna una sorta di reunion con Lonnie Youngblood, qui alla voce, che era il cantante di Curtis Knight & The Squires, nel periodo pre-Jimi Hendrix Experience

10. Sweet Angel Una versione strumentale di Angel, registrata durante le sessioni per Electric Ladyland, con Jimi alla chitarra, al basso e al vibrafono e Mitch Mitchell alla batteria

11. Woodstock E’ proprio la canzone di Joni Mitchell, che Stephen Stills portò alle jam sessions che stava avendo con Hendrix. Questa versione venne registrata prima di quella con Crosty, Nash & Young: Buddy Miles sedeva alla batteria. Esiste molto materiale registrato dai due, vedremo se uscirà mai in versione ufficiale

.12. Send My Love To Linda Altro pezzo inedito registrato con Billy Cox Buddy Miles per l’ipotetico album di studio dei Band Of Gypsys, mai completato

13. Cherokee Mist Altra improvvisazione chitarristica, con Mitchell alla batteria e Hendrix che suona anche il sitar. Se non ricordo male già apparsa nel quadruplo box Jimi Hendrix Experience, quello con il “vellutino” http://discoclub.myblog.it/2013/08/02/per-la-seconda-volta-ma-sempre-un-classico-rimane-jimi-hendr/ !

Che dire? Molto, molto interessante, questa volta. Esce il 9 marzo.

Bruno Conti

Dacci Oggi Il Nostro “Nuovo” Jimi Hendrix Annuale! Il 30 Settembre Esce Machine Gun: The Fillmore East First Show 12/31/1969

jimi hendrix machine gun

Jimi Hendrix – Machine Gun: The Fillmore East First Show 12/31/1969 – Sony Legacy/Experience Hendrix CD LP SACD

E’ stato sicuramente il più grande chitarrista della storia del rock (e non solo quello), ma anche uno dei musicisti più sfruttati dall’industria discografica: sono passati 46 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 18 settembre del 1970, ma non passa anno senza che non esca un “nuovo” disco di Jimi Hendrix. Anzi, anche di più di uno all’anno, da un calcolo spannometrico direi che tra album di studio, dal vivo, antologie e cofanetti, sono usciti almeno 55 album dal giorno delle sue morte (senza contare Video e DVD, o le registrazioni attribuite a più artisti, tratte dei Festival rock a cui aveva partecipato). Eppure regolarmente, almeno una volta all’anno, nelle ultime decadi la famiglia attraverso la Experience Hendrix, in collaborazione con la casa discografica che in quel momento detiene il contratto di distribuzione, ci regala un nuovo prodotto. Quest’anno tocca alle registrazioni della Band Of Gypsys, il trio con Billy Cox Buddy Miles che ebbe una brevissima vita, giusto il tempo dei due concerti al Fillmore East del 31 Dicembre 1969 e 1° Gennaio 1970, e un’ultima data al Madison Square Garden il 28 gennaio. L’album Band Of Gypsys, pubblicato il 25 marzo del 1970, fu l’ultimo a uscire con Hendrix ancora in vita, e conteneva sei brani estratti dalle due esibizioni del 1° gennaio.

Da allora sono usciti Band Of Gypsys 2, altri 6 brani, di cui però solo tre venivano dalle registrazioni al Fillmore East (le altre truffaldinamente successive), e una in particolare dal primo concerto del 31 dicembre. Nel 1999, quando il catalogo era detenuto dalla MCA del gruppo Universal, esce il doppio Live At The Fillmore East, 16 brani estratti dai quattro concerti delle due serate, evitando di proporre diverse versioni degli stessi pezzi, ma scegliendo quelli non ripetuti. E qualche brano di quell’evento è stato inserito anche nel cofanetto West Coast Seatte Boy (non ho controllato da quale concerto)..Senza dimenticare il DVD documentario Band Of Gypsys Live At The Fillmore East  Quindi, controllando anche per voi, dal primo show fino ad oggi sono stati pubblicati, una traccia su Band Of Gypsys 2 e tre da Live At The Fillmore East. In più abbiamo il nuovo remastering di Eddie Kramer (storico ingegnere del suono che è garanzia di qualità), effettuato sulle matrici originali a otto piste dell’epoca, per cui probabilmente ci toccherà ancora una volta aprire il portafoglio. Anche perché è pur sempre comunque un concerto completo di Hendrix, la musica è fantastica ed è in ogni caso meglio un album seminuovo di Jimi Hendrix del 90% di quello che esce al giorno d’oggi (secondo una stima prudenziale). Però quel First Show nel titolo fa presupporre che nel tempo ci saranno sicuramente dei seguiti, prima che fra qualche anno esca un cofanetto The Complete Fillmore Shows che conterrà l’integrale delle due serate, garantito!

Per il momento, ed in attesa della recensione completa al momento della uscita, prevista per il 30 settembre, questa è la tracklist completa:

1. Power Of Soul
2. Lover Man
3. Hear My Train A Comin’
4. Changes
5. Izabella
6. Machine Gun
7. Stop
8. Ezy Ryder
9. Bleeding Heart
10. Earth Blues
11. Burning Desire

Alla prossima.

Bruno Conti