Non Finisce Mai Di Stupire, Un Altro Disco Splendido! Mavis Staples – We Get By

mavis staples we get by

Mavis Staples – We Get By – ANTI-

Vediamo alcuni fatti “certi” relativi al nuovo album di  Mavis Staples We Get By: intanto, girando per i vari siti,scopriamo che è il 12° album della cantante di Chicago, ma forse il 13° o anche il 14°, non contando i due Live, il tributo in quanto tale, uscito nel 2017 https://discoclub.myblog.it/2017/07/04/un-altro-concertotributo-spettacolare-mavis-staples-ill-take-you-there-an-all-star-concert-celebration-live/ , e ovviamente tutti i dischi con gli Staples Singers. Però non si capisce perché la colonna sonora  del 1977 A Piece Of The Action, con brani scritti da Curtis Mayfield, e Spirituals & Gospel: Dedicated To Mahalia Jackson del 1996, con Lucky Peterson, ma entrambi cantati in toto da Mavis, non debbano rientrare nel conteggio? Quindi una certezza di questo We Get By è che per l’ennesima volta dal 2007, quando Ry Cooder le produsse lo splendido We’ll Never Turn Back, e poi in tutti i successivi  album pubblicati dalla ANTI-, è che la Staples non ha sbagliato più un disco da allora, sempre mantenendo livelli di qualità sopraffini, nonostante nel corso degli anni siano cambiati i produttori, Jeff Tweedy per tre volte, M. Ward, e la stessa Mavis per il recentissimo Live In London.

Un’altra certezza (e anche una costante) sembra essere la presenza della splendida band che la accompagna dal 2010 (con l’eccezione di One True Vine del 2013), Rick Holmstron alla chitarra, Jeff Turmes al basso e Stephen Hodges alla batteria, che anche Ben Harper, il nuovo produttore che ha scritto pure tutte le canzoni, non ha voluto cambiare, riservandosi solo il ruolo di voce duettante nella title track. Volendo l’altra certezza potrebbe essere il fatto che al 10 luglio questa splendida signora compirà 80 anni, ma per scaramanzia non lo diciamo (o si?): la voce anche per l’occasione è strepitosa, una vera forza della natura, l’ultima vera grande cantante della black music, adesso che Aretha Franklin se ne è andata (ma non faceva un disco decente da tantissimo tempo), come prima di lei Etta James e ancora prima Nina Simone, e Tina Turner, Gladys Knight, Ann Peebles, Bettye LaVette che erano comunque di livello inferiore. Ma Mavis no, il suo stile vocale che da sempre mescola soul, gospel, blues, R&B, e ha pure certi accenti rock che la fanno amare anche da un pubblico più contemporaneo, come evidenziano alcuni brani di questo We Get By, più che qualcuno che semplicemente se la cava, come sembrerebbe suggerire il titolo, ci presentano una leonessa che non ha nessuna intenzione di abdicare.

Ben Harper ha scritto veramente delle belle canzoni per l’occasione, e anche il tema della resilienza, della speranza, dei diritti civili dei neri, ben rappresentati nella bellissima foto di copertina di Gordon Parks “Outside Looking In”, tratta dall’opera di questo paladino della cultura afroamericana, confermano che Mavis Staples non ha dimenticato neppure la lezione di Pops Staples che per tantissimi anni ha guidato con fermezza una delle famiglie più importanti della storia della musica, non solo nera. L’iniziale Change è subito un grido di sfida ma anche di speranza, con la potenza di un brano che tira di brutto grazie alla chitarra decisamente rock di Holmstrom che mulina riff impetuosi, mentre CC White e Laura Mace rispondono con fierezza gospel  alle esortazioni di una Mavis veramente infervorata come ai tempi d’oro degli Staples Singers e la sezione ritmica risponde colpo su colpo; Anytime, con una chitarrina funky insinuante è sempre e comunque gospel-soul di grande intensità, grazie al call and response tra le due ragazze e la voce profonda e risonante, rauca e vissuta se vogliamo, ma sempre devastante della Staples. We Get By è una splendida ballata cantata a due voci da Ben Harper e Mavis Staples, con i due che si sostengono a vicenda con la forza della migliore musica soul mentre Holmstrom lavora di fino con la sua chitarra.

Non manca il funky-soul gagliardo ed incalzante di una orgogliosa ed intensa Brothers And Sisters, dove si apprezza la classe e la coesione della band (ascoltate il giro di basso devastante di Jeff Turmes) che accompagna la nostra amica. E a proposito di intensità non manca certo in Heavy On My Mind, solo la voce di Mavis, un tamburello e la chitarra elettrica di Rick Holmstrom, mentre Sometime, ancora con accenti tra R&B e gospel, è più mossa e vivace, con la solista riverberata a caratterizzarla, e a seguire un’altra ballata di quelle sontuose, Never Needed Anyone, cantata ancora una volta alla grande da una ispirata Mavis https://www.youtube.com/watch?v=x_f_X2TN1IE . Stronger ha riferimenti biblici nel testo e un piglio musicale dove rock, gospel  e blues convivono con forza, anche grazie al lavoro sempre stimolante e variegato della chitarra di Holmstron https://www.youtube.com/watch?v=vnX7m6fPlpU  ,che sostiene appunto con forza una ennesima impetuosa prestazione vocale della Staples e delle due vocalist di supporto. Chance On Me è un blues-rock di notevole potenza, con ennesimo assolo da sballo di Holmstron e prestazione vocale super della Staples https://www.youtube.com/watch?v=SS9BpWhOZ7M , mentre Hard To Leave, che rende omaggio a Marvin Gaye nel testo, è un’altra ballata di grande intensità emozionale e anche One More Change mantiene, in chiusura di disco, questo formato sonoro, grazie ad un’ altra interpretazione vocale da incorniciare di Mavis. Che classe questa signora, non finisce mai di stupire!

Bruno Conti

Fatica A Trovare Una Propria Strada. John Butler Trio – Home

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John Butler Trio – Home – Caroline/Universal

John Butler il chitarrista e cantante australiano festeggia quest’anno i 20 anni di attività discografica: tanto è passato dall’uscita del primo disco omonimo come solista targato 1998. Non ho seguito con costanza  i suoi album, ma alcuni non mi erano dispiaciuti, soprattutto quelli dal vivo, ma anche alcuni dei suoi album di studio, per esempio Three (che però era il secondo), con elementi roots-rock e anche country e bluegrass, e anche altri dischi della sua produzione, fino a Flesh And Blood del 2014, spesso anche con inserimento di elementi jam, folk e blues, grazie alla sua abilità con Weissenborn, lap steel, slide e solista tradizionale, un po’ nella vena sonora di gente come Ben Harper e Jack Johnson. Di tanto in tanto nei CD sono apparse anche “contenute” virate verso un suono più commerciale, per l’uso di produttori non proprio impeccabili e sulla nostra lunghezza d’onda, impegnati con Beastie Boys, Tone Lock o Mark Ronson. Questo nuovo album, o quantomeno uno dei singoli che lo ha preceduto, la tille-track Home segna una decisa sferzata verso un suono “elettronico” https://www.youtube.com/watch?v=9zhrpfEHvSE , e anche la traccia di apertura Tahitian Blue ha molti elementi di quel suono massificato ed omologato che impera oggi e su cui molti gruppi, anche validi ,come Mumford And Sons, Kings Of Leon, in parte i Decemberists, Arcade Fire e svariate altre band, si sono adagiati per una presunta voglia di cambiamento, presentata come la ricerca di sonorità nuove e più interessanti.

Sarà, ma i risultati mi sembra non coincidano più molto con i gusti dei vecchi fans ed appassionati in generale di buona musica: anche Butler mi pare si sia adeguato a questo tran tran da musica per spot pubblicitari, come dimostra l’altro singolo Wade In the Water, un po’ più rock e con la chitarra che cerca di farsi largo, a fatica, tra percussioni e tastiere stratificate, grooves reiterati e radiofonici. Andando a cercare si trova qualche brano migliore, dal country-blues con uso di banjo di Just Call, che dopo un inizio promettente si perde in sonorità becere e ritornelli scontati; insomma anche con tutta la buona volontà del San Tommaso trovo difficile trovare brani da salvare, c’è qualche traccia che magari a tutto volume sulle highways australiane potrebbe essere piacevole come Running Away, quando nella parte strumentale Butler toglie il freno a mano e lascia la mano libera di scorrere sulle corde della sua solista. O nella romantica hard ballad Miss YourLove che poi si perde subito in uno “zuccherificio” di buoni  sentimenti.

Salverei alla fine giusto la lunga Faith, tra folk, rock e stile da cantautore classico, che con la sua chitarra arpeggiata e qualche falsetto giudizioso si riallaccia allo stile dei vecchi dischi e pure Coffee Methadone And Cigarettes indica che volendo John Butler è in grado di realizzare ancora buona musica, come conferma questa dolente ballata di eccellente fattura, percorsa da un raffinato spirito elettroacustico dove le chitarre sono usate con classe ed eccellenti risultati complessivi, senza dimenticare anche il buon country-roots della dondolante Tell Me Why, un trittico di canzoni che magari non è sufficiente a salvare l’album ma indica che il nostro amico non ha perso del tutto il suo tocco. Brown Eyed Bird ritorna al connubio tra elettronica, chitarre acustiche e melodie non memorabili e anche You Don’t Have To Be Angry Anymore fatica a raggiungere la sufficienza, con We Want More, che nonostante l’acustica in vena di flamenco, è ancora sull’orlo della tamarrata. Poche luci e molte ombre, visto che il talento non manca  speriamo per il prossimo disco, ma ho dei seri dubbi.

Bruno Conti

La “Strana” Coppia Ci Riprova…E Fa Centro! Ben Harper & Charlie Musselwhite – No Mercy In This Land

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Ben Harper & Charlie Musselwhite – No Mercy In This Land – Anti CD

Ho sempre ritenuto Ben Harper potenzialmente un ottimo artista, ma che non aveva mai espresso pienamente le sue qualità, a cominciare dalla mancata conferma di quanto di buono aveva lasciato intravedere con il suo esordio del 1994 Welcome To The Cruel World. Certo, Ben ha all’attivo diversi dischi di buon livello (i miei preferiti sono Lifeline, l’ottimo There Will Be A Light, inciso con i Blind Boys Of Alabama, e Live From Mars, inciso dal vivo), ma mi ha sempre dato la sensazione di non essere in grado di fare l’ultimo passo, il salto giusto che lo avrebbe fatto passare nella categoria degli artisti di cui fidarsi a scatola chiusa. Il talento c’è sempre stato, ma non è mai stato supportato dalla continuità nelle prestazioni, ed ultimamente si notava nei suoi dischi anche una certa stanchezza compositiva. Anche Get Up!, l’album inciso insieme al grande bluesman Charlie Musselwhite nel 2013, risentiva di questi problemi: un buon disco, ma non un grande disco, con il suono giusto ma non sempre con canzoni all’altezza. Oggi i due ci riprovano, e devo dire che, nella sua estrema sintesi (dura solo 35 minuti), No Mercy In This Land è un album nettamente più riuscito del suo predecessore, e concorre addirittura per essere eletto come uno dei più belli in assoluto di Harper.

Il suono è ancora migliore che in Get Up!, la produzione, nelle mani di Ben stesso insieme ai musicisti che lo accompagnano (Jason Mozersky alla chitarra, Jesse Ingalls al basso, piano ed organo, e Jimmy Paxson alla batteria), è perfetta, ma quello che marca la netta differenza è la qualità delle canzoni (tutte originali). No Mercy In This Land è un disco serio e fatto con cognizione di causa, decisamente blues, molto di più di qualunque cosa Ben avesse fatto finora: Harper ha sempre avuto il blues nel sangue, ma nemmeno Get Up! era così spostato verso la musica del diavolo, e se ci mettiamo il netto miglioramento della qualità dei brani capirete il perché del mio giudizio. Ho lasciato volutamente per ultima la figura di Musselwhite, che non interviene né in veste di songwriter né in quella di cantante (tranne che in un caso), e si “limita” a suonare l’armonica, ma sbagliate se pensate ad un ruolo marginale: infatti la sua presenza è di grande ispirazione per Harper, e poi stiamo parlando di uno dei re assoluti dell’armonica blues, uno che è capace di trasformare una canzone solo soffiando nel suo strumento, diventando una colonna portante nell’economia sonora di qualsiasi disco lo veda protagonista. Dieci canzoni all’insegna del blues più profondo, con Ben e Charlie che si divertono con i rispettivi strumenti (Harper è anche un valido chitarrista), a partire dall’iniziale When I Go, che in avvio sembra una messa cantata, ma poi entra la chitarra di Harper, con l’armonica di Musselwhite che dona poche ma significative pennellate ed una sezione ritmica decisamente pressante, per un bluesaccio cadenzato e ad alto tasso di intensità.

Bad Habits è puro blues Chicago-style, nella tradizione dei grandi: ritmo saltellante, bella voce e chitarra ancora meglio, con la ciliegina di Charlie che riffa alla grande col suo strumento. Love And Trust, dedicata a Mavis Staples, è un blues acustico ruspante e diretto, con Charlie indispensabile nell’economia del suono ed un tocco soul che non guasta; The Bottle Wins Again è uno splendido e sanguigno boogie dal riff di armonica insistito ed un’ottima prestazione da parte della band, con Ben ovviamente in testa, ed è tra le più coinvolgenti del CD, mentre Found The One è un vivace pezzo dal ritmo spezzettato ed un grandissimo Musselwhite. When Love Is Not Enough alza momentaneamente il piede dal blues per offrirci uno slow dal sapore soul, davvero intenso (ed è in brani come questo che si nota la crescita di Harper come autore); Trust You To Dig My Grave è un folk-blues acustico d’altri tempi, alla Mississippi John Hurt, mentre la title track è un blues purissimo ridotto all’osso, con le due voci (qui infatti canta anche Charlie) che si intendono alla grande ed anche l’intreccio tra chitarre ed armonica è perfetto. Chiudono un disco eccellente la tonica e trascinante Movin’ On, altro boogie ad alta temperatura, e Nothing At All, evocativa ballata soul che profuma di bei tempi andati.

Finalmente un gran bel disco da parte di Ben Harper, anche se c’è da dire che senza la presenza di Charlie Musselwhite il risultato non sarebbe stato lo stesso.

Marco Verdi

Dalla Scozia Energia “Celtic-Rock”! Mànran – An Dà Là – The Two Days

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Mànran – An Dà Là – The Two Days – Mànran Records

*NDB Come ogni tanto capita, siamo un po’ in ritardo sull’uscita, visto che è uscito un annetto fa circa, ma perché non parlarne comunque, se merita?

I Mànran, per chi già non li conoscesse, sono un sestetto scozzese apparso nel panorama musicale nel 2013 con l’ottimo The Test (puntualmente recensito all’epoca dall’amico Bruno http://discoclub.myblog.it/2013/09/22/gaelic-folk-rock-manran-the-test-5704913/ ), ma per dovere di cronaca, come ricordato in quel post, avevano esordito con l’album omonimo The Mànran nel 2011, e dopo quattro anni di tour e concerti pressoché costanti, tornano con questo “burrascoso” nuovo lavoro An Dà Là – The Two Days (deriva da una espressione “gaelica” indicativa di grande cambiamento), e nel loro caso si riferisce ai vari cambiamenti nelle “line-ups” del gruppo, e musicalmente in una ancora maggiore potenza nelle tracce strumentali, e in una incredibile energia che fluisce nei brani folk-rock. Va detto comunque che la musica non è cambiata di un millimetro, con canzoni che si basano sempre sulle radici tradizionali celtiche e influenze logicamente contemporanee, e vede l’attuale line-up composta dai membri storici Ewen Henderson al violino, highland pipes e voce, Ryan Murphy a wooden flute e uilleann pipes, Ross Saunders al basso e voce, Gary Innes alla fisarmonica, con l’inserimento di Craig Irving alle chitarre e voce, e Mark Scobbie alla batteria e percussioni, con un risultato che porta un tonificante “sound” che invita alla danza e quindi a muovere il piedino.

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https://www.youtube.com/watch?v=2slfyIUZ65s

Il brano iniziale è lo strumentale Fiasco, e incarna perfettamente l’approccio della band alla musica tradizionale, con largo uso di violino, highland pipes, uilleann pipes e wooden flute, mentre la seguente Trod è una bel brano danzante cantato in “gaelico”, che precede un altro brano strumentale come la “tiratissima” Inspector, per poi omaggiare il cantautore folk canadese (ma nato in Scozia) David Francey, con la bella Pandora, cantata con trasporto dalla voce principale del gruppo Ewen Henderson dopo l’uscita dal gruppo del vecchio cantante Norrie Maclver. Altro giro e altro strumentale in una danza frenetica come Parallels, dove il violino e la fisarmonica dettano il ritmo, mentre Autobahn parte con una lunga introduzione musicale prima di terminare con una elegia cantata in gaelico, seguita da una sorta di traduzione letterale-musicale di Fios (composta dal bardo William Livingston), su un tessuto sonoro dal ritmo tambureggiante, a cui fa seguito ancora un classico energico rock gaelico come Alpha, dove la band ci trascina in un vertice di voci, pipes varie e fisarmonica. Con Alone arriva la prima ballata dell’album, una cover di Ben Harper (cercatela su Live From Mars), cantata al meglio da Craig Irving, come pure la title-track An Dà Là – The Two Days, un’intrigante e struggente brano cantato in versione bilingue da Ewen, prima della sarabanda finale con due infuocate e frenetiche “jigs” come Strong e Hour, dove la band si esprime a livelli altissimi di talento individuale, con una sezione ritmica granitica guidata dal bravo Mark Scobbie.

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https://www.youtube.com/watch?v=9eQZu5a9jBw

I Mànran attualmente volano alto, non solo nella natia Scozia, ma in concerti e festival vari dove sono invitati, in giro per il mondo, merito, come detto, degli arrangiamenti trasversali e dell’abilità strumentale dei musicisti del gruppo espressa in ogni brano, e che ha nel suo sviluppo una varietà di temi sonori in modo che la musica prodotta conservi la freschezza della primaria stesura originale. Anche se non forse raggiungeranno i livelli di gruppi storici come Tannahill Weavers, Runrig, Wolfstone, Capercaillie, o anche dei poco conosciuti, ma bravi Rock, Salt & Nails, per il sottoscritto i Mànran rimangono nell’attuale panorama musicale folk celtico, un solido gruppo di riferimento per le vecchie e nuove generazioni, il tutto certificato anche dal fatto che in patria sono veramente famosissimi.

Tino Montanari

Anticipazioni Novità, Ristampe E Cofanetti Aprile, Parte I. Box Aussie Pub Rock, Bachman Turner Overdrive Box, Teddy Thompson & Kelly Jones, Andrew Bird, Cheap Trick, Ben Watt, Ben Harper, Peter Wolf, Lumineers, Creedence Box Record Store Day

the glory days of aussie pub rock

Eccoci al resoconto periodico di alcune delle uscite future più interessanti, questa volta siamo a quelle del mese di Aprile, e visto che tra novità e ristampe ci sono molti titoli in ballo il Post sarà diviso in due parti, più o meno in ordine cronologico. Fermo restando che molti album vengono comunque recensiti con Post specifici (e altri ne leggerete nei prossimi giorni) partiamo con la prima parte.

In effetti ci mancava un bel cofanetto dedicato al rock australiano e questo The Glory Days Of Aussie Pub Rock, pubblicato dalla Festival Records di laggiù (quindi di non facilissima reperibilità, ma il prezzo non mi pare proibitivo) il prossimo 8 aprile in un un box da 4 CD raccoglie alcuni dei nomi più gloriosi del rock down under,  Cold Chisel, Divinyls, Midnight Oil, Mental As Anything, Split Enz, Hunters & Collectors, Paul Kelly & The Coloured Girls, Men At Work. Sunnyboys, The Saints, Black Sorrows, Jimmy Barnes. Jo Jo Zep & The Falcons, Tim Finn, The Church. Ne ho elencati solo alcuni dei più noti, ma ce ne sono moltissimi altri, a fianco di nomi che pure il sottoscritto non dico ha mai ascoltato, ma neppure sentito nominare. Questa è la lista completa dei contenuti:

Tracklist
[CD1]
1. Cold Chisel – Goodbye (Astrid Goodbye)
2. Midnight Oil – Cold Cold Change
3. The Angels – Take A Long Line
4. Divinyls – Boys In Town
5. The Radiators – Comin’ Home
6. Flowers – Walls
7. Models – Big On Love
8. Hunters & Collectors – Do You See What I See?
9. Jo Jo Zep & The Falcons – So Young
10. The Sports – Don’t Throw Stones
11. Mental As Anything – If You Leave Me – Can I Come Too?
12. Mondo Rock – Cool World
13. Paul Kelly & The Coloured Girls – Dumb Things
14. Australian Crawl – Beautiful People
15. Richard Clapton – Out On The Edge Again
16. Men At Work – Who Can It Be Now?
17. Matt Finish – Mancini Shuffle (Demo)
18. Sunnyboys – Show Me Some Discipline
19. Loaded Dice – Mam’selle
20. Ted Mulry Gang (Tmg) – Heart Of Stone
21. Russell Morris & The Rubes – The Roar Of The Wild Torpedoes
22. Wendy & The Rockets – Tonite
23. Billy Miller & The Great Blokes – Perpetual Motion
24. Dragon – Rain

[CD2]
1. Skyhooks – Women In Uniform
2. The Ferrets – Don’t Fall In Love
3. The Dingoes – Smooth Sailing (Original Mushroom Single Version)
4. Stars – Mighty Rock
5. Ren E Geyer – Hot Minutes
6. Stiletto – Goodbye Johnny
7. Texas – I Wanna Dance With You
8. The Elks – Party Girl
9. The Reels – Prefab Heart
10. Boys Next Door – Shivers
11. The Saints – Just Like Fire Would
12. Split Enz – History Never Repeats
13. Goanna – Solid Rock
14. Warumpi Band – Blackfella/whitefella
15. Ross Wilson – Living In The Land Of Oz
16. Ian Moss – Telephone Booth
17. The Badloves – Lost
18. Noiseworks – Take Me Back
19. Choirboys – Run To Paradise
20. Heroes – The Star And The Slaughter
21. Ray Arnott – On The Run
22. Marcus Hook Roll Band – Natural Man

[CD3]
1. Mi-Sex – Computer Games
2. Dave Warner’s From The Suburbs – Suburban Boy
3. Jimmy & The Boys – Products Of Your Mind
4. The Aliens – Confrontation
5. The Boys – Hurt Me Babe
6. The Hitmen – I Don’t Mind
7. Angry Anderson – Bound For Glory
8. Uncanny X-Men – Everybody Wants To Work
9. James Freud & The Radio Stars – Modern Girl
10. Icehouse – Nothing Too Serious
11. V. Spy V. Spy – Don’t Tear It Down
12. Xl Capris – World War 3
13. The Numbers – The Modern Song
14. The Church – Too Fast For You
15. The Lime Spiders – Weirdo Libido
16. The Lonely Hearts – The Spell
17. The Johnnys – Bleeding Heart
18. X – Dream Baby
19. Painters & Dockers – Nude School
20. Weddings, Parties, Anything – Away Away
21. The Zimmermen – What Really Hurts
22. Paul Kelly & The Dots – Seeing Is Believing
23. Ganggajang – Gimme Some Lovin

[CD4]
1. Jimmy Barnes – Driving Wheels
2. Baby Animals – One Word
3. The Screaming Tribesmen – Date With A Vampyre
4. Huxton Creepers – I Will Persuade You
5. Boom Crash Opera – The Best Thing
6. The Screaming Jets – Better
7. Heaven – Fantasy
8. Finch – Short Changed Again
9. Rose Tattoo – We Can’t Be Beaten
10. Billy Thorpe & The Aztecs – Movie Queen
11. Stevie Wright – Hard Road
12. Jeff St. John – A Fool In Love
13. The Stockley, See, Mason Band – Endless Love
14. Swanee – If I Were A Carpenter
15. The Cyril B. Bunter Band – Last Chance
16. The Cockroaches – She’s The One
17. Tim Finn – Made My Day
18. The Black Sorrows – Chained To The Wheel
19. Moving Pictures – Bustin’ Loose
20. Broderick Smith’s Big Combo – Faded Roses
21. Ariel – Yeah Tonight
22. The Party Boys (Featuring Kevin Borich) – Gonna See My Baby Tonight

Credo che, a parte le immancabili tavanate https://www.youtube.com/watch?v=fKeJlpXOIqw , ci siano molti nomi da scoprire o riscoprire.

bachman turner overdrive box

Il 1° aprile la Caroline/Universal pubblicherà questo cofanetto a prezzo speciale con gli otto album rimasterizzati dei canadesi Bachman Turner Overdrive, usciti tra il 1971 e il 1979. Ecco il contenuto:

[CD1: Bachman-Turner Overdrive]
1: Gimme Your Money Please
2: Hold Back The Water
3: Blue Collar
4: Little Candy Dancer
5: Stayed Awake All Night
6: Down And Out Man
7: Don’t Get Yourself In Trouble
8: Thank You For The Feelin’

[CD2: Bachman-Turner Overdrive II]
1: Blown
2: Welcome Home
3: Stonegates
4: Let It Ride
5: Give It Time
6: Tramp
7: I Don’t Have To Hide
8: Takin’ Care Of Business

[CD3: Not Fragile (40th Anniversary Edition Remaster)]
1: Not Fragile
2: Rock Is My Life, And This Is My Song
3: Roll On Down The Highway
4: You Ain’t Seen Nothing Yet
5: Free Wheelin’
6: Sledgehammer
7: Blue Moanin’
8: Second Hand
9: Givin’ It All Away

[CD4: Four Wheel Drive]
1: Four Wheel Drive
2: She’s A Devil
3: Hey You
4: Flat Broke Love
5: She’s Keepin Time
6: Quick Change Artist
7: Lowland Fling
8: Don’t Let The Blues Get You Down

[CD5: Head On]
1: Find Out About Love
2: It’s Over
3: Average Man
4: Woncha Take Me For A While
5: Wild Spirit
6: Take It Like A Man
7: Lookin’ Out For #1
8: Away From Home
9: Stay Alive

[CD6: Freeways]
1: Can We All Come Together
2: Life Still Goes On (I’m Lonely)
3: Shotgun Rider
4: Just For You
5: My Wheels Won’t Turn
6: Down Down
7: Easy Groove
8: Freeways

[CD7: Street Action]
1: I’m In Love
2: Down The Road
3: Takes A Lot Of People
4: A Long Time For A Little While
5: Street Action
6: For Love
7: Madison Avenue
8: You’re Gonna Miss Me
9: The World Is Waiting For A Love Song

[CD8: Rock N’ Roll Nights]
1: Jamaica
2: Heartaches
3: Heaven Tonight
4: Rock And Roll Nights
5: Wastin’ Time
6: Here She Comes Again
7: End Of The Line
8: Rock And Roll Hell
9: Amelia Earhart

I primi quattro sono ottimi album di rock classico, gli altri un po’ meno validi ma pur sempre piacevoli

teddy thompson & kelly Jones little windows

Teddy Thompson, come quasi tutti sanno è il figlio di Richard, e con cotanto padre, come lui stesso ha ammesso più volte in interviste e canzoni, è difficile reggere il confronto, ma il nostro amico ci prova, e dopo il disco come Thompson Family, l’ultimo a uscire con il contratto Universal, passa alla Cooking Vinyl, dove sempre il 1° aprile verrà pubblicato questo Little Windows, un album in coppia con Kelly Jones (che come appare evidente dalla foto di copertina, essendo una donna, non è né il leader degli Stereophonics, omonimo, né il batterista di Faces e Who, che sarebbe Kenny, ma una brava cantautrice tra country e roots music):

andrew bird are you serious

E sempre venerdì 1 uscirà il nuovo album del cantautore e polistrumentista americano Andrew Bird di cui ci siamo spesso occupati in modo positivo sul blog http://discoclub.myblog.it/2014/06/26/letterato-musicista-veramente-eclettico-andrew-bird-things-are-really-great-here-sort-of/ (e che curiosamente, se ci fate caso, ha una voce molto simile a quella di Teddy Thompson)..Il disco si intitola Are You Serious. è il decimo di studio di Bird ed esce su etichetta Loma Vista distribuzione Universal, prodotto da Tony Berg, già alla consolle per The Mysterious Production of Eggs, il disco del 2005 che lo aveva fatto conoscere, Tra gli ospiti il chitarrista Blake Mills Fiona Apple che duetta con Bird in Left Handed Kisses. 

Il disco uscirà anche in una versione doppia Deluxe, con due brani extra:

Tracklist
1. Capsized
2. Roma Fade
3. Truth Lies Low
4. Puma
5. Chemical Switches
6. Left Handed Kisses feat. Fiona Apple
7. Are You Serious
8. Saints Preservus
9. The New Saint Jude
10. Valleys Of The Young
11. Bellevue

[Deluxe Edition Bonus CD2]
1. Shoulder Mountain
2. Pulaski

cheap trick bang zoom crazy

Alla prima settimana di aprile (ma il giorno 8 per il mercato italiano) tornano anche i Cheap Trick con un nuovo disco Bang Zoom Crazy…Hello che Robin Zander, il loro cantante, dice essere una sorta di ritorno alle sonorità anni ’70 dei primi album, ma anche a quelle dell’omonimo del 1997, uscito su Red Ant Records e che è il preferito in assoluto di Zander, seguito ora da questo nuovo https://www.youtube.com/watch?v=E1Yaa0F95_Q  che verrà pubblicato dall’etichetta Big Machine Records con distribuzione Universal, sette anni dopo il precedente che con coerenza si intitolava The Latest. Per la prima volta dietro alla batteria non siede più Bun E. Carlos, sostituito da Daxx Nielsen, il figlio di Rick, il chitarrista storico della band.

ben harper call it what it is

Sempre per il giorno 8 aprile sono in uscita gli album nuovi di due Ben (curiosamente entrambi distribuiti dalla Universal). il primo è il nuovo di CD di Ben Harper & The Innocent Criminals Call It What It Is, etichetta Stax, il disco è co-prodotto da Harper con i componenti della sua band, niente ospiti celebri questa volta, tutti i brani scritti da Ben con alcune collaborazioni con i musicisti del gruppo Juan Nelson, Leon Mobley, Oliver Charles, Jason Yates, Michael Ward. Pink Ballon il singolo è anche lo spot della nuova vettura di una nota marca automobilistica tedesca, senza fare nomi, diciamo che non passa un buon momento,

ben watt fever dream

Ben Watt aveva lasciato trascorrere 21 anni tra l’uscita del suo primo album North Marine Drive ed il successore Hendra, pubblicato nel 2014. Questa volta ne sono passati solo due prima della pubblicazione di Fever Dream, nei negozi dal giorno 8 aprile su etichetta Unmade Road/Caroline/Universal:

 Tracklist
1. Gradually
2. Fever Dream
3. Between Two Fires
4. Winter’s Eve
5. Women’s Company
6. Faces Of My Friends
7. Running With The Front Runners
8. Never Goes Away
9. Bricks And Wood
10. New Year Of Grace (feat. Marissa Nadler)

Tra gli ospiti la brava cantautrice americana Marissa Nadler oltre a M.C Taylor (Hiss Golden Messenger) e la produzione, insieme a Watt, di Bernard Butler, l’ex chitarrista degli Suede e ormai affermato produttore. Da quello che ho sentito il disco mi sembra molto bello, una sorta di John Martyn meno “sperimentale” per il 21° secolo.

lumineers cleopatra

Continuiamo con questo tripudio di uscite dell’8 aprile, casualmente (o forse no) tutte distribuite dalla Universal. Anche il nuovo dei Lumineers che arriva 4 anni, due nominations per il Grammy, 3 milioni di copie vendute e il mega successo di Ho Hey, si intitola Cleopatra e si avvale della produzione di una musicista che ci piace molto Simone Felice (quello del giro Felice Brothers Avett Brothers) e registrato in un isolato studio dalle parti delle colline di Woodstock dove la Band creò i suoi capolavori. Naturalmente mi tocca ricordarvi che Barack Obama ha inserito recentemente il brano Stubborn Love del precedente album nella sua lista dei preferiti su Spotify (insieme ad una trentina di milioni di altre persone https://www.youtube.com/watch?v=UJWk_KNbDHo

Anche il nuovo album, a giudicare dalla title-track, sembra partire bene, simile al passato, ma se il rischio, per cambiare a tutti i costi, era di avere un disco brutto come l’ultimo Mumford And Sons, meglio rimanere fedeli alle loro sonorità classiche.

peter wolf a cure for loneliness

Torna con un nuovo album anche uno dei miei preferiti in assoluto Peter Wolf, http://discoclub.myblog.it/2010/04/10/pochi-ma-buoni-peter-wolf-midnight-souvenirs/. come ricordavo nel titolo del Post, l’ex J.Geils Band ultimamente non è più prolifico come un tempo (il terz’ultimo risaliva addirittura al 2002), ma i dischi sono sempre dei piccoli gioiellini. Anche le premesse per il nuovo A Cure For Loneliness, in uscita sempre l’8 aprile su etichetta Concord, distribuita, esatto, dalla Universal, sono ottime Vi piace il rock, il blues, il soul, il R&B, le grandi ballate, persino il bluegrass in questo caso, con una cover in questo stile del vecchio brano dei J Geils Love Stinks, nel nuovo album li trovate tutti: con una voce fantastica, un gruppo formidabile di musicisti guidati dal tastierista Kenny White (spesso con Judy Collins), che aveva co-prodotto con Wolf anche il precedente Midnight Souvenirs (dove c’era un tributo fantastico, uno dei rari, a Willy DeVille, The Night Comes Down), con Duke Levine e Kevin Barry alle chitarre, Marty Ballou al basso e Shawn Pelton alla batteria, oltre ad alcune aggiunte di pregio, come i fiati degli Upwtown Horns e la chitarra di Larry Campbell in How Do You Know. Campbell appare anche, con la moglie Teresa Williams e il bassista Tony Garnier in Some Other Time, Some Other Place, uno dei quattro brani firmati da Wolf con Will Jennings. In Tragedy la cover di una oscura ballata degli anni ’50 ci sono anche alle armonie vocali Kris Delmhorst Rose Polenzani.

Insomma, senza raccontarvelo tutto, perché poi ho intenzioni di recensirlo, mi sembra un ennesimo gran bel disco. Tre cover e nove pezzi di Peter Wolf, compreso quella della J,Geils Band; il 4 febbraio Wolf era brevemente sul palco di Boston, la sua città, a cantare Shout, insieme a Bruce Springsteen e la E Street Band https://www.youtube.com/watch?v=iWiE_zd0Ve0

creedence box creedence box open

Il giorno 15 aprile sarà il Record Store Day, la giornata mondiale dei negozi indipendenti e del vinile. Come saprete, salvo rare eccezioni (per ragioni di spazio e tempo) raramente ci occupiamo degli LP, ma ogni tanto qualcosa scappa, e quindi mi corre l’obbligo di segnalarvi questo fantastico (e costoso) cofanetto che uscirà per l’occasione. Dedicato ai Creedence Clearwater Revival il box ha un contenuto misto di CD e vinili, in edizioni rarissime:

3 x LP’s
LP 1 – GREEN RIVER
LP 2 – BAYOU COUNTRY
LP 3 – WILLY AND THE POOR BOYS

3 x CD’s (of each of the above LP’s)
CD 1 – GREEN RIVER
CD 2 – BAYOU COUNTRY
CD 3 – WILLY AND THE POOR BOYS

3 x 7” Vinyl International EP’s
7″ 1 – Japan EP
7″ 2 – Mexico EP
7″ 3 – Brazil EP

Oltre a spillette, poster, adesivi, un libro di 60 pagine e altri gadgets.

tom petty kiss my amps vol. 2

Sempre lo stesso giorno usciranno anche due mega box limitati dedicati ai primi due album dei Metallica (ma ne parliamo nella seconda parte del Post, anche perché quella di oggi è venuta lunghissima e forse faticosa da caricare) e il Kiss My Amps Vol. 2 in vinile di Tom Petty And The Heartbreakers, di cui l’amico Marco Verdi vi aveva parlato su questo Blog  http://discoclub.myblog.it/2011/12/23/per-pochi-intimi-ma-comunque-sempre-grande-musica-tom-petty/ e che prenoto fin d’ora per il secondo capitolo.

Alla prossima.

Bruno Conti

Il “Vero” Tributo Era Quello Del 2002, Ma Anche Questo Non E’ Malaccio! George Fest: A Night To Celebrate The Music Of George Harrison

george fest box

Various Artists – George Fest: A Night To Celebrate The Music Of George Harrison – Hot Records/BMG 2CD/BluRay – 2CD/DVD – 3LP

Non è la prima volta che George Harrison è il soggetto al quale viene dedicato un concerto/tributo: il 29 Novembre del 2002, giusto un anno dopo la prematura scomparsa dell’ex chitarrista dei Beatles, un’incredibile serie di amici ed ex collaboratori di George si diede appuntamento alla Royal Albert Hall per una serata tra le più belle e toccanti mai riservate ad un musicista. Quella sera le canzoni di George ricevettero un trattamento sontuoso da ex compagni di scuderia (Paul McCartney e Ringo Starr), collaboratori ed amici di vecchia data (Eric Clapton, Ravi Shankhar, Billy Preston) e più recenti (Tom Petty e Jeff Lynne), con l’unica ed abbastanza inspiegabile assenza di Bob Dylan, che oltre che compagno di Harrison nei Traveling Wilburys era sempre stato uno dei suoi migliori amici.

Il 28 Settembre del 2014, sotto la direzione musicale del figlio di George, Dhani Harrison (unico presente anche nel 2002), un cast molto variegato e di età media decisamente più bassa si è riunito al Fonda Theater di Los Angeles per omaggiare nuovamente il “Beatle Tranquillo”, ed il risultato, pur apprezzabile, non è neppure lontanamente paragonabile a quello di 14 anni fa. Nel 2002 l’amore e la commozione si potevano quasi toccare con mano, ed il cast era composto quasi esclusivamente da artisti che con George avevano camminato a lungo e condiviso parecchi momenti, mentre qui la maggior parte dei partecipanti, pur essendo probabilmente stati influenzati in qualche modo dal nostro, non lo hanno neppure mai conosciuto personalmente, ed in alcuni casi la loro carriera professionista è iniziata addirittura dopo la morte del chitarrista.

Sarebbe però ingiusto liquidare la serata in questo modo, un po’ per la presenza di Dhani che fa da garante legittimando il tutto, ma anche perché, nelle due ore circa di concerto, ci sono diverse performance di buon livello, ed in qualche caso anche ottimo. Non tutto funziona alla perfezione, di qualcuno avrei fatto anche a meno, ma alla fine direi che il tributo funziona, grazie soprattutto alla bellezza delle canzoni (mi stupisce però l’assenza del capolavoro While My Guitar Gently Weeps) ed all’intelligenza dei partecipanti che hanno deciso di non stravolgere troppo gli arrangiamenti originali, mostrando grande rispetto per George. E poi, come vedremo, i nomi importanti ci sono anche qui. Un consiglio: se volete ascoltare il doppio CD fatelo pure (magari in macchina), ma per un’esperienza completa sarebbe meglio gustarsi il concerto con l’ausilio delle immagini. La house band, Dhani a parte, è composta da musicisti poco noti (almeno a me), con l’eccezione dell’ottimo chitarrista Jimmy Vivino, che è anche il direttore musicale e membro “anziano” del gruppo (per la sua lista di collaborazioni vi rimando al mio recente post sul nuovo disco di Dion, di cui è anche produttore http://discoclub.myblog.it/2016/02/18/vecchie-glorie-alla-riscossa-dion-new-york-is-my-homejack-scott-way-to-survive/ ).

Dopo una breve e scherzosa introduzione nella quale afferma che quando ha letto “George Fest” pensava ad un tributo a George Michael, Conan O’Brien si lancia in una robusta rilettura di Old Brown Shoe: Conan è un presentatore ed attore, non un musicista, ma se la cava con mestiere e la band lo segue in maniera potente. Anche I Me Mine, pur non essendo tra i brani migliori di Harrison, esce bene dal trattamento di Britt Daniel, leader della band texana Spoon; Jonathan Bates (che confesso di non conoscere) insieme a Dhani fornisce una suggestiva interpretazione della Ballad Of Sir Frankie Crisp, che conserva l’atmosfera sognante dell’originale (era su All Things Must Pass), con una steel che le dona un sapore country. Something è una delle grandi canzoni di Harrison (e dei Beatles) e Norah Jones (stasera in perfetto stile “Puss’n’Boots”) è un’ottima interprete, ma stranamente la miccia non si accende, e Norah fornisce una performance abbastanza scolastica; si presenta a questo punto per la gioia del pubblico femminile Brandon Flowers (frontman dei Killers), che è comunque bravino ed offre una godibile interpretazione della vivace Got My Mind Set On You, oscuro pezzo di Rudy Clark portato al successo da Harrison nel 1987. If Not For You è una splendida canzone di Bob Dylan, ma l’ha incisa anche George e gli Heartless Bastards, guidati dalla particolare voce di Erika Wennerstrom, la rifanno proprio con l’arrangiamento presente in All Things Must Pass; Be Here Now era soporifera anche in origine, ed il leader dei Cult, Ian Astbury, non è la persona adatta per ravvivarla; pollice verso invece per la Wah-Wah di Nick Valensi, chitarrista degli Strokes e qui anche in veste di cantante, una versione confusa e con scarso feeling.

Molto gradevoli i Jamestown Revival con una versione a due voci di If I Needed Someone, arrangiata in maniera folk-rock, quasi roots, mentre pessimi i Black Rebel Motorcycle Club che rovinano la bella Art Of Dying con le loro sonorità eteree e finto-psichedeliche che appiattiscono una canzone che in origine era un rock tosto ed elettrico. Splendido invece il primo intervento solista di Dhani, con una bella versione dell’allegra Savoy Truffle, dove quello che si nota è l’incredibile somiglianza della sua timbrica vocale con quella del padre, la stessa identica, ma proprio uguale! For You Blue è affidata alla voce fin troppo delicata di Chase Cohl (non conosco, part 2), ma il brano ne esce bene grazie all’accompagnamento molto rock’n’roll dell’house band. La prima parte si chiude con Ann Wilson, una delle due metà delle Heart e grande voce, che alle prese con la bellissima Beware Of Darkness (una delle canzoni di George che preferisco in assoluto) non può che fare faville.

La seconda parte è nell’insieme meglio della prima, a partire dalla complessa Let It Down, ancora con Dhani voce solista, che termina in una jam chitarristica coi fiocchi, per proseguire con Ben Harper, che quando vuole è bravo, il quale se la cava più che bene (grazie anche al suo tocco chitarristico sopraffino) con la gentile Give Me Love, uno dei maggiori successi di George; una delle più grandi sorprese della serata è un invecchiatissimo (e plastificato) Perry Farrell, che lascia da parte per una sera i suoi Jane’s Addiction e ci regala una deliziosa rilettura elettroacustica della stupenda Here Comes The Sun: da brividi. Anche Weird Al” Yankovic quando non fa il buffone (cioè raramente) dimostra di saper cantare, e anche bene, e What Is Life (una delle grandi canzoni rock di Harrison) è riproposta alla perfezione; torna sul palco Norah Jones, molto più a suo agio con la languida Behind That Locked Door, ballata country-oriented con echi di Gram Parsons.

Ed ecco l’ospite numero uno della serata, cioè Brian Wilson, che non poteva che proporre il più grande successo di George come solista, My Sweet Lord: l’ex Beach Boys (che per l’occasione si porta dietro anche Al Jardine) farà anche fatica a muoversi e a parlare, ma quando canta si difende ancora alla grande, e qui è raggiunto ai cori da gran parte degli ospiti della serata, quasi ad omaggiare una leggenda vivente. I Black Ryder suonano la fluida Isn’t It A Pity nel modo giusto, ma la vocalità di Aimée Nash è piuttosto piatta e quindi nel complesso manca qualcosina (interessante però l’accenno finale a Hey Jude), mentre l’ironica Any Road necessitava un’interpretazione più raffinata di quel buzzurro sguaiato di Butch Walker, che ci regala, si fa per dire, la performance peggiore del concerto. Per contro, l’affascinante Karen Elson oltre ad essere bella è anche brava, e la sua I’d Have You Anytime (brano scritto da George insieme a Dylan) è completamente riuscita; Taxman non mi ha mai fatto impazzire, e non sono certo i mediocri Cold War Kids a farmi cambiare idea, mentre i Flaming Lips di Wayne Coyne riescono a conservare l’atmosfera psichedelica che It’s All Too Much (uno dei brani meno noti tra quelli scritti da George per i Fab Four) aveva anche in origine.

La serata volge al termine: Handle With Care, il pezzo più noto dei Wilburys è una grande canzone comunque la si faccia, ed anche stasera, con Flowers, Daniel, Dhani, Bates, Coyne e Yankovic che si dividono il microfono, il risultato è eccellente; tutti sul palco (tranne Brian Wilson) per una sentita e commossa All Things Must Pass, dove invece, a parte Dhani, le voci soliste sono tutte femminili (la Jones, la Elson e la Wilson), una versione intensa che chiude il concerto in maniera adeguata. In definitiva, se non avete il tributo del 2002 dovete rimediare subito alla mancanza, ma anche questo George Fest ha comunque diverse frecce al suo arco, e si può definire riuscito almeno al 70%.

Marco Verdi

Tra Le Ultime Voci Originali Della Soul Music, Ovvero La Classe Non E’ Acqua! Mavis Staples – Livin’ On A High Note

mavis staples livin' on a high note

Mavis Staples – Livin’ On A High Note – Epitaph/Anti

Mavis Staples (con Bettye LaVette) è rimasta, tra le grandi voci della soul music ancora in attività, quella in grado di regalarci emozioni e bei dischi: in teoria ce ne sarebbero altre, ma Aretha Franklin non fa più un disco decente da oltre trent’anni, Diana Ross pure, Tina Turner pare essersi ritirata, ma anche lei campava a furia di duetti con Ramazzotti, Gladys Knight Dionne Warwick continuano a fare album di onesto crossover tra pop e blanda musica soul, ma non erano mai state tra le vessillifere del R&B più sanguigno. Quindi torniamo a Mavis Staples, 76 anni compiuti, in attività con gli Staple Singers dal lontanissimo 1950, e come solista. in diverse fasi della sua carriera, nel 1969, poi negli anni ’80 e ’90 (anche un paio di album prodotti da Prince), ma, a parte l’attività nel gruppo di famiglia che le ha dato fama e gloria imperitura, ha iniziato a produrre musica di qualità solo negli anni 2000. Prima con Have A Little Faith, bellissimo disco pubblicato dalla Alligator nel 2004, e poi con una serie di quattro album (compreso questo Livin’ On A High Note), più un LIve ed un EP, tutti usciti per Anti Records tra il 2007 e il 2016. Leggendario il primo We’ll Never Turn Back, prodotto da Ry Cooder, ma eccellenti anche i due registrati con l’aiuto di Jeff Tweedy dei Wilco; dischi di pura e non adulterata soul music, mista a gospel, R&B e blues, cantati ancora con voce forte e decisa e zeppi di belle canzoni, sia nuove che cover, dove il lato emozionale ed impegnato della sua musica era uno dei tratti distintivi di queste pubblicazioni.

Per questa nuova prova discografica, come dice il titolo, Livin’ On A High Note, Mavis ha chiesto al suo nuovo produttore Matthew Ward, che tutti conosciamo come M. Ward, di rivolgersi ad una serie di autori contemporanei, tra i quali lo stesso Ward, per avere una serie di brani nuovi, scritti per l’occasione, che avessero la caratteristica di essere gioiosi e trascinanti, diciamo che la scintilla che ha fatto scattare questa richiesta è stato l’ascolto di Happy, il brano di Pharrell Williams, una canzone ispirata agli anni d’oro della soul music, rivista con sonorità e temi musicali più moderni. Visti i nomi impegnati come autori, il risultato a tratti è più vicino al pop-soul di casa Motown che a quello di casa Stax (ma non è un’offesa), dove la Staples ha passato gli anni migliori della sua carriera, ma è comunque un album di ottima qualità e piacevolissimo, anche se, secondo me, forse, ma forse, non è un capolavoro assoluto o un disco fondamentale, lo dirà il tempo. Intanto diciamo che M. Ward è un tipo di musicista completamente diverso da Ry Cooder e Jeff Tweedy, per non dire del vecchio Pop Staples, autore di un indie rock o folk alternativo, da solo o con i Monsters Of Folk, ma anche fan di sonorità sixties e seventies nel duo She & Him, con Zooey Deschanel, comunque un artista completo, in grado di spaziare in differenti generi, appassionato pure di gospel e country, ed  in ogni caso circondato dai soliti bravissimi musicisti che hanno suonato negli ultimi dischi della Staples. A partire dall’ottimo Rick Holmstrom, che affianca alla chitarra Ward, al basso Jeff Turmes, spesso anche alla slide con Janiva Magness, Stephen Hodges, alla batteria (tutti e tre anche nei dischi di Holmstrom http://discoclub.myblog.it/tag/rick-holmstrom/), una sezione fiati di quattro elementi, con Trombone Shorty ospite come solista, completa la formazione.

Poi ci sono le canzoni: come si diceva si spazia verso autori inconsueti per Mavis, per lo più provenienti anche dall’indie e dall’alternative, che però hanno fatto i compiti a casa per questo album. L’apertura è affidata a Benjamin Booker, probabilmente uno dei più vicini allo stile musicale soul e blues, la sua Take Us Back è uno degli highlights del disco, un poderoso funky-blues che ci riporta ai tempi d’oro del gospel-soul degli Staple Singers, Mavis ha ancora una voce della Madonna, i musicisti e i coristi ci danno di dentro di gusto e il risultato è veramente notevole, una nota di merito per il basso di Turmes, veramente prodigioso. Bello anche il testo che ci riporta ai tempi delle marce di protesta, delle canzoni impegnate per la parità razziale in quel di Chicago, con i coristi che cantano ad libitum “Mavis, take us back”! Molto bella anche Love And Trust, scritta da Ben Harper, altro artista sulla stessa lunghezza d’onda della nostra amica, un bel gospel-rock gioioso e coinvolgente. Charity Rose Tielen, come nome non mi diceva nulla, ma poi sono andato a fare un ripasso, è ho visto che è la violinista degli Head And The Heart, band autrice di un paio di ottimi album agli inizi di questa decade, in ogni caso If It’s A Light è una ballata mid-tempo degna della migliore soul music dei primi anni ’70. Merrill Garbus sarebbe Tune-Yards, one-woman band dell’indie lo-fi pop, ma la sua Action è una delle canzoni più vicine allo spirito di quella Happy citata come fonte di ispirazione per questo album, allegra e gioiosa, con uno spirito di errebì contemporaneo ma anche vicino agli stilemi di quello classico. Valerie June è uno dei nomi più interessanti della nuova musica nera, quella di qualità però, ed è lei che firma High Note, quasi la title track, altro brano dallo spirito positivo e giubilante https://www.youtube.com/watch?v=qJuMX2uTGYQ , come pure la successiva Don’t Cry, scritta da M. Ward e come per la quasi totalità del disco una nota di merito va alle voci di supporto, Vicky Randle Donny Gerrard, che donano uno spirito gospel alle canzoni, come pure l’uso dei fiati https://www.youtube.com/watch?v=oJBiG0pZQjw .

Jon Batiste viene dalla Lousiana e come il suo amico e sodale Troy “Trombone Shorty” Andrews, porta un soffio di New Orleans music con la sua Tomorrow, dove fa bella mostra di sé, manco a dirlo, un bel assolo di trombone. Se non vedessi la firma M. Ward/Justin Vernon (Bon Iver), potrei pensare che Dedicated, il brano firmato dai due, sia un pezzo di Ry Cooder, una ballata struggente degna delle cose migliori del chitarrista californiano, impreziosita da un fine lavoro di Holmstron alla solista. History Now è la canzone più corta del disco, ma anche una delle più belle, scritta da Neko Case (insieme a Laura Veirs e Gerrard), ci pone molte domande, “What do we do with all of this history now?”, attraverso la voce della Staples che duetta divinamente con lo stesso Donny Gerrard in questo brano, che purtroppo finisce troppo presto, ma basta schiacciare il tasto repeat e la magia è di nuovo lì con noi https://www.youtube.com/watch?v=CeEM52rdn0s . Altro nome che dice poco è quello di Aaron Livingston, vero nome di Son Little, altra speranza della nuova musica nera, con cui Mavis aveva collaborato nell’EP dello scorso anno, Your Good Fortune, il brano che Little porta al disco è una scarna One Love, solo una chitarra elettrica, voci di supporto e tanta classe nella voce di Mavis Staples, che poi ci regala meraviglie nel brano firmato da Nick Cave, una Jesus Lay Down Beside Me che è una sorta di gospel contemporaneo, degna del miglior repertorio del passato della grande cantante, che estrae ogni stilla di emozione da questa canzone che spezza il clima gioioso del disco, ma lo fa a ragione. Stesso discorso che si può applicare alla conclusiva MLK Song, una canzone in cui M. Ward ha adattato dei versi di Martin Luther King e poi li ha affidati alla voce della Staples, che accompagnata solo da una chitarra acustica ci dimostra ancora una volta che la classe non è acqua. Frase forse scontata ma che ben illustra anche tutto l’album nella sua interezza.

Bruno Conti