Quarta ed ultima classifica dei migliori dischi dell’anno, con il solito dito alzato verso il 2020, temperato dal fatto che la posto oggi che è il giorno di Natale. Come tutti gli anni mi avvalgo del fatto di essere il titolare del Blog e quindi come è consuetudine la lista del Best è molto ricca ed articolata, con una selezione abbondante di titoli scelti tra le uscite dell’anno, nuove uscite e ristampe sfiziose. Sempre come d’abitudine la prima parte è la lista “ufficiale” che poi verrà pubblicata anche sul Buscadero di Gennaio, non in ordine di preferenza, ma rigorosamente alla rinfusa e anche dopo quello che avevo scelto nel momento preciso in cui l’ho compilata, in seguito naturalmente si sono affacciate altre decine di titoli che mi sono piaciuti tra quelli usciti nel 2020, e li trovate qui sotto, anche se a un certo punto ho dovuto frenarmi perché l’elenco stava raggiungendo dimensioni bibliche, comunque eccoli qui.
Forse, dopo un paio di mesi dall’uscita e alla luce di alcuni riascolti, non lo inserirei più tra i migliori in assoluto, comunque rimane un buon album per il sottoscritto.
Blackie And The Rodeo Kings – King Of This Town – Warner Canada
All’incirca ogni tre anni si ritrovano per pubblicare un nuovo album: questo King Of This Town è il loro nono disco (decimo, se contiamo anche Let’s Frolic Again, mentre il precedente, l’ottimo https://discoclub.myblog.it/2017/01/28/passano-gli-anni-e-dopo-le-regine-questa-volta-tocca-ai-re-ed-e-sempre-grande-musica-blackie-and-the-rodeo-kings-kings-and-kings/ risale a tre anni fa), in effetti l’avventura partì con quella che doveva essere una opera unica High or Hurtin’: The Songs of Willie P. Bennett, per omaggiare un loro illustre (ma quasi sconosciuto fuori dai confini canadesi) connazionale, però da allora Stephen Fearing, Colin Linden e Tom Wilson, in rigoroso ordine alfabetico, ci deliziano puntualmente con una serie di album che collettivamente sono superiori alla somma della parti dei partecipanti, che non sono insignificanti. Linden, giusto in questi giorni, ha visto Oklahoma, la sua produzione per Keb’ Mo’, vincere il Grammy nella categoria Americana https://discoclub.myblog.it/2019/07/15/sempre-della-serie-non-solo-blues-keb-mo-oklahoma/ , e lo scorso anno ha pubblicato pure il delizioso Amour, insieme a Luther Dickinson (per non parlare della produzione dell’ultimo disco del suo amico Bruce CockburnCrowing Ignites), Tom Wilson, sempre nel 2019, ha pubblicato Mohawk l’ultima fatica della sua altra band, i Lee Harvey Osmond, nominato ai Juno Awards canadesi,e Stephen Fearing, proprio sul finire del 2019 ha rilasciato la sua nuova prova solista, l’eccellente The Unconquerable Past.
Ma quando sono insieme, pur mantenendo le loro diverse caratteristiche stilistiche, Linden tra Americana e blues, Wilson l’anima più rock e Fearing quella più folk, quando aggiungono alle loro influenze anche quelle favolose armonie vocali a due e tre parti, elementi country e cajun acadienne, e il consueto apporto di una serie di collaborati fantastici, riescono a trasfigurare il tutto. Questa volta troviamo le armonie vocali delle McCrary Sisters, le tastiere di Janice Powers, la moglie di Colin Linden, che si alterna a Kenneth Pearson, Thompson Wilson, il figlio di Tom, come la Powers co-autore di un paio di brani, uno insieme a Hawksley Workman, per non parlare della superba sezione ritmica formata da Gary Craig alla batteria e Johnny Dymond al basso, che pure loro contribuiscono alla scrittura delle canzoni, e infine il multistrumentista Jim Hoke, impegnato a sax, organo, armonica e fisarmonica. Il risultato finale è una goduria unica: dalla iniziale Hard Road, cantata con voce ”scura” da Wilson, tra rock atmosferico e sapori sudisti, grazie all’apporto del New Orleans soul delle sorelle McCrary, passando per la solare e corale Cold 100, cantata a voce spiegata da tutti e tre che l’hanno scritta collettivamente, con un drive da perfetta rock song da suonare a tutto volume sulle (auto)strade di tutto il mondo, con il dobro e la slide di Linden ad impreziosirla, mente le McCrary armonizzano come solo loro sanno fare.
Trust Yourself, il primo contributo di Fearing, con Hoke a al sax e all’organo, è un sinuoso folk-rock con tracce blues, che ricorda il miglior Cockburn, quando alza la sua quota elettrica, grazie agli interventi puntuali di Colin alla solista; World Gone Mad (scritta da Linden con l’ex Family e Band Jim Weider), con tutti e tre ancora impegnati a tratti in un cantato collettivo che rende irresistibile il brano, con le chitarre dell’autore che imperversano di nuovo alla grande in un brano superbo, mentre Baby I’m Your Devil, scritta dai due Wilson, babbo e figlio con Workman, screziata dalle armonie vocali di Rachael Davis, l’armonica di Hoke e l’acidissima chitarra di Linden che contribuiscono alle atmosfere dark e sospese della canzone. North Star, l’altro brano firmato dal trio è una stupenda ballata cantata dal vocione di Wilson, con il supporto degli altri due, dedicata alla ricerca della donna con la Stella del Nord nei suoi occhi (il Canada), romantica ed evocativa https://www.youtube.com/watch?v=Yd_TWpsb8Ww , King Of This Town di Linden è un perfetto esempio di antemico roots-rock, vogliamo chiamarlo Americana, con le sue chitarre a dispensare piccole meraviglie, sostenute da un florilegio di tastiere.
La malinconica, quasi triste, visto l’argomento trattato, Walking On Our Graves, è una bellissima canzone, tra Dylan e la Band, cantata con grande trasporto da un ispirato Stephen Fearing, un ennesimo gioiellino, impreziosito da un assolo di Linden calcolato con il goniometro https://www.youtube.com/watch?v=4AEeaXx0vJc , seguito da un tuffo a New Orleans per la travolgente Kick My Heart Around , scritta da Linden che la canta, con il contributo della famiglia Wilson, tra sbuffi di armonica e fisarmonica ed una allegria quasi palpabile https://www.youtube.com/watch?v=v77GJ1YytYY . Medicine Hat della premiata ditta Linden/Wilson, tra country-rock cosmico e un divertente e mosso groove di vintage R&R si ascolta con grande piacere, prima di farci congedare dai BARK con la soffusa ed elegiaca ballata Grace, cantata in solitaria da un pensoso Fearing che, anche sulle ali della struggente armonica di Hoke, conferma la sua anima più riflessiva e gentile. Come al solito un album affascinante e consistente, da ricordare per ie liste dei migliori di fine anno, l’unico neo è che non si trova con facilità alle nostre latitudini.
Stephen Fearing – Every Soul’s A Sailor – Lowden Proud Music
Con questo nuovo lavoro, Every Soul’s A Sailor, Stephen Fearing, membro fondatore e forse la parte più folk del gruppo Blackie & The Rodeo Kings (un trio formato anche da Colin Linden e Tom Wilson, per chi scrive, la migliore country-rock band del Canada, autori di recente di uno splendido album http://discoclub.myblog.it/2017/01/28/passano-gli-anni-e-dopo-le-regine-questa-volta-tocca-ai-re-ed-e-sempre-grande-musica-blackie-and-the-rodeo-kings-kings-and-kings/ ), arriva (se non ho sbagliato i conti) al suo nono disco da solista, a distanza da quattro anni dal precedente e pregevole Between Hurricanes, puntualmente recensito su questo blog http://discoclub.myblog.it/2013/04/18/un-romantico-poeta-canadese-stephen-fearing-between-hurrican/ . Registrato nei Canterbury Sound Studios di Toronto, Fearing, chitarra acustica e elettrica, per l’occasione si avvale solamente di una sezione ritmica composta da John Dymond al basso e Gary Craig alla batteria e percussioni, anche con Blackie and The Rodeo Kings, ma è altresì aiutato da una ricca sezione fiati guidata dal co-produttore David Travers Smith e dalle efficaci armonie vocali (in due brani) della brava Rose Cousins, per dieci brani dal suono limpido e profondo, eseguite da vero songwriter di talento.
L’anima del “marinaio” Stephen salpa con la carezzevole melodia di Put Your Money Where Your Mouth Is, per poi avventurarsi in un viaggio emozionante e triste con la dolcissima ballata Red Lights In The Rain (con al controcanto la citata Rose Cousins), alzare il ritmo con un brano politico come Blowhard Nation (una feroce condanna all’America di Trump), per poi passare all’accattivante melodia retrò di The Things We Did. Con Gone But Not Forgotten ritorna la dolce voce di Rose, mentre in sottofondo si ascoltano le trombe “lugubri” di David Travers Smith, mentre la seguente Love The Deal si basa su ritmiche più rock-blues, per poi ritornare di nuovo ad un’altra dolce ballata come Carousel, cantata alla John Gorka, e aggiungere atmosfere lievemente jazzate nel blues sincopato di Love Like Water. Dopo una lunga navigazione, infine l’anima del “marinaio” Stephen arriva in porto con altre due semplici love songs come Better Than Good, e la title track Every Soul’s A Sailor, dove la chitarra di Fearing sgorga note leggiadre, quasi come quando una brezza leggera accompagna qualsiasi barca a vela.
Stephen Fearing è un vecchio artigiano della canzone (un autore certamente di nicchia), nato a Vancouver e cresciuto a Dublino, e ora nuovamente figlio prediletto del Canada (merito anche della sua ex moglie canadese), con questo ultimo lavoro Every Soul’s A Sailor, un disco che come sempre esalta limpide melodie folk-rock, con un buon impasto di sonorità elettro-acustiche, che hanno il loro punto di forza in quelle splendide ballate che profumano dei freddi inverni canadesi. Anche se è molto più conosciuto come membro dei Blackie & The Rodeo Kings, questo signore in passato ha anche collaborato con molti artisti, tra cui Richard Thompson, Sarah McLachlan, Nick Lowe, Bruce Cockburn, Shaw Colvin e recentemente Andy White (recuperate Tea And Confidences), e mi sembra giusto che questa raccolta di canzoni (che magari richiedono vari ascolti prima di essere apprezzate), trovi uno spazio nella vostra discoteca, in quanto per il sottoscritto c’è sempre un senso e un motivo per dare un ascolto all’opera di un folksinger raffinato come Stephen Fearing.
Blackie And The Rodeo Kings – Kings And Kings – File Under Music Label
Passano gli anni, e la scena musicale canadese conferma la sua vitalità con gruppi ormai storici come I Blue Rodeo o i Cowboy Junkies, mentre Great Big Sea e Crash Test Dummies tacciono, i City And Colour non li conosce quasi nessuno, gli Arcade Fire hanno preso una piega che non ci piace, i New Pornographers sono abbastanza discontinui, come pure i Tragically Hip, peraltro molto popolari in patria, tra i più recenti ricordiamo i No Sinner; non mancano i componenti della famiglia Wainwright, e si potrebbe andare avanti per ore. Per esempio citando anche Lee Harvey Osmond che è la “band” sotto cui si nasconde Tom Wilson, uno dei tre componenti dei Blackie And The Rodeo Kings, gruppo nato per rendere omaggio alle canzoni di Willie P. Bennett, e che negli anni ha prodotto una serie di album spesso di assoluta eccellenza. Insieme a Wilson, ci sono Stephen Fearing (anche cantautore in proprio, con un album recentissimo, Every Soul’s A Sailor, appena uscito e autore pure di pregevoli dischi in coppia con Andy White) e Colin Linden, anche lui con una carriera solista interessante, forse più orientata verso il blues, oltre ad essere uno dei produttori più bravi e ricercati in circolazione (Lindi Ortega, il grande amico Cockburn, Colin James), direttore musicale della serie televisiva Nashville (dove vive).
I tre amici, sei anni fa, nel 2011 ebbero una idea “geniale”: un disco di duetti con una serie di voci femminili (cosa mai avvenuta prima, l’ironia è voluta), dove molte volte però è l’esecuzione e la scelta dei partecipanti che delineano il risultato, in questo caso, manco a dirlo, eccellente http://discoclub.myblog.it/2011/07/20/blackie-and-the-rodeo-kings-re-e-regine/, infatti in quel disco apparivano cantanti come Lucinda Williams, Amy Helm delle Olabelle, Cassandra Wilson, Patti Scialfa, Julie Miller (col marito Buddy al seguito, presente anche in questo nuovo capitolo), Janiva Magness, Emmylou Harris, Mary Margaret O’Hara, Holly Cole e svariate altre, di cui potete leggere al link qui sopra. Per la serie, forse i nomi non saranno tutto, ma sono comunque molto importanti, vi ricordo anche i nomi dei musicisti impiegati in questo nuovo Kings And Kings (si tratta forse di una serie di duetti con voci maschili e gruppi? Indovinato!) oltre ai tre leaders del gruppo, Gary Craig, alla batteria, Johnny Dymond al basso, John Whynot piano e organo, Kenneth Pearson anche lui tastiere (che sarebbe il Ken Pearson che suonava in Pearl di Janis Joplin), Bryan Owings, anche lui alla batteria e infine Kevin McKendree, che pure lui si alterna alle tastiere, con Colin Linden che suona tutto il resto che serve.
Il disco al sottoscritto piace parecchio, fin dalla iniziale Live By The Song una rara canzone firmata da tutti e tre insieme, che è una sorta di autobiografia in musica del loro gruppo, con l’ospite Rodney Crowell del tutto a suo agio nel roots-country’n’roll di questo bellissimo brano che rievoca le atmosfere care alla Band, con chitarre e tastiere spiegate in uno sfolgorio di pura Americana music di grande fascino, splendida apertura; Bury My Heart, scritta da Linden e che vede la presenza del countryman dall’anima rock Eric Church è un’altra notevole ballata mid-tempo, dalla melodia avvolgente e con quel suono caldo e raffinato che è caratteristica tipica dei Blackie And The Rodeo Kings, sempre con la chitarra di Linden pronta a scattare verso la meta. Beautiful Scars, scritta da Tom Wilson (o se preferite Lee Harvey Osmond), vede la presenza di Dallas Green (anche in questo caso si dovrebbe parlare di City & Colour, la magnifica band di Green, con una copiosa discografia da investigare), un’altra canzone dalla costruzione complessa ed affascinante, cantata con grande pathos e passione, perché questa signori è musica rock di qualità superiore, e per High Wire Colin Fearing si inventa un pezzo degno del songbook di Roy Orbison, per sfruttare al meglio la splendida voce di Raul Malo dei Mavericks.
Fino ad ora una canzone più bella dell’altra, nessun segno di stanchezza o ripetizioni, altro cambio di genere per il country-rock-blues della mossa Playing My Heart che vede la presenza di Buddy Miller, che coniuga con il resto della band un mood quasi sudista, dove le chitarre si prendono i loro spazi. E il più avventuroso Wilson chiama alla collaborazione anche i Fantastic Negrito di tale Xavier Dphrepaulezz(che lo ammetto, non conoscevo, ma investigherò) per un soul-funky blues futuribile di fascino indefinito e sostanza come Biiter And Low; e per Secret Of A Long Lasting Love, scritta da Fearing con Andy White, i tre chiamano a collaborare uno dei maestri del “pure pop & rock” britannico come Nick Lowe, altro limpido esempio del grande talento che è stato schierato per questo eclettico album, una composizione folk-rock dall’animo gentile, cantata in solitaria da Lowe, impreziosita da melodie che si assimilano subito nella loro raffinata semplicità (non è un ossimoro)! E poi arriva uno dei miei preferiti di sempre, uno dei più grandi cantautori mai prodotti dal Canada, Bruce Cockburn, uno che negli anni ’70 ha realizzato una serie di dischi di straordinaria qualità (rivaleggiando con l’altro Bruce), ma poi ha continuato a fare musica sempre di elevata qualità, spesso prodotta dal suo amico Colin Linden, che probabilmente ha scritto A Woman Gets More Beautiful con in mente proprio Cockburn, una ballata delicata e sognante, cantata in inglese e francese, che è uno dei momenti migliori in un album splendido, dove i “Re” della musica spesso si superano, con Bruce e Colin impegnati in un delizioso interplay vocale e chitarristico.
Land Of The Living (Hamilton Ontario 2016) è un’altra magnifica ballata a due voci che vede alla guida del brano l’accoppiata Tom Wilson/Jason Isbell, con l’ex Drive-by Truckers che si conferma una volta di più come uno dei migliori nuovi musicisti in ambito roots music. Non posso che ribadire, veramente una canzone più bella dell’altra, e anche Long Walk To Freedom, dove l’ospite è il cantante e chitarrista Keb’ Mo’, si colloca nell’ambito ballate, stile dove Blackie And The Rodeo Kings veramente eccellono, questa volta tocca a Fearing affiancare la voce maschia di Kevin Moore, ottimo anche alla slide, in questo brano che ha anche accenti blues e gospel, con uno squisito lavoro dell’organo che adorna da par suo il tessuto del brano. Un disco dei BARK non si può definire tale se non c’è almeno una cover dall’opera dello scomparso Willie P. Bennett: per l’occasione viene ripescata This Lonesome Feeling, una sorta di lamento di un cowboy, che vede il supporto vocale e strumentale di una delle leggende del lato giusto di Nashville, ovvero Vince Gill, un brano folky quasi “tormentato” e minimale, lontano mille miglia dal country più bieco della Music City. Che viene ulteriormente rivisitata anche nella conclusiva e mossa Where The River Rolls, scritta da Colin Linden, che per interpretarla ha chiamato i cosiddetti The Men Of Nashville, che poi sarebbero alcuni degli interpreti della serie televisiva Nashville della ABC, citata all’inizio e curata proprio da Linden, che nel brano ci regala un piccolo saggio della sua perizia alla chitarra, anche se il brano, una country song piacevole con piccoli tocchi gospel, non raggiunge forse i livelli qualitativi del resto del disco, veramente di grande spessore, uno dei migliori usciti in questo scorcio di inizio 2017!
Continuiamo con le uscite discografiche più interessanti in uscita tra il 13 e il 20 gennaio. Intanto volevo ricordarvi che delle ristampe segnalate nel precedente Post quelle della BGO previste per il 13 gennaio sono slittate al 27 gennaio e quelle della Esoteric spostate al 3 febbraio. Veniamo ad alcune uscite previste per il gennaio (qualcuna avrà una recensione ad hoc): partiamo dai Flaming Lips, che secondo me non fanno un disco decente dai primi anni 2000 (sempre parere personale ovviamente), il nuovo disco si chiama Oczy Mlody è uscito per la Warner lo scorso venerdì 13 gennaio, con questo contenuto.
1. Oczy Mlody 2. How?? 3. There Should Be Unicorns 4. Sunrise (Eyes Of The Young) 5. Nigdy Nie (Never No) 6. Galaxy I Sink 7. One Night While Hunting For Faeries And Witches And Wizards To Kill 8. Do Glowy 9. Listening To The Frogs With Demon Eyes 10. The Castle 11. Almost Home (Blisko Domu) 12. We A Family feat. Miley Cyrus
Come avrete notato c’è anche un duetto con Miley Cyrus, ma Wayne Coyne e soci mi sembrano ormai più fuori di melone del solito.
Rick Wakeman pubblica per la Universal il suo nuovo album Piano Portraits. Come indica il titolo si tratta di un disco di solo piano dove Wakeman rivisita molti brani celebri (e anche un paio di pezzi di musica classica).
1. Help 2. Stairway to Heaven 3. Life on Mars 4. I’m Not In Love 5. Wonderous Stories 6. Berceuse 7. Amazing Grace 8. Swan Lake 9. Morning Has Broken 10. Summertime 11. Space Oddity 12. Dance of the Damselflies 13. Clair de Lune 14. I Vow To Thee My Country 15. Eleanor Rigby
Life On Mars era già uscito lo scorso anno come EP, in memoria di David Bowie.
Sempre il 13, per la loro etichetta, è uscito il nuovo album dei texani Band Of Heathens Duende, che uscirà la settimana prossima in edizione europea per la Blue Rose. Si parla molto bene da tempo del disco e sarà uno di quelli che verranno recensiti appena possibile sul Blog. Si tratta del loro sesto album di studio e ottavo complessivamente.
Questi sono i titoli dei brani:
1. All I’m Asking 2. Sugar Queen 3. Last Minute Man 4. Deep Is Love 5. Keys To The Kingdom 6. Trouble Came Early 7. Daddy Longlegs 8. Cracking The Code 9. Road Dust Wheels 10. Green Grass Of California
Saltando di palo in frasca, questo è un disco molto particolare Dennis Coffey“Hot Coffey In The D: Burnin’ At Morey Baker’s Showplace Lounge” 1968, era già uscito in vinile a fine novembre per il Black Friday, su etichetta Resonance, e l’altro ieri è stato pubblicato anche in CD. Dennis Coffey era il “mitico” chitarrista dei Funk Brothers, quello che suonava in quasi tutti i dischi della Tamla-Motown e in questo disco è accompagnato da altri luminari della etichetta di Detroit.
Un piccolo “tesoro perduto”:
1. Fuzz 2. By The Time I Get To Phoenix 3. The Look Of Love 4. Maiden Voyage 5. The Big D 6. Casanova (Your Playing Days Are Over)
Torna anche la grande band canadese formata da Stephen Fearing, Colin Linden e Lee Harvey Osmond (che sostituiscono Tom Wilson, anche se poi è sempre la stessa persona, ma questa volta usa il nome del gruppo)).Il nuovo disco è il seguito del bellissimo Kings And Queens del 2011 dove duettavano con grandi voci femminili. In teoria l’album è uscito per la piccola etichetta, sempre canadese, File Under Music già da qualche tempo, ma solo in questi giorni, pur rimanendo costoso e di non facile reperibilità, ha avuto una maggiore distribuzione ( a differenza dei precedenti che erano pubblicati dalla True North). Comunque vale la pena di fare uno sforzo per cercarlo. Forse non ho detto il nome della band, Blackie And The Rodeo Kings, e il titolo, Kings And Kings, questa volta una serie di duetti con voci maschili.
01 Live By The Song ft. Rodney Crowell 02 Bury My Heart ft. Eric Church 03 Beautiful Scars ft. City and Colour 04 High Wire ft. Raul Malo 05 Playing By Heart ft. Buddy Miller 06 Bitter and Low ft. Fantastic Negrito 07 Secret of a Long Lasting Love ft. Nick Lowe 08 A Woman Gets More Beautiful ft. Bruce Cockburn 09 Land of The Living (Hamilton Ontario 2016) ft. Jason Isbell 10 Long Walk To Freedom ft. Keb Mo 11 This Lonesome Feeling ft. Vince Gill 12 Where The River Rolls ft. The Men of Nashville
Non è un disco formidabile o straordinario, ma per tutti gli springsteeniani sparsi per il mondo si tratta del debutto solista (dopo un EP uscito nel 2013) di Jake Clemons, nipote del grande Clarence Clemons e nuovo sassofonista della E Street Band. Il CD Si Intitola Fear And Love, è uscito sempre il 13 gennaio per la BMG, e a un primo ascolto veloce, sembra meglio il nipote dello zio, più orientato verso il rock, anche se il sound a tratti rimane più mainstream e radiofonico. Comunque c’è molto di peggio in giro. Video non ce ne sono ancora, quindi andate sulla fiducia.