Anche Quest’Anno Ci Siamo: Il Meglio Del 2019 Secondo Disco Club, Parte IV

numero uno alan ford

Ogni tanto mi rituffo nelle mie vesti virtuali di “Numero Uno” (anche del Blog), in questo caso per la mia classifica di fine anno, molto ampia ed articolata, e vi annuncio sin d’ora che ci sarà anche una appendice corposa, che mi riservo in qualità di Boss, ma soprattutto perché scorrendo le uscite del 2019 mi sono accorto che sarebbero rimasti fuori dalla lista molti titoli meritevoli, già individuati, che però avrebbero reso questo Post quasi un romanzo. Per cui andiamo con il Best Of in versione “normale”, il resto a seguire. Non sono in stretto ordine di preferenza, esclusi i primi sette o otto.

Bruno Conti Il Meglio Del 2019

Top 15

van morrison three chords & the truth

Van Morrison – Three Chords & The Truth

janiva magness sings john fogerty

Janiva Magness – Sings John Fogerty Change In The Weather

christy moore magic nights

Christy Moore – Magic Nights

mavis staples we get by

Mavis Staples – We Get By

gov't mule bring on the music 2 cd

Gov’t Mule – Bring On The Night Live At Capitol Theatre

marc cohn blind boys of alabama work to do

Marc Cohn And Blind Boys Of Alabama – Work To Do

mike zito a tribute to chuck berry

Mike Zito & Friends – Rock ‘n’ Roll – A Tribute To Chuck Berry

reese wynans sweet release

Reese Wynans And Friends – Sweet Release

john mayall nobody told me

John Mayall – Nobdoy Told Me

jack ingram ridin' high...again

Jack Ingram – Ridin’ High Again

chris kinght almost daylight

Chris Knight – Almost Daylight

over the rhine love and revelation

Over The Rhine – Love And Revelation

allison moorer blood

Allison Moorer – Blood

delbert mcclinton tall dark and handsome

Delbert McClinton – Tall, Dark & Handsome

bruce springsteen western starsbruce springsteen western stars songs form the film

Insieme e alla pari, alla faccia di chi ne ha parlato male!

Bruce Springsteen – Western Stars + Western Stars: Songs From The Film

 

Le Migliori Ristampe Nel senso più ampio del termine.

jimi hendrix songs for groovy children front

Jimi Hendrix – Songs For Groovy Children The Fillmore East Concerts

bob dylan rolling thunder revue

Bob Dylan The Rolling Thunder Revue – The 1975 Live Recordings

fleetwood mac before the beginning front

Fleetwood Mac – Before The Beginning

rory gallagher blues

Rory Gallagher – Blues

allman brothers band fillmore west '71 box

Allman Brothers Band – Fillmore West ’71

van morrison the healing game

Van Morrison – The Healing Game 3 CD

the band the band 2 CD

The Band – The Band 50th Anniversary Edition 2 CD

richard thompson across a crowded room live

Richard Thompson – Across A Crowded Room Live At Barrymore’s 1985

steve miller band welcome to the vault

Steve Miller Band – Welcome To The Vault

rolling stones bridges to buenos aires

Rolling Stones – Bridges To Buenos Aires

Jorma Kaukonen & Jack Casady - Bear’s Sonic Journals Before We Were Them

Jorma Kaukonen & Jack Casady – Before We Were Them

E’ uscito all’inizio dell’anno e molti se lo sono dimenticato, ma merita.

bob dylan travelin' thru bootle series vol.15

Bob Dylan – Travelin’ Thru The Bootleg Series Vol. 15 1967-1969

L’altro cofanetto di quest’anno di Bob Dylan (e Johnny Cash).

gregg allman laid back deluxe

Gregg Allman – Laid Back

carole king live at montreux 1973 cd+dvd

Carole King – Live At Montreux 1973 CD/DVD

marvin gaye what's going on live

Marvin Gaye – What’s Going On Live

pretty things the final bow

Pretty Things – The Final Bow CD/DVD/10″

Recensione nei prossimi giorni: ospiti nel concerto Van Morrison David Gilmour.

 

mandolin' brothers 6

Miglior Disco Italiano

Mandolin’ Brothers – 6

 

Il Meglio Del Resto (Una Prima Selezione)

mary black orchestrated

Mary Black – Orchestrated

runrig the last dance

Runrig – The Last Dance

patty griffin patty griffin

tom russell october in the railraod earth

Tom Russell – October In The Railroad Earth

tedeschi trucks band signs

Tedeschi Trucks Band – Signs

drew holcomb neighbors

Drew Holcomb & The Neighbors – Dragons

rodney_crowell-Texas_cover

Rodney Crowell – Texas

https://discoclub.myblog.it/2019/08/22/un-riuscito-omaggio-alle-sue-radici-anche-attraverso-una-serie-di-duetti-rodney-crowell-texas/

robert randolph brighter days

Robert Randolph & The Family Band – Brighter Days

peter frampton band all blues

Peter Frampton Band – All Blues

echo in the canyon soundtrack

Jakob Dylan & Friends – Echo In The Canyon

nick cave ghosteen

Nick Cave & The Bad Seeds – Ghosteen

michael mcdermott orphans

Michael McDermott – Orphans

joe henry the gospel according to water

Joe Henry – The Gospel According To Water

session americana north east

Session Americana – North East

doobie brothers live from the beacon theatre

Doobie Brothers – Live From The Beacon Theatre

leonard cohen thanks for the dance

Leonard Cohen – Thanks For The Dance

 

Delusione Dell’Anno 

sturgill simpson sound & fury

Sturgill Simpson – Sound And Fury Ovvero, il disco più brutto dell’anno! Intendiamoci, ce ne sono a decine, a centinaia, di più brutti, ma da “uno dei nostri” non me lo aspettavo.

Per ora è tutto, ma nei prossimi giorni, come promesso all’inizio del Post, una corposa appendice con il Resto Del Meglio.

Bruno Conti

E Il Lavoro E’ Stato Fatto Molto Bene, Nonostante La “Strana” Ma Riuscitissima Accoppiata. Marc Cohn & Blind Boys Of Alabama – Work To Do

omarc cohn blind boys of alabama work to do

Marc Cohn & Blind Boys Of Alabama – Work To Do – BMG Rights Management

Come dice il titolo, sulla carta questa accoppiata potrebbe sembrare “strana”, ma in effetti è stata rodata in lunghi anni di frequentazione: già nel 2017 Marc Cohn aveva collaborato con loro nel disco Almost Home con il brano Stay On The Gospel Side, scritto con John Leventhal (che è anche il produttore di questo Work To Do), basandosi su dei versi inediti di Clarence Fountain, il vecchio leader del gruppo che nel frattempo è scomparso nel 2018. Negli ultimi anni Cohn e i BBOA hanno effettuato diversi tour insieme e da una serata speciale al Katharine Hepburn Cultural Arts Center di Old Saybrook, Connecticut, registrata per l’emittente PBS per la serie The Kate, sono stati estratti sette brani registrati dal vivo, che sono stati aggiunti a tre canzoni di studio che inizialmente dovevano costituire un EP di materiale inedito. Il materiale di Work To Do, a parte due pezzi tradizionali notissimi come Walk In Jerusalem Amazing Grace, è costituito per gran parte da canzoni scritte da Marc Cohn stesso. In effetti ascoltando il repertorio di Marc Cohn, a partire dal suo cavallo di battaglia e maggiore, nonché unico grande successo, Walking In Memphis, la musica del 60enne cantautore di Cleveland ha comunque sempre avuto degli afflati gospel, inseriti comunque in un contesto di pop raffinato e di grande sostanza, ed è quindi un grande piacere riascoltare la voce di Cohn che non pubblica un album da Listening Booth 1970 del 2010, che però era composto tutto da cover di brani usciti in quell’anno, quindi l’ultimo CD di materiale originale, Join The Parade, risale al 2007.

Il nostro amico avrà anche perso tutti i capelli, ma la voce è rimasta uno strumento affascinante, dalle tonalità “scure” e di grande impatto emotivo, se poi viene rafforzata dalle armonie vocali fantastiche dei Blind Boys (di cui aveva già goduto anche Ben Harper, nel suo There Will A Light del 2014) il risultato è assicurato. Oltre a Cohn al piano e alla chitarra, troviamo Leventhal che suona di tutto, tastiere, chitarre, basso e batteria, e nella parte live, Randall Bramblett, anche lui a tastiere e organo, Joe Bonadio alle percussioni, Tony Garnier di dylaniana memoria al contrabbasso e i cinque BBOA alle voci. Proprio loro aprono le operazioni con una rilettura scintillante di Walk In Jerusalem, uno dei tre brani di studio, dove le loro voci vissute si incrociano, si sovrappongono, si sostengono, alternandosi come soliste, con l’accompagnamento affidato solo al battito delle mani e poco altro, mentre nella mossa Talk Back Mic, il pezzo nuovo scritto da Cohn e Leventhal, ci sono elementi sonori rock, swamp e soul, con l’eccellente lavoro full band di tutti gli strumentisti e la voce di Cohn, sicura e assertiva, circondata da quelle splendide di Beasley, Carter, McKinnie, Moore Williams. Il terzo e e ultimo pezzo nuovo di studio è la title track Work To Do, una ballata pianistica di impianto sudista splendida, dove sembra di ascoltare la Band migliore, con le doppie tastiere in grande spolvero e le armonie vocali da arresto per flagranza di bellezza dei cinque Blind Bloys, tra gospel e soul dai celestiali risultati, a dimostrazione che Cohn non ha perso il tocco di autore, e potrebbe ancora stupirci in futuro.

I brani in concerto, con Marc impegnato al piano; Bramblett alle tastiere, Garnier al Basso e Bonadio alle percussioni, si aprono con Ghost Train, una canzone che era sull’omonimo esordio del 1991, una ariosa ed avvolgente ballata pianistica, tipica del suo repertorio che, con l’aggiunta delle voci e del semplice schioccare delle dita dei BBOA, diventa irresistibile; Baby King viene da Rainy Season e il call and response tra un ispirato Cohn e le voci senza tempo del quintetto vocale in puro stile gospel, lascia senza fiato. Listening To Levon, da Join The Parade del 2007, fa il paio come bellezza con Levon, il celebre brano che Elton John dedicò al grande vocalist e batterista della Band Levon Helm, altra esecuzione da urlo per una ballata splendida che Marc interpreta con grande trasporto, anche senza la presenza delle splendide voci dei co-protagonisti della serata, che tornano però a farsi sentire nella lunghissima versione di Silver Thunderbird, soprattutto nella seconda parte, quando cominciano ad improvvisare ad libitum titillando e spingendo Cohn e soci verso le praterie celestiali del migliori gospel, con Jimmy Carter e Paul Beasley che fanno venire giù il piccolo teatro dove si svolge il teatro. Non contenti i cinque decidono di affrontare in modo inconsueto e geniale Amazing Grace, riarrangiata sulla melodia di House Of The Rising Sun e cantata divinamente dal quintetto. Ci si avvicina alla conclusione ma non può mancare naturalmente una stupenda rivisitazione di Walking In Memphis, il “piccolo” capolavoro di Marc Cohn che forse riceve il suo trattamento definitivo nell’occasione, grazie ai cori gospel dei BBOA. Molto bella anche One Safe Place, altra sontuosa ballata posta in chiusura. Peccato che manchi dalla serata  televisiva una versione travolgente di If I Had A Hammer, al limite la trovate qui https://thekate.tv/artist/marc-cohn-and-the-blind-boys-of-alabama/, dove si può vedere tutto il concerto completo.

In ogni caso non inficia il giudizio complessivo dell’album che rimane una delle più piacevoli sorprese di questo scorcio di stagione discografica.

Bruno Conti

In “Pellegrinaggio” Alle Radici Del Soul E Del Rock, Risultato Prodigioso! Paul Thorn – Don’t Let The Devil Ride

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Paul Thorn – Don’t Let The Devil Ride – Perpetual Obscurity Records

Paul Thorn è uno dei tanti “piccoli grandi” segreti della musica Americana di qualità: cantautore con una consistente discografia, una dozzina di album, compresi alcuni live, una antologia e un disco, Pimps And Preachers, forse il suo migliore, che gli era talmente piaciuto da averne pubblicate tre diverse versioni https://discoclub.myblog.it/2011/02/25/temp-8321917b0bce057cb280fea99f41838b/ . Il nostro amico è nato a Kenosha, Wisconsin, ma si è trasferito a vivere, praticamente ancora in fasce, a Tupelo, Mississippi, la patria di Elvis Presley. Babbo predicatore presso la chiesa locale, Thorn ha avuto una vita avventurosa, lasciando la famiglia a 18 anni per “vivere nel peccato”, poi è stato nella guardia nazionale e ha intrapreso una importante carriera nel pugilato professionistico che lo ha portato a combattere nel 1988 contro il grandissimo Roberto “Mano Di Pietra” Duran, perdendo onorevolmente (e il non dimenticato Chris Gaffney ha inciso una bellissima canzone The Eyes Of Roberto Duran, sull’album del 1995, prodotto da Dave Alvin, di cui in rete trovate una eccellente versione video cantata con l’autore Tom Russell e Alvin alla chitarra https://www.youtube.com/watch?v=2gfzk047ImU ).

L’altra grande passione di Thorn è sempre stata, fin da bambino, la musica, ha fatto parte del roster di artisti di Rick Hall, il fondatore dei Fame Studios, e dopo l’esordio per l’A&M del 1997, si è sempre autoprodotto per la propria etichetta, la Perpetual Obscurity, con l’aiuto del co-autore e produttore Billy Maddox, in questo Don’t Let The Devil Ride “aiutato” da Colin Linden. Paul Thorn è il classico cantautore completo, nel suo stile confluiscono rock, country, blues, soul , Americana e southern rock, ma per l’occasione di questo suo secondo disco di cover ha deciso di lanciarsi in un disco di gospel (e blues), altro grande amore e omaggio alle radici della sua famiglia. Se non lo conoscete (ed è un delitto) provate qualsiasi suo album, dal primo Hammer And Nail, al citato Pimps And Preachers, o anche Too Blessed To Be Stressed del 2014, sono tutti belli e anche il nuovo tiene fede alla sua fama. Oltre a Linden nel disco, che è stato registrato tra i Sun Studios di Sam Phillips, i Fame Studios di Muscle Shoals (quando Rick Hall, il vecchio proprietario era ancora vivo) e per la parti dei fiati alla Preservation Hall di New Orleans, con la band presente, oltre alle McCrary Sisters, alla cantante texana Bonnie Bishop, al chitarrista Billy Hinds, al batterista  George Recile, e a vari altri luminari della musica soul e del gospel, tra cui i Blind Boys Of Alabama.

Il risultato è veramente eccellente, rivaleggia con i recenti dischi di Jimmy Barnes e Marc Broussard nella rivisitazione della migliore musica nera. Questa volta soprattutto gospel, ma la musica profana è comunque rappresentata da ottime versioni di You Got To Move, il blues di Fred McDowell “gospelizzato” dalle splendide sorelle McCrary, ma pure Thorn ha una voce notevole, e dalla Love Train degli O’Jays, un pezzo che diventa una giubilante ode al signore, in una versione corale sontuosa. Ma sin dall’iniziale, scintillante e scatenata Come On Let’s Go si capisce che siamo a bordo per un viaggio nel miglior gospel, magari brani poco noti, a parte i due citati, ma con voci, fiati e i musicisti tutti che impazzano alla grande. The Half Has Never Been Told è un blues elettrico potente, con le chitarre di Linden e Hinds in primo piano, assieme alle tastiere di Michael Graham; Keep Holdin’ On è un’altra gospel song dal retrogusto blues di grande fascino, mentre He’s A Battle Axe con il mandolino di Linden in evidenza è più rurale e country, ma ha l’appeal dei brani migliori di John Hiatt, di cui Thorn ricorda molto la voce. Something On My Mind è uno slow blues intenso e fiatistico di grande pregio, Soon I Will Be Done un’altra gospel  esultante con voci e strumenti che impazzano, con One More River che potrebbe ricordare il Ry Cooder blues di fine anni ’70 e He’ll Make A Way, con una slide malandrina, è un altro pezzo splendido e pure Don’t Let The Devil Ride non scherza, vi sfido a trovare un brano brutto in questo album. Ascoltare per godere le gioie della buona musica.

Bruno Conti

Tanto Siamo Ancora In Tempo…E Poi Il Disco Merita! Neil Diamond – Acoustic Christmas

neil diamond acoustic christmas

Neil Diamond – Acoustic Christmas – Capitol CD

Se esistesse una scuola di songwriting e se io fossi uno studente, molto probabilmente vorrei che il mio insegnante fosse Neil Diamond. Cantautore puro, della vecchia scuola (ha frequentato anche il mitico Brill Building di Broadway), a 75 anni il musicista di Brooklyn, oltre ad essere ancora in possesso di una grande voce, è più attivo che mai, e con risultati qualitativi perfino migliori di quando vendeva dischi a vagonate. Autore di una serie lunghissima di classici che oggi hanno la stessa valenza degli standard del grande songbook americano (Solitary Man, I’m A Believer, Sweet Caroline, Cherry Cherry, Shilo, Kentucky Woman, Cracklin’ Rosie, September Morn, solo per citare le più note), Diamond ha spesso diviso la critica per il fatto che i suoi album hanno di sovente seguito sentieri commerciali fatti di sonorità gonfie e sovraorchestrate, rovinando in molti casi canzoni splendide che con arrangiamenti più leggeri avrebbero magari venduto meno ma sarebbero state maggiormente valorizzate: anche i suoi show hanno spesso seguito questo trend, con rappresentazioni più adatte a spettacoli di Las Vegas che ad un concerto rock. Inutile dire che i risultati migliori (artisticamente parlando) Neil li ha ottenuti quando ha affidato la produzione e gli arrangiamenti in mani più sobrie, per esempio con l’album del 1976 Beautiful Noise, con Robbie Robertson in consolle (collaborazione che gli ha tra l’altro garantito l’invito allo storico concerto d’addio a The Band The Last Waltz), ma soprattutto in anni recenti con Rick Rubin, del quale Diamond aveva apprezzato lo straordinario lavoro fatto con Johnny Cash, ed il cui suono ha voluto replicare con i bellissimi 12 Songs e Home Before Dark, dimostrando che, quando ci sono le canzoni, non serve sommergerle di strumenti per valorizzarle, anzi (e le vendite eccellenti dei due album lo hanno confermato). Il suono meno gonfio evidentemente è rimasto nella testa di Neil, dato che anche i due dischi seguenti, Dreams e Melody Road, pur non essendo spogli come i due con Rubin, hanno mantenuto un approccio simile, ed anche questo nuovissimo Acoustic Christmas fin dal titolo prosegue sulla stessa strada.

Non è il primo disco a carattere natalizio di Diamond, ma quasi sicuramente è il migliore, in quanto è davvero un lavoro splendido, suonato ed arrangiato con grandissima classe e misura, prodotto benissimo da “prezzemolo” Don Was e Jacknife Lee (U2, R.E.M.), che già avevano curato Melody Road: Neil affronta da par suo dieci classici stagionali, scrivendo anche due pezzi nuovi, cantando con la sua splendida voce, calda e carismatica (e che sembra migliorare con gli anni), accompagnato da musicisti dal prezioso lignaggio (tra cui i ben noti Richard Bennett e Tim Pierce alle chitarre, Matt Rollings al pianoforte e Joey Waronker alla batteria, oltre alle backing vocals di gruppi di gran nome come i Blind Boys Of Alabama e Julia, Maxine, Oren e Luther Waters, meglio conosciuti come Waters Family): l’aggettivo “acoustic” del titolo non vuol dire però che il suono sia spoglio, anzi ci sono anche fiati, archi e corni, ma arrangiati con grande gusto e dosati con misura, in modo da mettere al centro la formidabile voce del nostro, che dopo una carriera cinquantennale ha ancora la forza di emozionare. Basti sentire l’opening track O Holy Night: pochi accordi di chitarra acustica, qualche nota di piano, e la voce superba di Neil, davvero da brividi e per nulla scalfita dall’età (poi entra anche la sezione ritmica, ma sempre con grande discrezione). Sentite poi Do You Hear What I Hear, la profondità della voce, l’intensità dell’interpretazione (se non vi viene qualche brivido io al posto vostro mi preoccuperei), oppure il modo con cui sillaba le parole dell’arcinota Silent Night, quasi non vi accorgerete di averla già sentita un miliardo di volte in altre versioni.

I brani, come ho già detto, sono quasi tutti tradizionali, ma c’è spazio anche per due novità: la pianistica, e splendida, Christmas Prayers, una ballata dalla melodia toccante, arrangiata in maniera perfetta, che avrebbe tutte le caratteristiche per diventare un altro standard stagionale, e la più scanzonata # 1 Record For Christmas. Altri brani degni di nota sono una essenziale Hark The Herald Angels Sing, eseguita con classe sopraffina e con Neil che valorizza al meglio il bellissimo motivo, una We Three Kings Of Orient Are ricca di pathos (e che voce), una strepitosa (ma strepitosa davvero) Go Tell It On The Mountain, pura e cristallina e con il magnifico coro gospel dei Blind Boys Of Alabama, che partecipano anche alla mossa Children Go Where I Send Thee, che dona ritmo al disco (e sembra che Diamond abbia cantato gospel per tutta la vita), o la formidabile Christmas In Killarney, un saltellante pezzo dal chiaro sapore irish, suonato e cantato come al solito magistralmente. Chiude il CD un vivace medley tra Almost Day, una godibile e limpida filastrocca, Make A Happy Song, anche questa frutto della penna di Neil, e l’arcinota We Wish You A Merry Christmas, perfetta per chiudere un grande disco, che va oltre lo spirito del Natale.

Marco Verdi