E Questo Da Dove Spunta? Blue Oyster Cult – Live ‘83

blue oyster cult live '83

Blue Oyster Cult – Live ’83 – Real Gone/Sony CD

Pensavo sinceramente di non dovermi più occupare dei Blue Oyster Cult per un bel po’, soprattutto dopo che lo scorso anno c’è stata una vera e propria invasione di ristampe, live inediti e la pubblicazione dell’album The Symbol Remains https://discoclub.myblog.it/2020/10/14/e-finalmente-e-arrivato-il-dessert-blue-oyster-cult-the-symbol-remains/ . Invece mi trovo qua oggi a parlare di un altro “nuovo” CD dal vivo della band americana intitolato semplicemente Live ’83, che però non fa parte del progetto di rilancio dell’Ostrica Blu operato dall’etichetta nostrana Frontiers https://discoclub.myblog.it/2021/01/31/e-dopo-il-dessertcaffe-e-ammazzacaffe-blue-oyster-cult-a-long-days-nightlive-at-rock-of-ages-festival-2016/ , bensì è una pubblicazione a parte della Real Gone (e relativa al materiale dell’epoca Sony), messa fuori probabilmente ad hoc per sfruttare l’onda lunga della rinnovata popolarità del gruppo. Live ’83 non è un album che coglierà di sorpresa i fans più sfegatati del quintetto newyorkese, in quanto si tratta della versione ufficiale di uno dei concerti più “bootlegati” dei nostri, vale a dire quello tenutosi il 24 luglio 1983 al Perkins Palace di Pasadena, California, durante le battute finali del lungo tour di due anni seguito alla pubblicazione nel 1981 di Fire Of Unknown Origin, tour che all’epoca aveva già avuto nell’82 una testimonianza ufficiale con Extraterrestrial Live.

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Ebbene, Live ’83 non è di certo inferiore al disco appena citato, in quanto vede all’opera un gruppo decisamente “roadato” (scusate il tristissimo gioco di parole) ed in forma brillante, che intrattiene il pubblico californiano per quasi ottanta minuti di solido hard rock classico e senza il benché minimo accenno di ballate (lo show non è completo, mancano tre brani che curiosamente erano tutte anteprime dell’album The Revolution By Night che sarebbe uscito da lì a pochi mesi). Il gruppo era formato per quattro quinti da membri originali (Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser, Joe Bouchard ed Allen Lanier), con l’aggiunta del batterista Rick Downey che nell’81 aveva sostituito Albert Bouchard, e come spesso capita vede Roeser fare la differenza con una eccellente performance chitarristica ad alto tasso adrenalinico, che lo conferma vero leader della band: lo show non è quindi inferiore a quelli interessati dai vari live usciti nel 2020, anche se la qualità di registrazione non è allo stesso livello (non è un suono da bootleg, ma neppure all’altezza degli standard richiesti ad un album dal vivo pubblicato nel 2021). La setlist concede molto poco all’allora ultimo disco e si concentra quasi totalmente sugli anni settanta del gruppo, in particolare i primi tre album, a partire da Stairway To The Stars, un boogie decisamente chitarristico con Roeser che inizia ad arrotare di brutto, seguita dalla potente Harvester Of Eyes, hard rock song che più classica non si può.

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La scaletta alterna brani popolari come Hot Rails To Hell, Cities On Flame With Rock And Roll e l’immancabile (Don’t Fear) The Reaper, ad altri meno esplorati come la pulsante Workshop Of The Telescopes https://www.youtube.com/watch?v=CTUULoK6NrM , il rock’n’roll all’ennesima potenza Before The Kiss, A Red Cap e la solida ed incalzante 7 Screaming Dizbusters. Fire Of Unknown Origin è rappresentato dall’orecchiabile Burnin’ For You, tra i pezzi più noti della band, e dalla coinvolgente ed immediata Joan Crawford, con un’ottima prestazione di Lanier al pianoforte. Infine, non mancano le rarità, come Born To Rock che è tratta dall’unico lavoro di Buck Dharma come solista (un pezzo dalla ritmica pressante e solita notevole prestazione da axeman del chitarrista, anche se come songwriting il brano non è il massimo) e due cover in cui Roeser è ancora il protagonista assoluto: il classico degli Steppenwolf Born To Be Wild (dove però appare un synth un po’ inutile) e soprattutto una Roadhouse Blues dei Doors da paura, dieci minuti molto intensi che da soli valgono gran parte del prezzo richiesto per il CD, con in mezzo anche un breve accenno a Love Me Two Times https://www.youtube.com/watch?v=FmOu8qGu5UQ . Un altro buon live d’archivio per i Blue Oyster Cult, anche se stavolta spero sul serio che sia l’ultimo per almeno due anni.

Marco Verdi

E Dopo Il Dessert…Caffè E Ammazzacaffè! Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night/Live At Rock Of Ages Festival 2016

blue oyster cult a long day's night

Blue Oyster Cult – A Long Day’s Night – Frontiers CD/DVD

Blue Oyster Cult – Live At Rock Of Ages Festival 2016 – Frontiers CD/DVD

E proprio il caso di dire che il 2020 musicale si è aperto e chiuso nel segno dei Blue Oyster Cult, nota band americana dell’epoca d’oro dell’hard rock che quest’anno ha onorato il nuovo contratto con la nostrana Frontiers inondando il mercato di uscite discografiche, e cioè con le ristampe degli ultimi tre album di studio ufficiali ed il live del 2002 A Long Day’s Night (fra poco in dettaglio), ai quali hanno aggiunto ben cinque dischi dal vivo inediti e, come piatto forte, l’atteso nuovo lavoro The Symbol Remains, stampato lo scorso ottobre e rivelatosi più che buono https://discoclub.myblog.it/2020/10/14/e-finalmente-e-arrivato-il-dessert-blue-oyster-cult-the-symbol-remains/ . Sinceramente pensavo che il nuovo disco rappresentasse la fine del piano di uscite scaglionato per tutto l’anno, ma i BOC mi hanno stupito pubblicando da poco altri due album, e cioè la ristampa del già citato live di 18 anni fa più il “solito” CD/DVD inedito Live At Rock Of Ages Festival (registrato in Germania il 30 luglio 2016), due lavori che a questo punto penso siano davvero gli ultimi episodi di questa colossale operazione di rilancio.

Blue Öyster Cult - A Long Day's Night DVDrip-avi 0097

A Long Day’s Night, registrato a Chicago il 21 giugno del 2002 (giorno del solstizio d’estate, da cui il titolo), per anni è stata l’ultima pubblicazione ufficiale della band, un live molto bello e probabilmente migliore anche del suo predecessore Extraterrestrial Live del 1982.Il gruppo all’epoca era formato dal nucleo storico Eric BloomDonald “Buck Dharma” Roeser Allen Lanier, e completato dalla sezione ritmica di Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. Un live potente e coinvolgente come nella tradizione dei nostri, con le chitarre sempre in evidenza ed una tracklist piena di canzoni famose ma anche con qualche pezzo meno esplorato. Dagli ultimi due dischi di studio i BOC suonano solo un brano a testa, Harvest Moon da Heaven Forbid e Dance On Stilts da Curse Of The Hidden Mirror, ma poi, oltre ai soliti classici assodati (Burnin’ For You, O.D.’d On Life Itself, il tour de force chitarristico Buck’s Boogie ed il consueto finale con Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper) abbiamo pezzi che non ascoltiamo tutti i giorni, cioè due “deep cuts” del primo periodo (il dirompente boogie Stairway To The Stars, perfetto per aprire il concerto, e la robusta Mistress Of The Salmon Salt) e due brani degli anni 80 (Perfect Waters e Lips In The Hills). Ma soprattutto c’è una fulgida rilettura della splendida Astronomy, spettacolare rock ballad che per il sottoscritto è la migliore canzone di sempre della band newyorkese, qui ulteriormente impreziosita da un superlativo finale chitarristico https://www.youtube.com/watch?v=NegQGi20oCk . Il DVD allegato contiene 19 brani contro i 13 del CD, ma inspiegabilmente lascia fuori proprio Astronomy.

blue oyster cult live at rock of ages festival 2016

Facciamo un salto in avanti di 14 anni per il live inedito al Rock Of Ages Festival: Bloom e Roeser sono sempre in sella al gruppo, lo scomparso Lanier è sostituito da Richie Castellano e la sezione ritmica è formata da Kasim Sulton e Jules Radino. Altro concerto di ottimo livello ed inciso in maniera spettacolare (e qui il DVD ha un brano in meno rispetto al CD), con il rock’n’roll a farla da padrone ancora più del solito. Ci sono sette pezzi in comune con A Long Day’s Night, mentre tra le altre segnalo l’iniziale This Ain’t The Summer Of Love, versione impeccabile e trascinante, una potentissima The Golden Age Of Leather, con bella introduzione corale a cappella, la travolgente ME 262, puro rock’n’roll sotto steroidi, e soprattutto una formidabile Then Came The Last Days Of May, rock ballad di dieci minuti caratterizzata da una prestazione micidiale da parte di Buck Dharma https://www.youtube.com/watch?v=AtZxgU3Ddmo . Credo a questo punto che la scorpacciata di ostriche blu sia finita con queste due uscite, e spero vivamente che nessuno abbia fatto indigestione.

Marco Verdi

E Finalmente E’ Arrivato Il Dessert! Blue Oyster Cult – The Symbol Remains

blue oyster cult the symbol remains

Blue Oyster Cult – The Symbol Remains – Frontiers CD

I Blue Oyster Cult, band americana da sempre tra i gruppi di punta dell’età d’oro del “classic rock” anni 70, fino allo scorso anno erano fermi discograficamente al live del 2002 A Long Day’s Night, ma quest’anno hanno recuperato il tempo perduto con gli interessi. Infatti da gennaio in poi i BOC hanno ristampato per l’etichetta nostrana Frontiers i loro tre ultimi lavori di studio (Cult Classic del 1994, Heaven Forbid del 1998 e Curse Of The Hidden Mirror del 2001) e pubblicato ben quattro live album inediti, il tutto per preparare i fans al piatto forte di questa sorta di menu degustazione che era il tanto atteso nuovo album di inediti, il primo in 19 anni. Fino a qualche anno fa sembrava che ad Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, cioè gli unici due membri fondatori ancora nel gruppo, non interessasse affatto scrivere ed incidere nuovo materiale, ma negli ultimi tempi i due hanno cambiato opinione decidendo di regalare ai loro estimatori almeno un’ultima testimonianza in studio e hanno cominciato con molta calma (pare nel 2017) a lavorarci.

Il risultato è ora nelle nostre mani, un disco nuovo di zecca intitolato The Symbol Remains (sulla cui copertina campeggia il loro ben noto logo, trasformato in una sorta di devastante “wrecking ball”), un riuscito album che mischia come d’abitudine dei nostri hard rock di elevata potenza a brani più moderati ed orecchiabili e che si rivela come il loro lavoro migliore da molto tempo a questa parte (NDM: penso che ora che è uscito il nuovo CD la prevista ristampa di A Long Day’s Night e l’ennesimo live inedito registrato in Germania nel 2016 slittino a data da destinarsi). Bloom e Roeser sono accompagnati dal chitarrista Richie Castellano, da diversi anni nella band ma all’esordio su un disco in studio, dal bassista Danny Miranda (già coi BOC dal 1995 al 2004 e poi di nuovo dal 2017) e dal batterista Jules Radino, nel gruppo dal 2004. The Symbol Remains è un disco di puro rock fatto alla maniera classica, un lavoro decisamente energico e con le ballate ridotte al minimo, 14 canzoni forse non tutte allo stesso livello e che forse non riprendono la magia delle incisioni dei primi quattro album dei nostri, ma che, Imaginos a parte che era un mezzo capolavoro fuori tempo massimo, vanno a formare il loro album più riuscito almeno da Fire Of Unknown Origin.

E questo nonostante il fatto che The Symbol Remains sia un disco “democratico”, dove cioè per quanto riguarda la composizione Roeser e Bloom lasciano spesso spazio a Castellano (che scrive ben quattro pezzi da solo) e perfino a Tadino, mentre i testi sono in buona percentuale opera dello scrittore sci-fi John Shirley, collaboratore della band da diversi anni; tra i tanti musicisti ospiti del CD c’è anche il loro ex compagno Albert Bouchard, che in That Was Me suona la “mitica” cowbell (se volete sapere perché mitica andate su Google e cercate “Blue Oyster Cult – more cowbell – Saturday Night Live). E proprio con That Was Me inizia l’album, una hard rock song potente e dal riff martellante, un avvio molto energico quasi alla Alice Cooper che ci mostra in maniera prepotente che i nostri non sono dei vecchietti che cercano di rimpolpare la pensione. La tipica voce melodiosa di Roeser (che per tutto il disco si alterna con quella più grintosa di Bloom, e pure Castellano ci fa ascoltare il suono della sua ugola) introduce Box In My Head, sempre con ritmo e chitarre in primo piano ma un motivo più strutturato e fruibile, come è nello stile dei nostri dopotutto. Tainted Blood è una rock ballad un po’ AOR, ma con le chitarre al posto dei synth ed un ritornello corale che sembra preso da un disco dei Toto, il tutto piuttosto ben fatto: questi sono i BOC targati 2020, e tutto sommato visto certo ciarpame che c’è in giro stiamo parlando di musica rock eseguita con classe.

Nightmare Epiphany è saltellante e frenetica, meno incisiva dal punto di vista dello script ma che dal vivo farà la sua figura (e Roeser si dimostra un axeman coi fiocchi con un finale pirotecnico), Edge Of The World è una giusta mediazione tra rock duro e melodia, che è sempre stata la caratteristica del sound dei BOC ma qui sembrano crederci di più rispetto ad altre volte; The Machine è introdotta dallo squillo di un cellulare ma poi entra un riff chitarristico godurioso ed il pezzo si rivela una rock’n’roll song tra le più dirette del CD. Rock’n’roll che continua con la tosta e trascinante Train True (Lenny’s Song), tutta ritmo e chitarre (Buck Dharma è nel suo ambiente naturale), ed il tiro non si abbassa neppure con The Return Of St. Cecilia, che anzi ha un drumming ed una serie di riff quasi punk, stemperati solo dal refrain corale. Stand And Fight ha un intro di basso e chitarra pesantissimo, siamo quasi dalle parti dei Metallica, ma per fortuna la voce è diversa e quindi il brano prende una direzione differente pur confermandosi il più duro del disco; la morbida Florida Man, gradevole e dal sapore più pop (bello questo saltellare tra uno stile e l’altro con disinvoltura) precede la lunga The Alchemist, indicato come uno dei pezzi centrali del progetto, una canzone epica con un testo preso in parte da un’opera di H.P. Lovecraft e che per struttura ed andatura melodica ricorda (volutamente?) la mitica Astronomy, pur non arrivando certo a quel livello (però sentite come arrota Roeser). La ritmata e piacevole Secret Road è una boccata d’aria fresca e prelude alle conclusive There’s A Crime, riffatissima ma non imperdibile, ed all’elegante Fight, ancora leggermente AOR ma di quello giusto.

Non so se nel calendario cinese il 2020 sia “l’anno dell’ostrica”, di sicuro lo è in quello del classic rock d’annata, con ottobre come mese più importante.

Marco Verdi

Toh…Un Altro Live Della Band Americana (Che Annuncia Finalmente Il Nuovo Album)! Blue Oyster Cult – 45th Anniversary Live In London

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Blue Oyster Cult – 45th Anniversary Live In London – Frontiers CD/DVD

Prosegue senza interruzioni quello che ho personalmente ribattezzato “The Year Of The Oyster”, cioè la massiccia campagna di rilancio dei Blue Oyster Cult, storico gruppo rock newyorkese degli anni settanta/ottanta, a cura dell’etichetta nostrana Frontiers. Da gennaio ad oggi la label napoletana ha infatti pubblicato ben tre album live inediti della famosa band (Hard Rock Live Cleveland 2014, Agents Of Fortune Live 2016 e IHeart Radio Theater NYC 2012), oltre a ristampare i loro due ultimi dischi di studio Heaven Forbid e Curse Of The Hidden Mirror. Oggi vi parlo del quarto album dal vivo inedito dei nostri uscito da pochi giorni (e non è finita, in quanto dovrebbe essere in programma anche un quinto live, registrato in Germania nel 2016, e la ristampa di A Long Day’s Night del 2002, tanto per cambiare inciso on stage), ma prima vorrei spendere due parole sul fatto che il gruppo di Eric Bloom e Donald “Buck Dharma” Roeser, unici due membri originali ancora presenti, ha finalmente annunciato il tanto atteso nuovo disco di inediti, che uscirà in ottobre (al momento non c’è una data precisa), si intitolerà The Symbol Remains e conterrà le seguenti canzoni:

1.”That Was Me”
2. “Box in My Head”
3. “Tainted Blood”
4. “Nightmare Epiphany”
5. “Edge of the World”
6. “The Machine”
7. “Train True (Lennie’s Song)”
8. “The Return of St. Cecilia”
9. “Stand and Fight”
10. “Florida Man”
11. “The Alchemist”
12. “Secret Road”
13. “There’s a Crime”
14. “Fight”

Ma come dicevo poc’anzi, oggi mi occupo di 45th Anniversary Live In London, registrazione di un concerto del 17 giugno 2017 all’Indigo At The 02 Theatre in cui il quintetto (oltre a Bloom e Roeser abbiamo Richie Castellano alla chitarra e tastiere, Danny Miranda al basso e Jules Radino alla batteria) celebra appunto le quattro decadi e mezza del loro album d’esordio, l’omonimo Blue Oyster Cult, suonandolo per intero ed aggiungendo alla fine una manciata di classici. Blue Oyster Cult, l’album, diede il via nel 1972 in maniera eccellente alla carriera del gruppo (ed anche alla cosiddetta “Black & White Trilogy”, così chiamata per l’uniformità cromatica delle copertine dei primi tre dischi) all’insegna di un hard rock estremamente elegante ma grintoso al tempo stesso, canzoni dirette e chitarristiche contraddistinte in gran parte dai testi letterari tra l’horror ed il fantascientifico dello scrittore Sandy Pearlman. Questo show londinese del 2017, presentato sia in versione audio che video, vede i BOC in ottima forma rilasciare una performance decisamente energica e coinvolgente (e l’incisione è spettacolare), al punto da convincermi ad affermare che siamo forse di fronte al migliore tra i quattro live inediti usciti finora nel 2020.

Tra le dieci canzoni dell’album del 1972 ci sono almeno due brani che negli anni sono diventati dei classici dei nostri, e cioè la bellissima rock ballad Then Came The Last Days Of May, qui presente in una sontuosa versione che aggiunge sette minuti ai tre e mezzo dell’originale e che vede una formidabile prestazione chitarristica di Roeser, e la trascinante Cities On Flame With Rock And Roll, anch’essa dilatata a più di sei minuti. Ma tutto l’album brilla in questa eccellente rilettura, dall’apertura potente di Transmaniacon MC alla ruspante e sanguigna I’m The Lamb But I Ain’t No Sheep, passando per il notevole boogie Stairway To The Stars, il rock’n’roll sotto steroidi di Before The Kiss, A Redcap, la guizzante Screams e la divertente e “poppeggiante” She’s As Beautiful As A Foot. Il tributo al debut album dei nostri si chiude con la cadenzata ed orecchiabile Workshop Of The Telescopes e con la fluida e tersa Redeemed; come bis, dopo il consueto tour de force chitarristico della strepitosa Buck’s Boogie, abbiamo i due pezzi più noti dei BOC, ovvero Godzilla e (Don’t Fear) The Reaper (gran bella versione, altri sette minuti), ed un finale a tutto hard rock con le vibranti Tattoo Vampire e Hot Rails To Hell.

Come avrete capito l’appuntamento periodico con i Blue Oyster Cult sarà una costante anche per la restante parte del 2020, e quindi…alla prossima!

Marco Verdi

Il 2020 E’ “L’Anno Dell’Ostrica”: Terzo Capitolo. Blue Oyster Cult – Curse Of The Hidden Mirror/iHeart Radio Theater NYC 2012

blue oyster cult curse of the hidden mirror blue oyster iheart radio theater 2012

Blue Oyster Cult – Curse Of The Hidden Mirror – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – iHeart Radio Theater NYC 2012 – Frontiers CD/DVD

Prosegue la scorpacciata musicale dedicata ai Blue Oyster Cult, storica rock band americana che sta letteralmente inondando il mercato da quando ha firmato il nuovo contratto con l’italianissima Frontiers: dopo il live a Cleveland del 2014 uscito a gennaio abbinato alla ristampa di Cult Classic, ed alla doppia uscita di aprile con Agents Of Fortune Live 2016 in coppia con la riedizione di Heaven Forbid del 1998 https://discoclub.myblog.it/2020/04/01/prosegue-il-menu-degustazione-a-base-di-ostriche-blue-oyster-cult-heaven-forbidagents-of-fortune-live-2016/ , l’avvicinamento al fantomatico nuovo album di studio del gruppo di Long Island (album di cui al momento non si sa nulla) continua con un altro “double bill”, ovvero la riproposizione, sempre senza bonus tracks, di Curse Of The Hidden Mirror del 2001 (che ad oggi è il loro ultimo disco con materiale originale) accoppiato all’inedito live iHeart Radio Theater NYC 2012. Di sicuro i nostri non hanno la paura di saturare il mercato, anzi mentre scrivo queste righe è già in calendario per il 7 agosto la pubblicazione di un’altra novità dal vivo, 45th Anniversary Live In London (registrato nel 2017 e con la performance completa del loro primo album del 1972), che probabilmente verrà accoppiato con la reissue di A Long Day’s Night del 2002 (ancora un live!), mentre più avanti dovrebbe uscire anche un concerto tedesco del 2016.

Un’invasione di materiale che fa sembrare i Grateful Dead e Joe Bonamassa dei pivellini, e che probabilmente è destinata esclusivamente ai die-hard fans dei BOC, anche se non escludo che la lunga assenza del gruppo dal mercato discografico possa risvegliare l’interesse anche tra gli estimatori generici del “classic rock” degli anni settanta. Oggi mi occupo in breve delle ultime due uscite partendo da Curse Of The Hidden Mirror, un buon disco di rock che non si avvicina ai classici della band ma che io preferisco a Heaven Forbid e forse anche a Club Ninja del 1985. Musica decisamente diretta e chitarristica, con la maggior parte dei testi scritti come in Heaven Forbid dallo scrittore sci-fi John Shirley, e con i tre membri storici dei BOC Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser (vero protagonista del disco con la sua chitarra) ed Allen Lanier affiancati dalla solidissima sezione ritmica formata da Danny Miranda al basso e Bobby Rondinelli alla batteria. Gli highlights dell’album sono Dance On Stilts, che con il suo potente riff garantisce un inizio all’insegna del rock’n’roll chitarristico e coinvolgente (Roeser ha sempre avuto un bel manico), la solida The Old Gods Return, la diretta Pocket, gran ritmo e refrain orecchiabile, le dure e zeppeliniane One Step Ahead Of The Devil e Eye Of The Hurricane, che si contrappongono all’accattivante e quasi AOR Here Comes That Feeling ed alla cadenzata e riffatissima Stone Of Love. Non mancano canzoni abbastanza qualunque come Showtime, I Just Like To Be Bad, Out Of The Darkness e Good To Feel Hungry, anche se bisogna dire che vengono tutte suonate con grinta e determinazione.

Facciamo un salto in avanti di undici anni per parlare invece di iHeart Theater NYC 2012, registrato nella Grande Mela durante il tour del loro quarantesimo anniversario e con il DVD abbinato al CD (il video aggiunge le interviste al gruppo ma rispetto alla parte audio ha un brano in meno): i BOC dal vivo sono sempre una garanzia ed anche qui offrono uno spettacolo potente e coinvolgente, con una scaletta che, come nel live a Cleveland uscito a gennaio, predilige gli anni settanta con appena tre brani degli eighties e nessuno da Heaven Forbid e Curse Of The Hidden Mirror. L’apertura è dura al punto giusto con R.U. Ready To Rock, che forse non è una grande canzone ma è perfetta da suonare on stage (bella l’accelerazione ritmica verso la fine), per proseguire con la nota The Golden Age Of Leather, che coniuga benissimo una base rock’n’roll tosta ad una melodia fruibile (ed un gran lavoro di Buck Dharma). Durante lo show non mancano vigorose riproposizioni di alcuni classici come le coinvolgenti This Ain’t The Summer Of Love e Cities On Flame With Rock And Roll e la strepitosa Career Of Evil (che vede Patti Smith come co-autrice), affiancate da pezzi forse meno noti ma che roccano il giusto come Burnin’ For You, The Vigil e Black Blade e gli otto minuti della ballatona un po’ AOR Shooting Shark.

Conclusione come da copione con una sintetica ma energica versione di Godzilla seguita dalla mitica (Don’t Fear) The Reaper, insolitamente allungata fino a sette minuti e con un finale chitarristico in cui Roeser si prende il centro della scena. Vediamo se riuscirete a resistere per un mese e mezzo senza i Blue Oyster Cult, dato che ai primi di agosto sarò di nuovo qui a parlare di loro.

Marco Verdi

Prosegue Il Menu Degustazione A Base Di Ostriche! Blue Oyster Cult – Heaven Forbid/Agents Of Fortune: Live 2016

blue oyster club heaven forbid

blue oyster cult agents of fortune live 2016

Blue Oyster Cult – Heaven Forbid – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – Agents Of Fortune: Live 2016 – Frontiers CD/DVD – BluRay

Continua da parte dell’etichetta nostrana Frontiers l’opera di avvicinamento al nuovo album in studio dei Blue Oyster Cult, in una sorta di menu degustazione che lo scorso gennaio aveva visto la ristampa del loro disco del 1994 Cult Classic, nel quale la band reincideva brani noti e meno noti del suo passato, e soprattutto il live inedito Hard Rock Live Cleveland 2014 https://discoclub.myblog.it/2020/02/08/un-doppio-antipasto-in-attesa-della-portata-principale-blue-oyster-cult-cult-classichard-rock-live-cleveland-2014/ . Oggi mi occupo di altri due titoli immessi da poco sul mercato, e cioè la riedizione (senza bonus tracks) del loro “comeback album” del 1998 Heaven Forbid e del disco dal vivo inedito Agents Of Fortune: Live 2016, nel quale i nostri riprendono canzone per canzone il loro lavoro più famoso nel quarantennale della sua uscita (ma pare che ci siano in cantiere altre pubblicazioni a nome BOC, come le ristampe del loro ultimo studio album Curse Of The Hidden Mirror del 2001 e del live A Long Day’s Night uscito l’anno dopo, e ben altri tre dischi dal vivo inediti…speriamo solo di non arrivare saturi all’appuntamento principale). Ecco quindi una breve disamina dei due lavori.

Heaven Forbid. Nel 1998 i BOC pubblicano in maniera abbastanza inattesa un nuovo album a ben dieci anni dal bellissimo Imaginos: Heaven Forbid è un tipico lavoro nello stile dei nostri (gli “originali” Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser e Allen Lanier, più la sezione ritmica di Danny Miranda e Chuck Burgi), un disco di rock classico con momenti più hard ed altri quasi AOR, caratterizzato dal consueto chitarrismo sopraffino e versatile di Roeser, eccellente sia nei pezzi più duri che in quelli più lirici e melodici, e con i testi ad opera del noto scrittore sci-fi John Shirley. L’inizio (insieme alla copertina in stile horror) può trarre in inganno, in quanto See You In Black è un pezzo violentissimo, una cavalcata chitarristica dai toni quasi punk, ma il resto del disco richiama il suono classico dei nostri. Alcuni pezzi hanno maggior appeal radiofonico, come l’immediata Harvest Moon, dal bel refrain corale ed ottima accelerazione centrale, la potente e cadenzata Cold Gray Light Of Dawn, la semiacustica Real World o l’orecchiabile Live For Me, mentre in altri momenti viene pigiato il piede sul pedale del rock’n’roll, come nella trascinante Power Underneath Dispair, la spumeggiante X-Ray Eyes o la tonica Damaged, secca come una frustata.

Non mancano i brani minori come Hammer Back e Still Burnin’, che hanno ottime parti di chitarra ma uno script piuttosto debole, mentre come finale abbiamo una deliziosa ripresa live unplugged di In Thee (in origine su Mirrors del 1979), che assume quasi tonalità caraibiche. Quindi un lavoro solido e compatto anche dopo 22 anni, nonostante l’assenza di brani da tramandare ai posteri.

Agents Of Fortune: Live 2016. Registrato nel mese di aprile nei Red Studios di Hollywood di fronte ad un pubblico selezionatissimo (a volte non si sente neppure, come se alcuni brani provenissero dal soundcheck), questo mini-concerto riprende come ho detto poc’anzi il loro quarto album Agents Of Fortune nella sua interezza, con i BOC nella stessa formazione del live a Cleveland del 2014 (quindi Bloom e Roeser, Richie Castellano alla chitarra e tastiere, Kasim Sulton al basso e Jules Radino alla batteria, mentre a sorpresa in alcuni pezzi compare sul palco l’ex membro originale Albert Bouchard): i nostri non improvvisano più di tanto dato che il concerto dura 37 minuti esattamente come l’album del 1976, ma il suono è più diretto e meno “levigato” dell’originale, che in alcuni momenti tendeva verso il pop. L’album, che riprende in copertina lo stesso cartomante di 40 anni prima (44 ormai), esce in versione CD/DVD ma anche nel solo formato video in BluRay, e stranamente nella parte visiva manca la prima canzone, come se si fossero dimenticati di accendere le telecamere…

La serata inizia con una splendida ripresa di This Ain’t The Summer Of Love, uno dei più trascinanti rock’n’roll del gruppo, seguita dallo squisito ed orecchiabile pop-rock True Confessions e dal superclassico (Don’t Fear) The Reaper, una di quelle canzoni che anche al millesimo ascolto non perdono nulla della sua bellezza, resa qui in maniera perfetta. Ci sono due tracce scritte da Bouchard insieme ad una giovane Patti Smith (che all’epoca era legata sentimentalmente a Lanier), cioè la cadenzata ed un po’ angosciante The Revenge Of Vera Gemini e la deliziosa ballata Debbie Denise, mentre la roccata e coinvolgente E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence) è l’unico contributo come autore dell’ex mentore della band Sandy Pearlman. Completano il quadro Sinful Love, tra le più dirette e piacevoli, la potente e chitarristica Tattoo Vampire, la vibrante Morning Final, che contrappone un accompagnamento decisamente energico ad una delle melodie più attraenti del lavoro, e la bizzarra e quasi pop Tenderloin.

Ai prossimi appuntamenti con i Blue Oyster Cult, che a quanto pare saranno una costante di questo 2020.

Marco Verdi

Un Doppio Antipasto In Attesa Della Portata Principale. Blue Oyster Cult – Cult Classic/Hard Rock Live Cleveland 2014

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Blue Oyster Cult – Cult Classic – Frontiers CD

Blue Oyster Cult – Hard Rock Live Cleveland 2014 – Frontiers 2CD/DVD

Uno degli eventi musicali più attesi del 2020, almeno per quanto riguarda il filone “classic rock”, sarà il ritorno discografico dei Blue Oyster Cult, grande gruppo americano spesso poco capito dalla critica (che in passato lo aveva liquidato come band hard rock o addirittura heavy metal), ma capace di produrre specie negli anni settanta una serie di ottimi album da musica rock raffinata e testi di stampo letterario tra l’orrorifico ed il fantascientifico (ad opera soprattutto del loro produttore e mentore Sandy Pearlman), e di costruirsi una solida reputazione di live band grazie a concerti infuocati e coinvolgenti. I BOC non si sono mai ufficialmente sciolti e non hanno mai smesso di esibirsi dal vivo, ma discograficamente sono fermi al non indispensabile Curse Of The Hidden Mirror del 2001, anche se in realtà hanno smesso di incidere con regolarità nell’ormai lontano 1987 (lo splendido Imaginos), pubblicando solo tre album di studio nei successivi 32 anni. Ora si sono accasati alla Frontiers, etichetta napoletana specializzata in gruppi e solisti di genere classic rock e AOR (nel suo portfolio passato e presente troviamo Whitesnake, Def Leppard, Toto, Alan Parsons, REO Speedwagon, Journey e molti altri), per la quale i nostri pubblicheranno un album nuovo di zecca nel corso dell’anno.

 

Per festeggiare l’evento la Frontiers ha stuzzicato l’appetito dei fans immettendo sul mercato la ristampa rimasterizzata (ma senza bonus tracks) dell’ormai fuori catalogo Cult Classic del 1994, nel quale i BOC reincidevano alcuni loro brani celebri, ed il live inedito Hard Rock Live Cleveland 2014 in una confezione che comprende sia la versione audio che quella video (e non è finita qui, in quanto ai primi di marzo uscirà Agents Of Fortune Live 2016, un CD sempre inedito contenente una porzione di concerto in cui la band newyorkese rivisita il suo disco più famoso dall’inizio alla fine). Cult Classic è un ottimo lavoro, ovviamente per le canzoni contenute ma anche per il tipo di riproposizione da parte dei nostri (che qui vedono i membri storici Eric Bloom, Donald “Buck Dharma” Roeser ed Allen Lanier affiancati da una sezione ritmica nuova formata da Jon Rogers al basso e Chuck Burgi alla batteria): versioni aggiornate ma non stravolte, una rivisitazione rispettosa ed estremamente piacevole del meglio del loro repertorio (pur con qualche assenza, penso a Career Of Evil).

Non mancano chiaramente i pezzi più noti, la mitica (Don’t Fear) The Reaper su tutte, ma anche Godzilla, l’orecchiabile Burnin’ For You, la solida Cities On Flame With Rock And Roll (che nel 1972 fu il loro primo singolo) e la trascinante This Ain’t The Summer Of Love. Troviamo poi quelli che chi sa le cose e definisce “selected album tracks”, cioè brani importanti pur non essendo stati successi a 45 giri, come la strepitosa e potente E.T.I., tre rock’n’roll songs coinvolgenti come Me-262, O.D.’d On Life Itself e Harvester Of Eyes, la bella Flaming Telepaths, dal motivo vincente e roboante finale chitarristico, o l’irresistibile strumentale Buck’s Boogie. Dulcis in fundo, non poteva mancare la meravigliosa Astronomy, in assoluto la più bella canzone dei BOC, un brano epico di oltre otto minuti che qualche critico ha paragonato addirittura a Stairway To Heaven (forse esagerando, ma comunque è un pezzo della Madonna), anche se forse questa versione rivisitata ha meno pathos dell’originale.

Facciamo ora un salto in avanti di vent’anni per Hard Rock Live Cleveland 2014, registrato in realtà nel sobborgo di Northfield il 17 ottobre con una formazione che vede solo Bloom e Roeser facenti parte del nucleo originale, essendo Lanier passato a miglior vita l’anno precedente e sostituito dal chitarrista e tastierista Richie Castellano, mentre al basso e batteria troviamo rispettivamente Kasim Sulton e Jules Radino. Cleveland 2014 non si avvicina ai leggendari live degli anni settanta (On Your Feet Or On Your Knees e Some Enchanted Evening), ma vede i nostri in ottima forma ed è comunque un bel sentire: Bloom e Buck Dharma non sono mai stati dei grandissimi vocalist ma non hanno perso colpi, e Roeser rimane una macchina da guerra per quanto riguarda le scorribande chitarristiche, ben assistito da Castellano che si dimostra una valida spalla. La scaletta comprende qualche hit ma anche scelte non scontate (ed anche qualche assenza dolorosa, come Astronomy, ed anche un grande disco come Imaginos viene totalmente ignorato); nulla proviene dagli ultimi due album del gruppo datati 1998 e 2001 e poco, solo tre pezzi, dagli anni ottanta: l’orecchiabile Burnin’ For You, i nove minuti della scorrevole Shooting Shark, tra rock e AOR, e la diretta Black Blade, forse con un po’ troppi synth.

Il resto arriva tutto dai seventies, con ben otto pezzi presi dalla mitica trilogia iniziale dei BOC (Blue Oyster Cult, Tyranny And Mutation e Secret Treaties), a partire dall’uno-due iniziale a tutto rock’n’roll di O.D.’d On Life Itself e The Red And The Black, la formidabile Career Of Evil, scritta all’epoca insieme ad una giovane Patti Smith (e si sente), una Me-262 più travolgente che mai, la nota Harvester Of Eyes, il finale ad alto tasso elettrico di Hot Rails To Hell e Cities On Flame With Rock And Roll e soprattutto una imperdibile Then Came The Last Days Of May di dieci minuti, una rock ballad epica con improvvise e strepitose accelerazioni, tra le migliori canzoni in assoluto del gruppo. Da Agents Of Fortune proviene solo l’immancabile (Don’t Fear) The Reaper, sempre un piacere, mentre dal popolare Spectres i nostri suonano la dura, quasi rock-blues, Golden Age Of Leather, la lenta e gradevole I Love The Night ed una monumentale versione di Godzilla di ben dodici minuti, durante i quali ogni componente della band ha il suo momento da solista. Completano il quadro la poco nota The Vigil, discreta rock song senza troppi fronzoli, e naturalmente Buck’s Boogie, consueta cavalcata chitarristica e vero showcase per l’abilità di Roeser.

Due ottimi antipasti quindi (uno solo se come il sottoscritto possedete già Cult Classic, che merita comunque un ripasso): ci rivediamo a marzo per Agents Of Fortune Live 2016, sperando che questa abbondanza di Blue Oyster Cult non ci rovini l’appetito per il piatto forte. Personalmente non credo proprio.

Marco Verdi

Occhio Alle “Fregature”, Ma Questi Non C’erano Già? Alcune Ristampe Future Sospette: Gene Clark, Byrds, Johnny Jenkins, Kris Kristofferson, Roy Orbison, Steve Earle, Neko Case, Blue Oyster Cult, Richie Furay Band, Chicago

gene clark lost studio sessions

Oltre a segnalarvi le uscite discografiche più interessanti, imminenti e più lontane nel tempo, cerco comunque sempre di arricchirle con qualche veloce dettaglio e giudizio, anche relativo ad eventuali precedenti versioni, dato che spesso sia le riviste specializzate che i Blog di musica tralasciano e che invece è importante sapere (anche per i portafogli di chi acquista). Proprio per evitare le “fregature” quest’oggi ci concentriamo su una serie di ristampe (croce e delizia degli appassionati per il quasi compulsivo parossismo che si è impadronito di etichette piccole e grandi, nuove e vecchie, che ormai ripubblicano a ciclo continuo, ripetutamente, gli stessi titoli, che quindi si trovano in circolazione in innumerevoli edizioni): vediamo quelle che sono previste in uscita nelle prossime settimane e che mi lasciano dubbioso per vari motivi. La prima e l’ultima per motivi diversi dalle altre, ma vediamo di capire perché.

In teoria (e anche in pratica) questo CD di Gene Clark The Lost Studio Sessions 1964-1982 è interessantissimo: ricco di materiale rarissimo ed inedito, però quello che lascia perplessi è la presentazione che ne ha fatto la Sierra Records, l’etichetta che lo ha pubblicato: all’atto pratico si tratta di un SACD ibrido che però nelle note di lancio del disco è stato descritto così –  24 tracks-Two CDs worth of music. Playable on both standard CD and SACD players, 36 page booklet – e fin qui nulla di male, però molti hanno pensato che si trattasse di un CD doppio e così lo presentano molti siti di vendita. Ma avendolo tra le mani vi posso assicurare che si tratta di un CD singolo, il problema o la “fregatura” è il prezzo, che oscilla, almeno in Europa, tra i 44 e i 58 euro. francamente per un dischetto singolo mi sembra eccessivo. Poi il contenuto è notevole e di grande interesse, come potete leggere qui sotto:
Track 1 The Way I Am
Track 2 I’d Feel Better
Track 3 That Girl
Track 4 A Worried Heart
Track 5 If There’s No Love

Recorded Spring 1964, World Pacific Studios, Produced by Jim Dickson; Original source: Scotch 201, 1/2″ 3-track analog master, 15 ips; solo with 12-string guitar.

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Track 6 Back Street Mirror
Track 7 Don’t Let It Fall Through

Recorded January 26, 1967, Sound Recorders, Produced by Jim Dickson; Arranger, Leon Russell; Horn Section, Hugh Masekela; Mixer, Armin Steiner; Recorder, Cal Frisk; Original Source: Scotch 203, 8-track, 1″ 8-track analog master, 15 ips; Full Band.

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Track 8 Back To The Earth Again
Track 9 The Lighthouse
Track 10 The Awakening Within
Track 11 Sweet Adrienne
Track 12 Walking Through This Lifetime
Track 13 The Sparrow
Track 14 Only Yesterday’s Gone

Recorded 1968-1970, Liberty/UA Recording Studios, Produced by Jim Dickson; Original Source: Scotch 150, 1/4″ full track mono, analog master, 15 ips; solo with acoustic guitar.

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Track 15 She Darked the Sun

Recorded Spring 1970, Sound Factory, Produced by Jim Dickson: Original source: Scotch 206, 1/4″ 2-track analog master, 15 ips; with the “The Burrito Deluxe – Flying Burrito Bros”.

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Track 16 Roll in My Sweet Baby’s Arms
Track 17 She Don’t Care About Time
Track 18 Don’t This Road Look Rough and Rocky
Track 19 Bars Have Made a Prisoner Out Of Me

Recorded July – September 1972, Wally Heider Studio 4, Produced by Chris Hinshaw and Terry Melcher: Original source: Ampex 631, 1/4″ 2-track analog master, 15 ips; with Clarence White, Eric White Sr., Sneaky Pete Kleinow, Spooner Oldham, Byron Berline, Michael Clarke, Claudia Lennear and friends.

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NYTEFLYTE – Gene Clark, Chris Hillman, Herb Pedersen, Al Perkins, Michael Clarke

Track 20 One Hundred Years From Now
Track 21 (The) Letter
Track 22 Still Feeling Blue
Track 23 No Memories Hangin’ Round
Track 24 I’ll Feel A Whole Lot Better

Recorded July 10, 1982, Criterion Recorders, Produced by Jim Dickson: Engineer, Captain Echo; Original source: Agfa PEM 408, 2″ 16-track analog master, 15 ips.

Io vi ho reso edotti poi fate voi.

byrds - live at the fillmore february 1969

Passiamo alle uscite future e visto che abbiamo parlato di Gene Clark, ecco la ristampa di un disco dei Byrds (ma senza Clark): parlo di “ristampa” anche se quando venne pubblicato in CD per la prima volta, nel 2000, nell’ambito delle ripubblicazioni di tutto il catalogo dei Byrds da parte della Sony Legacy, questo Live At The Fillmore February 1969, allora in effetti era un concerto inedito. Ora (o meglio al 31 marzo) l’etichetta inglese Floating World lo presenta di nuovo, ma occhio perché è pari pari lo stesso CD e la “vecchia” edizione è tuttora in catalogo.

Tracklist
1. Nashville West
2. You’re Still On My Mind
3. Pretty Boy Floyd
4. Drug Store Truck Driving Man
5. MEDLEY Turn Turn Turn, Mr Tambourine Man, Eight Miles High
6. Close Up The Honky Tonks
7. Buckaroo
8. The Christian Life
9. Time Between
10. King Apathy III
11. Bad Night At The Whiskey
12. This Wheel’s On Fire
13. Sing Me Back Home
14. So You Want To Be A Rock ‘N’ Roll Star
15. He Was A Friend Of Mine
16. Chimes Of Freedom

 

johnny jenkins blessed blues

Stesso discorso, più o meno, anche per questo Blessed Blues di Johnny Jenkins: data prevista della ristampa Floating World sempre il 31 marzo, diverso il pregresso. Il CD uscì la prima volta nel 1996 per la Capricorn Records, circa 25 anni dopo (26 per la precisione) quello che viene considerato il suo piccolo capolavoro “perduto”, Ton Ton Macoute, il disco del 1970 dove suonavano Duane Allman, Berry Oakley, Butch Trucks degli Allman, oltre a Eddie Hinton, Pete Carr, Paul Hornsby e Johnny Sandlin, che era anche il produttore.

Ottimo comunque anche il disco del 1996, che vede la presenza di David Hood e Billy Stewart come sezione ritmica, Jack Pearson alla chitarra, Chuck Leavell alle tastiere e Randall Bramblett al sax. Quindi controllate se non lo possedete già e poi fateci un pensierino, merita.

kris kristofferson the austin sessions

Anche questo Kris Kristofferson The Austin Sessions ovviamente era già uscito in CD: nel 1999 venne pubblicato dalla Atlantic e conteneva registrazioni del 1997, in cui Kris, accompagnato da una serie di ottimi musicisti, tra cui Stephen Bruton, Jim Cox, Mike Baird, Paul Franklin, John Spivey e altri, tra i quali anche Mark Knopfler, aveva registrato nuove versioni di molti suoi classici del passato. Altra particolarità è la presenza imponente di colleghi impegnati come seconde voci in diversi brani: Jackson Btowne, Steve Earle, Vince Gill, Matraca Berg, Marc Cohn, Alison Krauss, Catie Curtis e lo stesso Knopfler. La “fregatura”, se lo avete già, è in che nuova edizione Warner/Rhino in uscita il prossimo 10 febbraio sono state aggiunte due bonus tracks, con la tracking list completa della edizione potenziata che è la seguente.

1. Me And Bobby McGee (Remastered)
2. Sunday Morning Coming Down (Remastered)
3. For The Good Times (Remastered)
4. The Silver Tongued Devil And I (Remastered)
5. Help Me Make It Through The Night (Remastered)
6. Loving Her Was Easier (Than Anything I’ll Ever Do Again) [Remastered]
7. To Beat The Devil (Remastered)
8. Who’s To Bless And Who’s To Blame (Remastered)
9. Why Me (Remastered)
10. Nobody Wins (Remastered)
11. The Pilgrim: Chapter 33 (Remastered)
12. Please Don’t Tell Me How The Story Ends (Remastered)
Bonus Tracks:
13. Best Of All Possible Worlds
14. Jody And The Kid

roy orbison black and white night

Per questo disco, CD, DVD, Blu-Ray, per non parlare di VHS e Laserdic, si configura chiaramente un caso di circonvenzione di incapace: il concerto, peraltro bellissimo, nel corso degli anni, è uscito in una miriade di versioni. Va bene, quest’anno ricorre il 30° Anniversario dalla data del concerto (sempre stiracchiata, visto che il concerto si tenne il 30 settembre del 1987, ma venne trasmesso in TV il 3 gennaio del 1988 e pubblicato il 3 febbraio del 1989. Poi, nelle varie edizioni che si sono susseguite negli anni, è stato aggiunto un pezzo qui, un altro là, per arrivare fino ad un totale di 18 brani ( tre non furono compresi nel broadcast originale). Ora la Sony Legacy pubblica questa versione “definitiva”  in CD/DVD o CD/Blu-Ray, prevista in uscita per il 24 febbraio p.v., che conterrà 24 brani, i 18 conosciuti, una alternate di Oh, Pretty Woman, più cinque tracce con versioni alternative registrate in un “concerto segreto” tenuto dopo l’evento, che però in versione audio saranno disponibili solo come download digitale, previo acquisto della confezione che conterrà un codice all’interno del CD per lo scarico dei suddetti brani (complicato?).

Il tutto sarà curato dai due figli di Roy Orbison.

1. Only The Lonely
2. Leah
3. In Dreams
4. Crying
5. Uptown
6. The Comedians
7. Blue Angel
8. It’s Over
9. Running Scared
10. Dream Baby (How Long Must I Dream)
11. Mean Woman Blues
12. Candy Man
13. Ooby Dooby
14. Blue Bayou
15. Go Go Go (Down The Line)
16. (All I Can Do Is) Dream You
17. Claudette
18. Oh, Pretty Woman (Alt Version)*
19. Oh, Pretty Woman
Secret Post-concert alternate versions (offered as a digital download within the CD):
20. (All I Can Do Is) Dream You*
21. Comedians*
22. Candy Man*
23. Claudette*
24. Uptown*

*= Previously unreleased

In più nelle parti video sarà incluso un documentario di 33 minuti con interviste e materiale registrato durante le prove (ovviamente non versioni complete, anche se leggendo le anticipazioni dell’uscita di parla di 40 tracce complessive nel secondo dischetto (ma alcune sono interviste, altri spezzoni di prove, interviste, siparietti, tipo quello di Springsteen, foto, ancora più complicato?). Il concerto è splendido, le canzoni pure, poi basta guardare chi c’è sul palco,il prezzo annunciato non mi pare proibitivo, speriamo che poi non esca l’edizione ancora più definitiva!

steve earle live from austin texas 1986 neko case live from austin city limits

In questo caso, sempre che non vi manchino, possiamo tranquillamente parlare di “fregatura”: si tratta di due concerti, peraltro splendidi, della serie Live Form Austin TX, pubblicata negli scorsi anni dalla New West. Peccato che i due titoli erano già usciti, e sono tuttora in circolazione, come CD e DVD divisi, ma ora è possibile acquistare le nuove confezioni CD+DVD. Non dico nulla per non usare il turpiloquio.

Il primo doppio contiene il concerto di Steve Earle del settembre 1986, subito dopo il successo strepitoso di Guitar Town (ne esiste anche un secondo, nella stessa serie, relativo al concerto del novembre 2000).

Il concerto di Neko Case è del 9 agosto 2003, pubblicato in DVD nel 2006 e in CD nel 2007, ora disponibile in questa versione “nuova” doppia (entrambi sono previsti in uscita per il prossimo 10 marzo). La bravissima Neko Case (al sottoscritto piace moltissimo) ha suonato nuovamente a Austin City Limits nel 2013, ma per il momento non è stato pubblicato nulla.

blue oyster cult some enchanted evevning

Questo Some Enchanted Evening dei Blue Oyster Cult è uno dei dischi che vanta il maggior numero di ristampe nel corso degli anni. e molte sono tuttora in produzione (il sito Discogs ne cita 41 diverse). Uno splendido concerto dal vivo, registrato nel corso del tour del 1978 (meno un pezzo dallo show di fine anno del 1977), uscì in vinile, purtroppo, solo come singolo album, poi stampato, sempre come singolo, in CD, nel 1995, ed infine in una Deluxe Edition CD+DVD della serie Legacy della Sony, nel 2007, con sette bonus nella versione audio, più un DVD, registrato sempre nella stessa tournée, 11 brani al Capital Centre di Largo nel Maryland. In seguito, nel 2013, la Culture Factory ne ha pubblicata una ennesima ristampa, ed ora, al 24 marzo uscirà anche la versione della inglese Talking Elephant. Tutte regolarmente in catalogo (meno, purtroppo, quella doppia, che si trova ancora, ma solo a prezzi diciamo “carucci”.

La versione Talking Elephant torna alla edizione standard con 7 brani:

1. R.U. Ready To Rock
2. E.T.I. (Extra Terrestrial Intelligence)
3. Astronomy
4. Kick Out The Jams
5. Godzilla
6. (Don’t Fear) The Reaper
7. We Gotta Get Out Of This Place

Grande concerto comunque.

richie furay band alive deluxe

Diciamo che questa è una “mini fregatura” nel formato, il CD rimane doppio, con tre bonus tracks in studio, aggiunte alle fine del secondo disco, ma maxi nel prezzo, in quanto le ristampe della Friday Music sono sempre molto costose (vedasi anche il recente doppio con i primi due dischi di Ron Wood). Oltre a tutto considerando che questa è una ristampa della ristampa, in quanto la versione con i 3 brani in più era già uscita, per la stessa etichetta nel 2009, e verrà ristampata nuovamente il 3 marzo. La prima versione era uscita nel 2008 e vede l’ex leader dei Poco rivisitare con gusto e classe parecchi brani sia dal repertorio del suo vecchio gruppo, sia come solista, e anche dei Buffalo Springfield.

[CD1]
1. When It All Began
2. Pickin’ Up The Pieces
3. Medley #1
Flying On The Ground Is Wrong
– Do I Have To Come Right Out And Say It
– Nowadays Clancy Can’t Even Sing
4. Forever With You
5. Go And Say Goodbye
6. Child’s Claim To Fame
7. So Far To Go
8. Satisfied
9. Through It All
10. Kind Woman
11. Just For Me And You
12. A Good Feelin’ To Know

[CD2]
1. Sad Memory
2. Heartbeat Of Love
3. Make Me A Smile
4. You Better Think Twice
5. Baby Why
6. Rise Up
7. Believe Me
8. Just In Case It Happens
9. Medley #2
– And Settlin’ Down
– Hurry Up
– Fallin’ In Love
– C’Mon
10. Callin’ Out Your Name
11. Let’s Dance Tonight
12. In My Father’s House
Bonus Studio Tracks:
13. Wake Up My Soul
14. With My Whole Heart
15. Real Love

chicago chicago II

Ultimo della lista, ma primo a uscire, il prossimo 27 gennaio, questo è lo Steve Wilson Remix di Chicago II dei Chicago, in origine uscito come doppio vinile nel gennaio 1970, ha poi avuto varie ristampe In CD, la prima come doppio CD per la Columbia nel 1986, poi dopo varie edizioni, ne è stata pubblicata una definita Deluxe dalla Rhino, pubblicata nel 2002, come CD singolo, anche se con 2 bonus delle single versions di due canzoni, perché il disco, vista la sua durata, ci sta comodamente in un unico dischetto. cosa che è stata fatta saggiamente anche per questa versione targata 2017.

1. Movin’ In
2. The Road
3. Poem For The People
4. In The Country
5. Wake Up Sunshine
6. Make Me Smile
7. So Much To Say, So Much To Give
8. Anxiety’s Moment
9. West Virginia Fantasies
10. Colour My World
11. To Be Free
12. Now More Than Ever
13. Fancy Colours
14. 25 Or 6 To 4
15. Prelude
16. A.M. Mourning
17. P.M. Mourning
18. Memories Of Love
19. It Better End Soon (1st Movement)
20. It Better End Soon (2nd Movement)
21. It Better End Soon (3rd Movement)
22. It Better End Soon (4th Movement)
23. Where Do We Go From Here

Solo uno stereo remix per migliorare il sound, e il compact esce pure a mid-price, che volere di più. Questo in effetti non è una “fregatura”, su molti degli altri inclusi in questo post ho seri dubbi.

Alla prossima.

Bruno Conti