Non Solo Blues Per La Talentuosa Ed Eclettica Cantante Canadese. Layla Zoe – Nowhere Left To Go

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Layla Zoe – Nowhere Left To Go – Layla Zoe Music

Verso la metà della scorsa decade, tra il 2016 e il 2017, Layla Zoe ha goduto di una improvvisa ed inaspettata popolarità, almeno tra gli appassionati, venendo nominata Best Vocalist Of The Year agli European Blues Award, pur essendo canadese e, aggiungo io, non proprio più una giovane promessa (all’epoca aveva superato già i 35 anni e facendo due calcoli, essendo nata a Victoria B.C, Canada sul finire degli anni ‘70, non è dato sapere la data esatta, ha superato oggi i 40): si diceva della fama in quegli anni, generata da due ottimi album usciti per la Ruf, uno in studio e un Live, oltre al collettivo Blues Caravan 2016, insieme a Tasha Taylor e a Ina Forsman, che considero la migliore del trio, ma anche Layla ha parecchie frecce al suo arco https://discoclub.myblog.it/2017/03/05/ancora-una-volta-lunione-fa-la-forza-ina-forsman-tasha-taylor-layla-zoe-blues-caravan-2016-blue-sisters-in-concert/ , sviluppate in una carriera di oltre 25 anni e 15 album pubblicati, incluso questo nuovo Nowhere Left To Go, che la vede tornare alla distribuzione in proprio, come nei primi anni, e quindi con reperibilità abbastanza scarsa.

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La Zoe è in possesso di una voce potente ed espressiva, diciamo dalle parti di Beth Hart e Dana Fuchs, due ragazze cresciute a pane e Janis Joplin, e anche Zoe si ispira parzialmente a quell’approccio, ma inserisce anche tematiche più hard, i Led Zeppelin e ovviamente Robert Plant sono due modelli, ma non manca l’amore per soul e R&B, qualche tocco gospel e tanto blues. Come autori e musicisti Layla si fa aiutare da alcuni altri talenti emergenti come Jackie Venson, una cantante e chitarrista texana di quelle toste, Alastair Greene, altro chitarrista e cantante californiano, il conterraneo Dimitri Lebel, tutti presenti nell’album, insieme ad altri musicisti canadesi e olandesi che hanno dato il loro contributo da remoto, causa pandemia, visto che il disco è stato realizzato durante il 2020 ed esce ad inizio 2021, uno dei primi, ma il risultato è comunque organico e caldo, come si evince dalla intensa Pray, scritta con la Venson, e dalle chiare influenze gospel, una vivida canzone pianistica dove si gusta la voce poderosa della Zoe, irrobustita da cori di supporto e un organo hammond old school https://www.youtube.com/watch?v=ErgsFlJysnY , mentre la title track, firmata sempre con la Venson vira verso il blues (rock) per un mid-tempo robusto e roccioso, con le chitarre che “riffano” di gusto e Layla che inizia a dare libero sfogo alle sue emozioni, prima di lasciare spazio ad un assolo grintoso  https://www.youtube.com/watch?v=s74hqwj3CqQ .

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Sometimes We Fight è una deep soul ballad, di nuovo con uso organo e un bel assolo di armonica https://www.youtube.com/watch?v=y0G2em_beIM , Don’t Wanna Help Anyone, scritta con Greene, che si dà da fare alla solista, illustra il lato più duro, tra Hendrix e Zeppelin, con chitarre a manetta https://www.youtube.com/watch?v=VB7WpWvBp_E , This Love Will Last con Lebel, rivela di nuovo influenze di musica nera, un R&B sempre intinto da elementi rock nella voce, che si fa più tenera ma assertiva nel barrelhouse blues pianistico di Susan, più jopliniano e di nuovo rock a manetta nella funky Little Boy, dove Layla lascia andare di nuovo la voce, che ritorna di nuoo più tenera e naturale, meno esagerata, nella deliziosa Might Need To Fly, che comunque si anima in un bel crescendo che culmina in un ruvido assolo di chitarra https://www.youtube.com/watch?v=CeKJO0IiDdM . Lies, dove la Zoe è accompagnata solo dal suono di un contrabbasso, si avventura in atmosfere più jazzy e raffinate https://www.youtube.com/watch?v=ddz9cP48yC8 , per chiudere con Dear Mom, una incantevole canzone dove chitarra acustica, mandolino e violino illustrano questo lato più roots della nostra amica, a suo agio anche in un ambito più raccolto https://www.youtube.com/watch?v=OONF5zIxPzw . Non solo blues quindi, per una cantante talentuosa ed eclettica.

Bruno Conti

Tornano Le Ragazze Scatenate Del Blues Caravan 2019 – Katarina Pejak, Ina Forsman, Ally Venable

blues caravan 2019 Katarina Pejak, Ina Forsman, Ally Venable

Katarina Pejak, Ina Forsman, Ally Venable  – Blues Caravan 2019 – CD+DVD Ruf Records

La “carovana del blues” della Ruf è una tradizione annuale che si perpetua ormai dal lontano 2005: ogni anno l’etichetta tedesca raduna tre artisti diversi scelti dal proprio roster e li spedisce on the road in tour, per rinverdire e riproporre quelle che sul finire anni ’60, primi ’70 si chiamavano soul revue. Fatte le debite proporzioni, e su scala molto più ridotta, pensate al Joe Cocker di Mad Dog, Ike & Tina Turner, o le stesse sortite degli artisti Stax in Europa, giusto per dare una idea. Poi la Ruf sceglie una data della tournée, di solito in Germania (in questo caso siamo al Café Hahn di Coblenza il 15 febbraio del 2019) e la registra e la filma per pubblicare poi una confezione CD + DVD, che riporta quanto è avvenuto in quella specifica serata. Nelle edizioni  passate di solito non c’era molta differenza tra  audio e video, un paio di brani, ma questa volta il DVD ha ben otto tracce in più rispetto al CD. Per chi recensisce invece, avendo a disposizione la versione “povera” audio, ci si accontenta: le protagoniste del Blues Caravan 2019 sono tre giovani ed avvenenti donzelle, la cantante finlandese Ina Forsman, forse la più talentuosa del terzetto, in possesso di una voce notevole e con due eccellenti album per la Ruf, specie il primo omonimo del 2016, lo stesso anno in cui aveva già partecipato al Blues Caravan https://discoclub.myblog.it/2017/03/05/ancora-una-volta-lunione-fa-la-forza-ina-forsman-tasha-taylor-layla-zoe-blues-caravan-2016-blue-sisters-in-concert/ , la serba Katarina Pejak , che suona anche le tastiere oltre a cantare, e la texana Ally Venable, la più giovane con i suoi 20 anni, che è anche la chitarrista.

Completano la formazione il bassista Roger Inniss e il batterista della Venable Elijah Owings. Le varie musiciste si alternano alla guida e al canto con tre canzoni a testa (cinque nel DVD) e poi uniscono le forze in alcuni brani: il tutto, al solito, è molto piacevole e ben suonato. L’iniziale e corale They Say I’m Different mette subito in luce la voce potente della Forsman in un brano blues con ampie venature R&B e soui, con la chitarra della Venable che inchioda un assolo veramente pungente, e le altre due che “rispondono” ad Ina in un call and response di buona fattura ,con citazioni all’interno del branodi Muddy Waters, Nina Simone, Stevie Ray Vaughan, Aretha Franklin, Ray Charles e Jimi Hendrix; She’s Coming After You cantata dalla Pejak mette in mostra il suo stile più raffinato e jazzato, poi ribadito in Roads That Cross la dolce e ammiccante title track del suo debutto per la Ruf, brani che evidenziano anche il suo talento di pianista, unito a d una voce piacevole ma non dirompente come quella della Forsman. Turtle Blues è una cover pianistica del celebre brano di Janis Joplin, mentre con Texas Honey parte la sezione del concerto dedicata a Ally Venable, la più rockeggiante del trio nel proprio approccio, anche lei voce non memorabile ma ottimo talento chitarristico, come conferma in una serie di assoli fiammeggianti, anche nel boogie tiratissimo di Nowhere To Hide dove va di slide alla grande https://www.youtube.com/watch?v=ZIethtLDlxQ , oppure nella gagliarda Broken dove la Pejak offre un ottimo supporto all’organo.

Poi tocca alla Forsman con una sinuosa All Good, un brano errebì con qualche rimando anche a Amy Winehouse, e a seguire un intenso blues lento come Miss Mistreated, ancora con l’organo insinuante della Pejak che supporta la voce potente della cantante finlandese, che conclude la sua porzione con la mossa e brillante Genius. La parte corale prevede una bella versione di Love Me Like A Man, un bellissimo blues scritto da Chris Smither, ancora con la slide in evidenza https://www.youtube.com/watch?v=4QNPB87Nsks , I’m A Good Woman un gagliardo brano soul di Barbara Lynn, una divertente e coinvolgente Sixteen Tons di Merle Travis e una brillante versione di The House Is Rockin’ di Stevie Ray Vaughan, rallentata ad arte nella prima parte e poi con finale a tutta velocità con le tre ragazze scatenate.

Bruno Conti

Una Donna Chitarrista Da Aggiungere Alla Lista, Garantisce Mike Zito. Ally Venable – Texas Honey

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Ally Venable – Texas Honey – Ruf Records

Donne chitarriste, soprattutto in ambito blues (rock), negli ultimi anni ne sono venute alla ribalta parecchie: penso a Sue Foley, Samantha Fish, Ana Popovic, Debbie Davies, Deborah Coleman, Laura Chavez, Joanne Shaw Taylor, per citarne alcune, ma anche Susan Tedeschi, e di quelle provenienti dal Texas (come Ally Venable), una, Carolyn Wonderland, è addirittura diventata la solista nella band di John Mayall. Nel passato era più difficile trovare chitarriste elettriche, direi Bonnie Raitt, forse la capostipite, e nel filone rock Nancy Wilson delle Heart. Nella storia del blues ce ne sono state alcune molto influenti come Memphis Minnie, Sister Rosetta Thorpe; tra le “virtuose” dello strumento potremmo ricordare Elizabeth Cotten, molto amata da Bloomfield e Cooder, oppure in ambito più pirotecnico Jennifer Batten, o più ricercato Badi Assad e Kaki King, Insomma ce ne sono state molte, e sicuramente ne ho dimenticata qualcuna: in tutto questo come si inserisce la giovane Ally Venable?

La potremmo mettere nella pattuglia di colleghi maschi che stanno popolando la sezione blues-rock dei praticanti delle 12 battute: 20 anni compiuti da poco, la Venable, con la sua band, ha già pubblicato cinque album, un paio indipendenti e di difficile reperibilità, quando aveva tra i 14 e i 16 anni, poi altri tre, di cui l’ultimo, questo Texas Honey, pubblicato dalla Ruf Records, che l’ha anche inserita nella Blues Caravan 2019 insieme a Katarina Pejak e Ina Fosrman  https://www.youtube.com/watch?v=21KC8LyUDjQ. L’etichetta tedesca l’ha anche affidata ad un produttore di peso come Mike Zito (che suona in alcuni brani del CD), e il risultato è un disco solido e abbastanza variegato, sia pure nel filone Texas Blues “energico”, e non è un caso che una delle due cover del disco, le altre canzoni, a parte una firmata con Zito, sono tutte sue, sia Love Struck Baby di Stevie Ray Vaughan, uno dei musicisti da cui ha detto di essere stata maggiormente influenzata, gli altri se vi interessa sono Johnny Winter e Joe Bonamassa. La accompagnano il bassista Bobby Wallace e il batterista Elijah Owings, oltre al veterano tastierista Lewis Stephens, uno che in passato ha suonato anche con Freddie King, e al momento fa parte del gruppo di Mike Zito, e in un brano, come ospite appare Eric Gales: quindi gli ingredienti ci sono tutti, se aggiungiamo che la Venable è anche una avvenente giovane che si presenta spesso con minigonne ascellari, della serie pure l’occhio vuole la sua parte https://www.youtube.com/watch?v=q2b_uFnRbEA , a questo punto mancherebbe solo la musica, che però ascoltando il disco, c’è ed è decisamente ben confezionata.

La voce è piacevole, senza essere particolarmente memorabile, insomma più Suzi Quatro che Bonnie Raitt o Susan Tedeschi , ma come chitarrista ci dà dentro di gusto, come dimostrano la vorticosa Nowhere To Hide, dove lavora con tecnica notevole anche alla slide, o la “roccata” Broken, dalle atmosfere più ricercate e continui rilanci chitarristici, e anche la “riffatissima” Texas Honey è piuttosto godibile. Non male anche la minacciosa e cadenzata Blind To Bad Love, dove Zito è la seconda chitarra in appoggio a Ally, oppure la vigorosa Come And Take It dove Eric Gales duetta con lei, sia alla chitarra come alla seconda voce. Mi sembra però che la ragazza eccella quando può mostrare la sua passione per il blues-rock più genuino, sia pure energico di una scoppiettante Love Struck Baby di mastro SRV, dove la chitarra viaggia alla grande https://www.youtube.com/watch?v=ojuotLdUwFs , o nel classico “lentone” tirato della intricata blues ballad One Sided Misunderstanding, anche se la voce è fin troppo sforzata, le chitarre di Zito e della Venable interagiscono comunque a meraviglia. White Flag ricorda il Bonamassa più arrapato, mentre Long Way Home va di Texas boogie and roll e pure Running After You, di nuovo a tutta slide in omaggio a Winter, è gagliarda, Chiude l’altra cover, una Careless Love di Bessie Smith, trasformata in un blues rock sapido https://www.youtube.com/watch?v=N-HRrKJBJJE . Piacevole, ma forse non è “il futuro del Blues”, come ha detto di lei il suo mentore Mike Zito.

Bruno Conti

Da Clarksville, Maryland, Con Sax Al Seguito, Arriva Il “Blues Got Soul” Di Vanessa Collier! – Meeting My Shadow

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Vanessa Collier  – Meeting My Shadow – Ruf Records

Ogni anno la Ruf organizza un tour collettivo di tre differenti artisti, presentati in una sorta di revue vecchio stile, e la manifestazione prende il nome di Blues Caravan.  L’edizione del 2016, di cui avete letto non da molto su queste pagine virtuali http://discoclub.myblog.it/2017/03/05/ancora-una-volta-lunione-fa-la-forza-ina-forsman-tasha-taylor-layla-zoe-blues-caravan-2016-blue-sisters-in-concert/ , era denominata Blue Sisters e prevedeva la partecipazione di Ina Forsman, Tasha Taylor e Layla Zoe, quella del 2017, attualmente in corso, si chiama “Blues Got Soul”, e vede la presenza di Si Cranstoun, incensato sempre da chi scrive su queste pagine per il suo ultimo album solista http://discoclub.myblog.it/2017/01/08/dalle-strade-di-londra-al-grande-vintage-soul-e-rr-si-cranstoun-old-school/ , Big Daddy Wilson e Vanessa Collier. Degli altri due sappiamo, ma chi è costei? Nativa di Clarksville, Maryland, laureata al Berklee College Of Music di Boston, per quasi due anni in giro per il mondo nella band di Joe Louis Walker, la Collier è un personaggio “anomalo”: una cantante-sassofonista, impegnata anche a flauto e tastiere, sulla falsariga di Nancy Wright, ovviamente recensita dal sottoscritto http://discoclub.myblog.it/2016/12/16/sassfoniste-donne-brava-canta-anche-nel-disco-ci-valanga-ospiti-nancy-wright-playdate/ , ma, come alcuni grandi del passato, tipo King Curtis o Jr. Walker, era più una sassofonista che saltuariamente canta.

La nostra Vanessa invece, fin dal suo esordio Heart Soul And Saxophone del 2014, preferisce presentarsi come cantante, senza dimenticare la sua attitudine di strumentista, ci sono bluesmen e soulmen che si accompagnano con chitarra, più raramente basso, o armonica, lei preferisce gli strumenti a fiato. Questo secondo album, Meeting My Shadow, esce per l’etichetta tedesca Ruf, che ultimamente è quasi sempre sinonimo di qualità. Un buon album, dove la Collier è accompagnata da una band di qualità, TK Jackson, batteria, percussioni e organo, Daniel McKee, basso; Laura Chavez, chitarre, a lungo nella band della recentemente scomparsa Candye Kane e ora impegnata nella Blues Caravan 2017; Charles Hodges,  della Hi Rhythm Section, presente nell’ultimo disco di Robert Cray, a organo, Clavinet, piano, e Wurlitzer, un grandissimo tastierista; più alcuni altri musicisti ospiti tra cui spicca Josh Roberts alla chitarra slide, poco conosciuto, ma quasi ai livelli di un Sonny Landreth. Vanessa Collier è un possesso di una buona voce, squillante e ammiccante, siamo dalle parti di Toni Price, oppure di altre “Girls With Guitars”, per rimanere in ambito Ruf, oppure ancora Bonnie Raitt o Susan Tedeschi, pur se su un gradino più basso, ma la classe c’è. Infatti il repertorio, pur partendo dal blues, spazia nel rock, nel pop, nel soul, nel funky, come nell’iniziale Poisoned The Well, quando, su un groove minaccioso del clavinet di Hodges, la band costruisce una bella ambientazione sonora dove si apprezza anche il flauto della Collier e la chitarra funky della Chavez, oltre alla sua voce sinuosa.

Ma si gode di più quando è il soul, o meglio ancora il R&B, a prendere il sopravvento, come nella brillante Dig A Little Deeper, dove la sezione fiati spalleggia il sax della brava Vanessa, brillante anche nel reparto vocale, oppure nel blues rigoroso di una eccellente When It Don’t Come Easy, dove Roberts è impegnato alla Resonator guitar. Ma si assapora anche la brillante e ritmata Two Parts Sugar, One Part Lime, dove tutta la band viaggia, da Hodges, impegnato ad un piano quasi barrelhouse, alla stessa Collier che soffia con vigore nel suo sax; When Love Comes To Town è la prima cover, ed è proprio il famoso brano scritto dagli U2 con B.B. King, che diventa un blues “paludoso”, di nuovo con la brillante slide di Josh Roberts in grande evidenza, lei canta molto bene e rilascia anche un eccellente assolo di sax, uno dei tanti del disco https://www.youtube.com/watch?v=Tta-82p7Npo . Niente male pure You’re Gonna Make Me Cry, una intensa deep soul ballad, con chitarra in tremolo, tratta dal repertorio di O.V Wright, uno dei vecchi datori di lavoro di Charles Hodges, che lavora di fino con il suo organo (cosa avete capito?!) e anche la Chavez si distingue. E anche in Whiskey & Women l’accoppiata Collier/Chavez funziona alla perfezione in un gagliardo blues, per poi “divertirsi” nella deliziosa Meet Me Where I’m At, quasi New Orleans nelle sue piacevoli derive fiatistiche, con la tromba di Mark Franklin, l’altro membro fisso della band a duettare con Vanessa. Senza dimenticare Cry Out e Devil’s Outside che si avvalgono entrambe di  brillanti arrangiamenti di fiati, creati dalla stessa titolare dell’album, uno vivace e funky, l’altro quasi con un’aria gospel/soul, cantato con grande intensità. Come pure l’ultima cover del CD, la quasi travolgente Up Above My Head, I Hear Music In The Air, scritta da Sister Rosetta Thorpe, che sta in quel crocevia tra gospel, swing e blues, eseguita alla perfezione. Come direbbe Nero Wolfe: “Soddisfacente Vanessa”!

Bruno Conti

Ancora Una Volta L’Unione Fa La Forza? Ina Forsman Tasha Taylor Layla Zoe – Blues Caravan 2016: Blue Sisters In Concert

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Ina Forsman Tasha Taylor Layla Zoe – Blues Caravan 2016: Blue Sisters In Concert – Ruf CD+DVD

All’inizio dello scorso anno vi avevo parlato in termini più che lusinghieri dell’esordio discografico su etichetta Ruf (ma non era il suo primo disco) della cantante finlandese Ina Forsman, un piccolo gioiellino che frullava rock, blues, soul music, il tutto cantato con una voce seducente, duttile e potente, forse senza essere ai livelli delle grandi del passato o anche di realtà attuali come Beth Hart, Dana Fuchs o Janiva Magness e Susan Tedeschi, ma comunque interessante nella sua capacità di fondere certe sonorità “moderne” care a Amy Winehouse per intenderci ,con un suono classico R&B, sicuramente anche grazie al fatto che il disco era stato registrato in quel di Austin, Texas, con musicisti locali in grado di creare una atmosfera sonora ricca di classe e raffinatezza http://discoclub.myblog.it/2016/02/06/sorpresa-dalla-finlandia-ecco-grande-nuova-voce-blues-ina-forsman/ . Nel corso della scorsa annata poi la Ruf ha pubblicato anche gli album di Tasha Taylor (se il nome, anzi il cognome, vi dice qualcosa, non vi state sbagliando, è proprio la figlia minore di Johnnie Taylor, una delle stelle assolute della soul music targata Stax) e Layla Zoe (giovane cantante canadese, ma già con una consistente discografia di cinque album indipendenti alle spalle), entrambe in possesso di una propria specificità, più vicina alla soul music classica, e non poteva essere diversamente, la Taylor, più orientata verso il blues, e il rock, la canadese Zoe, con i soliti ed inevitabili paragoni con Janis Joplin.

La Ruf Records, nella sua lungimiranza, le ha unite per la propria classica Revue annuale, http://discoclub.myblog.it/2015/03/11/lunione-fa-la-forza-laurence-joneschristina-skjolbergalbert-castiglia-blues-caravan-2014-live/ che tutti gli anni porta in tour gli artisti del momento della etichetta tedesca (quest’anno tocca a Si Cranstoun, Big Daddy Wilson e Vanessa Collier) https://www.youtube.com/watch?v=–qPK4lhe4Q : quindi già all’inizio dello scorso anno, in concomitanza con l’uscita del disco della Forsman, ma assai prima delle pubblicazioni dei dischi delle altre due, le ha spedite On The Road, come Blue Sisters, accompagnate da un trio finlandese ( e qui sta il piccolo inghippo, sto ancora decidendo se il disco mi convince del tutto, ma comincia ad acchiapparmi dopo ascolti ripetuti), dove alla chitarra troviamo Davide Floreno! Chi, scusate? Eppure succede, nato a Roma, da anni vive a Helsinki, ha una propria casa di produzione lassù, una etichetta e si è sposato pure la brava axewoman locale Erja Lyytinen (a proposito le tre donzelle del disco di cui stiamo parlando non suonano nulla, a parte la Taylor, che strimpella la chitarra raramente, ma non nell’occasione). Dove eravamo rimasti? Ah sì, gli altri finlandesi: Walter Latupeirissa al basso e Marrku Reinikainen alla batteria, entrambi competenti e validi musicisti in azione nel circuito blues tedesco e nordico. Sedici brani sul CD e ventisei sul DVD, ma sono nella stessa confezione per cui niente paura: prima me li sono ascoltati e poi me li sono visti, le tre ragazze fanno la loro figura, tre figurine sexy e aggressive, con mini abiti e spacchi vertiginosi, ma comunque il talento è inversamente proporzionale alla quantità di tessuto indossato, insomma l’occhio vuole la sua parte, ma anche l’orecchio vi giuro rimane più che soddisfatto.

I due appunti che mi sento di fare sono, oltre al suono fin troppo scarno di un trio virato al blues-rock, anche se valido, la non eccessiva interazione delle tre sul palco, ossia i brani dove le tre appaiono insieme non sono poi molti: l’iniziale Chain Of Fools, il mega classico di Aretha, e poi la lunga, eccellente, parte conclusiva, da una gagliarda Honky Tonk Woman, passando per Tell Mama e In The Basement, entrambe nel repertorio  di Etta James, Come Together e infine un super blues come Rock Me Baby del grande BB King, dove si apprezza Davide Floreno, chitarrista dal tocco classico, ottimo in tutto il concerto. Nelle varie parti soliste delle esibizioni singole si apprezzano la raffinata Devil May Dance Tonight, molto alla Winehouse, la notturna e jazzata Bubbly Kisses e le cover del pezzo di Nina Simone I Want A Little Sugar In My Bowl e di Queen Bee (entrambe solo sul DVD) nel segmento dedicato a Ina Forsman, il funky-soul di What Difference Does It Make, l’omaggio al babbo Johnnie, con una pimpante Who’s Making Love, dove però la mancanza dei fiati è quasi criminale (mentre da quello che ho visto e sentito saranno protagonisti assoluti del Blues Caravan 2017), oltre a Valerie degi Zutons (solo sul DVD), anche questa legata alla Winehouse, nella parte dedicata a Tasha Taylor. Con Layla Zoe eccellente nella ritmatissima Work Horse, dove ricorda molto Beth Hart, ma anche nella bella ballata Don’t Wanna Hurt Nobody e nel lungo blues Never Met A Man Like You, dove si apprezza anche la solista di Floreno. In conclusione un disco (e un video) complessivamente più che soddisfacenti, con tre cantanti di assoluto valore e dal futuro luminoso. Quindi pollice all’insù per questo Blues Caravan 2016.

Bruno Conti

Da Solo O In Compagnia Sempre Un Gran Chitarrista! Albert Castiglia – Big Dog

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Albert Castiglia – Big Dog – Ruf Records                                                                      

Ci eravamo lasciati con Albert Castiglia sulle note collaborative dell’ottimo Blues Caravan 2014, un CD+DVD dal vivo registrato insieme ai colleghi di etichetta Christina Sjolberg e Laurence Jones, dove il vero protagonista era il chitarrista della Florida (anche se nato a New York), con il suo solismo tirato e scoppiettante, ed una varietà di temi musicali veramente impressionante http://discoclub.myblog.it/2015/03/11/lunione-fa-la-forza-laurence-joneschristina-skjolbergalbert-castiglia-blues-caravan-2014-live/ . Castiglia non è più una giovane promessa, ha 46 anni, è sulla scena dagli anni ’90, quando ad inizio carriera per vari anni è stato il chitarrista della band di Junior Wells, dove ha imparato il mestiere, suonando in seguito anche con la cantante di Atlanta Sandra Hall e dividendo i palchi con Pinetop Perkins e John Primer. Ma il suo stile è decisamente più aggressivo, orientato verso un blues-rock elettrico e vigoroso che raggiunge la maturazione definitiva in questo suo ottavo album solista (se non ho fatto male i conti), dove il musicista di origini italo-cubane trova il giusto compagno di avventura in Mike Zito, che oltre a produrre questo secondo album per la Ruf di Castiglia, suona anche la chitarra in tutto il disco, firma un brano e porta una ventata di Louisiana sound (dove è stato registrato il tutto) al gusto complessivo dell’album. Si parte subito alla grande con una Let The Big Dog Eat,  dalle chitarre aggressive e fiammeggianti, la voce di Castiglia, sostenuta da Zito, maschia e vigorosa, una ritmica potente che pompa riff come piovesse, l’organo di Lewis Stephens lavora di fino sullo sfondo e il risultato è eccellente.

Don’t Let Them Fool Ya è un southern rock blues firmato da Zito, con chitarre fluide e scorrevoli che rilanciano di continuo il suono della canzone dai due canali dello stereo con una “cattiveria ammirevole”, mentre Get Your Ass In The Van, il primo contributo a firma Castiglia, rientra nella categoria slidin’ blues, quella di Elmore James o Hound Dog Taylor per intenderci, con il bottleneck del nostro che scivola con libidine sul manico della sua chitarra. Drowning At The Bottom è un pezzo di Luther Allison, un classico slow blues di quelli “duri e puri” con le corde della chitarra tese allo spasimo dal buon Albert che rilasciano fiumi di note, e lui che canta anche con un piglio intenso ed autorevole e pure Let’s Make Love In The Morning non scherza, un brano più vicino alle atmosfere dei dischi di Mike Zito, una bella ballata sudista, dove le chitarre acustiche e l’organo affiancano le sinuose linee della solista di Castiglia e un feeling soul à la New Orleans si insinua tra le pieghe della canzone. What I Like About Miami è un eccellente brano di Charlie Pickett (non so se lo ricordate? Un bravo musicista rock della Florida a cui la Bloodshot aveva dedicato una antologia qualche anno fa): tra Stones e classico sound country/roots, aggiunge un tocco Americana al disco, con il suo pigro e ciondolante divenire.

Easy Distance ci riporta al funky-blues pungente tipico di Castiglia, con il basso di Scot Sutherland che crea un groove pulsante su cui la solista del leader è libera di improvvisare linee rapide e sicure. Where Did I Go Wrong è l’omaggio al vecchio maestro Junior Wells (era sull’album You’re Tuff Enough, pubblicato nel 1969, l’anno in cui nasceva Castiglia), un blues lento in puro stile Chicago, con l’armonica dell’ospite Johnny Sansone e il piano di Stephens che aggiungono autenticità e stamina al pezzo; Sansone rimane pure nella successiva Where The Devil Makes His Deals, dove i ritmi si fanno più intensi e duri, con le due soliste di nuovo impegnate a scambiarsi sciabolate e la batteria di Rob Lee che scandisce il ritmo con grande vigore. What The Hell Was I Thinking, con un pianino quasi rock’n’roll, aggiunge un tocco alla Fats Domino, prima che le chitarra riprenda il controllo delle operazioni, con la conclusiva Somehow, firmata a due mani da Albert Castiglia con Cyril Neville, una bella ballata soul, profonda e dal testo di impegno sociale, dedicata alla situazione critica e alle difficoltà dei senzatetto nell’America di oggi (ma anche di ieri): anche qui, come nel resto del disco, si respira quell’aria del Sud degli Stati Uniti, delle foreste tra le paludi della Louisiana evocate fin dalla foto di copertina, anche senza poi essere l’unico tema musicale del disco, veramente bello nel suo insieme, articolato e dai mille spunti sonori, e che conferma il talento di questo signore. Senti che roba! Nella versione di Boz Scaggs c’era Duane Allman alla chitarra (forse il suo assolo più bello https://www.youtube.com/watch?v=oTFvAvsHC_Y).

Vista la stagione, direi caldamente consigliato!

Bruno Conti