Per Amanti Dei “Bravi Chitarristi”, Ex Ragazzo Prodigio! Eric Steckel – Black Gold

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Eric Steckel – Black Gold – Eric Steckel Music

Rispetto all’imberbe ragazzino che nel 2002 esordiva a soli 11 anni con l’album A Few Degrees Warmer, ora, a giudicare dalla foto di copertina di Black Gold, Eric Steckel è un giovane dal lungo capello, con barba, sempre fulmine di guerra con la sua chitarra, non più legato ad un blues deferente verso i dettami del passato, ma dal sound più vicino al rock https://www.youtube.com/watch?v=iFtL5CHC8ms . Però anche lui ha sempre dovuto fare i conti con il mercato discografico: i suoi dischi sono comunque autoprodotti, con una distribuzione difficoltosa (in effetti questo nuovo Black Gold risulta essere uscito da circa un anno, ma pochi se ne erano accorti), registrati al risparmio. Nel nuovo album Steckel, oltre alla solista, suona anche basso e tastiere, lasciando al co-produttore dell’album, Maikel Roethof, il ruolo di batterista. Se il nome non vi sembra americano non vi sbagliate, viene da Amsterdam, dove il disco è stato in parte registrato, meno alcune parti realizzate a Nashville. Rispetto al precedente Dismantle The Sun (uscito quasi quatto anni fa, con un EP digitale ad interrompere la lunga pausa) http://discoclub.myblog.it/2013/02/12/ex-bambini-prodigio-crescono-eric-steckel-dismantle-the-sun/  mi sembra che il nuovo album sia di un gradino inferiore, sempre molto ricco e fluente nell’ambito chitarristico, ma meno vario e più orientato verso un rock più duro rispetto al passato.

Diciamo che Steckel continua a seguire le tracce di un Bonamassa, ma mentre negli ultimi anni il chitarrista newyorkese ha affinato il suo stile, andando a pescare ancora di più anche nel blues e nel soul, l’ancora giovane Eric (in fondo viaggia tra i 25 e i 26 anni) preferisce privilegiare un suono più vicino all’heavy rock targato anni ’70, come evidenzia la traccia di apertura Holding On, molto legata a quello stile, anche se gli interventi di chitarre e tastiere, i continui cambi di tempo e la voce sicura del nostro, rendono il tutto comunque molto piacevole, e poi il suono della chitarra è brillante e ricco di grande tecnica , come è sempre stato per Steckel. Juke Joint inserisce qualche elemento southern, ma privilegia un suono troppo leggerino; anche El Camino può ricordare le band sudiste più rock, tipo Blackfoot o Molly Hatchet, anche se il lavoro di slide di questo strumentale è comunque apprezzabile. Fugitive ricorda addirittura certo AOR americano anni ’70 o gente come Nugent, Journey, Bad Company (non i primi), con My Darkest Hour, che nei suoi quasi 6 minuti, grazie ad un arrangiamento più complesso che evidenzia anche l’uso dell’organo, mi sembra migliore, con interessanti aperture melodiche e il solito lavoro fluente della chitarra, però sempre soggetta a quel sound a tratti troppo “leggerino”.

Però Speed Of Light è di nuovo quasi lite metal, e neppure del migliore, mentre Texas 1983 è una bella improvvisazione strumentale di stampo Vaughan/Hendrix, peccato sia troppo breve https://www.youtube.com/watch?v=NJ_c2Jwn610 . Outta My Mind, un funky-blues più vicino ai lavori passati di Steckel e What It Means, una sorta di ballata d’atmosfera ha tratti dell’antico splendore, con un lirico solo posto in conclusione, ma Rocket Fuel con il suo riffing grasso e “acrobatico” quasi alla Van Halen, è abbastanza scontata e ripetitiva. L’ultimo brano è l’unica cover del disco, If I Ain’t Got You di tale Alicia J. Augello-Cook, se il nome vi dice, non posso che confermare, è proprio un pezzo di Alicia Keys, tratto dal suo secondo disco, The Diary Of A.K,, ed è tra le cose migliori del disco, una ballata soul, cantata veramente bene e nobilitata da un finissimo solo di Eric Steckel che conferma, quando vuole, il suo gusto e la sua tecnica https://www.youtube.com/watch?v=Vy3pk6QNN1U . Luci ed ombre, ma gli amanti dei “bravi chitarristi” troveranno motivi per apprezzare.

Bruno Conti