Per Ora Solo Download E Streaming, Il CD Uscirà 14 Maggio! David Gray – Skellig

david gray skellig

David Gray – Skellig – Laugh A Minute Records

Nella seconda parte del 2020 appena concluso c’era stata una fioritura di uscite discografiche, materiale registrato durante la pandemia, sia nel corso dell’estate, come pure nei mesi precedenti, o addirittura appena prima della scoperta del Covid. E quindi le case discografiche si erano affrettate a pubblicarle, pur nella mancanza della possibilità di promuoverli con tour o apparizioni televisive. Questo in attesa che la situazione migliorasse: cosa che come stiamo vedendo non è ancora del tutto avvenuta. Per cui in questi primi mesi del 2021 dischi nuovi ne stanno uscendo abbastanza pochi, e parecchie di queste uscite avvengono prima soprattutto in download e streaming, con la pubblicazione delle versioni in CD e LP previste spesso per mesi dopo. Tra i tanti interessati da questa tendenza c’è anche David Gray, (artista inglese, diventato però quasi irlandese per adozione) che rilascia ora il nuovo Skellig per il dowload e streaming, mentre la versione in CD uscirà solo il 14 maggio: come vedete anche noi ci adattiamo a parlarne nel momento in cui vengono resi disponibili.

Gray ha ormai una discografia consistente, dieci album in studio: per il sottoscritto i migliori rimangono ancora i primi tre, A Century Ends, Flesh e Sell, Sell, Sell, anche se pure White Ladder, quello che ne ha decretato il successo globale, era un ottimo album. Poi nei successivi ha alternato lavori nei quali la componente folk, veniva arricchita, o depauperata, a seconda dei punti di vista, dall’utilizzo dell’elettronica, mai invadente, ma comunque presente. Il precedente Gold In A Brass Age era uno di questi, con Gray e il produttore Ben De Vries alle prese con tastiere e devices vari, che non hanno mai impedito di apprezzare la voce roca, vissuta, appassionata di David, cantautore inserito in quel filone della musica anglo-irlandese che discende da Van The Man, Nick Drake e altri musicisti di area folk e da alcuni cantautori americani, non derivativa (insomma, giusto un pochino) ma ispirata e correlata a queste coordinate sonore. Nel nuovo disco, l’undicesimo, il cui titolo Skellig viene da un piccolo scoglio vicino alle coste irlandesi, Gray è accompagnato da una pattuglia di musicisti irlandesi, Mossy Nolan, il collega David Kitt, Niamh Farrell and Robbie Malone, a piano, chitarre, basso, batteria, tastiere e voci sovrapposte, più la cellista classica britannica Caroline Dale.

Un disco tranquillo e sereno, dove certa rabbia e impeto di precedenti prove di Gray viene accantonato a favore di un approccio a tratti corale, come nell’iniziale title-track dove viene usato un coro di sei voci all’unisono che intonano melodie avvolgenti, sottolineate da una chitarra acustica arpeggiata à la Nick Drake, piano, organo e tastiere minimali, con risultati affascinanti. Dun Laoghaire, con la bella voce di David in primo piano, è un acquarello folk delizioso, solo per voce e chitarra, con gli altri vocalist che entrano nel finale; anche Accumulates privilegia questo ritorno al suono più raccolto dei primi album, con il cello della Dale a sottolineare la parte introduttiva, poi entra una batteria discreta ma incalzante che dà un certo vigore rock alla canzone https://www.youtube.com/watch?v=-Pj5pS-ud1U , e alla voce accorata del nostro. Heart And Soul potrebbe essere il manifesto dei capisaldi della propria musica, tra delicati palpiti e deliziose melodie amorose, mentre Laughing Gas è una bella ballata pianistica, appena “lavorata” a livello di suono, con lo struggente cello della Dale in evidenza.

La tenera False Gods è quasi consolatoria, Deep Water Swim, altra ballata solenne con Morrison, e il primo Springsteen, nel DNA, lascia poi spazio al lento ma inesorabile crescendo della lunga Spiral Arms e della bucolica Dares My Heart Be Free, con squarci quasi mistici delle campagne del Nord, con una voce femminile a contrappuntare quella di Gray. Molto bella anche House With No Walls, con il fingerpicking ad accompagnare la voce di David, che poi si lascia andare alle dolcezze non svenevoli di un’altra ballata pianistica come It Can’t Hurt More Than This, dove la voce di Gray ricorda molto quella del Bono più intimista https://www.youtube.com/watch?v=yt1QHkBExl8  e anche la conclusiva All That We Asked For ha questo empito di serenità conquistata a fatica attraverso una interpretazione struggente https://www.youtube.com/watch?v=nslKfgnv_PY . Un buon disco che dovrebbe piacere agli amanti della musica di un David Gray particolarmente ispirato.

Bruno Conti

E’ Proprio Il Caso Di Dire: Comoradh Sona! Clannad – In A Lifetime

clannad in a lifetime 2 cd

Clannad – In A Lifetime – BMG 2CD – 2LP – Super Deluxe 4CD/3LP/7” Box Set

Mi sembrava appropriato intitolare il post odierno con una frase che in gaelico significa “buon anniversario” per introdurre questa antologia che celebra i cinquanta anni di attività dei Clannad, storica band irlandese che è stata la prima a portare negli anni settanta il gaelico nelle case di milioni di ascoltatori, prima nel paese natale e dagli anni ottanta in poi anche al di fuori dei patri confini. I Clannad sono il caso più unico che raro di un gruppo che non ha mai cambiato formazione nel corso di cinque decadi, ma al massimo ha subito qualche “aggiustamento”: i nostri sono infatti una family band originaria del Donegal (in gaelico “clann” significa appunto famiglia) guidati dalla voce cristallina di Maire “Moya” Brennan coadiuvata dai fratelli Pol e Ciaran e dagli zii Noel e Padraig Duggan; gli unici cambiamenti della line-up sono avvenuti dal 1980 al 1982 quando a loro si è unita Eithne Brennan, sorella di Moya, Pol e Ciaran (che con il nomignolo di Enya otterrà un grande successo nella seconda metà degli anni ottanta con una musica però più new age che folk), quando Pol ha lasciato la band nel 1995 (rientrando però nel 2011), e soprattutto quando nel 2016 sono diventati un quartetto a causa della morte prematura di Padraig.

I Clannad sono uno dei gruppi irlandesi più popolari al mondo, e nel corso della loro carriera sono passati dal puro folk di stampo tradizionale degli inizi ad una musica aperta a varie contaminazioni che li ha portati ad unire al loro suono elementi rock, pop, new age, jazz e world music: la caratteristica delle loro canzoni (nel 95% dei casi autografe, tranne nei primi anni quando si rivolgevano spesso a brani della tradizione) è di essere profondamente evocative e d’atmosfera, perfette per essere usate, cosa che è puntualmente avvenuta, come colonna sonora di film, serie tv e perfino documentari e cartoni animati. Quest’anno la band festeggia come ho già detto i cinquanta anni di attività (*NDM: non per fare sempre il pignolo, ma in realtà, al solito, il loro esordio discografico risale al 1973, e poi si sono presi circa dieci anni di pausa da dischi e tour tra la fine dei novanta ed il 2008) e quale occasione migliore per immettere sul mercato una bella antologia (oltre ad un tour celebrativo, ma in tempi di coronavirus tutto è in discussione)? Di “greatest hits” del gruppo infatti ne esistono già una marea (molto più dei loro album ufficiali, “appena” sedici in studio e quattro dal vivo), ma questo In A Lifetime merita senz’altro un’attenzione particolare pur essendo un prodotto più adatto ai neofiti che ai fans a causa della presenza di appena due inediti, incisi apposta per il progetto.

L’edizione più diffusa è quella in doppio CD con 37 canzoni, poi c’è anche un doppio LP con appena 20 brani, ed infine quella di cui mi occupo oggi, cioè un lussuoso box set di quattro CD, tre LP ed un 45 giri (esiste anche una versione del cofanetto in vendita solo sul sito della band e con un CD in più intitolato Rarities, ma costa veramente tanto). Il box è molto elegante, con un bel libro interno ricco di foto rare e testimonianze dei membri del gruppo (ma le note riguardo ai brani contenuti sono abbastanza scarne, ed omettono anche da che album provengono, cosa che quando avviene mi fa abbastanza arrabbiare): la parte musicale è formata come dicevo da quattro CD che presentano canzoni prese da ogni disco della band, il doppio LP in vendita anche separatamente (inclusione abbastanza inutile, avrei preferito magari un DVD dal vivo, dato che il 99% del box è in studio), un altro vinile rimasterizzato con l’album del 1985 Macalla (che è quello che ha dato ai nostri la popolarità internazionale) ed un 45 giri con il primo singolo in assoluto uscito nel 1974. Il primo CD va dagli esordi al 1980: il viaggio inizia con la toccante Thios Cois Na Tra Domh, caratterizzata dalla splendida voce di Moya, da un coro ricco di pathos e da una strumentazione elettroacustica di notevole forza emotiva, tutte peculiarità tipiche del suono dei nostri.

Altri highlights sono Siubhan Ni Dhuibhir, con il bel contrasto tra la parte vocale di stampo tradizionale e l’accompagnamento folk-rock, lo strumentale Eleanor Plunkett, dominata da un bel flauto, la drammatica ma bellissima Coinleach Ghlas An Fhomhair, la splendida Teidhir Abhaile Riù, pura irish music, la limpida Two Sisters, primo brano del box cantato in inglese, e la squisita Cruiscin Lan. Di questo periodo fa parte anche il 45 giri allegato Dhéanainn Sugradh (curiosamente non inserita nel CD), un coinvolgente brano corale che più tradizionale non si può. Il secondo dischetto contiene i due più grandi successi del gruppo, ovvero la corale e quasi ecclesiastica Theme From Harry’s Game ed il duetto con Bono nella raffinata In A Lifetime, entrambe canzoni che però non rientrano tra le mie preferite. Meglio secondo me le acustiche ed intense The Last Rose Of Summer e Crann Ull, la saltellante Na Buachaillì Alainn, il raffinato strumentale Ni La Na Gaoithe La Na Scoilb?, con continui cambi di ritmo e melodia, la discreta I See Red (unica cover del box a parte i traditionals, essendo un brano di Gerry Rafferty), l’orecchiabile e pop-oriented Closer To Your Heart. Alcune cose ricordano però lo stile simil-new age che di lì a poco farà la fortuna di Enya, come Newgrange, Tower Hill ed in parte anche i brani tratti da Legend (colonna sonora di una serie tv su Robin Hood), tranne l’irish tune Together We e l’emozionante e cinematografica Lady Marian.

Il terzo CD va dal 1985 al 1994, il periodo di maggior popolarità del gruppo, il quale si era aperto anche a collaborazioni esterne (Bruce Hornsby, J.D. Souther, il cantante dei Journey Steve Perry, il sassofonista ex King Crimson Mel Collins ed il noto batterista Russ Kunkel): i migliori episodi sono la potente ballata Almost Seems (Too Late To Turn), bella nonostante le sonorità anni ottanta, la deliziosa Journey’s End, tra le più immediate del box, la rockeggiante Second Nature, lo slow Many Roads, l’incalzante In Fortune’s Hand, che non ha niente di folk ma è piacevole, mentre l’ottima Poison Glen rimanda al suono dei primi anni. Non mancano i brani più commerciali e dal suono impersonale, come Why Worry? (non è quella dei Dire Straits) che sembra più vicina a certe cose di Sting. L’ultimo CD inizia con la corale I Will Find You, dalla colonna sonora de L’Ultimo Dei Moicani, e termina con i due brani nuovi: la scintillante ed evocativa folk song A Celtic Dream e la non eccelsa Who Knows (Where The Time Goes), che non è purtroppo il classico di Sandy Denny ma un brano originale.

In mezzo troviamo diverse belle canzoni come la tenue ballata Sunset Dreams, il pop-rock solare e gradevole Seanchas, l’avvolgente A Bridge (That Carries Us Over), le belle Fadò e The Bridge Of Tears, entrambe di notevole impatto emotivo. C’è anche l’unico brano dal vivo di tutto il box (registrato alla Christ Church Cathedral), cioè una splendida e commovente Down By The Sally Gardens per voci, chitarra e flauto, mentre gli ultimi quattro pezzi prima dei due nuovi sono tratti da Nadur (l’unico album di studio di Moya e compagni nel presente millennio), e risultano tutti piacevoli e riusciti. Due parole per l’album Macalla, presente come ho detto sotto forma di LP: metà di esso lo abbiamo già ascoltato nei CD (Caislean Oir, Closer To Your Heart, In A Lifetime, Almost Seems e Journey’s End), mentre tra i restanti brani spiccano la tersa The Wild Cry, perfetto esempio di folk song moderna, l’acustica e profonda Buachaill On Eirne e Northern Skyline, malinconica ma decisamente bella.

Una bella retrospettiva dunque, perfetta se dei Clannad avete poco o nulla: meglio comunque il box del doppio CD (che comunque costa poco èiù di un singolo), se non altro per avere un po’ di ottima compagnia musicale in questo periodo di quarantena forzata.

Marco Verdi

clannad in a lifetime box

 

Novità Prossime Venture 2020 6. Clannad In A Lifetime: Una Bella Antologia Retrospettiva Anche Per Loro, In Uscita Il 13 Marzo

clannad in a lifetime 2 cdclannad in a lifetime box

Clannad – In A Lifetime – 2 CD – 2 LP – Super Deluxe Box 4 CD + 3 LP + 1 7″ – BMG Rights Management – 13-03-2020

Buone e cattive notizie notizie per gli amanti della band irlandese di folk celtico: anche loro quest’anno festeggiano i 50 anni di carriera (benché l’uscita del primo album sia avvenuta solo nel 1973), ma i Clannad hanno annunciato che il tour inglese che sta per partire il 3 marzo sarà quello dell’addio. Lo fanno comunque in grande stile con l’uscita di una antologia retrospettiva che sarà pubblicata il 13 p.v., che sarà disponibile in due versioni, una in doppio CD o vinile, e l’altra in un sontuoso (e costoso) cofanetto di 4 CD, 3 album in vinile, un 45 giri, un libro, cartoline e poster, che indicativamente dovrebbe costare oltre i 100 euro.

Diciamo che di antologie dei Clannad nel corso degli anni ne sono uscite molte, ma questa è l’unica che raccoglie materiale pubblicato con tutte le diverse etichette per cui hanno inciso: Phillips, Gael-Linn, Tara, RCA e Atlantic. Ecco il contenuto del doppio CD.

In A Lifetime – 2CD set

CD1
1. Thíos Cois Na Trá Domh
2. An Mhaighdean Mhara
3. Eleanor Plunkett
4. Coinleach Ghlas An Fhómhair
5. Dúlamán
6. Two Sisters
7. dTigeas a Damhsa
8. The Last Rose Of Summer
9. Ar a Ghabháil ‘n a ‘Chuain Damh
10. Crann Úl
11. Mheall Sí Lena Glórthaí Mé
12. Mhórag‘s Na Horo Gheallaidh
13. Theme From Harry’s Game
14. Newgrange
15. Robin (The Hooded Man)
16. Strange Land
17. Closer To Your Heart
18. In A Lifetime (with Bono)
19. Almost Seems (Too Late To Turn)
20. White Fool
21. Something To Believe In

CD 2
1. Atlantic Realm
2. Voyager
3. A Dream In The Night (The Angel & The Soldier Boy)
4. Hourglass
5. Rí Na Cruinne
6. Poison Glen
7. Na Laethe Bhí
8. I Will Find You (Theme From “The Last Of The Mohicans”)
9. Croí Cróga
10. A Bridge (That Carries Us Over)
11. A Mhuirnín Ó
12. The Bridge Of Tears
13. Vellum
14. Brave Enough
15. A Celtic Dream
16. Who Knows (where the time goes)

Un solo inedito, ovvero la loro versione di Who Knows (where the time goes), lo splendido brano di Sandy Denny (o così credevo, invece è un brano dei tre fratelli Brennan,per la verità decisamente meno bello), mentre andiamo meglio nella versione in cofanetto, dove c’è anche un quinto CD intitolato Rarities, che tiene fede al titolo.

Tracklisting:

CD1
1. Thíos Cois Na Trá Domh
2. Siúbhán Ní Dhuibhir
3. An Mhaighdean Mara
4. An tOileán Úr
5. Níl Sé Ina Lá
6. Eleanor Plunkett
7. Coinleach Ghlas An Fhómhair
8. Gaoth Barra Na dTonn
9. Teidhir Abhaile Riú
10. Dúlamán
11. Two Sisters
12. Éirigh Suas, a Stóirín
13. Siúil, a Rúin
14. dTigeas a Damhsa
15. Crúiscín Lán
16. Ar a Ghabháil ‘n a ‘Chuain Damh

CD2
1. The Last Rose of Summer
2. Lá Coimhthíoch Fán dTuath (A Strange Day in the Countryside)
3. Crann Úll
4. Na Buachaillí Álainn
5. Mheall sí lena glórthai mé
6. Ni lá na gaoithe lá na scoilb?
7. Mhórag’s na horo Gheallaidh
8. Theme from Harry’s Game
9. I See Red
10. Newgrange
11. Tower Hill
12. Thíos Fá’n Chósta
13. Robin (The Hooded Man)
14. Herne
15. Together We
16. Lady Marian
17. Strange Land
18. Caislean Oir
19. Closer to Your Heart
20. In a Lifetime (with Bono)

CD3
1. Almost Seems (Too Late to Turn)
2. Journey’s End
3. Second Nature
4. White Fool
5. Something to Believe In
6. Many Roads
7. Atlantic Realm
8. Ocean of Light
9. Voyager
10. A Dream in the Night (The Angel & the Soldier Boy)
11. Hourglass
12. Rí Na Cruinne
13. In Fortune’s Hand
14. Poison Glen
15. Why Worry?
16. Na Laethe Bhí
17. Mystery Game

CD4
1. I Will Find You
2. Sunset Dreams
3. Crói Cróga
4. Seanchas
5. A Bridge (That Carries Us Over)
6. Farewell Love
7. An Gleann
8. Fadó
9. A Mhuirnin Ó
10. The Bridge of Tears
11. Down By the Sally Gardens
12. Vellum
13. Rhapsody na gCrann
14. Brave Enough
15. A Song in Your Heart
16. A Celtic Dream
17. Who Knows (where the time goes)

1CD Rarities

  1. Dhéanainn Súgradh
  2. Now Is Here (2003 – Remaster)
  3. The Hunter (2003 – Remaster)
  4. Christmas Angels
  5. Gaothbearra (Live from The Royal Albert Hall)
  6. Do Na Dlo Sv (From Last of the Mohicans)
  7. Forces of Nature (From Warriors of Virtue)
  8. Something to Believe In (7″ Version) (2003 – Remaster)
  9. White Fool (7″ Version) (2003 – Remaster)
  10. Skellig (Edit)
  11. Vellum (Rradio Edit)
  12. World of Difference (2003 – Remaster)
  13. I Will Find You (Afterlife Mix)
  14. Rí Na Cruinne (Lazyboy Mix)
  15. Crói Cróga (Cantoma Mix)
  16. An Gleann (Cantoma Mix)

2LP
Side A
1. An Mhaighdean Mhara
2. Eleanor Plunkett
3. Dúlamán
4. The Last Rose of Summer
5. Crann Úll

Side B
1. Mheall sí lena glórthai mé
2. Theme from Harry’s Game
3. Robin (The Hooded Man)
4. In a Lifetime
5. Second Nature
6. Atlantic Realm

Side C
1. A Dream in the Night (The Angel & the Soldier Boy)
2. Hourglass
3. Poison Glen
4. I Will Find You

Side D
1. A Bridge (That Carries Us Over)
2. A Mhuirnin Ó
3. Rhapsody na gCrann
4. A Celtic Dream
5. Who Knows (where the time goes)

Macalla LP
Side A
1. Caislean Oir
2. The Wild Cry
3. Closer to Your Heart
4. In a Lifetime
5. Almost Seems (Too Late to Turn)

Side B
1. Indoor
2. Buachaill Ón Éirne
3. Blackstairs
4. Journey’s End
5. Northern Skyline

7’’ Single
Side A
Dhéanainn Súgradh
Side B
Eleanor Plunkett

L’ulteriore brutta notizia è però che il CD delle Rarities sarà disponibile solo nella versione del cofanetto venduta sul sito dei Clannad, che costerà un bel 165 euro, potete provare ad ordinarlo quihttps://www.clannad.ie/products/in-a-lifetime-anthology-deluxe-set 

Mentre nel primo CD, sia della versione doppia che in quella del box, ci sono pure delle canzoni del periodo in cui faceva parte del gruppo anche Enya (che per chi non lo sapesse è la sorella della cantante della formazione irlandese, Maire Moya Brennan, o se preferite la dicitura in gaelico Máire Ní Bhraonáin) e ci sono altri fratelli due componenti della famiglia, tuttora in formazione. La canzone più famosa è sicuramente In A Lifetime, bellissima,un duetto con Bono, estratto da Macalla, ma ancheTheme from Harry’s Game tratta da Magical Ring, non scherza, oltre all’intero album Legend, che era la colonna sonora di una serie televisiva dedicata a Robin Hood e sempre a proposito di colonne sonore anche quella dell’Ultimo dei Mohicani aveva dei brani dei Clannad. Molto bello anche il disco dal vivo alla Christ Church Cathedral  https://discoclub.myblog.it/2013/03/28/una-grande-chi/.

Se non potete permettervi il cofanetto, e non avete nulla dei Clannad, direi che almeno il doppio CD è indispensabile da avere!

Alla prossima!

Bruno Conti

Cofanetti Autunno-Inverno 19. Un Box Con Tante Luci E Qualche Ombra…Ma Le Luci Sono Abbaglianti! Little Steven – Rock’n’Roll Rebel: The Early Work

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Little Steven – Rock’n’Roll Rebel: The Early Work – Wicked Cool/Universal 7LP/4CD Box Set

L’ottimo successo di pubblico e critica degli ultimi due album di Little Steven Soulfire e Summer Of Sorcery (unito al fatto che erano due dischi splendidi) ha convinto il rocker di origine italiana a rinfrescare la sua discografia passata, ma nel farlo il nostro ha deciso di regalare ai fans (si fa per dire, visto il costo del box) una cospicua serie di brani inediti. Rock’n’Roll Rebel: The Early Work ha però una struttura molto particolare: se infatti la maggior parte dei cofanetti che comprende sia CD che LP si limita a ripetere sul vinile quello che c’è sui supporti digitali, qui è stato scelto di includere i cinque album pubblicati da Van Zandt tra il 1982 ed il 1999 (più un “intruso”, come vedremo) solo in LP rimasterizzati e presentati in splendidi vinili colorati dal look “marmoreo”, e di lasciare le bonus tracks a parte in ben quattro CD. Un box spettacolare dal punto di vista visivo, che come vedremo ha qualche pecca dal lato musicale, attribuibile più che altro alle scelte artistiche del nostro negli anni ottanta, pecche che vengono però ampiamente bilanciate dal contenuto inedito dei CD, che per circa metà arriva a sfiorare le cinque stelle (specialmente nel primo). Ma bando alle ciance e vediamo nel dettaglio cosa contiene il box (NDM: la versione “fisica” del cofanetto, acquistabile solo online, è purtroppo già esaurita, comunque provate qui https://shop.udiscovermusic.com/products/rock-n-roll-rebel-the-early-work-box-set ma se volete è disponibile il download dei singoli album, con le bonus tracks divise per ognuno di essi e non a parte come nel cofanetto, anche se con qualche importante mancanza).

Men Without Women (1982). Steve Van Zandt, fino ad allora chitarrista della E Street Band e produttore di Southside Johnny & The Asbury Jukes e del comeback album di Gary U.S.Bonds Dedicated, decide di intraprendere la carriera solista cambiando il suo nome in Little Steven un po’ per distinguersi dal gruppo di Bruce Springsteen ed un po’ come omaggio a Little Richard e Little Walter. Men Without Women è accreditato a Steven ed ai Disciples Of Soul, un gruppo di romantici straccioni che mette su disco una perfetta riproduzione del “Jersey Sound”, cioè una miscela ad alto tasso energico di rock’n’roll, soul, R&B e doo-wop con largo uso di fiati (la sezione di cinque elementi di Richie “LA Bamba” Rosenberg): il disco è splendido, a tutt’oggi il migliore di Steven fino a Soulfire del 2017, che infatti ne ricalca le sonorità ed è inciso con una formazione aggiornata dei DOS. Si inizia con la trascinante Lyin’ In A Bed Of Fire, dalla melodia irresistibile, e si prosegue senza cadute di tono con highlights come lo scintillante errebi bianco Inside Of Me, la calda soul ballad Until The Good Is Gone, puro Jersey Sound, la bellissima e quasi dylaniana title track, Save Me, saltellante e vigorosa ma con una melodia d’altri tempi, la splendida e toccante Princess Of Little Italy, in cui viene fuori il ruvido romanticismo di questa band di pirati, la coloratissima e coinvolgente Angel Eyes. E mi fermo qui per non citarle tutte.

Voice Of America (1984). Con questo album Steve inizia a produrre canzoni dai testi arrabbiati a sfondo politico e sociale (principalmente ispirati dalla politica estera di Reagan), un andazzo che proseguirà per il resto della decade. Ma soprattutto, e purtroppo, si cominciano a palesare sonorità in voga in quel periodo, fatte di suoni gonfi e sintetizzati che in questo album finiscono per spersonalizzare l’apporto dei Disciples Of Soul (dove sono i fiati?) a favore di un rock sound piuttosto qualunque. Ma il disco si mantiene a galla grazie alla bontà di alcune composizioni: il brano più noto è l’orecchiabile reggae I Am A Patriot (che Jackson Browne farà sua di lì a poco), e non male sono la stonesiana Justice, pur con il suo suono eighties, Out Of The Darkness, che sarebbe una grande rock song se al posto dei synth ci fossero i fiati, e Los Desaparecidos che ha un bel tiro nonostante il suono gonfio. Per contro, la title track è un brano rock potente e diretto ma non eccelso, Checkpoint Charlie una ballata piuttosto qualunque, mentre Fear è brutta e basta. Un album comunque ben al di sopra della sufficienza considerando cosa verrà dopo

Sun City (1985). L’inclusione di questo album nel box è un po’ una forzatura, dato che trattasi di una compilation intestata al supergruppo United Artists Against Apartheid (una moda dell’epoca, basti pensare agli USA For Africa e ai britannici Band Aid). Ma Steve è l’ideatore e regista dell’operazione, nonché autore della title track, un brano di feroce protesta contro la segregazione razziale in Sudafrica (Sun City era – ed è ancora – un resort di lusso che allora era aperto solo ai bianchi). L’iniziativa è quindi più che lodevole, ma il risultato finale non è il massimo in gran parte a causa della produzione pesantemente anni ottanta di Arthur Baker e ad una scelta di pezzi non proprio impeccabile. La stessa Sun City non è una grande canzone (ed infatti il successo fu deludente), ma è supportata da un suggestivo video girato da Jonathan Demme in cui vediamo interagire insieme, e non succede tutti i giorni, gente del calibro di Bob Dylan, Bruce Springsteen, Miles Davis, Lou Reed, Pete Townshend, Peter Gabriel, Bono, Joey Ramone, Jimmy Cliff, Hall & Oates, Jackson Browne, Bonnie Raitt, Bobby Womack e molti altri (e purtroppo anche diversi rappers).

Il resto dell’album è di dubbio livello, a partire da No More Apartheid, in cui un Peter Gabriel in ciabatte si limita a gorgheggiare su una base musicale da mani nei capelli, mentre Revolutionary Situation è un collage quasi inascoltabile di suoni, rumori e dichiarazioni estrapolate da discorsi di politici ed attivisti. Let Me See Your I.D. è puro rap (genere che odio), The Struggle Continues un discreto pezzo di jazz-rock dominato dalla tromba di Davis e dal piano di Herbie Hancock (e con la sezione ritmica dei grandi Ron Carter e Tony Williams); il brano migliore è Silver And Gold, una rock song diretta, cadenzata e con elementi blues scritta e cantata da Bono ed eseguita con l’aiuto di Keith Richards, Ronnie Wood e Steve Jordan. Album che era comunque fuori catalogo dai primi anni novanta.

Freedom-No Compromise (1987). Il disco più venduto di Steve grazie al successo del singolo Bitter Fruit, un pop-rock orecchiabile che all’epoca si sentiva ovunque (ricordo che il nostro lo presentò anche al Festivalbar e ci fu una versione itailana di Antonello Venditi ). L’elettronica ha ormai preso il sopravvento sul rock (ed il songwriting non è dei migliori), e del resto del disco salvo solo Trail Of Broken Treaties, che pur essendo infarcita di sonorità finte ha un ritornello corale piacevole, e la solare ballata reggae Native American, con la seconda voce di Springsteen. Pollice verso per il resto, in cui il nostro assomiglia al peggior Prince.

Revolution (1989). Se il precedente era un album largamente insufficiente, di fronte a questa schifezza è un mezzo capolavoro: qui le poche idee affogano in un marasma di suoni orrendi, e qualcuno all’epoca aveva pensato che il buon Van Zandt ce lo fossimo giocati definitivamente. Non c’è molto altro da dire, se non che l’unico momento in cui affiora una parvenza di musica è nel solito reggae di Leonard Peltier, dedicato al protagonista di uno dei più scottanti e controversi casi di cronanca nera dei seventies. Tutto il resto è quasi inascoltabile. Born Again Savage (1999). Dopo dieci anni di silenzio, un deciso ritorno alla musica, un disco ispirato alle band rock e hard rock come Cream, Who, Jeff Beck Group e Led Zeppelin: un suono essenziale da power trio chitarra-basso-batteria, con il nostro aiutato dal bassista degli U2 Adam Clayton e dai tamburi di Jason Bonham. Non un capolavoro, ma una boccata d’aria fresca con strumenti veri e brani diretti, potenti ed essenziali (e testi a sfondo religioso) come il rock’n’roll sotto steroidi Camouflage Of Righteousness, il roboante e riffato hard blues Guns, Drugs And Gasoline, l’ottima rock ballad zeppeliniana Face Of God, la lunga ed epica Saint Francis, la stonesiana Salvation, la ritmata e trascinante Flesheater e gli otto strepitosi minuti della conclusiva Tongues Of Angels. Prima stampa in assoluto in (doppio) LP per questo album.

Ed ecco una disamina degli inediti e rarità nei quattro CD, che sono divisi per periodi.

CD1 – Men And Women (And Before). Dopo l’inedita Rock’n’Roll Rebel, brano invero bruttino e pieno di synth del 1983, andiamo indietro nel tempo per ben nove pezzi (esclusivi per questo box, nel senso che non fanno parte dei downloads), a partire da una rarissima performance del 1973 del duo Southside Johnny & The Kid (un country-blues acustico intitolato Who Told You?), dove The Kid è proprio Steve, e seguiti da otto canzoni unreleased registrate fra il 1976 ed il 1977 da Southside Johnny & The Asbury Jukes ma con Steve alla voce solista, tra demos, rehearsals, brani live (That’s How It Feels allo Stone Pony) e versioni alternate di titoli come When You Dance, Little Darlin’, Ain’t No Lady, Love On The Wrong Side Of Town, Little Girl So Fine, Some Things Just Don’t Change e She Got Me Where She Wants Me: inutile dire che è tutto imperdibile, nonostante l’incisione non sempre impeccabile. Poi abbiamo quattro scintillanti versioni live in studio di brani di Men And Women per un film musicale “alla Purple Rain” poi abortito (Angel Eyes, Forever, Until The Good Is Gone e Save Me), una early take di I’ve Been Waiting, il lato B Caravan (classico di Duke Ellington che Steve trasforma in un omaggio a Beck’s Bolero) ed il bellissimo inedito assoluto Time, outtake di Voice Of America che è meglio di molto materiale finito sull’album.

CD2 – Voice Of America. Tre splendidi brani dal vivo al Marquee di Londra nell’82 (This Time It’s For Real, Caravan ed una strepitosa I Don’t Want To Go Home), l’inedita It’s Possible, rock song dal sound bombastico ma coinvolgente, ma anche brutture come il singolo anti-Reagan Vote! (proposto in ben cinque versioni quando una bastava ed avanzava) o il remix danzereccio per il dodici pollici di Out Of The Darkness. Però abbiamo anche una rara performance solitaria per voce e piano (l’unica della carriera dal vivo di Steve) di Inside Of Me per una TV francese, e soprattutto il work in progress della canzone Alive For The First Time, una vera e propria writing session di dieci minuti, ancora con Steve al piano, in cui vediamo letteralmente nascere il brano a poco a poco.CD3 – Sun City. Sette lunghi brani, il dischetto meno interessante in quanto lo spazio è occupato da ben tre remix della pessima Let Me See Your I.D. e due della title track, in cui impazza l’arte, si fa per dire, di Baker. Molto interessante invece l’inedita Soweto Nights, una spettacolare e fluida jam tra Hancock, Carter e Williams nella miglior tradizione dei trii jazz (con Herbie fenomenale), mentre chiude il dischetto una The Struggle Continues “extended” in cui il solo intervento di Miles Davis supera i sei minuti.

CD4 – Freedom-No Compromise, Revolution (And Later). Anche qui gran parte del contenuto è dimenticabile, con tre remix dance di Bitter Fruit ed una versione in spagnolo della stessa canzone, più due altrettanto superflue No More Party’s (la prima più rock dell’originale e con la parte vocale ricantata); Vote Jesse In è un brano inedito scritto da Steve per la campagna presidenziale di Jesse Jackson ma non usato da quest’ultimo (e chiediamoci il perché), e poi ci sono altri due missaggi alternativi dell’orribile Revolution, entrambi con l’aggiunta del sax del grande Maceo Parker (che spreco!). Il finale per fortuna è in deciso crescendo con due deliziosi pezzi dal vivo acusitci in quartetto incisi nel 1995 per una trasmissione del noto DJ Vin Scelsa (I Wish It Would Rain dei Temptations ed una Princess Of Little Italy più struggente che mai), e l’evocativa ed intensa It’s Been A Long Time, incisa da Steve solo con la sua chitarra nel 2019 apposta per questo box.

Un cofanetto quindi dalla qualità altalenante specie per quanto riguarda gli LP degli anni ottanta (escluso il primo e parte del secondo), ma bilanciato dalla bellezza di molti inediti contenuti nei CD: se non verrà ristampato, potrebbe essere una delle rare volte in cui vi potete accontentare del download, anche perché così non siete costretti a prendervi tutto il blocco.

Marco Verdi

Anche Se Il CD Non Esiste Ne Varrebbe Comunque La Pena: I “Fiori Di Serra” Sono Rifioriti! Hothouse Flowers – Let’s Do This Thing

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Hothouse Flowers – Let’s Do This Thing – Self Realesed

*NDB Come avrete notato sul Blog di solito non parliamo di album che non esistono in formato fisico ma solo per il dowload. Però, per gli artisti che ci piacciono e meritano, facciano qualche eccezione. Già qualche anno fa era successo proprio per gli Hothouse Flowers http://discoclub.myblog.it/2011/01/02/riuscira-una-delle-migliori-band-sul-pianeta-a-farsi-pubblic/  e ora eccoli di nuovo solo in veste digitale. La parola a Tino…

A volte ritornano (per fortuna), verrebbe da dire: sembravano scomparsi, certamente ai tanti loro “fans” avevano fatto perdere, ma non del tutto, le tracce, risucchiati da un mercato discografico che necessita (purtroppo) sempre di nuovi volti e di nuovi personaggi. Sembravano scomparsi, si diceva, e invece per nostra fortuna sono vivi e vegeti, e sono tornati in sala d’incisione: stiamo parlando degli irlandesi Hothouse Flowers, che dopo un inizio di carriera per un importante “major” (la Polygram dei tempi, oggi Universal), avevano cercato con alterna fortuna di emulare i fasti dei più noti (e sponsorizzati) connazionali U2. La band ieri come oggi si regge sulle composizioni di Fiachna O’Branoin e di Peter O’Toole, elevate all’estrema potenza dalla voce e dall’interpretazione del leader indiscusso Liam O’Maonlai. Così a distanza di 14 anni dall’ultimo lavoro in studio Into Your Heart (04), e 7 dallo splendido live Goodnight Sun (10), puntualmente recensito su queste pagine, tornano con questo inaspettato Let’s Do This Thing, registrato nei noti  Windmill Lane Studios di Dublino, in cui è ancora una volta Liam il personaggio chiave di questa band, voce, tastiere e chitarre, a dirigere l’attuale line-up del gruppo composta dai citati Fiachna O’Braonàin alle chitarre e voce, Peter O’Toole al basso, e dal nuovo componente Dave Clarke alla batteria.

E il carisma di Liam è intatto e ben centrato a giudicare dalla splendida ballata iniziale Three Sisters, a cui fanno seguito il ricco e corposo arrangiamento di una quasi recitativa Sunset Sunrises, la strumentale e pianistica The Yacht (dove si evidenzia ancora una volta la bravura di Liam), per poi passare alle atmosfere rarefatte e “groove” di Back Through Time. Il pianoforte è ancora lo strumento principe e dominante della sofferta e accorata ballata Baby Is It Over Now, per poi proseguire con le note ossessive di una spettrale Blue Room (dove Liam si “traveste” quasi da John Trudell), riscoprire l’amore per il grande Van Morrison in una grande ballata come Let’s Do This Thing, senza dimenticarsi di tornare anche alle origini del gruppo, con la rabbia “soul” di una quasi “psichedelica” Are You Good?. La parte finale del disco viene affidata alle aperture “jam” e infatuazioni della band per la musica nera, con Music That I Need e Dance To Save The World cantate in falsetto da Liam,,che sembrano trascinare il gruppo verso i mai dimenticati compatrioti irlandesi dei Commitments. Questo nuovo lavoro Let’s Do This Thing è una prova evidente che la band sa scrivere ancora ottime canzoni, un lavoro che riesce a proporre con disarmante semplicità tutte le influenze del gruppo, trasformando l’energia del tempo degli esordi (una miscela di sana musica irlandese, con influenze soul, gospel e rock), in una prova matura, dove emerge al solito la grande capacità interpretativa di Liam O’Maonlai (dotato di una voce sublime come Bono e Van Morrison), un cantante in grado di trasformare ogni canzone (anche la più banale), in un piccolo capolavoro.

Per chi scrive, ma sono dichiaratamente di parte, se non fosse per gli Hothouse Flowers il grande panorama del rock irlandese sarebbe molto più piatto, in quanto canzoni come Your Love Goes On, This Is (Your Soul), Don’t Go, Forgiven, Sweet Marie, Christchurch Bells, Giving It All Away, One Tonque, I Can See Clearly Now, e la lancinante bellezza di una stratosferica If You Go (la trovate su People), non si possono discutere e rappresentano un patrimonio della musica irlandese. In fondo la differenza sostanziale fra gli “stellari” U2, e la band di Liam O’Maonlai, è che i primi si sono fatti “fagocitare” dal business musicale, i secondi ne hanno preso le distanze preferendo mantenere un rapporto sereno tra la loro vita e la loro musica, e se ascolterete i loro dischi proverete sicuramente delle genuine emozioni, e magari se avrete la fortuna di assistere ai loro concerti, energia e calore https://www.youtube.com/watch?v=0hGuUWOoA08 . In conclusione, se devo portare dei dischi sulla famosa “isola deserta”, sicuramente la scelta è obbligatoria in toto per la discografia dei Hothouse Flowers, la band più sottostimata del pianeta. Bentornati Fiori Di Serra!

Tino Montanari

NDT:  Let’s Do This Thing è stato inciso nel Settembre 2015, per poi essere “pubblicato” nel Novembre 2016, ed è attualmente è disponibile sul loro sito solo per il “download”http://hothouseflowers.com/product/lets-do-this-thing/ .Quindi se siete ammiratori di questa grande band (come il sottoscritto), ora sapete cosa fare!